Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 47300 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 47300 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/11/2024
SENTENZA
Oggi’ 2 3 n!C, 2024
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Crotone il 30.7.1972
NOME
IL
FNZINAXE
avverso la sentenza in data 25.10.2023 della Corte di Appello di Salerno visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio; sentito il difensore, avv. NOME COGNOME che ha concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 25.10.2023 la Corte di Appello di Salerno ha rigettato la richiesta di revisione inoltrata da NOME COGNOME condannato dalla Corte di appello di Catanzaro con sentenza del 7.3.2022 diventata irrevocabile per due episodi, l’uno di acquisto e l’altro di cessione di stupefacenti, commessi in data 9 ed 11 marzo 2016, ritenendo che la nuova prova offerta dalla difesa, costituita dalle dichiarazioni rese dal teste NOME COGNOME al difensore, fosse non solo inattendibile ma del tutto falsa, ragione per la quale aveva contestualmente
R67°
rimesso gli atti al PM perché procedesse nei suoi confronti per il reato di cui all’art 371 ter cod. pen.
Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale deduce il vizio di violazione di legge riferito agli artt. 637, 192 127 cod. pro pen. e 111 Cost. e il vizio motivazionale. Nel premettere come, essendosi la condanna pronunciata nei suoi confronti basata sul fatto che egli avesse in uso un’autovettura Golf targata TARGA_VEICOLO ripresa dalle telecamere nei pressi dell’abitazione dell’acquirente della sostanza stupefacente, le dichiarazioni rese ai sensi dell’art. 327 bis cod. pen. dal COGNOME, che riferiva di aver acquistato nel 2015 l’auto in questione che non era funzionante e che solo nel 2018 aveva provveduto a ripararla sostituendone il motore, era pienamente idonea a scardinare il quadro probatorio precedente venendo con essa smentito che l’imputato potesse essere alla guida del suddetto mezzo nel 2016 al momento dei commessi delitti, lamenta in primo luogo che la pronuncia impugnata fosse stata irritualmente resa essendosi i giudici di appello riservati sulla richiesta di audizio del teste e, invece di pronunciarsi su di essa, avevano emesso la sentenza de qua senza averne dato lettura in udienza, né aver indicato un termine per il suo deposito, tanto che la difesa ne aveva avuto conoscenza solo a seguito della notifica del relativo avviso. Ne contesta in ogni caso il contenuto censurando l’anticipazione dell’apprezzamento di merito senza che si fosse proceduto all’espletamento della prova nel contraddittorio fra le parti, così come richiesto nella fase rescissoria del giudizio di revisione che pure era stata aperta mediante la citazione in giudizio del ricorrente, per essersi la Corte di appello limitata ad u delibazione meramente cartolare. Censura, infine, la valutazione di inattendibilità della deposizione, arrestatasi alla sola disamina cartolare senza tenere conto che le dichiarazioni del Manente erano puntualmente riscontrate dall’atto di vendita dell’auto avvenuto nel 2015, rilevando che le fotografie allegate alla sentenza impugnata ne mostrano solo la targa e non chi fosse presente nel suo abitacolo Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
In ordine alla eccepita nullità della sentenza impugnata asseritamente emessa in violazione del principio del contraddittorio deve esserne rilevata la manifesta infondatezza.
Risulta dal verbale dell’udienza svoltasi innanzi alla Corte di appello in data 25.10.2023, cui questa Corte ha naturalmente accesso in ragione della natura processuale della dispiegata eccezione, che il Collegio, dopo aver acquisito le dichiarazioni rese dal teste ai sensi dell’art. 327 bis cod. pen., abbia invitato parti a concludere e sulle conclusioni rassegnate, costituite nella richiesta
dell’audizione del teste COGNOME e dell’accoglimento dell’istanza di revisione da parte del difensore del ricorrente e dal rigetto della richiesta di revisione trasmissione alla Procura della Repubblica di Cosenza della notitia criminis, stante il reato cui all’art. 371 ter cod. pen. a carico di NOME COGNOME da parte del PM, e, dichiarato chiuso il dibattimento, abbia, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, reso la sentenza impugnata, dando rituale lettura in aula del dispositivo. La regolare osservanza delle scansioni processuali previste per la fase deliberativa esclude la ravvisabilità di qualsivoglia nullità essendo le deduzioni difensive palesemente smentite dalle risultanze degli atti del procedimento, ivi compresa la conoscenza della pronuncia resa /avvenuta nell’immediatezza /stante la presenza in aula dell’avv. NOME COGNOME difensore del ricorrente anche nel presente giudizio, attestata dal suddetto verbale al momento in cui il Collegio si è ritirato i camera di consiglio.
Quanto al merito della decisione impugnata, con la quale è stata implicitamente ritenuta superflua l’audizione da NOME COGNOME occorre rilevare che, come risulta dallo stesso verbale di udienza, il difensore dell’imputato e il PM hanno prestato esplicito assenso alle dichiarazioni rese dal testimone ai sensi degli artt. 391 bis seg. cod. proc. pen. al medesimo avvocato, assenso che ne ha determinato la definitiva acquisizione al materiale probatorio utilizzabile per la decisione.
Essendo infatti le dichiarazioni assunte dal difensore dell’imputato nell’ambito di attività di investigazione difensiva equiparate quanto al valore probatorio astratto dall’art. 493, terzo comma cod. proc. pen. agli atti contenuti nel fascicolo del PM, salva la valutazione di attendibilità intrinseca dei dichiaranti (Sez. 2 Sentenza n. 43349 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. 238806), la loro acquisizione su accordo delle parti determina il venir meno dell’obbligo di esame del teste, in tali termini essendosi già pronunciata questa Corte in ordine alla similare ipotesi di acquisizione dei verbali di sommarie informazioni presenti nel fascicolo dell’organo requirente (Sez. 1, Sentenza n. 13967 del 19/05/2015, Cava, Rv. 266597; Sez. 4, n. 27717 del 14/05/2014, Mahler, Rv. 260122). E ciò in quanto per scelta delle parti le predette dichiarazioni sono transitate tra il materia probatorio, in deroga alla regola generale che prevede l’assunzione del teste in dibattimento nel rispetto del contraddittorio, derivando da tale scelta non solo la rinuncia definitiva all’esame dibattimentale, ma altresì la volontà di volersi valere delle dichiarazioni della predetta persona siccome verbalizzate in sede d’indagini difensive, rispetto alla quale, in difetto di deduzioni sulle ragioni da parte de difesa che ne rendessero opportuna l’audizione diretta, la decisione della Corte di appello non avrebbe potuto comunque implicare il superamento di quell’accordo processuale. Di conseguenza senza fondamento appare la doglianza oggi avanzata dal ricorrente, il quale rivendica una lesione delle sue facoltà processuali alle qual
aveva invece, con il consenso prestatoirespressamente rinunciato, contraddicendo’–‘ -il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, così come quello di autoresponsabilità.
Correttamente, pertanto, la Corte salernitana ha proceduto alla valutazione delle dichiarazioni del Manente unitamente al complesso degli elementi probatori già accertati nel giudizio precedente alla revisione, ritenendo, proprio attraverso la relativa comparazione, l’inattendibilità del testimone e la conseguente inidoneità delle sue dichiarazioni a travolgere l’accertamento di responsabilità del condannato. In altri termini i giudici di appello non si sono limitati all’esam meramente cartolare e dunque solo delibativo dell’ingresso della testimonianza offerta come nuova prova, in cui si sostanzia la fase rescindente sottesa al mero vaglio di inammissibilità o di manifesta infondatezza della domanda di revisione, ma hanno invece incardinato, mediante la citazione del condannato, il giudizio dibattimentale, senza che tuttavia sia stata reputata necessaria alcuna ulteriore attività istruttoria rispetto all’acquisizione delle indagini difensive stante il v di inverosimiglianza e di non credibilità compiuto sul loro contenuto consentitogli dalla fase rescindente del giudizio.
Se anche le suddette dichiarazioni hanno superato il vaglio di rilevanza ed idoneità astratta a travolgere il giudicato, rientrava ciò nondimeno a pieno titolo nei poteri della Corte di appello valutarne la loro capacità probatoria concreta saggiando e comparando la resistenza del compendio probatorio posto a fondamento della condanna irrevocabile già pronunciata rispetto alla nuova prova testimoniale raccolta dal difensore. Come infatti già affermato da questa Corte, il giudice chiamato a pronunciarsi sull’istanza di revisione, nel valutare le nuove prove testimoniali aventi natura speculare e contraria rispetto a quelle già acquisite, così come consacrate nel giudicato penale, dopo averne vagliato la sicura ed effettiva affidabilità, deve saggiare, mediante comparazione, la resistenza rispetto ad esse di quelle a suo tempo poste a base della pronuncia di condanna, giacché, in caso contrario, il giudizio si trasformerebbe indebitamente in un semplice e automatico azzeramento di queste ultime per effetto delle nuove prove (Sez. 2, Sentenza n. 35399 del 23/05/2019, COGNOME, Rv. 277072, in una fattispecie in cui è stato ritenuto che correttamente il giudice della revisione, fronte di nuove prove testimoniali offerte dal condannato, ne avesse valutato innanzitutto l’affidabilità e, dopo averla esclusa, avesse logicamente preso atto della capacità delle prove preesistenti di sorreggere l’affermazione di responsabilità del predetto).
Risolvendosi la suddetta valutazione di sicura affidabilità in un giudizio tipicamente di merito, ne consegue che lo stesso, laddove sorretto da motivazione congrua ed immune da vizi logici e da contraddizioni, non è suscettibile di essere censurato in questa sede di legittimità.
Ciò è quanto accaduto nel caso di specie in cui la Corte salernitana ha ritenuto con argomenti assolutamente corretti sul piano logico e giuridico che le dichiarazioni del Manente fossero non solo irrilevanti rispetto al titolo di proprietà dell’autovettura vertendosi nell’ambito dell’utilizzo del mezzo da parte dell’imputato all’epoca dei commessi reati, ma altresì in stridente contrasto, quanto all’asserita impossibilità per la macchina di circolare dal 2015 al 2018, con le risultanze documentali del precedente giudizio che, in quanto costituite dalle videoriprese che ritraevano quel giorno l’auto a bordo della quale si trovava il soggetto identificato con il COGNOME, dagli esiti della perquisizione effettuata ne suoi confronti il giorno stesso del primo reato per essere stata l’autovettura trovata parcheggiata nel garage della sua abitazione e dai controlli eseguiti dalla PG nei giorni antecedenti e successivi nei vari posti di blocco in cui l’auto era stata fermata trovandosi alla sua guida l’imputato e non il COGNOME erano dotate di univoca ed incontrovertibile forza probatoria, conducente alla inattendibilità della testimonianza addotta quale nuova prova.
A fronte del rigetto della domanda di revisione, conseguente alle sopra esposte argomentazioni della sentenza impugnata, le doglianze articolate dal ricorrente, dirette a censurare la mancata audizione del teste di cui erano state già acquisite le dichiarazioni rese al difensore, non possono ritenersi fondate non venendo illustrate le ragioni a fondamento della suddetta richiesta: non è infatti in discussione il maggiore o minore valore probatorio delle indagini difensive rispetto all’escussione del testimone, quanto piuttosto la sua intrinseca credibilità, né i titoli comprovanti la sua proprietà dell’autovettura, su cui si diffond l’impugnativa in esame, valgono ad evidenziare alcuna manifesta illogicità della motivazione con cui la Corte di appello ha escluso l’idoneità della testimonianza a sovvertire l’affermazione di responsabilità consacrata nella pronuncia oggetto della richiesta revisione.
Il ricorso deve essere, in conclusione, rigettato, seguendo a tale esito l’onere delle spese processuali, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali Così deciso il 18.11.2024