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Retrodatazione custodia cautelare: quando non si applica

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato che chiedeva la retrodatazione della custodia cautelare. La Corte ha stabilito che la retrodatazione non è applicabile se il reato oggetto della seconda misura, come un’associazione di stampo mafioso con contestazione ‘aperta’, è proseguito anche dopo l’emissione della prima ordinanza cautelare, venendo meno il presupposto temporale richiesto dalla legge.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Custodia Cautelare: No se il Reato è Permanente

La retrodatazione della custodia cautelare, disciplinata dall’art. 297, comma 3, del codice di procedura penale, è un istituto fondamentale per evitare un’eccessiva dilatazione dei tempi della carcerazione preventiva. Tuttavia, la sua applicazione non è automatica e presuppone requisiti specifici. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito i limiti di questo meccanismo, in particolare in relazione ai reati associativi permanenti.

Il Caso in Analisi

Il caso esaminato dalla Suprema Corte riguarda un individuo sottoposto a due distinte ordinanze di custodia cautelare in carcere. La prima, emessa nel novembre 2022, era relativa al reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90). La seconda, del luglio 2023, riguardava invece i reati di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) ed estorsione aggravata.

La difesa del ricorrente aveva chiesto di retrodatare la decorrenza della seconda misura cautelare alla data di emissione della prima, sostenendo che i fatti fossero connessi e che gli elementi per la seconda accusa fossero già desumibili dagli atti al momento della prima ordinanza. L’accoglimento di tale istanza avrebbe comportato la scarcerazione dell’indagato per superamento dei termini massimi di custodia per la fase processuale in corso.

La Questione della Retrodatazione della Custodia Cautelare e il Reato Permanente

Il Tribunale di Palermo aveva respinto la richiesta, decisione poi confermata dalla Corte di Cassazione. Il punto cruciale della controversia risiede nella natura del reato contestato nella seconda ordinanza: l’associazione di stampo mafioso. Tale reato è stato contestato con una formula “aperta”, ossia indicando una data di inizio ma specificando che la condotta criminosa si era protratta fino al luglio 2023, quindi anche in un periodo successivo all’emissione della prima ordinanza cautelare.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, ribadendo un principio giurisprudenziale consolidato. La regula iuris codificata nell’art. 297, comma 3, c.p.p., che permette la retrodatazione, ha lo scopo di evitare la “carcerazione provvisoria a rate”, cioè l’emissione di più provvedimenti restrittivi in momenti diversi per fatti connessi e già noti.

Tuttavia, un presupposto fondamentale per l’applicazione di questa norma è che i reati oggetto della seconda ordinanza (quella da retrodatare) siano stati commessi antecedentemente alla data di emissione della prima.

Nel caso di specie, questo presupposto mancava. La contestazione “aperta” per il delitto di associazione mafiosa indicava che la permanenza nel sodalizio criminale era continuata anche dopo l’emissione della prima ordinanza del novembre 2022. Poiché il reato si è protratto nel tempo, non si può affermare che sia stato interamente commesso prima del primo provvedimento restrittivo. Di conseguenza, la condizione richiesta dalla legge per la retrodatazione non è soddisfatta.

Conclusioni

La sentenza rafforza un importante principio in materia di misure cautelari. La retrodatazione della custodia cautelare non può operare quando si è in presenza di un reato associativo permanente la cui condotta si estende oltre la data della prima misura restrittiva. In questi casi, i termini di durata massima della custodia per ciascun provvedimento decorrono autonomamente. Questa decisione sottolinea come la natura permanente del reato e la continuità della condotta illecita rappresentino un ostacolo invalicabile all’applicazione di un istituto pensato per situazioni in cui i fatti, sebbene contestati in momenti diversi, si collocano tutti in un arco temporale precedente alla prima carcerazione.

Quando si applica la retrodatazione della custodia cautelare?
La retrodatazione si applica quando viene emessa una nuova misura cautelare per un fatto commesso antecedentemente alla data di emissione di una precedente ordinanza, a condizione che tra i reati esista un rapporto di connessione qualificata o che si tratti del medesimo fatto diversamente circostanziato.

Perché nel caso di un reato associativo permanente la retrodatazione può non essere concessa?
Non può essere concessa se la condotta criminosa, oggetto della seconda ordinanza, si è protratta anche dopo l’emissione della prima misura cautelare. In questo scenario, viene a mancare il presupposto fondamentale che il reato sia stato commesso interamente prima del provvedimento precedente.

Qual è stato l’esito del ricorso in Cassazione nel caso esaminato?
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. Ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle Ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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