Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24970 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24970 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il 08/03/1988
avverso l’ordinanza del 27/03/2025 del TRIB. LIBERTA’ di Salerno Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
E’ presente l’avvocato NOME NOME del Foro di Torre Annunziata in difesa di COGNOME NOME il quale insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe , il Tribunale di Salerno, quale giudice del riesame, ha confermato l’ordinanza emessa il 07/03/2025 dal GIP presso lo stesso Tribunale nei confronti di NOME COGNOME e con la quale lo stesso era stato sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato in ordine al delitto di cui all’art.73, d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, contestato in vari capi dell’imputazione provvisoria.
Il Tribunale ha rigettato l’eccezione difensiva concernente la violazione del divieto previsto dall’art.297, comma 3, cod.proc.pen., in riferimento alla richiesta retrodatazione dei termini di fase -asseritamente, quindi, già decorsi al momento dell’emissione del provvedimento impugnato con riferimento all’ordinanza emessa il 15/12/2023 dal GIP presso il Tribunale di Salerno, data nella quale il COGNOME, a seguito di arresto in flagranza avvenuto il 12/12/2023, era stato
sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari per il reato previsto dall’art.73 T.U. stup., commesso in concorso con NOME COGNOME nel proc. 9711/23/21; ordinanza confermata dal GIP presso il Tribunale di Torre Annunziata, ai sensi dell’art .27 cod.proc.pen., a seguito della dichiarazione di incompetenza emessa dal giudice originariamente adito; aspetto in relazione al quale la difesa aveva sottolineato l’anteriorità temporale dei fatti ascritti nel presente giudizio rispetto a quello oggetto della precedente ordinanza cautelare.
Il Tribunale ha osservato che – tra i fatti imputati nel presente procedimento e quelli ascritti nel procedimento in riferimento al quale era stata chiesta la retrodatazione – non sussisteva il necessario nesso di connessione qualificata richiesto dall’articolo 297, comma terzo, cod.proc.pen.; ha difatti rilevato che non si era in presenza di un concorso formale né di reati commessi per eseguire gli altri e che nemmeno era ipotizzabile un rapporto di continuazione fra i reati medesimi; ha osservato che i reati imputati nel precedente procedimento erano stati commessi in concorso con il cognato NOME COGNOME ovvero con il pusher NOME COGNOME, mentre il reato di cui all’arresto in flagranza del 12 dicembre 2023 era stato commesso in concorso con NOME COGNOME e in contesto temporale diverso; ha quindi ritenuto che il reato successivo dovesse ritenersi frutto di un’autonoma e distinta ideazione criminosa; mancando anche l’elemento rappresentato dalla desumibilità dagli atti , al momento dell’emissione della prima ordinanza, degli elementi attinenti agli episodi criminosi antecedenti e oggetto dell’ordinanza impugnata in ques ta sede.
Nel merito, il Tribunale ha ritenuto sussistenti i necessari gravi indizi di colpevolezza sulla base degli esiti dei servizi di osservazione e delle risultanze delle operazioni di intercettazione; ha altresì ritenuto sussistere l’esigenza cautelare di cui all’art.274, lett.c), cod.proc.pen., attesa la pluralità delle condotte accertate e il pericolo di recidivanza desumibile, tra l’altro, da lla citata ed ulteriore ordinanza cautelare, relativa a fatti successivi, oltre che sulla base dei precedenti dell’indagato; ha quindi ritenuto adeguata e proporzionata la sola misura di massimo rigore, valutando come non sufficiente quella degli arresti domiciliari, anche se -eventualmente -eseguiti in luogo distante da quello in cui erano stati commessi gli illeciti.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME tramite il proprio difensore, articolando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b), cod.proc.pen. l’inosservanza e/o erronea applicazione di legge processuale con
riferimento agli artt. 297, comma 3, 12, lett.b) e 303, comma 1, lett.a), cod.proc.pen..
Dopo aver operato un riassunto delle vicende processuali ha osservato che l’ufficio di Procura richiedente l’applicazione della prima misura cautelare disposta all’esito dell’arresto in flagranza del 12/12/2023 era rappresentato dallo stesso pubblico ministero designato in relazione ai fatti oggetto della seconda ordinanza; ha contestato la valutazione del Tribunale in punto di assenza del nesso di connessione qualificata atteso che la polizia giudiziaria che aveva curato le indagini in entrambi i procedimenti era la medesima, che le condotte contestate eran o omogenee sul piano dell’offensività giuridica e delle modalità di esecuzione oltre che del luogo di consumazione; osservando, altresì, che sussisteva il necessario presupposto rappresentato dall’anteriorità dei fatti ascritti nella seconda ordinanza; ha altresì osservato che i fatti anteriori erano desumibili dagli atti anteriormente rispetto al rinvio a giudizio disposto nel procedimento in cui era stata emessa la prima ordinanza, come ricavabile dalla lettura dell’ordinanza di custodia cautelare emessa il 15/02/2025; concludendone che i termini di fase dovevano essere retrodatati -quanto al loro inizio – al 15/12/2023, con conseguente avvenuto decorso del termine medesimo.
Con il secondo motivo di impugnazione ha dedotto -ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.e), cod.proc.pen. -il difetto di motivazione o comunque la sua manifesta illogicità (con violazione degli artt. 274, comma 1, lett.c), 275, comma 3, cod.proc.pen. nonché degli artt. 6, 49 e 52 della CEDU e degli artt.3 e 27 Cost.) per avere il Tribunale negato l’applicazione degli arresti domiciliari , misura cui invece l’indagato era stato sottoposto per fatti più gravi e recenti.
Ha contestato il requisito dell’attualità del pericolo di reiterazione alla luce del tempo trascorso dai fatti ascritti e ha dedotto che il Tribunale non avrebbe tenuto conto del fatto che l’indagato non aveva commesso ulteriori condotte criminose dopo il 12/12/2023 e che lo stesso svolgesse regolare attività lavorativa, elementi invece affrontati dal Tribunale del riesame di Napoli che -nell’ambito di un differente procedimento per il reato di cui all’art.74 T.U. stup. aveva applicato al prevenuto la misura degli arresti domiciliari presso un’ abitazione sita nel comune di Suzzara (MT).
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente ha invocato l’applicazione dell’art.297, comma 3, cod.proc.pen., ai sensi del quale : «Se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che dispongono la medesima misura per uno stesso fatto, benché diversamente circostanziato o qualificato, ovvero per fatti diversi commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza in relazione ai quali sussiste connessione ai sensi dell’articolo 12, comma 1, lettere b) e c), limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all’imputazione più grave».
In particolare, il ricorrente ha dedotto la sussistenza di un nesso di connessione qualificata tra i reati ascritti nella presente sede -contestati come commessi in un arco temporale compreso tra il marzo 2021 e l’aprile 2022 -e quelli oggetto del procedimento penale n.9711/2023, nell’ambito del quale il COGNOME era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari, a seguito di arresto in flagranza (avvenuto alla posteriore data del 12/12/2023) in relazione al trasporto di g. 1.256,67 di sostanza stupefacente del tipo cocaina.
Va quindi premesso che il meccanismo di retrodatazione previsto dalla suddetta disposizione si applica -per effetto delle modifiche introdotte dalla l. 8 agosto 1995, n.332 – anche in relazione a ordinanza successivamente emessa per fatti diversi purché ricorra la duplice condizione della sussistenza di una connessione qualificata ai sensi dell’art.12, lett.b) e c), cod.proc.pen. , si tratti di fatti commessi anteriormente rispetto alla data di emissione della prima ordinanza cautelare e purché si tratti di fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il quale sussiste il rapporto di connessione; elementi in presenza dei quali opera il meccanismo di retrodatazione a far data dall’esecuzione della prima ordinanza cautelare con commisurazione dei termini a quelli propri dell’imputazione più grave.
In ordine alla tipologia di rimedi esperibili dall’indagato/imputato per evitare l’effetto negativo della c.d. contestazione a catena e per fare dichiarare la retrodatazione del termine di decorrenza della custodia cautelare, le Sezioni Unite hanno altresì precisato che la questione può essere dedotta anche nel procedimento di riesame solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) termine interamente scaduto, per effetto della retrodatazione, al momento del secondo provvedimento cautelare; b) desumibilità dall’ordinanza applicativa della misura coercitiva di tutti gli elementi idonei a giustificare l’ordinanza successiva (Sez. U, n. 45246 del 19/07/2012, Polcino, Rv. 253549).
Derivandone che, quando nei confronti di un indagato sono emesse in procedimenti diversi, in corso innanzi alla medesima autorità giudiziaria, più
ordinanze cautelari per fatti non avvinti da vincoli di connessione qualificata, la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. non opera allorché, all’epoca dell’emissione della prima ordinanza, non erano ancora desumibili dagli atti gli elementi che hanno consentito l’emissione del successivo titolo cautelare (Sez. 1, n. 12700 del 27/09/2019, dep. 2020, Trapani, Rv. 278910); mentre, in tema di pluralità di misure cautelari emesse in procedimenti pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, la retrodatazione del termine di durata può riconoscersi esclusivamente qualora, tra i fatti oggetto dei due provvedimenti cautelari, sussista una delle ipotesi di connessione qualificata previste dall’art.297, comma 3, cod. proc. pen., consistente nel concorso formale di reati, nel reato continuato o nella connessione teleologica, limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri (Sez. U, n. 23166 del 28/05/2020, COGNOME, Rv. 279347 -02).
Difatti, come ricordato dalle Sezioni Unite, in tema di “contestazione a catena”, quando nei confronti di un imputato sono emesse in procedimenti diversi più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. opera per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza.
Nel caso in cui le ordinanze cautelari adottate in procedimenti diversi riguardino invece fatti tra i quali non sussiste la suddetta connessione e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero, sicché la regola della retrodatazione concerne normalmente misure adottate nello stesso procedimento e può applicarsi a misure disposte in un procedimento diverso solo nelle ipotesi testé indicate (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235909; Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231058).
Nel caso in esame, quindi, deve ritenersi che non sussistano gli elementi per dar luogo alla retrodatazione invocata dalla difesa nell’ambito del procedimento di riesame.
Pregiudizialmente va difatti rilevato che -conformemente a quanto argomentato dal Tribunale -non è, allo stato, ravvisabile tra le diverse fattispecie contestate nei due procedimenti il necessario legame di connessione qualificata, da ritenersi indispensabile ai fini dell’operatività del meccanismo di retrodatazione in conseguenza della diversità delle autorità giudiziarie emittenti le relative misure.
Difatti, nell’ordinanza posta alla base dell’emissione della anteriore misura cautelare per fatto posteriormente commesso, si verteva in una fattispecie di trasporto di sostanza stupefacente all’interno di un veicolo, fatto iniziato all’interno del Comune di Pompei e commesso in concorso con NOME COGNOME.
Mentre, nel procedimento in questione e nell’ambito del quale è stata disposta la misura di massimo rigore, sono state contestate numerose ipotesi di offerta e cessione di sostanza stupefacente, commesse in concorso con altri soggetti, collocate a una non esigua distanza temporale rispetto al successivo episodio e in relazione alle quali correttamente il Tribunale ha escluso il necessario vincolo di connessione qualificata sotto la specie della continuazione.
A tale proposito, va difatti ricordato che, in tema di reato continuato, l’omogeneità delle violazioni, sebbene possa essere indicativa di una particolare attitudine del soggetto a commettere azioni criminose della stessa indole, non consente da sola di ritenere che i reati siano frutto di determinazioni volitive risalenti ad un’unica deliberazione di fondo (Sez. 3, n. 21496 del 02/05/2006, COGNOME, Rv. 235523); rilevando, altresì, che il riconoscimento del vincolo della continuazione necessita di una approfondita verifica della sussistenza di concreti indicatori, quali l’omogeneità delle violazioni e del bene protetto, la contiguità spazio-temporale, le singole causali, le modalità della condotta, la sistematicità e le abitudini programmate di vita e del fatto che, al momento della commissione del primo reato, i successivi fossero stati programmati almeno nelle loro linee essenziali, non essendo sufficiente, a tal fine, valorizzare la presenza di taluno degli indici suindicati se i successivi reati risultino comunque frutto di determinazione estemporanea (Sez. U, n. 28659 del 18/05/2017, COGNOME, Rv. 270074).
Deve quindi ritenersi coerente con i predetti principi e non palesemente illogica la motivazione del Tribunale distrettuale, nella parte in cui ha escluso che tra i fatti oggetto della prima e della seconda ordinanza possa ravvisarsi il vincolo della continuazione; in quanto i fatti stessi -al di là della comunanza dell’oggettività giuridica sono stati commessi, oltre che a rilevante distanza temporale, con modalità esecutive e operative del tutto diverse; risultando quindi logica e consequenziale la valutazione in base alla quale i fatti oggetti della prima ordinanza non possano considerarsi come espressione di un medesimo disegno criminoso ma come frutto di una determinazione nuova e autonoma.
Dovendosi necessariamente ricordare, in ordine a tale profilo, che l’identità del disegno criminoso, che caratterizza l’istituto disciplinato dall’art. 81, comma secondo, cod. pen., postula che l’agente si sia previamente rappresentato e abbia unitariamente deliberato una serie di condotte criminose e non si identifica con il programma di vita delinquenziale del reo, che esprime, invece, l’opzione del reo
medesimo a favore della commissione di un numero non predeterminato di reati, che, seppure dello stesso tipo, non sono identificabili a priori nelle loro principali coordinate, rivelando una generale propensione alla devianza, che si concretizza, di volta in volta, in relazione alle varie occasioni ed opportunità esistenziali (Sez. 1, n. 15955 del 08/01/2016, Eloumari Rv. 266615), con la conseguenza che non si può parlare di continuazione in presenza della semplice estrinsecazione di un genere di vita incline al reato (Sez. 2, n. 10033 del 07/12/2022, dep.2023, COGNOME, Rv. 284420).
5. Con il secondo motivo di ricorso, la difesa ha contestato la valutazione del Tribunale in punto di adeguatezza della sola misura maggiormente afflittiva, deducendo sul punto che il ricorrente -al momento dell’esecuzione della misura si trovava in regime di arresti domiciliari presso il Comune di Suzzara (MT), avendo poi ottenuto l’autorizzazione a svolgere attività lavorativa presso il Comune di Torre Annunziata con conseguente spostamento del luogo di esecuzione.
Il motivo non è fondato.
Deve ritenersi difatti coerente e logica la valutazione del Tribunale che -in relazione all’esigenza cautelare desumibile dall’art.274, lett.c), cod.proc.pen. ha ritenuto adeguata e proporzionata la sola misura di massimo rigore.
A tale proposito, deve rilevarsi che l’apprezzamento della pericolosità dell’indagato sottoposto alla misura coercitiva è un giudizio riservato al giudice di merito, incensurabile nel giudizio di legittimità, se -come nel caso di specie congruamente e logicamente motivato con specifico riferimento alla prognosi negativa in ordine all’attitudine dell’indagato medesimo all’effettivo rispetto delle prescrizioni connesse all’applicazione di una misura più gradata (sez.6, n. 53026 del 21/11/2017, COGNOME, RV. 271686; sez.3, n.7268 del 24/1/2019, COGNOME, RV. 275851).
Sul punto, il Tribunale -con considerazioni di merito non censurabili in questa sede e che si sottraggono comunque al denunciato vizio di illogicità -ha congruamente ritenuto doversi formulare un giudizio di adeguatezza della sola misura di massimo rigore, sulla base del comprovato inserimento del ricorrente nell’ambito di un circuito operante nell’ambito del narcotraffico, attestato dal periodo complessivo di monitoraggio effettuato durante le indagini e dalla ripetuta commissione di fatti inquadrabili nella fattispecie prevista dall’art.73, T.U. stup.; il tutto valutato alla luce della condanna per il successivo fatto accertato il 12/12/2023 nonché di una comprovata pendenza e di una ulteriore precedente condanna per il reato previsto dall’art.74, T.U. st up., tutti elementi idonei a denotare una dedizione sistematica e risalente rispetto all’attività illecita di spaccio nonché la capacità di muoversi all’interno di un contesto di tipo criminale.
Sul punto, in relazione alla richiesta di esecuzione degli arresti domiciliari all’interno di un Comune geograficamente distante rispetto a quelli in cui sono stati perpetrati i suddetti atti illeciti, deve ritenersi non manifestamente illogica la valutazione del Tribunale. Il quale, da un lato, ha evidenziato la presumibile capacità del ricorrente, alla luce del numero e della tipologia dei suoi precedenti, di mantenere i propri contatti illeciti anche in contesto territoriale diverso; e, dall’altro, ha ev idenziato che già il ricorrente -nel citato procedimento pendente relativo all’art.74, T.U. stup. era stato collocato agli arresti domiciliari nella stessa località di Suzzara per poi chiedere di mutare il luogo di esecuzione in quello di Torre Annunziata, elemento da cui è stata desunta la strumentalità della presente richiesta (conclusione in relazione alla quale non assume alcun valore idoneo a scardinare la logicità della predetta conclusione l’attestazione di una domanda di inserimento, datata 21/06/2024, nella graduatorie per il profili di collaboratore scolastico in vari Comuni della Provincia di Mantova e contenente, tra l’altro, la falsa dichiarazione in ordine alla mancata pronuncia di condanne penali).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; e la trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter disp. att. cod. proc. pen..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 01/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente
NOME COGNOME