Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 603 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 603 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 14/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Catania il 06/11/1993
avverso l’ordinanza del 18/07/2024 del Tribunale di Catania;
visti gli atti e l’ordinanza impugnata; esaminati i motivi del ricorso; udita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il provvedimento di cui in epigrafe il Tribunale di Catania ha confernnal:o il provvedimento di rigetto del Giudice per le indagini preliminari del 12 marzo 2024 avverso l’istanza di declaratoria di inefficacia, per decorrenza dei termini massimi di fase, della misura cautelare emessa I’ll ottobre 2023 nei confronti di NOME COGNOME per partecipazione all’associazione di cui all’art. 74 d. P.R. n. 309 del 1990 e per alcuni reati-fine, ritenendo che non potesse operarsi la pii
retrodatazione, ai sensi dell’art. 297 cod. proc. pen., in relazione ad una precedente ordinanza, emessa il 12 novembre 2021 a seguito di convalida dell’arresto per il delitto di detenzione, a fini di cessione, di marijuana e cocaina,
Avverso detta ordinanza la difesa di NOME COGNOME propone ricorso con il motivo di seguito indicato e sottoarticolato.
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alli art. 297, comma 3, cod. proc. pen. in quanto, in ordine al requisito della desumibilità dagli atti, è emerso come l’autorità inquirente, al momento dell’arresto di COGNOME, avvenuto il 9 novembre 2021, avesse già tutti gli elementi per richiedere l’adozione della misura cautelare anche per il reato oggetto del successivo provvedimento. Infatti, risulta: a) l’autorizzazione del Pubblico ministero all’interruzione dell’attività videoripresa a carico del ricorrente il 7 dicembre 2021 (si veda verbale di comunicazione di fine servizio attività di registrazione); b) il richiamo dei fatt oggetto della prima ordinanza, alle pagine 225-237 della seconda richiesta cautelare del Pubblico ministero, ripresi anche dal Giudice per le indagini preliminari con riferimento all’attività di monitoraggio avvenuta dal 18 maggio al 9 novembre 2021 nella piazza di spaccio.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla I. n. 176 del 2020, per come prorogato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Il ricorrente invoca la disciplina della retrodatazione in quanto il reato associativo, di cui alla seconda ordinanza cautelare emessa dal Tribunale di Catania, era già cessato alla data della prima ordinanza ed era desumibile dagli atti di indagine del delitto teleologicamente connesso ed in questa contestato.
2.1. Per chiarezza espositiva, va in primo luogo rilevato che le due ordinanze custodiali oggetto di esame sono state emesse nell’ambito di distinti procedimenti penali, innanzi alla medesima autorità giudiziaria, riguardanti fatti diversi ed autonomi: 1) il 9 novembre 2021, nel procedimento n. RG. 13879/2021, NOME COGNOME era stato arrestato per detenzione a fini di spaccio di marjuana e cocaina ed era stata emessa la prima ordinanza, applicativa degli arresti domiciliari all’esito
della convalida, procedimento per il quale era stato pronunciato il decreto di giudizio immediato; 2)1’11 ottobre 2023, nel procedimento n. RG. 8978/2021, è stata applicata l’ordinanza, oggetto del presente ricorso, per il delitto di cui all’ar 74 d.P.R. n. 309 del 1990, contestato «da maggio 2021 a marzo 2022», e diversi reati-fine, solo in parte cronologicamente sovrapponibili alla prima ordinanza cautelare.
In base a questi dati oggettivi, il provvedimento impugnato, da un lato, ha escluso che il reato associativo si fosse esaurito al momento dell’emissione della prima ordinanza e, dall’altro lato, applicando i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità (Sez. U. n. 14535 del 19/12/2006, Librato, Rv. 235909-1), ha dato logicamente atto che il delitto associativo fosse stato accertato con atti di indagine, diversi e più ponderosi, acquisiti nell’arco di una più ampia attività investigativa rispetto all’arresto in flagranza della prima misura cautelare (informativa del 30 dicembre 2022 che dà conto dei servizi di videoripresa e delle intercettazioni delle conversazioni delle utenze in uso a tutti gli associati con particolare valorizzazione dei dialoghi del febbraio 2022) grazie ai quali era stato possibile non solo accertare l’esistenza di una struttura associativa, ma anche attribuire all’ odierno ricorrente il ruolo di partecipe.
2.2. In tema di contestazione a catena (art. 297, comma 3, cod. proc. pen.), la questione relativa alla retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare costituisce una questione di fatto la cui soluzione è rimessa all’apprezzamento del giudice di merito perché richiede l’esame e la valutazione degli atti ed una ricostruzione dei fatti, attività precluse al giudice di legittim cui spetta solo verificare che il convincimento espresso in sede di merito sia correttamente e logicamente motivato (sez. 5, n. 14713 del 06/03/2019, COGNOME, Rv.275098).
Il ricorso si è limitato ad affermare genericamente la sussistenza dei presupposti della «desumibilità dagli atti», in base alla sola circostanza che i delitti contestati a COGNOME fossero stati commessi nel medesimo ambito delinquenziale e che l’attività di videoregistrazione della piazza di spaccio fosse stata interrotta i 12 dicembre 2021.
2.3. Il giudice di merito, applicando i consolidati principi interpretativi questa Corte, in modo ineccepibile ha escluso il requisito necessario per configurare la retrodatazione, cioè quello dell’ anteriore «desumibilità dagli atti», nel senso della sussistenza di elementi tali da poter essere posti, fin dal momento della prima ordinanza, a fondamento di una misura cautelare per il reato oggetto della seconda ordinanza, non avendo reputato sufficiente la generica circostanza che i delitti fossero stati accertati sulla base di fonti di prova concernenti medesimo contesto criminale.
Si tratta di una valutazione pienamente aderente alle risultanze processuali oltreché in linea con l’orientamento di questa Corte secondo il quale, al di là della mera conoscibilità storica di determinati fatti, il menzionato presupposto, della «desumibilità dagli atti», si configura quando vi è una tale conoscenza, derivata da uno specifico compendio probatorio, da consentire al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta, e dunque alla adozione, di una nuova misura cautelare (Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, COGNOME, Rv. 277351).
Nella specie, secondo quanto rilevato dal Tribunale, il quadro indiziario, giustificativo della custodia cautelare per il reato associativo, si è delineato solo alla luce della successiva informativa e di ulteriori acquisizioni probatorie, richiamate nel provvedimento impugnato, capaci di dar conto dei nuovi e più ampi risultati investigativi funzionali alla sua ricostruzione, e questo a fronte un’ordinanza emessa per un singolo reato in materia di stupefacenti, pur inquadrabile, in una lettura retrospettiva, nell’ambito del medesimo contesto (Sez. 2, n. 6374 del 28/01/2015, COGNOME, Rv. 262577).
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mandando alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 14 novembre 2024
La Consigliera estensora
Il Presidente