Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 412 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 412 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a PALERMO il 03/11/1967
avverso la sentenza del 11/01/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
COGNOME
che ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
udito il difensore, avv.to COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
Ritenuto in fatto
La Corte di appello di Torino, giudicando in sede di rinvio in seguito alla sentenza n. 37488 del 16 settembre 2022 della Corte di cassazione, sez. V, ha rigettato la richiesta avanzata da NOME COGNOME di revisione della sentenza di condanna emessa dalla Corte di assise di Firenze il 6 giugno 1998, confermata in appello il 13 marzo 2001 ed irrevocabile dal 6 maggio 2002, per essere stato dichiarato responsabile dei delitti di strage e connessi delitti di devastazione, porto e detenzione di armi e furto di autovettura, commessi in Milano, INDIRIZZO il 27 luglio 1993 e Roma, San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro, il 28 luglio 1993.
La sentenza di annullamento ha posto in evidenza che la valutazione di ammissibilità della richiesta di revisione non può sostanziarsi in una penetrante anticipazione dell’apprezzamento di merito, che è riservato alla fase rescissoria nel contraddittorio tra le parti.
La Corte di appello, rinnovando il giudizio, ha ritenuto che la dedotta prova nuova, costituita dalle dichiarazioni di NOME COGNOME sia inidonea a scardinare la tenuta del solido quadro probatorio sul quale si fonda l’affermazione irrevocabile di responsabilità. Si tratta di dichiarazioni vaghe e generiche e ciò alla luce di quanto dallo stesso COGNOME affermato, ossia che nel 1993 ebbe un ruolo marginale con compiti operativi di mera manovalanza e di non aver precisa contezza né dell’effettivo ruolo avuto da COGNOME con riferimento ai due attentati né fino a che punto questi fosse coinvolto in quegli specifici episodi.
Plurime e convergenti sono invece le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, richiamate nelle sentenze di merito, da cui si evince che NOME aveva instaurato un rapporto privilegiato con i mafiosi palermitani, in particolare, di Brancaccio, ossia proprio con quelli che erano stati incaricati, dai vertici mafiosi, dell’esecuzione dell’intero programma stragista. Il piano criminoso di entrambi gli attentati di Roma e di Milano era stato articolato in modo unitario con la previsione di far esplodere contemporaneamente le autobombe con necessario previo concerto tra i rispettivi autori materiali.
La compartecipazione di NOME agli attentati è stata affermata sulla base di convergenti dichiarazioni di accusa: in particolare, sulle dichiarazioni di NOME COGNOME che ebbe un significativo ruolo nel reperire un alloggio in Roma utilizzato come base dagli attentatori, adeguatamente riscontrate da altri apporti collaborativi.
4. Avverso la sentenza ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME che ha dedotto vizio di violazione di legge e difetto di motivazione. Nessuno dei collaboratori di giustizia, le cui dichiarazioni de relato hanno costituito il patrimonio di prova del giudizio conclusosi con sentenza irrevocabile di condanna, ha indicato il ricorrente come ideatore o diretto esecutore degli attentati di Roma Chiese e Milano. Le dichiarazioni di NOME COGNOME esecutore materiale di entrambi gli attentati, sono state travisate, perché questi ha chiaramente dichiarato la estraneità del ricorrente agli attentati. Ha quindi errato la Corte di appello a ritenere non assolutamente necessario procedere all’esame del dichiarante ai fini della decisione.
Considerato in diritto
1. Il ricorso merita accoglimento nei limiti e per le ragioni che di seguito si espongono.
2. L’esame della impugnata sentenza viene qui condotto partitamente, per verificare l’adeguatezza e la logicità della motivazione in ordine alla ritenuta inidoneità della prova nuova, costituita dalle dichiarazioni di NOME COGNOME a “incrinare il quadro probatorio posto alla base della sentenza di condanna” – Sez. 5, n. 43565 del 21/06/2019, Rv. 277538 – ora in riguardo alla strage commessa in Milano il 27 luglio 1993 ora quella di Roma del giorno successivo, 28 luglio 1993.
Come affermato nella giurisprudenza di legittimità, “la comparazione fra le prove nuove e quelle sulle quali si fonda la condanna irrevocabile non richiede solo il confronto di ogni singola prova nuova, isolatamente considerata, con quelle già esaminate, occorrendo, altresì, una valutazione unitaria e globale della loro attitudine dimostrativa, da sole o congiunte a quelle del precedente giudizio, rispetto al risultato finale del proscioglimento; ne consegue che il rapporto tra prove pregresse e prove introdotte in sede di revisione deve essere espresso in termini di riconsiderazione, valorizzando la funzione dinamica del complessivo giudizio probatorio conseguente all’introduzione del novum” Sez. 5, n. 7217 del 11/12/2018, dep. 2019, Rv. 275619 -.
Si tratta, allora, di riscontrare, attraverso la compiutezza e coerenza della motivazione, se il giudice della revisione abbia operato correttamente, ponendo in connessione, ai fini di una globale rivalutazione, le nuove dichiarazioni di NOME COGNOME con il complesso di dati probatori che sono stati posti a fondamento dei due diversi giudizi di responsabilità e che, come nella stessa sentenza di revisione è indicato, sono tra loro significativamente differenti.
NOME COGNOME ha dichiarato che NOME COGNOME non componeva, unitamente a lui, il gruppo degli esecutori materiali della strage di INDIRIZZO a Milano. Ha quindi aggiunto di non sapere nulla di più, ha ammesso di essere stato partecipe del gruppo che eseguì il progetto criminoso e che COGNOME non era coinvolto in esso.
In merito a questo apporto dichiarativo la Corte di appello ha affermato che non ha la forza di scardinare la granitica piattaforma probatoria, costituita dalla accertata unitaria programmazione di entrambe le stragi, quella in Milano e quella del giorno successivo in Roma, dalla altrettanto provata unitaria regia che si avvalse di uno stesso modus operandi, qualificato da una suddivisione dei ruoli tra i più partecipi.
In ragione della stretta correlazione fra gli attentati di Milano e di Roma si deve ritenere, questo l’assunto della sentenza di condanna richiamato dalla decisione impugnata, che vi fu un previo concerto degli autori materiali e quindi anche il coinvolgimento di NOME nella esecuzione della stracie in Milano siccome la sua attiva presenza sulla scena romana ha trovato solidi dati di prova nelle dichiarazioni, tra gli altri, di NOME COGNOME.
Questi, che ebbe un ruolo particolarmente significativo di assistenza nella preparazione degli attentati di Roma in specie procurando la base logistica, ha riferito che NOME si trovava a Roma il 27 luglio per allestire le due autobombe destinate alle due Chiese, San Giorgio al Velabro e San Giovanni al Laterano, che trasportò un’autobomba davanti ad una delle due Chiese e quindi si dette alla fuga.
3.1. Come emerge dai contenuti di accertamento della condanna, sì come richiamati nella impugnata decisione, COGNOME ebbe un ruolo di esecuzione nell’attentato di Roma e, stando alla regola inferenziale adottata dai giudici della cognizione, lo stesso ruolo dovette avere nell’attentato di Milano. Dalle dichiarazioni di COGNOME si trae, però, che il 27 luglio, giorno dell’attentato milanese, NOME era a Roma; è pur vero che, secondo quanto dichiarato dallo stesso COGNOME, NOME poi andò via, ma ciò non esclude che fosse giunto a Roma da Milano o che a Milano si diresse lo stesso giorno. Su questa parte, però, la sentenza ora impugnata non ha aggiunto dati di prova capaci di ricostruire i movimenti di Benigno tra le due città e ha ritenuto sufficiente richiamare il ragionamento indiziario che trova fondamento nella premessa di una regia unitaria e concertata tra i due progetti criminoso.
La sentenza impugnata non ha però spiegato, con la necessaria sufficienza, quali siano le ragioni specifiche che giustificano la refrattarietà del complesso indiziario posto a fondamento dell’affermazione di responsabilità a fronte delle dichiarazioni di NOME COGNOME, esecutore materiale degli attentati, che ha escluso che NOME fosse presente nel gruppo di fuoco in Milano. E;come posa
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non dirsi illogica la conclusione di una resistenza della prova indiziaria sottesa alla condanna per i fatti di Milano ad un approfondimento in istruzione dibattimentale dell’apporto dichiarativo di NOME COGNOME.
È pur vero che, opportunamente sollecitato dall’interrogante nel corso dell’esame del 30 settembre 2014, questi ha chiarito di non sapere se NOME fosse a conoscenza dei fatti di Milano (v. fl. 9 della sentenza impugnata), ma il dato, se per un verso giova a specificare che le dichiarazioni in ordine all’assenza di NOME nel gruppo di fuoco milanese hanno un valore relativo, commisurato alle conoscenze che poteva avere COGNOME, dall’altro verso non ha la forza di colmare quel che appare come una illogica carenza nell’incedere argomentativo del giudice della revisione. In assenza di prove che direttamente attestino il coinvolgimento di NOME nell’attentato milanese, a differenza di quel che invece attiene ai fatti romani, la sentenza impugnata, nel concludere indifferentemente per l’inidoneità del novum dichiarativo ad infirmare il costrutto probatorio delle condanne, ha mostrato di non misurarsi, con il necessario grado di approfondimento, con la diversità delle piattaforme probatorie delle due condanne.
Deve quindi disporsi l’annullamento della stessa, per nuovo giudizio, limitatamente alla richiesta di revisione relativa al delitto di strage e ai deli connessi, commessi in Milano in data 27 luglio 1993.
4. Diverse sono le conclusioni per quel che attiene alla parte di sentenza che ha riguardo alla richiesta di revisione della condanna per la strage di RomaChiese. Come si è già avuto modo di evidenziare, rispetto a questi episodi il coinvolgimento di NOMECOGNOME secondo quanto indicato dalla decisione impugnata, ha trovato nel giudizio di cognizione ordinario prove dirette. Si è già fatto richiamo alle dichiarazioni di NOME COGNOME a cui si sono aggiunte quelle di altri soggetti, alcuni dei quali coimputati nello stesso processo, quali NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME ed NOME COGNOME.
Quanto allora affermato dalla Corte di appello di Torino, specificamente che il contributo di NOME COGNOME non è di tale portata da condurre al proscioglimento del richiedente, è sostenuto da motivazione adeguata e coerente.
Per questa parte il ricorso deve conseguentemente essere rigettato.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla richiesta di revisione relativa al delitto di strage e ai delitti connessi, commessi in Milano in data 27 luglio 1993 e rinvia per nuovo giudizio al riguardo ad altra sezione della Corte di appello di Trento. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso, il 21 novembre 2023.
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