Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 8013 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 8013 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/07/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 18 luglio 2023, la Corte di appello di Roma rigettava la richiesta di revisione avanzata nell’interesse di NOME COGNOME, condannata sentenza della Corte di appello di Napoli (confermativa della sentenza di prim grado) per i reati di cui agli artt. 474 e 648 cod. pen.
1.1 Avverso l’ordinanza ricorre per Cassazione il difensore di NOME COGNOME NOME; premette che la Corte di appello aveva affermato inspiegabilmente che la ricorrente avrebbe conferito mandato di rappresentanza diretta al doganalist COGNOME NOME, così ritenendo irrilevante la prova nuova consistente n certificato camerale da cui risultava che NOME COGNOME NOME non era lega rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE, destinataria della m contraffatta, al momento dei fatti; rileva che la condanna era stata pronunci esclusivamente per la ritenuta carica di rappresentante legale della soci riferita dall’unico teste sentito sulla base dei documenti doganali, della fat del terminale in uso all’anagrafe tributaria; da nessuno di tali documenti risul però il nome della ricorrente.
La Corte di appello aveva sostenuto che la condanna era stata pronunciata in quanto la ricorrente era la persona che aveva conferito mandato al doganalist COGNOMECOGNOME COGNOME che non aveva trovato alcun riscontro nel fascicolo de dibattimento; era sfuggito alla Corte di appello che la nomina del doganalista e avvenuta non al momento del controllo della Guardia di Finanza, che non aveva proceduto alla identificazione della COGNOME, ma dalla società RAGIONE_SOCIALE prima dell’arrivo della merce, e non dalla NOME; contrariamente a quant affermato dalla Corte di appello, la commercial invoice del 20 febbraio 2009 non recava alcuna firma .
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è fondato.
1.1 Dalla documentazione allegata al ricorso risulta che il sequestro del merce di cui al reato di ricettazione era stato eseguito a carico di COGNOME quale legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE (“dati desunti dall’Anag tributaria”, così nella intestazione del verbale di sequestro del 20 aprile 200 teste Palermo ha dapprima riferito che la fattura era a nome di NOME COGNOME, m poi ha fatto riferimento solo alla RAGIONE_SOCIALE, precisando che il della COGNOME era risultato dal terminale in uso al reparto dell’anagrafe tribut contrariamente poi a quanto riportato nell’ordinanza, nella Commerciai Invoice del 20 febbraio 2009 non risulta alcuna sottoscrizione da parte di COGNOME né che la stessa avesse conferito personalmente mandato di rappresentanza al doganalista COGNOME.
Pertanto, la prova costituita dalla visura camerale prodotta, da cui risulta che dal 22 gennaio 2008 amministratore della RAGIONE_SOCIALE era COGNOME deve essere ritenuta nuova in base alla definizione data dalle Sezioni Unite di questa Corte, che hanno ribadito il costante orientamento per cui, in tema di revisione, per «prove nuove», rilevanti a norma dell’art. 630, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della relativa istanza, devono intendersi le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna, quelle scoperte successivamente ad essa, quelle non acquisite nel precedente giudizio e quelle acquisite nel precedente giudizio, però sempre che non siano valutate neppure implicitamente (purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudicante).
La prova appare anche rilevante, considerato che non risulta che la responsabilità di NOME COGNOME sia stata ritenuta da documentazione diversa da quella risultante all’anagrafe tributaria; pertanto, le argomentazioni formulate dalla corte territoriale non appaiono rispettose dei canoni di legge poiché non consentono di avere contezza del ragionamento logico che ha portato la corte a ritenere manifestamente inidonea a scardinare il giudicato la prova offerta in sede di revisione.
L’ordinanza impugnata deve, pertanto, essere annullata con rinvio per nuovo esame alla Corte di Appello di Roma; si deve ricordare che, in tema di “nuove prove”, fondanti la richiesta di revisione, alla Corte territoriale spetta, comunque, il giudizio sulla manifesta infondatezza della richiesta medesima, seppure questo si debba limitare ad una sommaria delibazione degli elementi di prova addotti, rilevabile “ictu oculi” e senza necessità di approfonditi esami.
Nel caso in esame, la Corte di appello si è fermata alla fase rescindente, fondando la dichiarazione di inammissibilità dell’istanza su dati che non risultano presenti nel fascicolo; pertanto, dovrà essere nuovamente effettuata la valutazione delle prove, e solo una volta effettuata tale valutazione la Corte di appello potrà decidere se dar corso o meno al giudizio di revisione previsto dall’art. 636 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per il giudizio.
Così deciso il 10/01/2024