Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 33399 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 33399 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Data Udienza: 03/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Data Udienza: 03/10/2025
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a MONTEROTONDO il 11/08/1971 avverso l’ordinanza del 23/01/2025 della CORTE di APPELLO di FIRENZE visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Firenze ha dichiarato inammissibile la richiesta di revisione avanzata nell’interesse di NOME COGNOME avverso la sentenza della Corte di assise di appello di Perugia del 26/04/2017 (passata in giudicato il 22/10/2018) che, in parziale riforma della decisione della Corte di assise di Terni del 24/06/2016, aveva dichiarato l’imputato colpevole dei reati di rapina aggravata, omicidio preterintenzionale (così riqualificata l’originaria contestazione ex art. 575 cod. pen.) e sequestro di persona e, per l’effetto, aveva rideterminato la pena inflitta nella misura di anni diciotto di reclusione.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME deducendo un motivo unico, variamente articolato, mediante il quale vengono denunciate violazioni ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen., per erronea interpretazione dell’art. 630, comma 1 lett. a), cod. proc. pen. e manifesta illogicità della motivazione.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
NOME COGNOME condannato alla pena di anni diciotto di reclusione per i delitti di rapina aggravata, omicidio preterintenzionale (così riqualificata l’originaria contestazione ex art. 575 cod. pen.) e sequestro di persona, ha domandato la revisione della condanna, esponendo le ragioni di seguito sintetizzate.
La decisione in oggetto, in ipotesi difensiva, non terrebbe conto del fatto che COGNOME – essendo all’epoca confidente delle forze dell’ordine – avesse notiziato queste ultime circa la prossima commissione di gesti criminosi, ad opera dei cittadini stranieri poi resisi autori materiali del fatto ascritto; tanto ciò vero, che lo stesso COGNOME aveva consentito il posizionamento di un dispositivo gps , sotto l’autovettura che aveva all’epoca in uso. Il richiedente, inoltre, aveva
indicato tutti gli spostamenti compiuti sia da lui stesso, sia dai cittadini rumeni che a lui si accompagnavano.
In altri termini, sostiene la difesa che COGNOME fosse convinto di aver messo le forze dell’ordine nelle condizioni di neutralizzare la progettata condotta criminosa. Il condannato, inoltre, non Ł mai stato sottoposto ad interrogatorio, essendosi limitato a rendere spontanee dichiarazioni.
2.1. Tanto premesso, al fine di inquadrare il thema decidendum , non vi Ł chi non rilevi come tale richiesta di revisione non risulti basata sulla sussistenza di “nuove prove” – sopravvenute o scoperte successivamente – a norma dell’art. 630 lett. c) cod. proc. pen. Il ricorrente, anzi, si limita a propugnare in questa sede argomentazioni già esaminate e disattese dalla Corte territoriale, che si Ł pronunciata sull’istanza di revisione. Argomentazioni che tale Corte, in maniera del tutto giustificata, ha reputato essere palesemente eccentriche, rispetto alle ipotesi contemplate dal Codice di rito, con riferimento ai casi di revisione.
La difesa si limita, in realtà, a sollecitare una non consentita diversa valutazione del compendio probatorio, ossia ad auspicare il compimento di una valutazione riservata in via esclusiva ai giudici del merito in sede endoprocedimentale, che può essere messa nuovamente in discussione attraverso gli ordinari strumenti impugnatori (come, del resto, già avvenuto); una valutazione che non può, però, divenire oggetto di un giudizio di revisione. Nell’istanza di revisione, infatti, non vengono dedotte “prove nuove”, auspicandosi invece soltanto una ulteriore e diversa ponderazione di prove già esistenti e a disposizione delle parti; Ł infatti sufficiente sottolineare, sul punto, come la dedotta contraddittorietà sarebbe riscontrabile – secondo la prospettazione della difesa – fra le due sentenze di primo e secondo grado e consisterebbe nel non aver tenuto conto della collaborazione prestata dal COGNOME stesso
L’istanza stessa finisce allora, in pratica, per invocare la celebrazione di un ulteriore grado di giudizio nel merito.
2.2. Parimenti da disattendere, infine, Ł l’ulteriore argomentazione posta a fondamento della richiesta di revisione e poi, pedissequamente, del ricorso, incentrata sul fatto di non esser stato, il COGNOME, sottoposto a interrogatorio. Anche tale deduzione non si sostanzia, però, nella proposizione della possibile emersione di una prova nuova, tale non essendo l’esame dell’imputato (circa il carattere esplorativo di una richiesta così generica, addirittura laddove si tratti di procedere all’esame di persone imputate in procedimenti connessi, ovvero anche di testimoni, in vista della ipotetica e congetturale eventualità che gli stessi – laddove escussi nel giudizio di revisione – possano rendere dichiarazioni favorevoli al condannato, si veda il dictum di Sez. 1, n. 6897 del 05/12/2014, dep. 2015, Monaco, Rv. 262484 – 01).
Oltre ad esser carente – con riferimento all’interrogatorio dell’imputato – il connotato di novità postulato dalla richiamata disposizione normativa, può aggiungersi come il ricorrente, comunque, non riesca affatto a provare la decisività dell’interrogatorio.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così Ł deciso, 03/10/2025