Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 10870 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 10870 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a TORRE ANNUNZIATA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; COGNOME
che ha concluso chiedendo, riportandosi NOME requisitoria depositata, per l’inammissibilità del ricorso.
L’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e insiste per l’accoglimento degli stessi.
AVV_NOTAIO COGNOME si riporta ai motivi di ricorso e chiede l’annullamento della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza di revisione della sentenza, emessa, nei confronti di NOME COGNOME, dNOME Corte di Assise di appell di Napoli 1’11/12/2019 (irrev. 04/11/2021, a seguito della sentenza n. 12703/2021 che ha rigettato il ricorso per cassazione), che – in riforma di quella assolutoria emessa, all’esito giudizio abbreviato, dal G.U.P. presso il Tribunale di Napoli il 23/02/2016 – lo ha condannato NOME pena dell’ergastolo, per concorso nell’omicidio di NOME COGNOME, avvenuto in Torre Annunziata il 14 agosto 2006, nonché per il reato di detenzione e porto in luogo pubblico di arma da fuoco, delitti entrambi aggravati dal metodo mafioso.
1.1. Secondo la prospettazione accusatoria, fatta propria dNOME Corte di appello di Napoli, NOME COGNOME è stato il mandante dell’omicidio, eseguito materialmente da NOME COGNOME (poi deceduto), in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Il Giudice di primo grado era pervenuto al verdetto assolutorio principalmente sulla base RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME, che avev riferito di avere appreso che l’ordine di uccidere lo COGNOME era partito da NOME COGNOME fratello di NOME.
1.2. A seguito dell’appello del Pubblico Ministero, la Corte territoriale procedeva al rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, con l’esame dei collaboratori di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali confermavano di avere appreso da NOME COGNOME che l’omicidio dello COGNOME era stato commissionato dal carcere da NOME COGNOME.
1.3. Come premesso, la Corte di cassazione rigettava il ricorso con sentenza del 04/11/2021, rendendo definitiva la condanna all’ergastolo.
1.3. Con due distinte richieste, depositate il 07/02/2023, NOME COGNOME domandava la revisione della sentenza, formulando due motivi di impugnazione:
ai sensi dell’art. 630 comma 1 lett. a) cod. proc. pen., sostenendo la inconciliabilità dei posti a fondamento della sentenza di assoluzione, per non aver commesso il fatto, emessa dNOME Corte di assise di appello di Napoli nei confronti di NOME COGNOME ( irrevocabile in da 02/11/2011), nella quale si escludeva che questi fosse stato il mandante dell’omicidio di NOME COGNOME, venendo indicato NOME COGNOME quale soggetto di primario prestigio con ruolo di comando nell’omonimo clan camorristico durante la detenzione del padre NOME e del fratello NOME, e come colui dal quale era promanato l’impulso ideativo/deliberativo dell’omicidio, i autonomia da qualsiasi input o istigazione da parte dei NOME.
b) ai sensi dell’art. 630 lett. c) cod. proc. pen., sulla base di nuove prove, che dimostrava l’innocenza di NOME COGNOME, poiché dNOME documentazione acquisita presso l’amministrazione penitenziaria, già allegata al ricorso per cassazione, emergeva che NOME non aveva mai avuto colloqui con il fratello NOME, né risultavano colloqui con il cugino NOME COGNOME, m solo con la madre NOME COGNOME e la moglie NOME COGNOME. Secondo il ricorrente, le produzioni documentali non erano state valutate nel precedente giudizio, perché tardive ( in
quanto prodotte solo dinanzi al Giudice di legittimità); esse dimostrerebbero che, nel periodo di interesse, né NOME COGNOME né il padre NOME, pure detenuto, avessero mai avuto colloqui con NOME COGNOME, né con alcuno dei soggetti per il cui tramite era stato conferito il mandato omicidiario. In realtà – si sostiene – il mandato era stato conferito da soggetto diverso da NOME COGNOME, come argomentato nella nota difensiva depositata NOME udienza del 06/06/2023 dinanzi NOME Corte di appello di Roma.
1.4. La Corte di Appello di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza.
1.4.1. Non ha ravvisato il contrasto fra giudicati, non emergendo, nella sentenza assolutoria nei confronti di NOME COGNOME, elementi inconciliabili con quelli posti NOME base de dichiarazione di responsabilità nei confronti di NOME COGNOME. Al contrario, la sentenza dà atto un colloquio nel quale la madre del ricorrente dichiarava di avere interpellato il figlio NOME NOME, i quali avevano già assunto la decisione di uccidere NOME COGNOME, come poi avvenuto. D’altro canto, la sentenza nei confronti di NOME, oltre a non contenere alcuna pronuncia sulla responsabilità di altri concorrenti, riconosce in sostanza il ruolo di NOME quale mandante dell’omicidio (così la sentenza Corte cass. n. 16477/2022).
1.4.2. Quanto al motivo fondato sull’emersione di prove nuove, la sentenza impugnata ha osservato che si tratta di elementi noti al momento del processo a carico di NOME, di cu si richiede una inammissibile rivalutazione. Ha, quindi, ritenuto che, dalle dichiarazioni collaboratori di giustizia ( in particolare da quelle di COGNOME, di COGNOME COGNOME di COGNOME evinceva che la volontà omicidiaria fosse ascrivibile ad NOME; che essa era stata recepita dal fratello NOME, il quale aveva impartito l’ordine al killer, in seguito a una decisione presa e condivisa con il fratello e il padre, essendo emersa una unione di intenti tra NOME, NOME COGNOME, i quali “facevano pressione per ammazzare NOME“. E con riguardo NOME denunciata inattendibilità dei collaboratori, non essendo stati effettuati colloqui tra i NOME, in carcere, la Corte di appello di Roma ha considerato come, invece, il ricorrente avesse effettuato colloqui con la moglie (che, a sua volta, aveva svolto colloqui con la madre de ricorrente e il cugino NOME COGNOME, ovvero colui che, secondo il collaboratore COGNOMECOGNOME aveva ricevuto l’incarico di compiere l’omicidio da NOME COGNOME). Dunque, in tal modo, si era realizza tra tali soggetti uno scambio di informazioni, poi portate all’esterno, che rendeva di margina importanza le dichiarazioni di COGNOMECOGNOME valorizzate dNOME sentenza assolutoria di pri grado, tenuto conto della natura informale del mandato omicidiario e della pluralità di fonti c ne hanno riferito, elementi che consentono di prescindere dNOME mancanza di colloqui diretti tra NOME e gli esecutori materiale dell’omicidio.
Il ricorso per cassazione è affidato agli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali, con atto congiunto, svolgono due motivi, di seguito enunciati nei l richiesti per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..
Con il primo motivo è denunciata erronea applicazione degli artt. 178 comma I lett. a), in relazione agli artt. 179 comma II, 525 comma II e 637 comma I, cod. proc.pen, per avere la Corte di appello di Roma assunto, in data 06/06/2023, la decisione qui avversata in
composizione diversa da quella avuta nella prima udienza dibattimentale del 27 aprile 2023, per esser cambiata la persona del Presidente.
Con il secondo, ampio, motivo, è dedotta erronea applicazione dell’art. 110 cod. pen, in relazione agli artt. 575 e 411 cod. pen. nonché in relazione agli artt. 192, 630 lett. a) e 637 cod. proc. pen.
4.1. Con una prima doglianza è attinto il profilo della sentenza impugnata che ha ritenuto insussistente il denunciato contrasto di giudicato dolendosi il ricorrente che la sentenz impugnata avrebbe pretermesso la valutazione della portata decisiva degli elementi di contrasto dedotti. Al di là dell’inconferente richiamo NOME circostanza che la sentenza assolutoria n confronti del coimputato NOME COGNOME fosse nota NOME Corte di assise di appello di Napoli, pronunciatasi nei confronti di NOME COGNOME, si evidenziano le ragioni della diversa ricostruzion dei fatti proveniente dalle due sentenze, in specie con riguardo al ruolo apicale nel clan RAGIONE_SOCIALE, assunto a seguito della detenzione del suo vertice storico, NOME COGNOME, padre di NOME NOME NOME. Invero, nell’assolvere NOME COGNOME ( per la inidoneità del contenuto dichiarativo dei collaboratori di giustizia a sorreggere la affermazione di responsabilità), la Corte di ass di appello di Napoli aveva sottolineato la diretta incidenza della volontà personale di NOME COGNOME, quale mandante dell’omicidio, essendo stato riconosciuto il ruolo di comando da lui assunto, dopo l’arresto del genitore, nell’ambito della associazione di appartenenza, come accreditato dalle indagini di polizia giudiziaria. Diversamente, la sentenza della Corte di assi di appello di Napoli nei confronti di NOME COGNOME ha ritenuto che NOME COGNOME avrebbe operato solo come veicolo del mandato omicidiario proveniente dal fratello NOME, detenuto in carcere, quest’ultimo ritenuto “reggente del clan”, che sovraintendeva anche NOME pianificazione e all’attuazione dell’ordine di morte riguardante lo COGNOME.
4.1.1. D’altro canto, le due sentenze finivano per risultare in disaccordo anche con riguardo all individuazione del momento deliberativo dell’omicidio, con ricadute sull’apporto decisionale del ricorrente nell’attentato allo COGNOME. Invero, mentre nel giudizio a carico di NOME COGNOME non era riusciti a individuare il momento in cui il ricorrente avrebbe prestato il suo appoggio decisione omicidiaria, le sentenze emesse nel giudizio a carico del fratello NOME hanno, invece, fatto riferimento alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia che hanno affermato essere stati presenti al momento del conferimento del mandato di omicidio impartito da NOME COGNOME, e nelle fasi successive NOME realizzazione del crimine. Su tale punto la sentenza impugnata non ha replicato, così come nulla dice in merito NOME ulteriore circostanza, dedotta nell’istanza di revisione, della esistenza di due procedimenti a carico di NOME COGNOME per due duplice omicidi, commessi pochi mesi dopo l’assassinio di NOME COGNOME, dai quali emerge il ruolo primario assunto da NOME nell’ambito dell’omonimo clan, cosicchè – assume la Difesa – risulta inverosimile che, in tale breve lasso temporale, si fosse avuta una trasmigrazione d ruolo di vertice da NOME a NOME COGNOME.
4.2. Altro tema introdotto con l’istanza di revisione è quello relativo NOME presenza di pr nuove che, nell’ottica difensiva, avrebbero la capacità di portare a una revisione della condanna,
in merito alle quali si lamenta l’inesistenza di un idoneo apparato argomentativo nella sentenza impugnata.
Tre le direttrici lungo le quali si snoda la prospettazione difensiva:
Sconfessare l’esistenza di un incontro tra NOME e il fratello NOME ovvero con il cugin NOME COGNOME o con la madre NOME COGNOME, ritenuti decisivi dai giudici per creare il collegamento concorsuale del ricorrente con il germano, propedeutico al mandato omicidiario. Sul punto, si fa riferimento ai tabulati dei colloqui presso il carcere, tenuti da NOME COGNOME, che la Corte di appello ha erroneamente ritenuto non costituire elementi nuovi in quanto già prodotti dinanzi NOME Corte di cassazione che, però, non è giudice del merito Parimenti erronea la valutazione della inutilità di tale documentazione, laddove la sentenza impugnata riconduce NOME moglie dell’imputato il ruolo di emissaria RAGIONE_SOCIALE direttive impartite carcere da NOME, senza preoccuparsi di confutare il contenuto della allegazione documentale, dNOME quale emerge che alcun colloquio vi fu, in carcere, prima dell’omicidio, tr NOME COGNOME e il fratello NOME, né il ricorrente incontrò NOME COGNOME o il cugino NOME COGNOME, e neppure la madre. Colloqui visivi erano, infatti, intervenuti solo tra NOME COGNOME e i nipoti NOME COGNOME e NOME COGNOME, co-esecutori dell’omicidio. Del tutto illegittima tesi della Corte di appello, che ha individuato nella moglie del ricorrente la ernissaria del mar circostanza mai riferita da alcun collaboratore di giustizia, non emersa nelle diverse sentenz di merito, e neppure prospettata dall’Accusa.
Smentire il contenuto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME COGNOME merito NOME riferit “confessione” dell’omicidio da parte del ricorrente, che sarebbe stata da lui raccolta durant una comune detenzione con NOME nell’anno 2011 nei carcere di Novara. Sul punto, la difesa richiama la dichiarazione della Casa circondariale, nella quale si attesta che i due detenu – in regime di 41 bis O.P. – non avevano mai effettuato la socialità nello stesso gruppo. D’alt canto, la sentenza di appello non indica il momento della comune detenzione in cui i detenuti avrebbero intrattenuto il presunto colloquio e neppure motiva sulle modalità di comunicazione da parte di reclusi allocati nella sezione speciale.
Dimostrare la veridicità dell’assunto difensivo in merito all’assenza di poteri direttivi d NOME, attraverso il richiamo alle dichiarazioni del collaboratore NOME COGNOME. Il riferime a quanto riferito nell’interrogatorio del 14 marzo 2022, circa il ruolo indiscusso di ver ricoperto nel periodo dell’omicidio di NOME COGNOME da NOME COGNOME, l’unico che avrebbe potuto impartire ordii dal carcere; nonché NOME sottoposizione di NOME COGNOME ad altri sogget nella scala gerarchica del clan.
Con successiva memoria i difensori del ricorrente hanno formulato un motivo nuovo, deducendo violazione ed erronea applicazione dell’art. 110 cod. pen., in relazione agli artt. 57 e 411cod. pen., nonché in relazione agli artt. 192, 630 lett. a) e c), 631 e 637 cod. proc. pe ai sensi dell’art. 606, comma I, lett. b) ed e), cod. proc. pen.. Sostengono, evocando l’approd RAGIONE_SOCIALE Sezioni Unite ‘Pisano’, che la Corte di appello di Roma ha erroneamente interpretato i
limiti del giudizio di ammissibilità dell’istanza di revisione, anticipando nel primo segmento tale procedimento, avente struttura bifasica, temi decisori strutturalmente demandati al momento successivo, ossia all’esito della procedura caratterizzata dal contraddittorio di cui all’art. 636 cod. proc. pen. In particolare, ci si riferisce al punto in cui la sentenza impu ha sostenuto che “gli elementi negativi” dedotti dal ricorrente fossero insufficienti a dimostr la sua innocenza e nemmeno idonei a fare insorgere un ragionevole dubbio circa la sua colpevolezza.
5.1. Si lamenta, inoltre, che, erroneamente, la Corte di appello avrebbe ritenuto che le nuove prove non costituiscano novum ex art. 630 comma 1 lett. C) c.p.p., in quanto prodotte tardivamente, trattandosi, invece, di documenti scoperti successivamente NOME sentenza di secondo grado, e mai valutati nel giudizio di cognizione, neppure dal giudice di legittimit dinanzi al quale vennero prodotte al fine di dimostrare che la Corte di Assise di Appello, in sed di rinnovazione dibattimentale, avrebbe dovuto d’ufficio acquisire i tabulati dei colloqui carcer per verificare il dato dichiarativo dei c.d.g. In ogni caso, dinanzi NOME Corte di cassazione, erano stato prodotti né l’attestazione del carcere di Novara relativa al presunto incontro tr ricorrente e il c.d.g. COGNOME né le dichiarazioni del c.d.g. COGNOME NOME.
6. Il Procuratore generale ha depositato memoria con cui ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
7. La difesa ricorrente ha replicato alle deduzioni del Procuratore Generale, sostenendo che il mandato omicidiario fosse stato conferito 1’11 agosto 2006 da NOME COGNOME al nipote COGNOME NOME, il quale lo aveva comunicato a NOME COGNOME, e agli altri soggetti presenti a Palazzo Fienga. Tale dato probatorio viene ricostruito attraverso l’analisi congiunta del dichiarazioni dei c.d.g. con le prove documentali rappresentate dai tabulati carcerari, e con posizione giuridica dei propalanti, oltre che in base NOME circostanza inconfutabile che NOME COGNOME non aveva effettuato colloqui con il fratello NOME, con la madre, con i cugini. Un corretto percorso valutativo RAGIONE_SOCIALE nuove prove avrebbe dovuto far dichiarare ammissibile il ricorso, al fine di verificare (anche attraverso l’escussione di COGNOME NOME) se effettivame NOME COGNOME avesse materialmente il potere e la facoltà di decidere l’omicidio, ovvero se fosse stato solo il padre NOME a conferire il mandato omicidiario.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta inammissibile, proponendo motivi manifestamente infondati.
1.Quanto al primo motivo, è sufficiente ricordare che la sentenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni unite ‘Bajram (sentenza n. 41736 del 30/05/2019 Ud. (dep. 10/10/2019), emessa a composizione di contrasti interpretativi sul principio di immutabilità del giudice, ha precisato che “La disposizione di cui all’art. 525, comma 2, prima parte, cod. proc. pen. non comporta la necessità, a pena di nullit assoluta, di rinnovare formalmente tutte le attività previste dagli artt. 492, 493 e 495 cod. p pen., poiché i relativi provvedimenti in precedenza emessi dal giudice diversamente composto conservano efficacia se non espressamente modificati o revocati. (cfr. pag. 14 Sez. U – Sent. n.
41736 del 30/05/2019, COGNOME, Rv. 276754)”, e, definitivamente, chiarito che, ai fini del rilevabilità della nullità della sentenza, in caso di mutamento del giudice assume rilie l’atteggiamento tenuto dalle parti, e segnatamente l’acquiescenza da loro manifestata dinanzi al collegio nella composizione successivamente mutata, innanzi NOME quale non siano state svolte attività istruttorie. In particolare, i Giudici di tale autorevole Consesso hanno affermato “l’intervenuto mutamento della composizione del giudice attribuisce alle parti il diritt chiedere sia prove nuove, sia, indicandone specificamente le ragioni, la rinnovazione di quelle già assunte dal giudice di originaria composizione, fermi restando i poteri di valutazione de giudice di cui agli artt. 190 e 495 cod. proc. pen. anche con riguardo NOME non manifest superfluità della rinnovazione stessa”.
1.1. Secondo la visione patrocinata dagli arresti che hanno approfondito il dictum RAGIONE_SOCIALE SS.UU. ‘COGNOME‘, la previsione di nullità assoluta di cui all’art. 525 cod. proc. pen. va “letta in correlazione con i poteri dispositivi RAGIONE_SOCIALE parti in ordine NOME prova ed agli oneri di impulso i medesimi si declinano: si è, in tal senso, (ri)affermato come il diritto NOME rinnovazione prove orali costituisca una facoltà RAGIONE_SOCIALE parti, e sia subordinato NOME previa indicazione, da pa RAGIONE_SOCIALE stesse, dei soggetti da riesaminare, già indicati nella lista ritualmente depositata d all’art. 468 cod. proc. pen. o, eventualmente, in una nuova lista, prospettandone specificamente le ragioni del riesame e fermi restando i poteri di valutazione del giudice di cui agli artt. 495 cod. proc. pen., anche con riguardo NOME non manifesta superfluità della rinnovazione stessa (cfr. Sez. 5 , n. 12747 del 03/03/2020 Rv. 278864).
1.2. Sulla base di queste coordinate interpretative, il motivo di ricorso risulta destitu fondamento, non essendosi verificata alcuna nullità conseguente al mutamento della composizione del collegio. La difesa, infatti, non ha dedotto né che siano state ammesse ed assunte prove in appello, né di avere formulato istanza di rinnovazione dell’assunzione RAGIONE_SOCIALE spontanee dichiarazioni rese dall’imputato NOME precedente udienza – unica attività svolta dopo la relazione del consigliere relatore, dichiarazioni, peraltro, consistite nel riportarsi NOME m difensiva depositata dNOME difesa.
1.3. Giova anche ricordare che, nella scia della richiamata giurisprudenza, si è posto il legislato che, con la novella introdotta con legge n. 150/2022, con l’art. 30, comma 1, lett. f) del d. n. 150 del 10 ottobre 2022, ha aggiunto all’articolo 495 cod. proc. pen., dopo il comma 4-bis, seguente: “4-ter, che prevede l’iniziativa della parte che vi ha interesse, testualmen prevedendo che “Se il giudice muta nel corso del dibattimento, la parte che vi ha interesse ha diritto di ottenere l’esame RAGIONE_SOCIALE persone che hanno già reso dichiarazioni nel medesimo dibattimento nel contraddittorio con la persona nei cui confronti le dichiarazioni medesime saranno utilizzate, salvo che il precedente esame sia stato documentato integralmente mediante mezzi di riproduzione audiovisiva. In ogni caso, la rinnovazione dell’esame può essere disposta quando il giudice la ritenga necessaria sulla base di specifiche esigenze”.
Venendo al secondo motivo, la prima censura — che riguarda la asserita mancata valutazione della portata decisiva di elementi di contrasto tra giudicati, ex art. 630 lett. A) e c) cod
pen. – conduce la critica difensiva a concentrarsi sulla deduzione di un insanabile contrasto tr il ruolo di primario prestigio attribuito – nell’ambito della sentenza assolutoria emessa confronti di NOME COGNOME dNOME Corte d’assise d’appello il 16.6.2011, irrevocabile 2.11.2011 – a NOME COGNOME, il quale avrebbe assunto il comando nell’omonimo clan camorristico durante la detenzione del padre NOME NOME del fratello NOME, e quanto affermato nella sentenza di condanna di cui qui si chiede la revisione, nella quale il ricorrente è st indicato quale mandante dell’omicidio di COGNOME NOME.
2.1. La deduzione, vagliata NOME luce del costante orientamento di legittimità formatosi sul tema è del tutto priva di pregio: l’elemento evidenziato non consente di giustificare l’invoc revisione, incentrandosi il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili di cui all’a comma primo, lett. a), cod. proc. pen. su una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici st a fondamento RAGIONE_SOCIALE diverse sentenze, non già sulla contraddittorietà logica tra le valutazion operate nelle due decisioni. Questo comporta che “gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se accertati, che condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non possono consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbiano a fondamento gli stessi fatti” (Sez. 1, Sentenza n. 8419 del 14/10/2016 Cc. dep. 21/02/2017, Rv. 269757). Non sussiste, quindi, contrasto fra giudicati agli effetti dell’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., se i f a base RAGIONE_SOCIALE due decisioni, attribuiti a più concorrenti nel medesimo reato, siano st identicamente ricostruiti dal punto di vista del loro accadimento oggettivo ed il diverso epil giudiziale sia il prodotto di difformi valutazioni di quei fatti – specie se dipese dNOME diver rito prescelto nei separati giudizi e dal correlato, diverso regime di utilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dovendosi intendere il concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili non in termini di contrasto di principio tra le decisioni, bensì con riferimento ad un’oggettiva incompatibilità i fatti storici su cui esse si fondano (Sez. 6, n. 16477 del 15/02/2022, Rv. 283317). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
2.2. E’ di tutta evidenza, allora, che l’elemento indicato dal ricorrente – peraltro, non se rappresentato con coerenza dNOME stessa Difesa – circa il primario prestigio di cui avrebb goduto NOME COGNOME, in costanza della detenzione del suo capodan indiscusso, il padre NOME COGNOME, affermato nella sentenza che lo ha assolto, per un verso, costituisce il porta finale di una operazione valutativa del Giudice, che nulla ha a che fare con l’entità dei f storici giudicati; dall’altro, si osserva come la leadership di NOME non sia inconciliabile, né sul piano logico né su quello storico, con la circostanza che il fratello NOME abbia assunto u concorrente posizione verticistica nell’ambito del medesimo clan familiare, e con la possibile ideazione e volontà dell’omicidio, tanto più che il movente dell’omicidio è stato ricostruito riferimento a un contrasto che la vittima aveva avuto proprio con il figlio di NOME.
2.3. E’ corretta, dunque, la valutazione della Corte di appello di Roma circa la insussistenza d requisito dell’assoluta e invincibile inconciliabilità tra fatti storici, anche attr sottolineatura che la sentenza che ha assolto NOME COGNOME si è limitata a riconoscerne la
estraneità al delitto, senza pronunciarsi sulla responsabilità degli altri concorrent riconoscendo in sostanza il ruolo di NOME, quale mandante dell’omicidio.
2.4. Neppure ha pregio alcuno il rilievo difensivo relativo a! momento deliberativo dell’omicidi ricostruito dNOME difesa con il richiamo a fonti probatorie assunte nell’ambito dell’altro giu che dimostrerebbero che la decisione di uccidere lo COGNOME fu di NOME NOME; trattasi, invero, di fonti ritenute inattendibili dNOME Corte d’assise che, infatti, ha assolto il predetto Pasq realtà la difesa svolge argomentazioni volte a contestare la condanna dell’imputato, sul rilie che la affermazione di responsabilità non troverebbe iegittimazione su un accertamento rigoroso di un suo contributo concorsuale effettivo, così tentando di accreditare una diversa ricostruzion dei fatti che attribuisca a NOME COGNOME – tuttavia assolto in via definitiva dNOME re imputazione – la responsabilità dell’omicidio; trattasi, tuttavia, di modalità non consenti sede di revisione del giudicato, che rappresenta uno strumento impugnatorio eccezionale, subordinato alle condizioni e finalità tassativamente indicate dNOME legge. La pretesa rivalutazio del compendio probatorio già acquisito trova un suo limite nel quid novi in grado di giustificare il rimedio straordinario della revisione del giudicato, mentre qui si propugna, anc impropriamente ripercorrendo, e finanche sovrapponendoli, argomenti e valutazioni dibattuti e già risolti, una non consentita rilettura di quanto deciso nel processo già celebrato, che, inve in assenza di elementi nuovi dotati di efficacia dimostrativa tale da produrre un ribaltamen decisorio, devono essere mantenuti.
Venendo NOME censura incentrata sulle prove nuove, ex art. 630 lett. c) cod. proc. pen., del tutto corretta è la valutazione della Corte di appello che ha escluso che si trattasse di eleme probatori idonei a ribaltare il giudizio di merito, in quanto fondato su un solido e persuas apparato probatorio, non intaccato dalle deduzioni difensive in ordine NOME portata decisiva de predetti elementi.
3.1. E’ bene ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 624 del 2001, ha chiarito che debbono considerarsi prove nuove ai sensi dell’art. 630 co. 1 lett. c) cod. proc. pen. non solo quelle preesistenti ma non acquisite nel precedente processo, ma anche quelle acquisite ma non valutate dal giudice nella sentenza (Sez. U, n. 624 del 26/09/2001 deo. 09/01/2002- Rv. 220443).
In ogni caso, in tema di revisione, la prova nuova è quella che, ex art. 630 comma 1, lett. c) cod. proc. pen., da sola o unitamente a quelle già acquisite, sia idonea a ribaltare il giudizi colpevolezza dell’imputato.
E’ criterio ermeneutico consolidato nella giurisprudenza di legittimità che !a valutazion preliminare circa l’ammissibilità della richiesta proposta sulla base dell’asserita esistenza di prova nuova deve avere ad oggetto, oltre che l’affidabilità, anche la persuasività e congruenza della stessa nel contesto già acquisito in sede di cognizione, articolandosi in termini realistici sulla comparazione tra la prova nuova e quelle esaminate, ancorata NOME realt processuale svolta (ex plurimis: Sez. I, n. 34928/2012; Sez. II, n. 18765/2018; Sez. VI, n. 25599/2020; Id., n. 25603/2020). La prova, quindi, oltre ad essere “nuova” deve possedere il
necessario requisito della “dimostratività” ai fini dell’accertamento dell’errore di giudiz rescindere. Il “novum” posto a base di tale giudizio deve, cioè, presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche RAGIONE_SOCIALE prove a suo tempo acquisite, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base si è pervenuti giudicato oggetto di revisione dal momento che, ove così non fosse, qualsiasi elemento in ipotesi favorevole potrebbe essere evocato a fondamento di un istituto che, da rimedio straordinario, si trasformerebbe ineluttabilmente in una non consentita impugnazione tardiva.
3.2. Calando tali principi nella fattispecie in scrutinio, non può che ribadirsi l’inammissi RAGIONE_SOCIALE doglianze con cui la difesa mette in discussione in questa sede la valenza dimostrativa RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei collaboratori di giustizia in ordine NOME fuoruscita di messaggi o ordini carceri in cui l’imputato e suo padre erano detenuti, per veicolare la volontà di uccidere NOME NOME. Tanto perché il verdetto di condanna si è fondato sul convergente portato dichiarativo dei collaboratori di giustizia in merito NOME volontà condivisa tra i principali esponenti de COGNOME di attentare NOME vita dello COGNOME, in tal senso ricordando come anche il COGNOME avesse riferito che la decisione dell’assassinio era stata presa e condivisa dai fratelli NOME. Risulta, cioè, acclarato dNOME Corte di Assise di Appello di Napoli riconducibilità all’imputato – ma anche agli altri suoi familiari, accomunati dallo stesso int come affermato nella sentenza impugnata – della chiara volontà di uccidere.
3.3.E’ a fronte di tale chiaro accertamento processuale (validato anche dNOME Corte di cassazione), che la sentenza impugnata ha legittimamente ritenuto che “la questione relativa all’origine del mandato omicidiario rimane invariata e priva di rilevanza poiché NOME COGNOME aveva comunque l’intenzione di procedere per la commissione del delitto ai danni dello COGNOME“, osservando come la natura informale del mandato omicidiario e la pluralità di fonti che lo hanno riferito non possano ritenersi escluse dNOME circostanza – dedotta quale novum dNOME difesa della mancanza di colloqui diretti tra NOME e gli esecutori materiali dell’omicidio. Dunqu la Corte di appello ha escluso che gli elementi dedotti come nuovi dNOME Difesa risulti scardinanti, in senso favorevole al ricorrente, rispetto al ragionamento probatorio che h sorretto il giudizio di responsabilità, anche considerando, del tutto razionalmente, come, propri dNOME ricostruzione dei colloqui in carcere prospettata dNOME difesa, sia emersa una possibi modalità attraverso cui tale volontà omicidiaria potrebbe essere stata trasmessa al fratell NOME NOME NOME madre, appunto valorizzando il ruolo della moglie dell’imputato, NOMENOME quale possibile intermediaria per veicolare il mandato omicidiario: una valutazione che, in quanto ancorata alle allegazioni documentali prodotte con l’istanza di revisione, rend ragione della infondatezza della deduzione difensiva secondo cui la Corte di appello di Roma avrebbe individuato una circostanza non riferita da alcun collaboratore né emersa nelle sentenze di merito, indicando nella moglie del ricorrente la emissaria del NOME. In realtà Corte di appello si è limitata a dare una interpretazione del tutto logica, e coerente co contesto probatorio, di quell’elemento, mai emerso prima nel giudizio di merito.
3.4. Quanto NOME natura RAGIONE_SOCIALE prove prodotte dNOME Difesa, che la Corte di appello ha escluso possano essere considerate come novum, la valutazione – che si fonda sulla non ravvisata dimostratività RAGIONE_SOCIALE stesse ai fini del ribaltamento del giudizio di colpevolezza – è coerente il già richiamato orientamento giurisprudenziale; in ogni caso, il giudizio di inefficacia prove nuove a sconfessare irrimediabilmente il verdetto condannatorio rappresenta ratio decidendi che, da sola, sorregge la decisione, pur se si volesse porre in discussione la correttezza della valutazione della Corte di appello circa gli elementi che si ritengono coper dal giudicato.
Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge ( art. 616 cod.proc.pen ) la condanna de ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali nonché, trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso (Corte Costituzionale n. 186 del 7-13 giugno 2000), al versamento, in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo fissare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE Ammende. Così deciso in Roma, addì 02 febbraio 2024 Il iConsigliere estensore