Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 43777 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 43777 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME nato a Catania il 27/7/1988
avverso l’ordinanza del 29/4/2024 emessa dal Tribunale di Catania visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame rigettava il ricorso proposto avverso l’ordinanza con la quale NOME era stato sottoposto alla custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato dei reati di cui agli artt. 73 e 74 D.P.R. 9 ottobr 1990, n. 309
La difesa del ricorrente ha proposto tre motivi di ricorso.
2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge relazione all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., invocando la retrodatazione dell’ordinanza cautelare – emessa l’8 marzo 2024 – alla data di esecuzione dell’ordinanza emessa in data 28 giugno 2022, in relazione al reato di cui all’art 73 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
Sostiene il ricorrente che, al momento del suo primo arresto, l’autorità inquirente era già in possesso di tutti gli elementi per contestare il più grave re associativo, posto che le indagini erano iniziate fin dal 2021 e cessavano dopo circa un mese dall’arresto (luglio 2022).
L’arresto eseguito in flagranza di reato, pertanto, rappresentava un’attività d riscontro eseguita nell’imminenza della chiusura delle indagini, il che avrebbe imposto di non frazionare la richiesta cautelare.
2.2.Con il secondo motivo, deduce la violazione dell’art. 274, comma 1, lett.c), cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in ordine all’attualità delle es cautelari.
Il Tribunale avrebbe valorizzato esclusivamente la gravità della condotta, senza valutare se – al momento dell’adozione della misura cautelare – vi fosse l’effettiva concretezza del pericolo di reiterazione della condotta, posto che d momento della prima misura, cui era seguita la sottoposízíone agli arresti domiciliari, il ricorrente si era astenuto dal reiterare le condotte delittuose.
Peraltro, è emblematico il fatto che dopo l’arresto del ricorrente (nel giugno 2022) e nel successivo mese in cui era proseguito il monitoraggio nella zona ove avveniva lo spaccio, non si era registrata alcuna ulteriore attività delittuosa.
Si contesta, inoltre, l’attribuzione a Guerra di una posizione sovraordinata rispetto ai correi, non potendosi ciò desumersi dalla mera fungibilità dei ruo (spacciatore, vedetta, soggetto deputato al trasporto della droga).
2.3. Con il terzo motivo, si deduce il vizio di motivazione e la violazione legge in ordine alla mancata valutazione dell’idoneità di una misura cautelare meno afflittiva, tanto più che il ricorrente – in occasione della sottoposizione a prima ‘misura cautelare – aveva già dato prova di resipiscenza e autocontrollo.
Il ricorso è stato trattato in forma cartolare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
Il primo motivo di ricorso attiene all’individuazione dei presupposti per la retrodatazione della seconda misura cautelare – disposta in relazione al reato associativo – rispetto alla prima misura che concerneva una singola ipotesi di detenzione illecita di stupefacente.
Il Tribunale ha condivisibilmente osservato come la conoscenza di tutti gli elementi necessari per configurare la gravità indiziarla, relativamente al reato associativo, è intervenuta solo dopo il deposito della comunicazione di notizia di reato del 27 aprile 2023, riassuntiva di tutte le indagini svolte.
La difesa ha eccepito che la conoscenza dei presupposti per la richiesta cautelare non possono farsi dipendere dal momento in cui la polizia giudiziaria deposita un’informativa riassuntiva, dovendo prevalere la circostanza per cui le indagini, successive alla prima misura cautelare, hanno avuto una prosecuzione temporale del tutto limitata e tale da non comportare l’acquisizione di elementi ulteriori, in mancanza dei quali non sarebbe stato possibile elevare la contestazione per il reato associativo.
La tesi difensiva non è condivisibile, nella misura in cui si incentra esclusivamente sull’acquisizione del dato probatorio, ma oblitera l’elemento della necessaria elaborazione e valutazione dello stesso.
Sul punto deve richiamarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione di anteriore “desumibilità”, dagli atti inerenti alla prim ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste a fondamento dell’ordinanza cautelare successiva, consiste non nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizione di conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo che consenta al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta e alla adozione di una nuova misura cautelare. Applicando tale principio in una fattispecie del tutto sovrapponibile a quella in esame, la Corte ha ritenuto corretta la decisione del tribunale che aveva escluso la retrodatazione in quanto l’informativa finale relativa ai fatti per i quali era stato emesso il second titolo cautelare era stata depositata due mesi dopo l’applicazione della prima ordinanza, intervenuta a seguito di arresto in flagranza (Sez.3, n. 48034 del 25/10/2019, COGNOME, Rv. 277351).
Il secondo motivo, inerente l’insussistenza del pericolo attuale e concreto dì reiterazione del reato, è infondato. La difesa incentra la propria tesi sul fatt che, dopo il primo arresto, l’indagato si sarebbe astenuto dal reiterare le condotte
illecite, pur essendo stato collocato agli arresti domiciliari, si sottolinea, inoltre, notevole lasso temporale intercorso tra il primo arresto e la seconda misura cautelare, al fine di desumerne la non attualità del periculum.
Si tratta di argomenti che sono stati adeguatamente affrontati e risolti dal Tribunale del riesame che, con motivazione immune da censure rilevabili in questa sede, ha dato atto dello stabile inserimento del ricorrente in ambienti criminali dediti ad una continuativa e consolidata attività di cessione di stupefacenti, organizzata in due diverse zone della medesima via e con un consistente coordinamento di più soggetti. Tali elementi non sono esclusivamente funzionali a dimostrare la gravità del fatto, ma denotano una specifica attitudine a delinquere, tale da far legittimamente ritenere la sussistenza dell’attuale e concreto pericolo di reiterazione. Né vale obiettare che, subito dopo l’arresto eseguito nel giugno 2022, a carico di COGNOME non sarebbero emerse ulteriori condotte illecite, trattandosi della logica conseguenza delle limitazioni imposte.
Anche il terzo motivo, relativo alla esclusione della idoneità degli arresti domiciliari a garantire le esigenze cautelari, è infondato.
Il Tribunale ha dato atto che, a fronte della presunzione dettata dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. non si ravvisano elementi idonei a ritenere l’idoneità di una misura meno afflittiva, soprattutto in considerazione della capacità criminale dimostrata dal ricorrente.Si tratta di una valutazione di merito, non viziata da manifesta illogicità o contraddittorietà e che, di conseguenza, non può essere rivalutata in sede di legittimità.
Alla luce delle considerazioni svolte, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma Iter, disp.att. cod. proc. pen.
Così deciso il 9 ottobre 2024 Il Consigliere estensore
Il Préidente