Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24051 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Trapani il DATA_NASCITA
Oggi, GLYPH dGiU. 2024
avverso l’ordinanza del 03/10/2023 della Corte d’appello di Roma visti g li atti, il provvedimento impu g nato e il ricorso ; udita la relazione svolta dal consi g liere NOME COGNOME ; letta la re q uisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore g enerale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso ; letta la memoria difensiva dell’AVV_NOTAIO che ha insistito nell’acco g limento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 3 ottobre 2023, la Corte d’appello di Roma ha dichiarato, ex art. 634 cod.proc.pen., l’inammissibilità dell’istanza di revisione della sentenza della Corte d’appello di Ca g liari, in data 21/02/2022, irrevocabile 1’11/01/2023, proposta da NOME COGNOME, condannato alla pena di anni cin q ue e mesi nove di reclusione in relazione ai reati di cui a g li artt. 110, 624-625 cod.pen. di cui ai capi 17) – 41) – 48) – 49) – 50) e 51).
Ha proposto ricorso per cassazione il condannato, a mezzo del difensore, e ha chiesto l’annullamento dell’ordinanza deducendo due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo denuncia la violazione di le gg e in relazione all’art. 634 cod.proc.pen. e il vizio di motivazione in relazione alla dichiarazione di
inammissibilità per manifesta infondatezza in relazione alla rilevanza e idoneità RAGIONE_SOCIALE nuove prove a determinare il proscioglimento del condannato. La corte territoriale avrebbe oltrepassato i limiti che le consentivano una pronuncia di inammissibilità ricorrendo a regole di giudizio tipiche della fase di merito.
In particolare, rivestirebbero il carattere di prova nuova: 1) l’assenza di pendenze penali a carico di COGNOME NOME, amministratore unico della società RAGIONE_SOCIALE, intestataria e fruitore dell’utenza di energia elettrica, di cui ai capi 48),49),50) e 51); 2) sentenza n. 1044 del 28/11/2022 emessa dalla Corte d’appello di Cagliari di assoluzione di COGNOME NOME, concorrente nei reati di furto aggravato con il NOME di cui ai capi 17), 48),49) 50) e 51); 3) sentenza n. 3186 del 22711/2019 del Tribunale di Cagliari nei confronti di COGNOME NOME in relazione al capo 41).
L’assenza di pendenze penali a carico di COGNOME NOME, per quanto riguarda il concorso nel reato di furto aggravato, comporterebbe il venir meno del concorso del NOME nel reato di furto aggravato contestato ai capi 48), 49), 50) e 51). Con riguardo invece ai fatti di furto aggravato di cui ai capi 17),48), 49), 50) e 51), commessi in concorso con COGNOME NOME, rileverebbe, quale elemento per la revisione, l’assoluzione dell’imputata COGNOME dall’accusa di aver partecipato all’associazione a delinquere e ai reati di furto commessi in concorso con NOME, sicché quanto statuito dalla citata sentenza sarebbe inconciliabile con il giudicato e costituirebbe prova dell’assoluta estraneità del NOME in relazione ai capi 17), 48), 49), 50) e 51). Infine, quanto al capo 41), rileverebbe quale elemento per la revisione, la sentenza emessa nei confronti di COGNOME NOME, giudicata separatamente e condannata uti singuli per il reato di furto aggravato contestato nel capo 41) al NOME, senza contestazione del concorso con il predetto NOME.
2.2. Con il secondo motivo denuncia il vizio di motivazione in relazione all’interpretazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali. La Corte d’appello non avrebbe vagliato il grado di resistenza del quadro probatorio cristallizzato nella sentenza passata in giudicato alla luce RAGIONE_SOCIALE nuove prove e dell’inconciliabilità di giudicati.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
La difesa ha depositato memoria scritta con cui insiste nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, i cui motivi possono essere trattati congiuntamente, è inammissibile attesa la manifesta infondatezza.
Come è noto l’art. 634 cod.proc.pen., modificando la disciplina previgente prevista dal codice di procedura penale abrogato, prevede una fase preliminare che si svolge dinanzi al giudice competente per la revisione, volta ad effettuare un vaglio di ammissibilità al fine di fermare le iniziative proposte fuori dalle ipotesi previste dalla legge o senza l’osservanza RAGIONE_SOCIALE forme prescritte ovvero quando la richiesta “risulta manifestamente infondata”.
Alla Corte d’appello, nella fase preliminare, prevista dall’articolo 634 comma 1 cod.proc.pen., è attribuito il compito di valutare l’oggettiva potenzialità degli elementi addotti dal richiedente ancorché costituiti da “prove” formalmente qualificabili come “nuove”, a dar luogo, attraverso la necessaria disamina del loro grado di affidabilità e di coerenza, ad una pronuncia di proscioglimento. Nel caso di ritenuta ammissibilità dell’istanza, il Presidente della Corte d’appello emette il decreto di citazione ex art. 610 cod.proc.pen. e al procedimento che ne scaturisce si applicano le disposizioni di cui agli artt. 465 e ss cod.proc.pen. in quanto applicabili.
Il nuovo codice, che supera la struttura bifasica che caratterizzava la revisione nel codice abrogato, assegna il vaglio sulla ammissibilità della richiesta e la conseguente cognizione del merito alla Corte di appello nel cui distretto si trova il giudice che ha pronunciato la sentenza di condanna di primo grado. Muta, quindi, rispetto al passato sistema, non solo il criterio di determinazione della competenza, ma la stessa struttura del procedimento, ormai unificato, nelle sue cadenze, davanti ad un solo giudice (la Corte di appello) individuato, ratione loci, nei modi di cui si è detto.
Di fronte alla mutata struttura del giudizio di revisione, la giurisprudenza di questa Corte è concorde nell’affermare che, quanto alla fase preliminare della delibazione dell’ammissibilità, la verifica della potenzialità RAGIONE_SOCIALE nuove prove a pervenire ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 529, 530 e 531 cod.proc.pen. (art. 631 cod.proc.pen.) non può mai consistere in una penetrante anticipazione dell’apprezzamento di merito, riservato al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgere nel contraddittorio RAGIONE_SOCIALE parti, ma implica soltanto una sommaria delibazione degli elementi di prova o della inerenza del contrasto di giudicati su fatti che evocano una alternativa ed inconciliabile ricostruzione della vicenda oggetto della domanda di revisione: sommaria delibazione finalizzata alla rilevazione della eventuale sussistenza di una infondatezza che, in quanto definita “manifesta”, deve essere rilevabile ictu oculi, senza necessità di approfonditi esami.
Da qui, l’assunto secondo il quale per manifesta infondatezza della richiesta di revisione che ne determina l’inammissibilità deve irttendersi l’evidente inidoneità RAGIONE_SOCIALE ragioni poste a suo fondamento a consentire una verifica circa l’esito del giudizio nei termini di cui all’art. 631 cod.proc.pen., mentre alla fase del giudizio
di merito resta riservata ogni valutazione sull’effettiva capacità RAGIONE_SOCIALE allegazioni a travolgere, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio, il giudicato. (Sez. 3, n. 15402 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266810; Sez. 2, n. 11453 del 0/03/2015 COGNOME, Rv. 263162; Sez. 6, n. 18818 del 08/03/2013, Moneta Caglio Monneret De Villard, Rv. 255477; Sez. 1, n. 40815 del 14/10/2010, COGNOME e altro, Rv. 248463; Sez. 4, n. 18196 del 10/01/2013, COGNOME, Rv 255477).
Se poi si considera che Questa Corte ha affermato che l’inammissibilità della richiesta di revisione può essere dichiarata, oltre che con l’ordinanza prevista dall’art. 634, anche con sentenza, successivamente all’instaurazione del giudizio ai sensi dell’art. 636 cod.proc.pen. (già Sez. U, n. 18 del 10/12/1997, Pisco, Rv. 210040 – 01 e S.U. n. 624 del 26/9/2001), nulla vieta alla Corte d’appello di pronunciare l’inammissibilità anche con ordinanza all’esito di fissazione di udienza, come avvenuto nel caso in esame.
Le citate Sezioni Unite, dal momento che hanno ritenuto che l’inammissibilità dell’istanza possa essere dichiarata anche nella fase rescissoria, non escludono, a fortiori, che la delibazione di inammissibilità possa avvenite anche all’esito del contraddittorio nella fase rescissoria.
Sulla base dei principi su enunciati risulta giuridicamente corretta la decisione impugnata avendo la Corte d’appello escluso la valenza RAGIONE_SOCIALE nuove prove a pervenire ad una pronuncia di proscioglimento ex art. 529, 530 e 531 cod.proc.pen. (art. 631 cod.proc.pen.), nonché l’insussistenza di un contrasto di giudicati ai sensi dell’art. 630 comma 1, lett. a) cod.proc.pen.
5. Premessa la totale irrilevanza RAGIONE_SOCIALE questioni relative alla inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE intercettazioni, al difetto di querela – trattandosi di questioni coperte dal giudicato e giammai anche astrattamente idonee a integrare uno dei presupposti di cui all’art. 630 cod.proc.pen. (Sez. 4, n. 43871 del 15/05/2018, Rv. 274267 01), l’ordinanza impugnata ha argomentato, al par. 14 e 15, che, preso atto dell’attestazione del Cancelliere secondo cui non risulta alcuna sentenza pronunciata nei confronti della COGNOME, né risultano carichi pendenti, l’esito negativo di un accertamento nei confronti di COGNOME NOME non costituisce prova nuova idonea a sovvertire la pronuncia di condanna in relazione al furto contestato nei capi 48), 49), 50) e 51). Allo stesso modo, non costituiva prova nuova, secondo l’ordinanza impugnata, la pronuncia di assoluzione per non avere commesso il fatto di COGNOME NOME, coimputata con il NOME, in relazione ai reati di furto di cui ai capi 17), 48), 49), 50) e 51).
Correttamente l’ordinanza impugnata, al par. 19, ha escluso, peraltro in caso di reato non a concorso necessario, l’automatica sufficienza di una sentenza di assoluzione dei coimputati in un separato procedimento ad integrare una nuova prova ex art. 630, comma primo, lett. c) cod. proc. pen., chiarendo che ciò che è emendabile è l’errore di fatto e non la diversa valutazione del fatto, con la
conseguenza che è inammissibile l’istanza di revisione fondata sulla circostanza che lo stesso quadro probatorio sia diversamente utilizzato per assolvere un imputato e condannare un concorrente nello stesso reato in due diversi procedimenti (Sez. 5, n. 4225 del 09/12/2008, Rv. 242950 – 01). Ed ha escluso, al par. 20, la ricorrenza in fatto dei presupposti per la revisione evidenziando che la sentenza di assoluzione si limitava a constatare l’estraneità della COGNOME, rilevando poi anche l’assenza dei presupposti per far valere l’inconciliabilità tra giudicati, ai sensi dell’art. 630 comma 1, lett. a) cod.proc.pen., tra le due sentenze citate RAGIONE_SOCIALE quali il ricorrente chiedeva una rivalutazione dei fatti. L’articolo 630, comma 1, lettera a) cod. proc. pen., che autorizza la richiesta di revisione qualora i fatti stabiliti a fondamento della sentenza di condanna non possano conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza irrevocabile di assoluzione, si riferisce agl elementi storici adottati per la ricostruzione del fatto – reato, ritenuto a carico di chi formula la richiesta (Sez. 5, n. 8462 del 09/07/1997, COGNOME, Rv. 208608) e, per “fatti stabiliti a fondamento”, devono intendersi i “fatti” ritenuti essenziali per la decisione e, quindi, posti a base RAGIONE_SOCIALE rispettive pronunce (Sez. 3, n. 12320 del 03/11/1994, COGNOME, Rv. 200729). Tale inconciliabilità non sussiste, come rilevato dalla Corte d’appello, con riguardo ad entrambi i giudicati (sentenza di assoluzione per non avere commesso il fatto pronunciata dalla Corte d’appello di Cagliari nei confronti di NOME n. 1044/2022 e sentenza di condanna di COGNOME NOME n. 3186/2019 per il furto di cui al capo 41).
La valutazione della Corte d’appello, lungi dall’essere una anticipazione del giudizio di revisione, è corretta e congruamente motivata.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. Il ricorrente deve essere condannato al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod.proc.pen. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di C 3.000,00 in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 09/05/2024