Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 27439 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 27439 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME nato a Milano il 26/12/1979 avverso l’ordinanza del 1518/03/2025 del Tribunale del riesame di Milano visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha richiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Milano adito ex art. 309 cod. proc. pen. ha respinto il gravame presentato nell’interesse di NOME COGNOME sottoposto a misura cautelare in carcere giusta ordinanza del 22 gennaio 2025 emessa dal Tribunale di Milano per il delitto di partecipazione ad associazione armata dedita al narcotraffico ex art. 74, commi 1, 2, 3 e 4 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (capo 1) e plurimi reati fine in materia di trasporto, detenzione, cessione e spaccio di sostanza stupefacente del tipo cocaina (capi 11, 12, 13, 14, 15, 17, 18, 19, 20, 21, 22, 23, 24 e 25).
Per quel che in questa sede rileva, il Tribunale ha escluso la sussistenza dei presupposti per dichiarare la retrodatazione della misura rispetto a quella afferente al procedimento iscritto a seguito di arresto in flagranza avvenuto il 30 maggio
2022 per detenzione di tre chilogrammi e mezzo di sostanza stupefacente del tipo cocaina, nell’ambito del procedimento n. 17892 del 2022 R.G.N.R.
Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati provvisoriamente contestati e, in considerazione della presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., concrete ed attuali le esigenze cautelari e adeguata l’applicazione della sola misura custodiale inframuraria.
Avverso la suddetta ordinanza, per mezzo del difensore, ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME deducendo vizi di motivazione e violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b) , ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
Rileva la difesa come la differenza tra il numero del presente procedimento rispetto a quello nell’ambito del quale veniva disposta la misura cautelare in ragione dell’arresto in flagranza intervenuto nel maggio del 2022 depone per una connessione ex art. 12, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. tra gli stessi, oltre a rivelare come gli operanti, che avevano effettuato l’arresto del COGNOME, fossero a conoscenza delle indagini in corso a “livello globale”.
Già dal tenore della precedente ordinanza genetica emerge come l’arresto intervenuto nel 2022 avesse consentito di individuare la base logistica per lo stoccaggio dello stupefacente di NOME COGNOME, persona ritenuta ai vertici del sodalizio dedito al narcotraffico, e che proprio detto atto di indagine riscontrasse l’esistenza dell’organizzazione criminale.
Significativo risulta il dato che vede il ricorrente accusato in via provvisoria della commissione di reati fine posti in essere anteriormente a tale arresto, ciò esaurendo il compendio alla base della ritenuta partecipazione del COGNOME al sodalizio dedito al narcotraffico.
Irrilevante risulta la valorizzazione del dato secondo cui al momento della esecuzione dell’arresto non fossero state ancora richieste le intercettazioni delle conversazioni effettuate per il tramite del sistema criptato “Sky ECC” attraverso l’Ordine Europeo di Indagine, tenuto conto che tutti gli elementi a carico del ricorrente sono stati tratti dalle attività di osservazione, dai pedinamenti, tracciamenti con sistemi GPS, predisposizione di telecamere ed intercettazioni telefoniche. Analoga irrilevanza – si assume – sussiste in relazione alle dichiarazioni rese, a distanza di due anni dall’arresto, dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME COGNOME.
Non determinante risulta il rilievo operato dal Tribunale del riesame in ordine alla mancata allegazione documentale a sostegno della dedotta retrodatazione, essendo i dati da cui poterne inferire l’operatività evincibili dal tenore dell ordinanza cautelare genetica, là dove il provvedimento evidenzia che l’attività
investigativa posta in essere in occasione dell’arresto in flagranza fosse stata eseguita dalla medesima polizia giudiziaria delegata dallo Pubblico Ministero titolare del presente procedimento.
ininfluente, ai fini dell’applicazione dell’istituto ex art. 276, comma 3, cod. proc. pen., che per i fatti ~Wall “i · sia intervenuta sentenza di condanna definitiva, evenienza che, secondo pacifica giurisprudenza di legittimità, non ne esclude l’operatività.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e generico e per tale motivo deve essere dichiarato inammissibile.
In termini generali, deve essere ribadito il principio di diritto espresso da questa Corte secondo cui, in ipotesi di “contestazione a catena”, quando nei confronti di un imputato sono emesse in procedimenti diversi più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali non esiste una connessione qualificata e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235909).
Nella citata decisione questa Corte ha osservato che la retrodatazione, come riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 408 del 2005, «costituisce un rimedio rispetto ad una scelta indebita dell’autorità giudiziaria, sia nel caso in cui (…) detta scelta sia avvenuta procrastinando, nell’ambito di uno stesso procedimento, l’adozione della misura, sia nel caso in cui essa sia avvenuta procrastinando l’inizio del secondo procedimento o tenendolo separato dal primo, come può avvenire per esempio non iscrivendo tempestivamente o separando alcune delle notizie di reato, ricevute o acquisite di propria iniziativa dal pubblico ministero».
Quando, però, nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze cautelari per fatti diversi, in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, in procedimenti diversi, la retrodatazione opera, se questi erano desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio per il fatto o i fatti oggetto della prima ordinanz (cfr. Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, Rahulia, Rv. 231058).
Differente, infatti, è l’ipotesi in cui gli elementi probatori non manifestano immediatamente e in modo evidente il loro significato, rendendosi così non solo
utile, ma indispensabile la necessità di svolgere un complessivo accertamento che potrebbe, in ipotesi, realizzare un sensibile iato di tempo tra astratta acquisizione della notizia di reato e l’inizio del procedimento penale. Solo se tale necessità non sussiste ed i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria, la loro separazione è frutto di una scelta del pubblico ministero che non può in alcun modo incidere sulla durata dei termini massimi di custodia previsti dall’art. 303 cod. proc. pen.
Per meglio circoscrive l’ambito di verifica allorché occorre accertare la anteriore “desumibilità” dagli atti del fatto oggetto della seconda ordinanza, emessa in un diverso procedimento e per fatti diversi ma legati da un rapporto di connessione qualificata con i primi, assume rilevanza vagliare non la mera “conoscenza o conoscibilità” dei fatti che hanno condotto all’adozione della seconda misura, essendo necessaria invece la sussistenza di una situazione indiziaria di tale gravità e completezza da legittimare l’adozione della seconda misura cautelare fin dal momento in cui è stata adottata la prima (Sez. 6, n. 54452 del 06/11/2018, Tedde, Rv. 274752 – 01). s
Ciò premesso, e tenute ferme le conclusioni sopra enunciate che impongono di limitare l’analisi alla desumibilità degli atti a far data dal rinvio a giudizio fatti ricompresi nella prima misura, la difesa del ricorrente reitera deduzioni già adeguatamente affrontate e confutate dal Tribunale della cautela /che ha indicato le ragioni per cui non potessero essere noti gli elementi apprezzati per l’emissione della seconda richiesta di misura cautelare.
L’ordinanza evidenzia come, a fronte del rinvio a giudizio effettuato per il primo procedimento in data 14 ottobre 2022, data che segna il momento entro il quale, sulla base della sopra enunciata giurisprudenza di questa Corte, si impone la verifica della desumibilità, non erano ancora state rese le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME COGNOME che avevano consentito di delineare, non già la posizione del solo ricorrente, ma la struttura che ha portato a ritenere esistente l’associazione dedita al narcotraffico ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, tenuto conto che la contestazione abbraccia un periodo di operatività del sodalizio facente capo ad NOME NOME COGNOME che si spinge sino alla esecuzione dell’ordinanza; correttamente, pertanto, il Tribunale ha assegnato rilevanza alle conversazioni acquisite successivamente al decreto di giudizio immediato tramite l’Ordine di IndagiqtEuropeo transitate dal sistema criptato di “SKY ECC”.
A fronte di motivazione completa e logica che ha portato il Tribunale a dare conto delle ragioni alla base della insussistente desumibilità dagli atti della struttura associativa delineata in tutte le sue componenti al momento del rinvio a
giudizio che aveva interessato i fatti di cui all’arresto del maggio del 2022, il ricorrente rivolge generiche censure con cui vorrebbe confutare la rilevanza delle
dichiarazioni del collaboratore di giustizia e degli esiti delle intercettazioni criptat senza avvedersi che, da un canto, la consistenza della compagine associativa non
era necessario fosse delineata in funzione della responsabilità quale partecipe del solo ricorrente, essendo invece rilevante che la stessa fosse adeguatamente
vagliata in ordine ad ogni elemento costituente il sodalizio dedito al narcotraffico
(ad esempio: struttura, soggetti, ambito di operatività), dall’altro, aspetto ex se
determinante, come l’operatività dell’associazione fosse proseguita almeno sino al momento dell’esecuzione della misura cautelare (misura cautelare emessa il 22
gennaio 2025), ambito cronologico ontologicamente non desumibile al momento del rinvio a giudizio avvenuto il 14 ottobre 2022 per i fatti contestati in occasione
dell’arresto in flagranza del ricorrente nel distinto e connesso procedimento.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della
cassa delle ammende, secondo quanto previsto dall’art. 616, comma 1, cod. proc. pen.
L’attuale stato cautelare cui è sottoposto il ricorrente impone, ai sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen., la trasmissione del presente provvedimento a cura della Cancelleria al direttore dell’Istituto penitenziario per gli adempimenti di cui al comma 1-bis dell’art. cit.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 26/06/2025.