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Retrodatazione custodia cautelare: quando si applica?

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza che negava l’applicazione della retrodatazione custodia cautelare per alcuni reati fine legati al narcotraffico. La Corte ha stabilito che il Tribunale del riesame non ha adeguatamente motivato perché i fatti della seconda ordinanza non fossero ‘desumibili’ dagli atti della prima, specialmente quando l’impianto probatorio era comune. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Custodia Cautelare: La Cassazione Annulla per Difetto di Motivazione

Il principio della retrodatazione custodia cautelare, disciplinato dall’art. 297, comma 3, del codice di procedura penale, rappresenta un baluardo a tutela della libertà personale dell’indagato. Esso impedisce che la durata massima della detenzione venga ingiustamente prolungata attraverso l’emissione di più ordinanze cautelari per fatti connessi. Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione ribadisce l’importanza di una motivazione rigorosa da parte dei giudici nel negare l’applicazione di tale istituto, soprattutto quando la base probatoria dei diversi procedimenti è la medesima.

Il Caso: La Contestazione a Catena e la Richiesta di Retrodatazione

Il caso riguarda un indagato colpito da due diverse ordinanze di custodia cautelare in carcere. La prima, emessa dal G.i.p. di Napoli, riguardava reati associativi e di narcotraffico. La seconda, emessa a distanza di mesi dal G.i.p. di Reggio Calabria, contestava fatti analoghi. La difesa dell’indagato ha richiesto al Tribunale del riesame di Reggio Calabria di applicare la retrodatazione, facendo decorrere i termini di custodia della seconda ordinanza dalla data di esecuzione della prima.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la richiesta, riconoscendo la retrodatazione solo per il reato associativo ma escludendola per i cosiddetti ‘reati fine’ (le singole imputazioni di spaccio). La motivazione si basava sull’assenza di una ‘connessione qualificata’ e sulla presunta impossibilità di desumere i secondi reati dagli atti del primo procedimento. L’indagato ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

I Principi sulla Retrodatazione Custodia Cautelare

La Corte di Cassazione, nel decidere il caso, ha richiamato i consolidati principi espressi dalle Sezioni Unite in materia di ‘contestazione a catena’.

La ‘Connessione Qualificata’ e la ‘Desumibilità’

Secondo la giurisprudenza, quando due ordinanze sono emesse in procedimenti diversi, la retrodatazione opera se sussistono due condizioni:
1. Connessione qualificata: I reati contestati devono essere legati da un vincolo di continuazione, concorso formale o connessione teleologica.
2. Desumibilità dagli atti: I fatti oggetto della seconda ordinanza dovevano essere già desumibili, cioè conoscibili e valutabili, dagli atti a disposizione dell’autorità giudiziaria al momento dell’emissione della prima ordinanza.

L’Irrilevanza della Pluralità di Autorità Giudiziarie

La Corte ha chiarito che il fatto che i procedimenti siano pendenti presso diverse autorità giudiziarie non è, di per sé, un elemento ostativo all’applicazione della retrodatazione, specialmente in presenza di una connessione qualificata. L’analisi deve concentrarsi sulla sostanza, ovvero sulla comune base probatoria e sulla conoscibilità pregressa dei fatti.

La Decisione della Cassazione: Retrodatazione Custodia Cautelare e Dovere di Motivazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza del Tribunale del riesame con rinvio per un nuovo giudizio. La decisione si fonda sulla carenza e sull’illogicità della motivazione fornita dal giudice di merito.

Le Motivazioni della Sentenza

Il cuore della motivazione della Cassazione risiede nella constatazione che il Tribunale del riesame ha omesso di valutare adeguatamente l’argomento centrale della difesa. L’impianto indiziario di entrambi i procedimenti si basava sul medesimo compendio probatorio, ovvero sulle chat acquisite tramite un ordine di indagine europeo. Questo elemento rendeva plausibile che i fatti contestati nella seconda ordinanza fossero già ‘desumibili’ al momento della prima.

La Cassazione ha rilevato che il Tribunale ha escluso la ‘desumibilità’ in modo apodittico, senza spiegare perché, nonostante la fonte di prova fosse comune, il pubblico ministero non potesse già conoscere e valutare tutti i fatti. La Corte ha inoltre richiamato una sua precedente e recente pronuncia, relativa a un coindagato nella stessa vicenda, dove aveva già censurato un’analoga carenza motivazionale. Pertanto, l’ordinanza impugnata è stata giudicata viziata perché non ha fornito una risposta logica e completa alle specifiche deduzioni difensive.

Le Conclusioni

Questa sentenza rafforza il principio secondo cui il diritto alla libertà personale e il rispetto dei termini massimi di custodia cautelare non possono essere aggirati da una frammentazione dei procedimenti. Quando la base probatoria è unitaria, il giudice che nega la retrodatazione ha l’obbligo di fornire una motivazione specifica e stringente, spiegando nel dettaglio le ragioni per cui i fatti contestati successivamente non potevano essere conosciuti in precedenza. Un semplice riferimento alla diversità dei procedimenti o delle autorità giudiziarie non è sufficiente a giustificare il diniego, pena l’annullamento della decisione.

Quando si applica la retrodatazione dei termini di custodia cautelare se i reati sono oggetto di procedimenti diversi?
Si applica se tra i fatti esiste una ‘connessione qualificata’ e se i fatti contestati nel secondo provvedimento erano ‘desumibili’ dagli atti del primo procedimento prima del rinvio a giudizio. La circostanza che i procedimenti siano pendenti davanti ad autorità giudiziarie diverse non è di per sé un ostacolo.

Cosa significa che i fatti devono essere ‘desumibili dagli atti’?
Significa che dal compendio documentale del primo procedimento (es. informative di reato, intercettazioni) doveva essere già possibile per il pubblico ministero avere una conoscenza sufficiente per esprimere un apprezzamento prognostico sulla gravità degli indizi e chiedere una misura cautelare anche per i fatti contestati successivamente.

Cosa succede se un Tribunale del riesame nega la retrodatazione senza una motivazione adeguata?
La sua ordinanza è viziata per omessa o illogica motivazione e può essere annullata dalla Corte di Cassazione. In tal caso, il Tribunale dovrà riesaminare la questione fornendo una motivazione completa e logica, basata sui principi di diritto affermati dalla Cassazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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