Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 30499 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 30499 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Praeffikon (Svizzera) il 16/03/1963
avverso l’ordinanza emessa dalla Corte di appello di Trieste il 28/11/2024;
udita la relazione svolta dal Consigliere, NOME COGNOME
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore Generale, dott.ssa NOME COGNOME ch ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni e la memoria dell’Avv. NOME COGNOME difensore di fiduc del ricorrente, che ha concluso insistendo per l’accoglimento del motivo di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Trieste ha dichiarato, con ordinanza, inammissibile l richiesta di revisione della sentenza della Corte di appello di Trento del 16.5.2017 co cui COGNOME NOME è stato condannato per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa (nel periodo compreso tra giugno 2005 e febbraio 2012), nonché per più reati di truffa commessi dal 2002 al 2010.
Secondo la Corte, la richiesta di revisione sarebbe fondata su alcuni documenti e, in particolare, su due consulenze del 30.4.2007, volti a demolire l’assunto secondo cui
l’imputato sarebbe soggetto coinvolto in “una fantasiosa e inesistente attività mineraria per l’estrazione di oro e diamanti nella Repubblica Centro africana”.
Ha ritenuto, invece, la Corte che: a) secondo le stesse argomentazioni difensive i documenti posti a fondamento .della domanda di revisione non sarebbero . stati prodotti nel giudizio di cognizione “per incuria dell’attività difensiva; b) una parte dei docume (video e foto) sarebbero privi di data certa e di qualsiasi rifermento idoneo a dimostrar “dove e quando i documenti siano stati acquisiti e come tali inidonei a dimostrare la effettiva presenza e redditività di una miniera; c) altra parte dei documenti inerireb “al più all’aprile del 2007 (periodo delle consulenze indicate)” e, dunque, ad un period solo in parte coincidente con quello oggetto delle imputazioni (così testualmente la Corte a pag. 3); b) la “prova nuova” non avrebbe comunque il requisito della decisività idonea a demolire il giudizio di colpevolezza.
Ha proposto ricorso per cassazione COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo si deduce violazione di legge; si sostiene che la prova nuova non sarebbe costituita dai documenti comprovanti la sola esistenza della miniera – come invece ritenuto dalla Corte – ma anche da altri documenti (si fa riferimento a determinat moduli che sarebbero sottoposti al controllo di un organo di vigilanza), indica specificamente nel ricorso e non considerati dalla Corte di appello, dimostrativi della no manifesta infondatezza della richiesta di revisione, circostanza, questa, che avrebbe imposto la fissazione della udienza in contraddittorio.
2.2. Con il secondo motivo si deduce vizio di motivazione.
Si evidenzia come, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte, secondo cui le relazioni di consulenza furono redatte nel 2007 e, quindi, non sarebbero in grado di “coprire” il periodo di contestazione, la documentazione allegata a dette relazioni sarebbe invece idonea allo scopo; in tal senso si rivisitano le risultanze probatorie del giudizio di me
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
Le Sezioni unite hanno chiarito, da una parte, che la ragione costitutiva della rivalutazione del giudicato penale attraverso lo strumento della revisione – in deroga a principio cardine dell’intangibilità del giudicato – è costituita dalla necessità di scio un contrasto tra una verità formale (attestata nella sentenza divenuta irrevocabile) ed una verità fenomenica che si manifesta a seguito di situazioni o emergenze nuove non considerate dalla sentenza di condanna, e, dall’altra, che la “ratio” dell’istituto non che essere individuata nella irrinunciabile esigenza del “favor innocentiae” che permette
di sacrificare il giudicato ad immanenti esigenze di giustizia sostanziale. (Sez. un., 624 del 26/09/2001, (dep. 2002) COGNOME, Rv. 220441).
In tale senso, si afferma, “rispetto alla regola della intangibilità del giudicato dei valori fondamentali, cui la legge attribuisce priorità è costituito proprio · dalla necessità dell’eliminazione dell’errore giudiziario, dato che corrisponde alle più profond radici etiche di qualsiasi società civile il principio del “favor innocentiae”, da cui de corollario che non vale invocare alcuna esigenza pratica – quali che siano le ragioni d opportunità e di utilità sociale ad essa sottostanti – per impedire la riapertura processo allorché sia riscontrata la presenza di specifiche situazioni ritenute dalla leg sintomatiche della probabilità di errore giudiziario e dell’ingiustizia della sent irrevocabile di condanna” (Sez. un., COGNOME, cit.).
Da tale dato di presupposizione discende il senso e la portata del richiamo all’art. 2 Cost., sottolineato in più occasioni dalla Corte costituzionale, secondo cui è necessario garantire l’esigenza di altissimo valore etico e sociale, di assicurare, senza limiti di te ed anche quando la pena sia stata espiata o sia estinta, la tutela dell’innocente nell’ambito della più generale garanzia, di espresso rilievo costituzionale, accordata a diritti inviolabili della personalità” (sentenza n. 28 del 1969).
La Corte di cassazione, a sua volta, ha spiegato come la revisione assolva alla essenziale funzione di “sacrificare il rigore delle forme alle esigenze insopprimibili de verità e della giustizia reale; così da ribadire che essa non è ricollegabile ta all’interesse del singolo ma piuttosto all’interesse pubblico e superiore alla riparazi degli errori giudiziari, facendo prevalere la giustizia sostanziale sulla giustizia form (Sez. un., Pisano., cit.)
Nel codice vigente la predetta funzione è notevolmente rafforzata e ampliata, considerato che l’art. 631 stabilisce – a differenza di quanto previsto dagli artt. 554 3, 555 e 566, comma 2, del codice del 1930 – che la revisione è ammessa anche se l’esito del giudizio possa condurre al proscioglimento per insufficienza di prove.
Si è tuttavia aggiunto come proprio il carattere straordinario della impugnazione in esame e la sua attitudine a superare il giudicato giustifichi i suoi limiti di ammissib l’istituto è infatti finalizzato a realizzare un equilibrato bilanciamento tra opposti in mediante soluzioni normative dalle quali traspare che “la revisione è necessariamente subordinata a condizioni, limitazioni e cautele, nell’intento di contemperarne le final con l’interesse fondamentale in ogni ordinamento alla certezza e stabilità delle situazion giuridiche ed all’intangibilità delle pronunzie giurisdizionali di condanna, che si passate in giudicato” (Corte cost. n. 28 del 1969; nello stesso senso, più recentemente, Corte cost., n. 129 del 2008).
L’esigenza di bilanciamento si realizza nelle linee portanti della disciplina dell’ist che sono espressione di scelte di valore che si traducono nella elencazione dei casi che legittimano la richiesta di revisione e nella individuazione della fondamentale condizion
per l’ammissione della domanda, consistente nella necessità che siano dedotti elementi tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto.
3. In tale contesto si colloca il principio secondo cui per prove nuove rilevanti, norma dell’art. 630, lett. c), cod. proc. pen., ai fini dell’ammissibilità della r istanza, devono intendersi non solo le prove sopravvenute alla sentenza definitiva di condanna e quelle scoperte successivamente ad essa, ma anche quelle non acquisite nel precedente giudizio ovvero acquisite, ma non valutate, neanche implicitamente, purché non si tratti di prove dichiarate inammissibili o ritenute superflue dal giudice indipendentemente dalla circostanza che l’omessa conoscenza da parte di quest’ultimo sia imputabile a comportamento processuale negligente o addirittura doloso del condannato, rilevante solo ai fini del diritto alla riparazione dell’errore giudiziario U., n. 624 del 26/09/2001, dep. 2002, COGNOME, Rv. 220443).
Dunque, una prova sopravvenuta ovvero una prova preesistente e non “deducibile” – nel senso che la parte non aveva potuto a suo tempo portarla alla cognizione del giudice per causa di forza maggiore o per fatto del terzo o perché materialmente “scoperta” successivamente – ovvero, ancora, una prova dedotta ma nemmeno implicitamente valutata.
La prova, tuttavia, oltre ad essere “nuova” deve possedere il necessario requisito della obiettiva esistenza e della “dimostratività”, ai fini dell’accertamento, dell’erro giudizio da rescindere.
Il novum posto a base di tale giudizio deve, dunque, presentarsi, nel quadro di un ponderato scrutinio che tenga conto anche delle prove a suo tempo acquisite, come un fattore che determini una decisiva incrinatura del corredo fattuale sulla cui base si pervenuti al giudicato oggetto di revisione, dal momento che, ove così non fosse, qualsiasi elemento in ipotesi favorevole potrebbe essere evocato a fondamento di un istituto che, da rimedio straordinario, si trasformerebbe ineluttabilmente in una non consentita impugnazione tardiva.
Un fattore obiettivo, un fatto accertato nella sua obiettività che disarticoli il co fattuale posto a fondamento della sentenza di condanna.
Ai fini dell’esito positivo del giudizio di revisione, la prova nuova deve cioè condur all’accertamento – in termini di ragionevole sicurezza – di un fatto la cui dimostrazio evidenzi come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio (Sez. 5, n. 24070 del 27/4/2016, COGNOME, Rv. 267067, in una fattispecie in cui la Cort ha ritenuto immune da vizi il provvedimento di inammissibilità di una richiesta d revisione fondata su una perizia avente carattere “esplorativo”; nello stesso senso Sez. 5, n. 34515 del 18/06/2021, Fedda, Rv. 281772).
La previsione normativa della regola di giudizio dell’al di là di ogni ragionevole dubbio non ha cioè introdotto un diverso e più restrittivo criterio di valutazione della prova ha codificato il principio giurisprudenziale secondo cui la pronuncia di condanna deve fondarsi sulla certezza processuale della responsabilità dell’imputato. –
Il dato probatorio introdotto nel giudizio di revisione, per poter innescare ragionevole dubbio sulla tenuta dimostrativa delle prove originariamente poste a fondamento della condanna dell’imputato, deve innanzi tutto potersi ritenere affidabile, cioè idoneo a riscontrare in termini di ragionevole certezza un fatto.
In altri termini, ai fini dell’esito positivo del giudizio di revisione, la prova nuov portare all’effettivo accertamento di un fatto, la cui dimostrazione deve poi evidenziar come il compendio probatorio originario non sia più in grado di sostenere l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato oltre ogni ragionevole dubbio. L’esito dell valutazione comparativa è dunque effetto dell’acquisizione di un dato probatorio certo. fondato.
In tale quadro di riferimento i motivi di ricorso, che possono essere valuta congiuntamente, rivelano la loro inammissibilità sotto più profili.
In particolare, i motivi sono non consentiti perché la invocata “prova nuova” è costituita da una prova deducibile e, di fatto, non dedotta.
Sotto altro profilo, pur volendo ragionare con il ricorrente, la indicata “prova nuov non possiede il requisito della “dimostratività” ai fini dell’accertamento dell’error giudizio da rescindere perché non è dimostrativa della obiettiva esistenza di un dato fattuale certo, capace, nella sua obiettività, di disarticolare il ragionamento post fondamento della sentenza di condanna.
La Corte ha spiegato come, quanto ad alcuni dei documenti prodotti, essi siano privi di qualunque carattere di certezza perché privi di data certa e di qualsiasi riferment idoneo a dimostrare “dove e quando i documenti siano stati acquisiti e come tali inidonei a dimostrare la effettiva presenza e redditività di una miniera”, e, quanto al consulenze, perché relative ad un periodo che non coincide con quello oggetto delle imputazioni e dei fatti per cui si era proceduto.
Sul punto il ricorso è sostanzialmente silente, non avendo il ricorrente né spiegato perché quella documentazione, producibile e non prodotta, avrebbe invece i caratteri di certezza e neppure perché la documentazione allegata alle relazioni di consulenza di 2007 sarebbero idonee a coprire l’intero periodo in contestazione.
In realtà il ricorso è articolato sull’assunto secondo cui mentre il giudizi responsabilità sarebbe stato fatto derivare dalla tesi per cui la miniera non sarebbe stat esistente, la Corte, invece, valutando la “nuova prova” attestativa della esistenza dell miniera, avrebbe invece focalizzato la propria attenzione non già sulla esistenza della
miniera, quanto, piuttosto, sulla assenza di prova di redditività della m questione.
Si tratta di un assunto infondato avendo la Corte invece spiegato come n sarebbero evidenze nuove volte a dimostrare né l’esistenza e nemmeno la reddit
della miniera.
Sotto altro profilo il ricorso è inammissibile perché articolato su un ten rivalutazione del significato del quadro probatorio, pur in assenza di fatti certi
nuovi.
5. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al paga delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa
ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma il 19 maggio 2025
Il Consigliere estensore
Il P esente