Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 22278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 22278 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato a Portogruaro il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/7/2023 della Corte di appello di Bologna
Visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
letta la requisitoria del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di rigettare il ricorso;
letta la memoria di replica, depositata dall’AVV_NOTAIO, difensore del ricorrente, che, in replica alle conclusioni del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, ha reiterato le deduzioni del ricorso, di cui ha chiesto l’accoglimento
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 17 luglio 2023 la Corte di appello di Bologna ha respinto la richiesta di revisione proposta da NOME COGNOME avverso la sentenza della
Corte di appello di Trieste, con cui è stata confermata la sentenza di condanna per il reato di truffa aggravata ex art. 61 n. 7 cod. pen.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte di appello di Bologna ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME, che ha dedotto inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale con riferimento all’art. 2, comma 4, cod. pen. in relazione agli artt. 3 e 27 Cost., 7 CEDU e 49 CDFUE. Premesso che nelle more del ricorso per cassazione, dichiarato inammissibile in data 19 gennaio 2022, erano intervenute la remissione di querela e la successiva accettazione e premesso che l’istanza di revisione era stata rigettata poiché la previsione relativa alla procedibilità a querela per il reato di cui agli artt. 640 61 n. 7 cod. pen. era stata introdotta dopo il passaggio in giudicato della sentenza, non potendo, pertanto, ritenersi prova nuova ai sensi dell’art. 630, comma 1 lett. c), cod. proc. pen., il ricorrente ha affermato che la nuova disciplina, che rende il reato in questione procedibile a querela, deve prevalere anche sul giudicato, per il principio di proporzione, sancito anche dall’art. 49 della Carta dei diritti di Nizza, che impedisce l’applicazione di una sanzione penale non più necessaria, in quanto non più proporzionata al disvalore della condotta posta in essere. Secondo il ricorrente, se la pretesa punitiva dello Stato viene rimessa anche con lex posterior all’iniziativa privata (querela) e tale iniziativa è stata abdicata con remissione di querela prima del giudicato formale, sarebbe in contrasto con l’art. 27 Cost., oltre che con i principi unionali sopra richiamati, sacrificare il diritto inviolabile alla libertà personale a quel dell’intangibilità del giudicato. Si dovrebbe affermare, quindi, che nel bilanciamento tra il valore costituzionale dell’intangibilità del giudicato e il dirit fondamentale e inviolabile alla libertà personale va data prevalenza a quest’ultimo, non potendosi tollerare che uno Stato di diritto assista inerte all’esecuzione di pene non conformi alla Cedu e, quindi, alla Carta fondamentale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
La questione sottoposta all’attenzione di questa Corte riguarda il caso di una sentenza di condanna relativa a un reato procedibile di ufficio sia al momento della sua consumazione che all’epoca della pronuncia della sentenza e che, solo in epoca successiva al passaggio in giudicato della sentenza stessa, per effetto di una riforma normativa, è divenuto procedibile a querela di parte.
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Al riguardo, premesso che l’istituto della revisione è un mezzo di impugnazione straordinario, che può essere esperito esclusivamente nei casi tassativamente indicati dalla legge, e premesso, altresì, che nella situazione in esame l’unica ipotesi di revisione che può essere presa in considerazione è quella di cui alla lett. c) dell’art. 630 cod. proc. pen., che consente la revisione della sentenza “se dopo la condanna sono sopravvenute o si scoprono nuove prove che, sole o unite a quelle già valutate, dimostrano che il condannato deve essere prosciolto a norma dell’art. 631”, deve rilevarsi che la riforma normativa, che ha portato alla modifica della procedibilità del reato, per il quale è intervenuta la pronuncia di condanna, non può essere considerata “nuova prova”.
Il caso in esame è dunque diverso da quelli (pure oggetto di pronunce di questa Corte: ad es. Sez. 5, n. 3764 del 28/02/1995, COGNOME, Rv. 201059; Sez. 4, n. 17170 del 31/01/2017, M., Rv. 269826), in cui la legge “già” prevedeva che, ricorrendo certe condizioni (se del caso oggetto di prova di nuova scoperta), i fatti-reato erano procedibili a querela di parte; esso riguarda, invece, un mutamento della condizione di procedibilità del reato, derivante da una modifica normativa intervenuta successivamente al passaggio in giudicato della sentenza della quale si chiede la revisione: modifica normativa di certo non assimilabile al concetto di “prova nuova” (in questi termini cfr.: Sez. 2, n. 14987 del 9/01/2020, Pravadelli, Rv. 279197 – 01).
2.1. A ciò si aggiunge il rilievo che – fermo restando l’oramai consolidato principio dottrinale e giurisprudenziale della natura mista, sostanziale e processuale, della querela (cfr. Sez. 2, n. 225 del 08/11/2018, dep. 2019, NOME Razzaq, Rv. 274734 – 01) – questa Corte ha ritenuto che della modifica normativa in tema di procedibilità, favorevole per l’imputato, deve tenersi conto ma ciò solo nei procedimenti “ancora pendenti” e pur sempre nell’ottica dell’art. 2 cod. pen. (cfr. Sez. 2, n. 21700 del 17/04/2019, NOME, Rv. 276651 – 01).
Situazione, quest’ultima, non sussistente nella specie, atteso che la modifica normativa sulla procedibilità del reato di cui all’art. 640 cod. pen. è entrata in vigore dopo il passaggio in giudicato della sentenza di condanna del ricorrente.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché non sussistendo ragioni di esonero – della sanzione pecuniaria di euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5/3/2024