Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35949 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME NOME
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35949 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Data Udienza: 08/10/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME PATERNO’ RADDUSA NOME DI COGNOME OMBRETTA DI GIOVINE
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a Fondi il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 20/05/2025 emessa dal Tribunale di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, il quale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Il ricorrente impugna l’ordinanza con la quale il Tribunale del riesame, pronunciando in sede di appello, escludeva l’applicabilità dell’istituto della retrodatazione all’ordinanza cautelare emessa per il reato di cui agli artt. 74 e 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in data 26 novembre 2024.
Avverso tale ordinanza, il ricorrente ha proposto due motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione di legge in relazione all’eccezione di nullità formulata con riguardo all’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di retrodatazione.
Evidenzia il ricorrente che quest’ultima ordinanza era totalmente priva di motivazione, essendosi il g.i.p. limitato a condividere il parere del pubblico ministero espresso sulla richiesta di perdita di efficacia della misura, peraltro senza neppure allegare il provvedimento richiamato.
2.2. Con il secondo motivo, si censura l’esclusione dell’istituto della retrodatazione, nonostante il Tribunale avesse riconosciuto che i fatti oggetto della seconda ordinanza cautelare siano tutti antecedenti rispetto ai fatti per i quali Ł stata emessa la prima ordinanza.
In ordine alla desumibilità dei fatti in epoca antecedente rispetto al rinvio a giudizio, disposto relativamente alle condotte oggetto della prima ordinanza, la difesa evidenzia che il materiale probatorio valorizzato in sede cautelare era stato integralmente acquisito in epoca antecedente rispetto alla prima misura cautelare.
Le uniche acquisizioni ‘nuove’ erano individuabili nelle intercettazioni avvenute sulla piattaforma ‘Encrochat’ acquisite con ordine europeo di indagine del 23 febbraio 2022.Tali conversazioni, tuttavia, dovevano ritenersi non determinanti ai fini dell’adozione della
seconda misura cautelare e, quindi, non potevano da sole giustificare l’esclusione della antecedente conoscibilità dei fatti posti a fondamento della misura cautelare.
Il ricorso Ł stato trattato con procedimento cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
Il primo motivo di ricorso Ł manifestamente infondato.
Il giudice per le indagini preliminari, nel rigettare la richiesta di dichiarazione di inefficacia della misura, ha reso una motivazione che, pur nella sua estrema sinteticità, non può ritenersi omessa.Nel provvedimento impugnato, infatti, si dava atto che i fatti oggetto della seconda ordinanza cautelar non potevano ritenersi conosciuti alla data di esecuzione della prima misura (23.12.2021), richiamando espressamente il parere reso dal pubblico ministero.
Premesso che, nel caso di specie, non si verte in tema di autonoma valutazione dei presupposti per l’emissione della misura cautelare, deve ritenersi che il Tribunale del riesame abbia correttamente integrato la motivazione, essendo questa carente e non del tutto mancante.
A ciò si aggiunga che il provvedimento richiamato dal g.i.p. per relationem , in quanto inserito nel fascicolo processuale, Ł stato ritenuto sicuramente conoscibile dall’interessato e, quindi, alcun vulnus alle prerogative difensive può essere utilmente dedotto.
Il secondo motivo di ricorso Ł infondato.
Occorre premettere che il Tribunale del riesame ha correttamente inquadrato la fattispecie in esame nell’ipotesi di misure cautelari emesse in procedimenti diversi, con riguardo a fatti per i quali sussiste un’ipotesi di connessione qualificata.
Per consolidata giurisprudenza, nel caso di ordinanze cautelari emesse in procedimenti diversi per fatti legati da connessione qualificata, la retrodatazione opera solo per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui Ł stata emessa la prima ordinanza cautelare (Sez.U., n.21957 del 22/03/2005, Rahulia, Rv.231058).
3.1. Individuata la regola applicabile al caso di specie, Ł immune da censure l’affermazione secondo cui i fatti oggetto della seconda misura cautelare non fossero desumibili nella loro esatta portata e, quindi, correttamente Ł stata esclusa la retrodatazione.
¨ pur vero che gran parte delle indagini, sulla cui base Ł stata emessa la seconda misura cautelare, sono antecedenti rispetto all’emissione del primo titolo cautelare.
A fronte di tale constatazione, tuttavia, il Tribunale del riesame – con motivazione immune da censure in questa sede – ha dato atto che di come la mole dei dati oggetto di valutazione e l’esigenza di un inquadramento unitario delle plurime risultanze investigative, ha impedito il formarsi di un quadro esattamente delineato e in grado di far ritenere che le condotte di reato oggetto della seconda misura cautelare fossero chiaramente evincibili fin dalla data di emissione della prima misura.
A fronte di tale constatazione, la difesa ha elencato gli atti di indagine evidenziando come il loro compimento fosse in gran parte antecedente rispetto all’adozione della seconda misura, al fine di dimostrare come gli elementi posti a supporto di questa erano già noti in precedenza.
L’impostazione difensiva, pur se basata su un dato obiettivo, non Ł di per sØ sufficiente a condurre alla retrodatazione, posto che tale istituto non si fonda solo sul momento in cui una certa acquisizione investigativa Ł entrata nel patrimonio procedimentale, ma presuppone anche l’effettiva elaborazione delle informazioni nel loro complesso e in modo
da consentire all’organo inquirente di disporre di un quadro di gravità indiziaria idoneo a supportare le iniziative cautelari.
Per consolidata giurisprudenza, la nozione di anteriore “desumibilità”, dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva, consiste non nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizione di conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo che consenta al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta e alla adozione di una nuova misura cautelare (Sez.3, n. 48034 del 25/10/2019, COGNOME, Rv.277351; Sez.4, n. 16343 del 29/3/2023, COGNOME, Rv. 284464).
La decisione impugnata ha fatto corretta applicazione di tale principio, non emergendo alcun vizio motivazionale relativamente all’affermazione secondo cui, data la complessità delle indagini, l’esatta percezione del fenomeno associativo era conseguita solo a seguito di una compiuta rielaborazione dei singoli atti investigativi.
A ciò deve aggiungersi che, quanto meno in relazione alle intercettazioni acquisite a seguito di ordine di indagine europeo, risulta che l’acquisizione sia intervenuta successivamente all’adozione della prima misura cautelare.
La difesa ha tentato di sovvertire tale elemento facendo leva sul fatto che le intercettazioni acquisite mediante ORAGIONE_SOCIALE. non erano dirimenti, posto che la gravità indiziaria era già emersa sulla base delle precedenti attività di indagine.
Per contro, il Tribunale del riesame ha valutato che proprio le intercettazioni svolte mediante sistemi criptati aveva fornito elementi essenziali in relazione alla fattispecie associativa, oltre che a plurimi reati fine.
Si tratta di una valutazione di merito che, in assenza della deduzione di profili di manifesta illogicità o contraddittorietà, non può essere sindacata in questa sede.
Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen. Così Ł deciso, 08/10/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME