Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 31913 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 31913 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Catanzaro il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 26/06/2023 della Corte di appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata; udito l’AVV_NOTAIO, quale sostituto processuale dell’AVV_NOTAIO
NOME COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre per cassazione avverso la sentenza n. 5543/2023 della Corte di appello di Bologna in data 26 giugno 2023, con la quale la Corte
d’appello, decidendo in sede di rinvio dalla Suprema Corte, rigettava la richiesta di revisione avanzata nell’interesse di COGNOME relativamente alla sentenza emessa dalla Corte d’appello di Trieste n. 1567/2018 del 3 dicembre 2018.
COGNOME è stato condannato in ordine ai reati di cui agli artt. 110, 56, 629 cod. pen., 110, 423, 61 n. 2 cod. pen., 629 cod. pen. (reati aggravati ex art. 416bis.1 cod. pen.), dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Trieste il 26 giugno 2017, decisione parzialmente riformata dalla Corte d’appello di Trieste il 3 dicembre 2018, passata in giudicato l’8 febbraio 2021.
Avverso tale giudizio di condanna era stata promossa richiesta di revisione in ragione di prove nuove sopravvenute ovverosia: 1) le dichiarazioni di COGNOME NOME, raccolte ai sensi degli artt. 327-bis, comma 2 e 391-bis e ter cod. proc. pen.; 2) la consulenza tecnica resa dal dottor COGNOME, vertente sulla localizzazione dell’utenza telefonica in uso a COGNOME in data 28/29 dicembre 2012.
Con memoria depositata all’udienza del 27 settembre 2001, era prodotta l’ulteriore prova raccolta ex art. 391-bis cod. proc. pen., rappresentata dalle dichiarazioni di NOME COGNOME.
La Corte d’appello di Bologna respingeva de plano la richiesta di revisione dichiarandola inammissibile, con ordinanza, per manifesta infondatezza.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso in cassazione COGNOME e questa Corte ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte d’appello di Bologna, in diversa composizione, per il nuovo giudizio.
In particolare, ad avviso della Seconda Sezione di questa Corte, la motivazione del provvedimento impugnato non aveva fatto buon governo della disposizione di cui all’art. 634 cod. proc. pen., procedendo alla valutazione delle nuove prove senza arrestarsi al richiesto giudizio di astratta idoneità di quelle prove nel determinare l’esito assolutorio dell’imputato ma, al contrario, diffondendosi sul tema della attendibilità ed affidabilità dei testimoni NOME COGNOME e NOME COGNOME, con verifica sulla concreta portata probatoria di ciascun dato indicato dalla difesa del condannato. In tal modo la Corte di appello aveva operato una valutazione nel merito circa l’incidenza di quelle prove, in evidente contrasto con le caratteristiche che devono essere riscontrate per procedere, in assenza di contraddittorio, alla declaratoria di inammissibilità dell’istanza.
Per altro verso, secondo questa Corte, l’ordinanza ha finito per escludere il carattere della novità della prova tecnica indicata, ritenendo che le differenti tecnologie e metodiche utilizzate nell’analisi del materiale raccolto (le risultanze del posizionamento dei cellulari) non costituissero altro che “rivisitazioni critiche” di dati già valutati.
Un giudizio così espresso appariva, tuttavia, viziato da errori sulla valutazione del carattere della novità delle prove dedotte, nonché sull’oggetto degli apprezzamenti condotti, sfociati nell’analisi di profili di merito.
All’udienza del 26 giugno 2023 la Corte d’appello di Bologna, nel contraddittorio delle parti, rigettava la richiesta di revisione.
Avverso la sentenza ricorre per cassazione il difensore e procuratore speciale di COGNOME NOME, deducendo i seguenti motivi.
2.1. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione con riguardo alle nuove prove testimoniali, quali introdotte con la domanda di revisione.
La Corte di appello di Bologna ha erroneamente interpretato i limiti del giudizio di ammissibilità dell’istanza di revisione, facendo ricorso a strumenti e temi decisori strutturalmente demandati all’esito della procedura cosiddetta rescissoria con riguardo al portato dichiarativo dei testimoni COGNOME e COGNOME.
La Corte territoriale ha deciso per la inidoneità delle prove nuove a scardinare il giudicato procedendo a una penetrante valutazione del materiale dichiarativo dedotto, che non è stato valutato nell’ottica della manifesta infondatezza, ma nel merito delle ragioni dedotte a suo supporto.
Il Collegio di appello ha, inoltre, condotto una valutazione secondo i criteri previsti dall’art. 192 cod. proc. pen., e, quindi, secondo regole di giudizio pertinenti al giudizio rescissorio condotto nel contraddittorio delle parti.
Infine, la sentenza impugnata ha finalizzato il giudizio alla verifica delle prove nuove poiché «anche assumendosi come veritiero il contenuto delle prove nuove dedotte nelle istanza, il giudizio di responsabilità dell’interessato in ordine ai fatti a lui ascritti non viene scalfito». Tale direzione finalistica fuorie dall’orbita dell’art. 634 cod. proc. pen., secondo il quale il vaglio preliminare sull ammissibilità della domanda deve consentire una verifica circa l’esito del giudizio, rimanendo ad esso estranea la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche nella prospettiva del ragionevole dubbio.
Negando, quindi, che le prove fossero effettivamente idonee a travolgere il giudicato di condanna, la Corte di appello ha effettuato un giudizio che avrebbe richiesto l’attivazione del contraddittorio tra le parti, nel corso del quale i Giudi di merito ben avrebbe potuto escutere i testimoni, esaminare la loro credibilità, attendibilità intrinseca ed estrinseca e risolvere eventuali perplessità ricostruttive.
Analogamente, la Corte territoriale, con riferimento alla dichiarazione resa in sede di indagini difensive da COGNOME, ha sostenuto che «anche ammettendo che quanto dichiarato da COGNOME sia vero, si osserva come la vicenda riportata
afferisca non alla fattispecie che occupa in questa sede». Ancora una volta la Corte bolognese è entrata nel merito del giudizio, ritenendo di non considerare prova nuova detta dichiarazione.
2.2. Violazione di legge processuale e vizio di motivazione con riguardo alla consulenza tecnica indicata quale prova nuova.
La Corte ha proceduto a una penetrante anticipazione del giudizio di merito sulla nuova prova dedotta, effettuando una valutazione in concreto – e non in astratto – sulla relativa capacità dimostrativa.
Segnatamente, le valutazioni per superare la localizzazione di Bitontì a 40 km. dal luogo dell’incendio alle ore 23.22, in prossimità dell’accensione dell’incendio, si sono spinte fino a ipotizzare che COGNOME avrebbe potuto recarsi sul luogo dell’incendio alle 23.22 e poi fare ritorno senza telefono cellulare, ovvero avrebbe potuto essersi recato sul posto per coordinare il crimine, materialmente consumato da terzi, per poi allontanarsi. Alternative ricostruttive nuove, mai affermata in precedenza, che travalicano i limiti del giudizio e che appaiono contraddittorie con quanto affermato poco prima sulla solidità delle dichiarazioni rese dal COGNOME, che aveva individuato nel COGNOME l’autore materiale dell’incendio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
I motivi possono essere trattati congiuntamente, avendo entrambi riguardo al tipo di valutazione formulato dai Giudici di merito sulle prove nuove ai fini del giudizio di manifesta infondatezza della richiesta.
Deve premettersi che, ai fini dell’ammissibilità della richiesta di revisione basata sulla prospettazione di nuove prove, l’esame preliminare della Corte d’appello circa il presupposto della non manifesta infondatezza deve essere limitato a una sommaria delibazione degli elementi di prova addotti, in modo da verificare l’eventuale sussistenza di un’infondatezza rilevabile ictu ()culi e senza necessità di approfonditi esami, dovendosi ritenere preclusa, in tale sede, una penetrante anticipazione dell’apprezzamento di merito, riservato invece al vero e proprio giudizio di revisione, da svolgersi nel contraddittorio delle parti (Sez. 6, n. 2437 del 03/12/2009, dep. 20/01/2010, Giunta, Rv. 245770).
E allora, non può che rimanere del tutto estranea a tale preliminare apprezzamento, perché riservata alla fase del merito, la valutazione concernente l’effettiva capacità delle allegazioni difensive di travolgere il giudicato, anche
nella prospettiva del ragionevole dubbio (Sez. 6, n. 18818 del 08/03/2013, Moneta Caglio, Rv.255477).
Ne discende, ancora, che la valutazione preliminare sull’ammissibilità della richiesta proposta sulla base di prove nuove implica la necessità di una comparazione tra le prove nuove e quelle già acquisite, che deve, sì, ancorarsi alla realtà del caso concreto senza prescindere dal rilievo di evidenti segni di inconferenza o inaffidabilità della prova nuova, purché, però, tali segni siano riscontrabili, appunto, sulla base di un vaglio delibativo solo ictu ocu/i espresso (Sez. 2, n. 49113 del 16/10/2013, dep. 06/12/2013, COGNOME, Rv. 257496).
3.1. Nel caso in esame, invero, la Corte d’appello non ha fatto corretta applicazione del quadro di principi delineato da questa Suprema Corte, in quanto non si è limitata a un’astratta valutazione circa l’attitudine del novum, a dotto a sostegno della richiesta di revisione, a porre in discussione il fondamento della pronuncia irrevocabile di condanna resa nei confronti del COGNOME, ma, al contrario, ha proceduto ad apprezzamenti di merito sulla rilevanza probatoria delle dichiarazioni, che avrebbero dovuto essere riservati, piuttosto, alla fase successiva, anticipando in tal modo una sommaria valutazione di inattendibilità del teste, che, a sua volta, avrebbe dovuto essere espressa, propriamente, all’esito del relativo esame, nel pieno contraddittorio delle parti e con l’adeguato sostegno di pertinenti elementi di riscontro intrinseco ed estrinseco, alla stregua di un apprezzamento poi, eventualmente, esteso ai profili di persuasività e congruenza in relazione al contesto probatorio già acquisito e complessivamente vagliato nel giudizio di cognizione (Sez. 6, n. 20022 del 30/01/2014, COGNOME, Rv. 259779 – 01).
Alla luce di tali osservazioni, la sentenza impugnata deve, in conclusione, essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e trasmette gli atti alla Corte di appello di Bologna per nuovo giudizio.
Così deciso il 30 aprile 2024
Il Presidente