Rettifica Pena Recidiva: La Cassazione Corregge l’Errore senza Annullare
Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 34979 del 2024, offre un chiaro esempio dei poteri del giudice di legittimità, in particolare riguardo alla rettifica pena recidiva. Questo caso dimostra come la Suprema Corte possa intervenire per correggere errori materiali nel calcolo della pena senza la necessità di annullare l’intera sentenza, garantendo così efficienza e giustizia. La decisione distingue nettamente tra le questioni di fatto, non riesaminabili in Cassazione, e gli errori di diritto, che invece rientrano pienamente nella sua competenza.
Il Caso: Dall’Insolvenza Fraudolenta all’Errore sulla Pena
La vicenda processuale ha origine da una condanna per il reato di insolvenza fraudolenta, previsto dall’art. 641 del codice penale. L’imputato, dopo la conferma della condanna in Corte d’Appello, ha presentato ricorso per Cassazione basandosi su due motivi principali:
1. Vizio di motivazione: L’imputato contestava la sussistenza degli elementi costitutivi del reato, cercando di ottenere una nuova valutazione delle prove.
2. Violazione di legge: Si lamentava un errore nel calcolo dell’aumento di pena applicato a titolo di recidiva, sostenendo che fosse eccessivo rispetto a quanto previsto dall’art. 99 del codice penale.
I giudici di merito avevano infatti condannato l’imputato basandosi su una serie di elementi probatori che, a loro avviso, dimostravano la sua volontà di non adempiere a un’obbligazione contratta pur dissimulando il proprio stato di insolvenza. La pena era stata poi aggravata a causa della recidiva specifica e reiterata.
I Limiti del Giudizio di Cassazione
La Corte di Cassazione, nell’esaminare il primo motivo, lo ha dichiarato inammissibile. Ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: il giudizio di legittimità non è una terza istanza di merito. La Suprema Corte non ha il potere di rileggere gli elementi probatori o di adottare nuovi parametri di valutazione dei fatti. Il suo compito è verificare che i giudici di merito abbiano applicato correttamente la legge e abbiano motivato la loro decisione in modo logico e completo. In presenza di una ‘doppia conforme’, ovvero due sentenze di merito che giungono alla medesima conclusione, la ricostruzione dei fatti diventa ancora più solida e difficilmente attaccabile in sede di legittimità.
L’Accoglimento del Motivo sulla Rettifica Pena Recidiva
Di diverso avviso è stata la Corte riguardo al secondo motivo. L’analisi si è concentrata sull’applicazione dell’aumento di pena per la recidiva. I giudici di legittimità hanno riscontrato che la Corte d’Appello aveva commesso un errore di calcolo. Invece di aumentare la pena dei due terzi, come previsto dal quarto comma dell’art. 99 c.p. per il tipo di recidiva contestata, l’aveva erroneamente raddoppiata.
Questo tipo di errore non inficia la validità della condanna nel suo complesso, ma riguarda esclusivamente la quantificazione della sanzione. Per tale ragione, la legge (art. 619, comma 2, c.p.p.) conferisce alla Cassazione il potere di procedere direttamente alla correzione.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione distinguendo nettamente i due profili del ricorso. Per quanto riguarda la responsabilità penale, la motivazione della sentenza d’appello è stata giudicata ‘esaustiva e conforme alle risultanze processuali’, non presentando vizi di illogicità o contraddittorietà. Pertanto, ogni tentativo di rimettere in discussione i fatti è stato respinto.
Sul calcolo della pena, invece, le motivazioni hanno evidenziato un palese errore di diritto. La norma sulla recidiva qualificata (specifica e reiterata) prevede un aumento fisso (fino a due terzi) e non un raddoppio. Essendo un mero errore di computo, era possibile correggerlo direttamente, senza la necessità di un annullamento con rinvio, che avrebbe comportato un allungamento dei tempi processuali. La Corte ha quindi rideterminato la pena finale in tre mesi e dieci giorni di reclusione, applicando correttamente la legge.
Le Conclusioni
La sentenza rappresenta un’importante applicazione del principio di economia processuale e della funzione nomofilattica della Corte di Cassazione. Si conferma che, mentre la valutazione del merito è appannaggio esclusivo dei giudici di primo e secondo grado, la Suprema Corte svolge un ruolo cruciale nel garantire l’uniforme e corretta interpretazione della legge, inclusa quella relativa al calcolo delle pene. La rettifica pena recidiva si rivela uno strumento efficace per porre rimedio a errori materiali, assicurando che la sanzione inflitta sia giusta e conforme alle disposizioni normative, senza ritardi ingiustificati.
La Corte di Cassazione può riesaminare le prove di un processo?
No, la Corte di Cassazione svolge un giudizio di legittimità e non di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non può procedere a una nuova valutazione dei fatti o delle prove.
Cosa accade se il giudice commette un errore nel calcolare la pena?
Se si tratta di un mero errore di calcolo, come in questo caso, la Corte di Cassazione può correggerlo direttamente senza annullare la sentenza. Questa procedura, chiamata ‘rettifica’, è prevista dall’art. 619, comma 2, del codice di procedura penale e serve a garantire l’economia processuale.
Qual è stato l’errore specifico nel calcolo della pena per recidiva in questo caso?
I giudici di merito avevano applicato un aumento di pena pari al doppio della pena base a titolo di recidiva. La Corte di Cassazione ha stabilito che questo calcolo era errato, poiché la norma applicabile (art. 99, comma 4, c.p.) prevedeva un aumento massimo di due terzi, e non il raddoppio. La pena è stata quindi rideterminata correttamente.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 34979 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 7 Num. 34979 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a FIRENZE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME;
ritenuto che il primo motivo di impugnazione con cui il ricorrente lamenta vizio di motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del reato all’art. 641 cod. pen., non è consentito in questa sede è articolato esclusiv in fatto e, quindi, proposto al di fuori dei limiti del giudizio di legittimità estranei ai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli el probatori posti a fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti;
rilevato che i giudici di appello, con motivazione esaustiva e conforme al risultanze processuali, che riprende le argomentazioni del giudice di primo gr come è fisiologico in presenza di una doppia conforme, hanno indicato la plura di elementi idonei a dimostrare la sussistenza del reato di insolvenza fraudo (vedi pagg. 3 e 4 della sentenza impugnata), tale ricostruzione, in nessun censurabile sotto il profilo della completezza e della razionalità, è fon apprezzamenti di fatto non qualificabili in termini di contraddittoriet manifesta illogicità e perciò insindacabili in questa sede;
ritenuto che il secondo motivo, con il quale si denuncia la violazione dell’a 99 cod. pen. conseguente all’eccessivo aumento della pena a titolo di recid fondato. I giudici di merito hanno erroneamente applicato un aumento a titolo recidiva superiore a quello previsto dall’art. 99 cod. pen. in relazi contestata recidiva specifica e reiterata (in particolare la pena è stata au del doppio anziché dei due terzi della pena da infliggere come previsto dal com quarto dell’art. 99 cod. pen.).
rilevato che la determinazione della pena finale applicata al ricorrente è fr di un mero errore di computo è possibile procedere, ai sensi dell’art. 619, c 2, cod. proc. pen., alla rettifica della pena senza pronunciare annullamento sentenza impugnata, pena che viene rideterminata in mesi tre e giorni diec reclusione;
rilevato, infine, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile nel rest P.Q.M.
Rettifica la sentenza impugnata in ordine alla pena inflitta, che ridetermina i tre e giorni dieci di reclusione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso.