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Retrodatazione termini custodia: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un soggetto che chiedeva la retrodatazione dei termini di custodia cautelare. Il caso riguardava due misure cautelari distinte: la prima per reati legati alle armi, la seconda per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. La Corte ha stabilito che la ‘retrodatazione termini custodia cautelare’ non è applicabile se, al momento della prima misura, gli indizi per il secondo reato non erano chiaramente desumibili dagli atti, ma sono emersi solo successivamente.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Termini Custodia Cautelare: La Cassazione e il Criterio della “Desumibilità”

La gestione dei termini di custodia cautelare rappresenta uno dei punti più delicati del procedimento penale, bilanciando le esigenze di giustizia con il diritto fondamentale alla libertà personale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto importanti chiarimenti sul meccanismo della retrodatazione termini custodia cautelare, specificando le condizioni necessarie per la sua applicazione. La decisione si concentra sul requisito della “desumibilità allo stato degli atti”, un criterio fondamentale per stabilire se il tempo trascorso in carcere per un reato possa essere conteggiato anche per un altro, contestato successivamente.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto a due diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere. La prima misura, del 12 aprile 2021, era stata disposta per reati in materia di armi, violenza privata e danneggiamento, aggravati dal metodo mafioso. Successivamente, in data 17 gennaio 2024, veniva emessa una seconda ordinanza cautelare per un reato ben più grave: la partecipazione, con ruolo di capo e promotore, a un’associazione finalizzata al narcotraffico (art. 74 d.P.R. 309/1990), operante tra dicembre 2020 e aprile 2021.

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso chiedendo di retrodatare l’inizio della decorrenza dei termini della seconda misura cautelare alla data della prima, ovvero al 12 aprile 2021. La richiesta si basava sul presupposto che i fatti alla base della seconda ordinanza fossero già noti o, quantomeno, “desumibili” dagli atti processuali al momento dell’emissione della prima misura.

La Questione Giuridica: Il Principio della “Desumibilità”

Il fulcro della questione risiede nell’interpretazione dell’art. 297, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che, in caso di più ordinanze cautelari per fatti diversi, i termini della seconda misura decorrono dal giorno in cui è stata notificata la prima, se al momento dell’emissione di quest’ultima i fatti successivi erano già desumibili dagli atti.

Il concetto di “desumibilità” non si limita alla mera conoscenza storica di un fatto, ma implica la presenza di un quadro indiziario sufficientemente grave e completo da poter giustificare, già in quel momento, l’emissione di una misura cautelare anche per il secondo reato. Non basta un semplice sospetto o una notizia di reato, ma è necessaria una base probatoria concreta.

La Decisione della Cassazione sulla retrodatazione termini custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale del riesame. Secondo gli Ermellini, il giudice di merito ha correttamente escluso la possibilità di applicare la retrodatazione termini custodia cautelare perché, al momento dell’emissione della prima ordinanza, non esistevano elementi sufficienti a configurare un quadro di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando diversi punti chiave:
1. Distinzione tra Sospetto e Prova: La semplice iscrizione dell’indagato nel registro delle notizie di reato (avvenuta il 1° giugno 2021) per il delitto associativo non equivale alla “desumibilità” di gravi indizi. Si tratta di un atto dovuto per l’avvio delle indagini, non di un elemento probatorio consolidato.
2. Evoluzione del Quadro Indiziario: Gli elementi decisivi a carico dell’indagato per il reato di narcotraffico sono emersi in un momento successivo. In particolare, il Tribunale ha evidenziato come le prove fondamentali fossero contenute in un’informativa di polizia del 3 aprile 2022 e in conversazioni intercettate tra gennaio e febbraio 2022, quindi ben dopo l’emissione della prima misura cautelare.
3. Insufficienza degli Elementi Iniziali: L’informativa del 31 marzo 2021 conteneva solo “meri accenni” al coinvolgimento del ricorrente, basati su fonti confidenziali e contatti con altri indagati, ma non un compendio probatorio idoneo a sostenere un’accusa per associazione a delinquere.

In sostanza, la giurisprudenza citata dalla Corte converge nell’affermare che la “desumibilità” richiede l’acquisizione di “elementi dimostrativi univoci” e una “situazione indiziaria di tale gravità e completezza da legittimare l’adozione della seconda misura cautelare fin dal momento in cui è stata adottata la prima”.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale a tutela sia dell’efficacia delle indagini sia dei diritti dell’indagato. La retrodatazione non è un automatismo, ma il risultato di una valutazione rigorosa dello stato delle prove in un preciso momento storico. Impedire la retrodatazione quando gli indizi non sono ancora maturi consente al Pubblico Ministero di completare le indagini su reati complessi, come quelli associativi, senza il rischio che i termini di custodia scadano prematuramente. Al contempo, garantisce che una persona non rimanga in stato di detenzione per un tempo superiore a quello previsto dalla legge a causa di ritardi ingiustificati nell’esercizio dell’azione penale per fatti già ampiamente provati.

Quando si applica la retrodatazione dei termini di custodia cautelare?
Si applica, ai sensi dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., quando vengono emesse più ordinanze di custodia cautelare per fatti diversi e, al momento dell’emissione della prima, gli elementi relativi ai fatti della seconda erano già “desumibili allo stato degli atti”, ovvero esisteva un quadro indiziario grave e completo sufficiente a giustificare anche la seconda misura.

La semplice iscrizione nel registro degli indagati è sufficiente per la “desumibilità” di un reato?
No. La sentenza chiarisce che la mera iscrizione di una notizia di reato non equivale alla desumibilità di gravi indizi di colpevolezza. È un atto necessario per avviare le indagini ma non costituisce, da solo, un quadro probatorio sufficiente per applicare la retrodatazione.

Perché la Cassazione ha respinto il ricorso in questo caso specifico?
La Corte ha respinto il ricorso perché gli elementi probatori decisivi per il reato di associazione finalizzata al narcotraffico (oggetto della seconda ordinanza) sono emersi in un momento successivo all’emissione della prima ordinanza cautelare (relativa a reati di armi). Al momento della prima misura, gli indizi per il reato associativo erano solo accennati e insufficienti a giustificare un’autonoma misura cautelare.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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