Revisione della Sentenza: Il Valore degli Indizi Gravi, Precisi e Concordanti
La richiesta di revisione della sentenza rappresenta un istituto fondamentale nel nostro ordinamento, posto a tutela del principio di giustizia sostanziale contro gli errori giudiziari. Tuttavia, il suo accoglimento è subordinato a presupposti rigorosi. Una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sent. Sez. 4, Num. 556/2025) ci offre un’importante lezione sul valore delle prove indiziarie e sui limiti entro cui è possibile rimettere in discussione un verdetto di condanna definitivo.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale trae origine dalla condanna di un individuo per il furto di un’ingente quantità di cavi elettrici in rame, asportati dall’impianto di una monorotaia. La condanna si basava principalmente su prove indiziarie. Successivamente, l’imputato presentava un’istanza di revisione, sostenendo che nuovi elementi potessero incrinare il quadro probatorio originario. La Corte d’Appello, però, rigettava la richiesta.
Contro tale decisione, la difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando l’illogicità e la contraddittorietà della motivazione. Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non avrebbe adeguatamente considerato l’ipotesi alternativa che il furto fosse già stato completato prima del controllo su strada in cui l’imputato era stato fermato, e avrebbe fondato la propria decisione su mere congetture.
La Decisione della Corte di Cassazione e la revisione della sentenza
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria. Secondo i giudici, gli argomenti difensivi non erano idonei a scalfire la solidità del quadro accusatorio, né a integrare i presupposti per una revisione della sentenza.
La Corte ha ribadito che la motivazione della Corte d’Appello era lineare e logicamente coerente. Gli elementi indiziari, nel loro complesso, erano stati correttamente valutati come gravi, precisi e concordanti, tali da fondare un giudizio di colpevolezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
Le Motivazioni della Sentenza
Il fulcro della decisione della Cassazione risiede nella valutazione di un elemento probatorio chiave: il ritrovamento, presso il deposito del ricorrente, di guaine di plastica con numeri seriali identici a quelli delle guaine rimaste nei pozzetti di ispezione dell’impianto derubato. Questo non è stato considerato una mera coincidenza, ma un “indizio grave, preciso e soprattutto univoco” della riferibilità del furto all’imputato.
La Corte ha sottolineato i seguenti punti:
1. Valore dell’indizio qualificato: La corrispondenza dei numeri seriali, unita alla contestuale constatazione del malfunzionamento dell’impianto, creava un collegamento diretto e inequivocabile tra il materiale rinvenuto e il furto. Si trattava di un materiale specifico e “non certo facilmente fungibile”.
2. Onere della spiegazione alternativa: Di fronte a un indizio così forte, l’imputato non ha fornito alcuna versione alternativa plausibile sul possesso di quel materiale. Questo silenzio ha rafforzato ulteriormente il significato probatorio dell’indizio.
3. Irrilevanza delle mere congetture difensive: Le ipotesi della difesa, come quella sulla possibile anteriorità del furto rispetto al controllo, sono state ritenute elusive e non in grado di confrontarsi direttamente con la logica deduttiva della sentenza. Non basta insinuare un dubbio; occorre presentare elementi concreti che minino le fondamenta del ragionamento accusatorio.
Le Conclusioni
Questa sentenza riafferma un principio cruciale in materia di prova penale e di revisione della sentenza. Un quadro indiziario solido, basato su elementi gravi, precisi e concordanti, non può essere smontato da mere ipotesi alternative o da una rilettura critica degli atti che non introduca nuove prove decisive. La revisione non è un terzo grado di giudizio, ma un rimedio eccezionale per sanare un’ingiustizia evidente. Quando gli indizi convergono in un’unica direzione logica e l’imputato non offre spiegazioni credibili, la condanna mantiene la sua piena validità, precludendo la strada a tentativi di revisione non supportati da prove concrete e dirompenti.
Quando una prova indiziaria è sufficiente per una condanna?
Secondo la Corte, una prova indiziaria è sufficiente quando costituisce un indizio grave, preciso e univoco. Nel caso di specie, il ritrovamento di guaine di cavi con numeri seriali identici a quelli sottratti è stato ritenuto tale, specialmente in assenza di spiegazioni alternative da parte dell’imputato.
È possibile ottenere la revisione di una sentenza basandosi su una diversa interpretazione degli stessi indizi?
No. La sentenza chiarisce che la revisione richiede nuove prove che dimostrino l’inconciliabilità della condanna con i fatti. Una mera rilettura critica degli elementi già valutati, senza introdurre elementi dirompenti, non è sufficiente per avviare il processo di revisione della sentenza.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché gli argomenti della difesa sono stati ritenuti non idonei a incrinare il “tessuto probatorio” su cui si fondava la condanna. La Corte ha considerato le argomentazioni come elusive e basate su congetture, incapaci di creare un ragionevole dubbio sulla correttezza della decisione impugnata.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 556 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 556 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CENTOLA il 03/02/1972
avverso l’ordinanza del 08/02/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; údita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Mediante l’ufficio difensivo NOME COGNOME impugna la sentenza della Corte di appello di Napoli emessa in data 8/02/2024, nell’ambito del procedimento’ in cui il ricorrente è rimasto assente e con cui è stata rigettata la richiesta di revisione della sentenza di condanna per il furto dei cavi elettrici di rame asportati dall’impianto della monorotaia di Centola. Ritiene la difesa che sussista violazione dell’art. 606, comma 1, lett. B) ed E) cod. proc. pen. perché la motivazione della torte di appello viola la regola probatoria dell’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. nella parte in cui ha ritenuto che le prove nuove acquisite non incrinassero il quadro probatorio del precedente grado di giudizio.
A parere della difesa ) la motivazione della (orte di appello sarebbe illogica, contraddittoria ed apparente. Atteso che la colpevolezza del Veneri t,.olTi t, Lla sentenza di cui si chiede la revisione è basata su prove indiziarie, la corte di appello ha rigettato la richiesta di revisione in base ad una prova critica che scaturisce da pure illazioni senza compiere invece la doverosa valutazione dell’ipotesi alternativa dell’estraneità del ricorrente al fatto attribuitogli. Osserva la difesa che la sentenza – considerato che il furto dei cavi di rame della monorotaia è stato commesso con una pluralità di azioni, prima ancora che fosse stato denunciato il mancato funzionamento dell’impianto di illuminazione – ha omesso di valutare l’ipotesi che la notte del 26 gennaio 2013, allorquando il COGNOME e il coimputato furono controllati su strada, l’azione furtiva <? , e il trafugamento dei 4000 m di cavo di rame fosse`gia completat'ò.
La Corte di appello ) valutando tutti gli indizi acquisiti e utilizzabili al fine della decisione, a parere della difesa, ha compiuto una valutazione atomistica degli stessi indizi i GLYPH sulla base di illazioni in contraddizione con le premesse stesse perché la motivazione non procede ad una valutazione preliminare e individuale di ogni singolo indizio, finalizzata a verificarne la certezza e la intrinseca valenza dimostrativa. Ciò emergerebbe dalla supposizione che i cavi rinvenuti presso il deposito del Veneri fossero gli stessi di quelli asportati presso la monorotaia di Centola ma soltanto mediante una congettura costituita dalla vicinanza temporale del rinvenimento di guaine scuoiate presso il deposito del Veneri; la constatazione del mancato funzionamento dell’impianto di illuminazione presuppone quindi che il furto fosse stato iniziato ancora prima della denuncia e constatazione del non funzionamento dell’impianto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Gli argomenti logici proposti dalla difesa non sono sufficienti e idonei sul piano dello sviluppo argomentativo a incrinare il tessuto probatorio su cui si fonda la sentenza di condanna.
In particolare, l’infondatezza della richiesta di revisione è motivata con argomenti lineari che nel loro sviluppo logico-deduttivo volto a riconoscere che i cavi sottratti siano quelli trovati al ricorrente, non sono sostanzialmente indeboliti ma piuttosto elusi dalle osservazioni della difesa che non si confrontano direttamente con le deduzioni della motivazione.
In primo luogo, il ricorso non si confronta con la considerazione che il ritrovamento presso il deposito di Veneri di guaine di plastica con numeri seriali identici a quelli riportati sulle guaine rimaste nei pozzetti di ispezione dell’impianto di illuminazione monorotaia Molpa costituisce un indizio grave, preciso e soprattutto univoco della riferibilità dell’asportazione dei cavi all’imputato. Pertanto, sul piano logico indiziario non si tratta di una mera coincidenza temporale del ritrovamento dei cavi nella disponibilità di COGNOME rispetto all’accaduto furto degli stessi. La contestuale constatazione del malfunzionamento dell’impianto di illuminazione è l’indicazione chiara della medesima provenienza dei beni sottratti. Si tratta di una immediatezza che non può essere incrinata o opinata con la semplice considerazione che doveva essere accertata diversamente la medesimezza dei cavi sottratti con quelli trovati a breve distanza di tempo nella disponibilità di COGNOME.
A ciò si aggiunga che non può essere di secondaria importanza nel significato probatorio degli elementi raccolti, la considerazione che tale possesso non ha avuto dal ricorrente alcuna versione alternativa. Inoltre trattasi del resto,di materiale tanto specifico e inusuale, non certo facilmente fungibile, che 7 in mancanza di altre indicazioni su altre attività di sostituzione di cavi nella stessa zona, indica in modo oggettivo, univoco, convincente e coerente che trattasi del materiale proveniente dal furto per cui si è proceduto.
Tale argomento non è inficiato dalla considerazione che l’asportazione del rame dato il quantitativo e il tipo di materiale sottratto,potrebbe non essere avvenuta in contemporanea con l’inizio del malfunzionamento e poi dello spegnimento dell’impianto di illuminazione. Tale considerazione viene superata nella sentenza di primo e secondo grado nonché nella sentenza impugnata in sede di giudizio di revisione in base alla constatazione che l’imputato non ha fornito una versione alternativa circa il possesso delle guaine in questione e che
non si ha alcuna indicazione circa un’eventuale altra sottrazione di una quantità e qualità del materiale così specifico nella medesima zona.
In ordine, pertanto, alle più importanti considerazioni logiche sviluppate dalla difesa circa le condizioni di salute asserite in capo al complice unitamente a tutte le circostanze di fatto, il Collegio osserva che, a fronte di tutte le circostanze di fatto indicate a pagina 5 e 6 della motivazione della torte di appello, non vi è alcuno spazio logico per insinuare il dubbio che la decisione impugnata sia stata fondata su elementi contradittori, incompleti, o meramente congetturali, di talché oggi possano essere messi in dubbio dagli argomenti difensivi.
Il Collegio, pertanto, ritiene che nessuno degli argomenti offerti dal ricorso sia ragionevolmente fondato su asserite lacune logiche della motivazione e conseguentemente dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 novembre 2024
Il consigliere estensore