Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 16664 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 16664 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Napoli il 07/06/1996;
avverso l’ordinanza emessa in data 03/01/2025 dal Tribunale di Napoli visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni dell’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale di Napoli ha accolto, limitatamente al delitto di autoriciclaggio contestato al capo 22), la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 28 novembre 2024, che ha disposto nei suoi confronti la misura coercitiva della custodia cautelare in carcere.
Nell’ordinanza impugnata, il ricorrente è stato ritenuto gravemente indiziato
della commissione dei delitti di cui all’art. 416-bis cod. pen. (capo 1), di cui a artt. 110, 81 cpv., 629, secondo comma, in riferimento all’art. 628, terzo comma nn. 1 e 3, cod. pen., (capo 10) e di cui agli artt. 81 cpv., 110, 512-bis, 416-bis 61 n. 2 cod. pen. (capo 23).
COGNOME, in particolare, sarebbe stato capo e promotore dell’associazione di tipo mafioso denominata clan COGNOME–COGNOME, in quanto, quale rappresentante della famiglia (e genero di NOME COGNOME), avrebbe organizzato e gestito il traffico di sostanza stupefacente e le estorsioni nel comune di Melito di Napoli, sotto la direzione e il coordinamento di NOME COGNOME; dopo la morte di COGNOME, COGNOME ne avrebbe preso il posto, fino al suo arresto del 23 giugno 2023, partecipando alle riunioni per adottare le decisioni di maggiore rilevanza, alla definizione dell linee strategiche dell’azione del clan e mantenendo i rapporti con esponenti apicali di altri clan criminali.
Gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di COGNOME, hanno proposto ricorso avverso questa ordinanza e ne ha chiesto l’annullamento.
I difensori, con unico motivo, censurano l’inosservanza dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. pen. con riferimento all’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 15 giugno 2023 nel procedimento penale n. 4619/23 R.G.N.R. per i reati di cui agli artt. 629, 416bis.1 commi 1-6 e 8, cod. pen. commessi in data 9 e 29 febbraio 2023 in danno di NOME COGNOME.
Il Tribunale del riesame ha illegittimamente escluso la retrodatazione, in quanto, con riferimento al reato associativo, difettava il requisito della anteriori dei fatti, oggetto della seconda ordinanza; secondo il Tribunale, infatti, l partecipazione al sodalizio criminoso era contestata «fino al 13 settembre 2024» e le condotte di estorsione aggravata contestate nella prima ordinanza cautelare erano state commesse nelle date del 9 e 29 febbraio 2023.
Ad avviso dei difensori, tuttavia, il presupposto dell’anteriorità dei fatti de essere valutato non con riferimento al momento dell’asserita commissione dei reati per i quali è stata disposta la prima misura coercitiva (9 e 20 febbraio 2023), ma alla data di emissione dell’ordinanza relativa a questi reati (15 giugno 2023), come statuito dalle Sezioni unite Librato; nessuna delle condotte di partecipazione contestate nell’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere sarebbe successiva al 15 giugno 2023.
Il reato contestato al capo 10) riguarda, inoltre, un’estorsione continuata realizzata in occasione delle festività natalizie del 2022, e i delitti di cui ai capi e 23) hanno ad oggetto intestazioni fittizie e condotte di autoriciclaggio commesse
in Melito di Napoli il 27 luglio 2022 e il 13 gennaio 2023.
Con la requisitoria e le conclusioni scritte depositate in data 1 marzo 2025, il Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso deve essere rigettato.
I difensori, con unico motivo, censurano l’inosservanza dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. pen. con riferimento all’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli in data 15 giugno 2023 nel procedimento penale n. 4619/23 R.G.N.R. per i reati di cui agli artt. 629, 416bis.1 commi 1-6 e 8, cod. pen. commessi in data 9 e 29 febbraio 2023 in danno di NOME COGNOME.
3. Il motivo è infondato.
L’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. richiede, per l’applicazione della disciplina della retrodatazione del termine di efficacia della misura cautelare nei casi di c.d. contestazione a catena, che i fatti di cui al successivo provvedimento coercitivo siano stati «commessi anteriormente alla emissione della prima ordinanza».
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, dunque, non può essere ravvisato il presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza custodiale, rispetto all’emissione della prima, allorché il secondo provvedimento riguardi un reato di associazione e la condotta di partecipazione al sodalizio si sia protratta oltre l’adozione della prima ordinanza.
Le Sezioni unite di questa Corte hanno, infatti, statuito che, ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della custodia cautelare ai sensi dell’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., il presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all’emissione della prima, non ricorre allorché il provvedimento successivo riguardi un reato di associazione (nella specie di tipo mafioso) e la condotta di partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l’emissione della prima ordinanza (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235910 – 01).
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza della custodia cautelare ai sensi dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., non ricorre il presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispetto all’emissione della
prima, allorché il provvedimento successivo riguardi un reato associativo (nella specie di tipo mafioso) e la condotta di partecipazione al sodalizio criminoso si sia protratta anche dopo l’emissione della prima ordinanza (Sez. 6, n. 52015 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274511-01; Sez. 6, n. 15821 del 03/04/2014, COGNOME, Rv. 259771 – 01; Sez. 6, n. 31441 del 24/04/2012, COGNOME, Rv. 253237 – 01; Sez. 1, n. 20882 del 21/04/2010, Giugliano, Rv. 247576 – 01).
Il Tribunale del riesame di Napoli, nella motivazione dell’ordinanza impugnata, ha invero polarizzato il proprio sindacato sulla anteriorità delle condotte contestate nella prima ordinanza rispetto alla condotta partecipativa e non rispetto all’adozione della prima ordinanza.
Il Tribunale ha, infatti, rilevato che plurime sono le intercettazioni successive al febbraio 2023, data di commissione del reato di estorsione, che attestano la partecipazione di COGNOME al sodalizio, e che il ricorrente nel marzo del 2023 risulta stabilmente al comando del sodalizio criminoso (pag. 38 dell’ordinanza impugnata).
Questo errato riferimento, tuttavia, integra un errore di diritto, che non determina annullamento dell’ordinanza impugnata, ma che impone la mera correzione della motivazione, ai sensi dell’art. 619, comma 1, cod. proc. pen., in quanto non ha avuto influenza decisiva sul dispositivo.
Gli elementi probatori esposti nell’ordinanza genetica, cui l’ordinanza impugnata rinvia, infatti, non consentono di ritenere che il ricorrente abbia cessato la partecipazione al sodalizio criminoso alla data di emissione della prima ordinanza custodiale.
La partecipazione del ricorrente al sodalizio criminoso non risulta essersi interrotta, in assenza di elementi sintomatici di recesso o dissociazione, per lo meno sino all’epoca indicata nella contestazione cautelare («fino al 13 settembre 2024»).
Gli stessi difensori hanno contestato l’errata applicazione del criterio di anteriorità posto dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., ma non hanno neppure allegato che la condotta partecipativa di COGNOME all’associazione di tipo mafioso si è interrotta per effetto del suo arresto, eseguito in data 23 giugno 2023.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, del resto, in tema di valutazione della permanenza del vincolo derivante dalla partecipazione ad una associazione mafiosa, l’arresto o l’esercizio dell’azione penale nei confronti di un affiliato non costituisce causa automatica di cessazione del vincolo associativo, dovendosi accertare caso per caso se le vicende processuali dell’imputato abbiano determinato la risoluzione del legame associativo (ex plurimis: Sez. 2, n. 8027 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258789 – 01; conf. Sez. 6, n. 4004 del 29/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285904 – 01).
Pur applicando il corretto criterio legale, dunque, la retrodatazione dell’efficacia della seconda ordinanza cautelare alla data di esecuzione della prima
non deve essere applicata.
Quanto alle contestazioni relative ai reati satellite, inoltre, la censura è
aspecifica, in quanto i difensori, come risulta dal verbale dell’udienza tenutasi innanzi al Tribunale del riesame e dalla stessa formulazione del motivo di ricorso,
nulla ha precisato in ordine agli ulteriori elementi di fattispecie necessari per consentire l’applicazione del disposto dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
4. Alla stregua di tali rilievi, il ricorso deve essere rigettato.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616, comma
1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma, il 17 marzo 2025.