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Retrodatazione custodia cautelare: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha parzialmente annullato un’ordinanza di riesame che confermava gli arresti domiciliari per un imputato. La decisione si fonda sulla totale assenza di motivazione riguardo alla richiesta di retrodatazione della custodia cautelare per un capo d’imputazione specifico (rapina), pur ritenendo inammissibile il motivo di ricorso relativo alla sussistenza di nuovi elementi per l’applicazione della misura.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Retrodatazione Custodia Cautelare: L’Importanza della Pronuncia del Giudice

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 1803 del 2025, offre un importante chiarimento sul tema della retrodatazione custodia cautelare e sugli obblighi motivazionali del giudice del riesame. La Corte, pur confermando la legittimità di una misura cautelare basata su nuovi elementi, ha annullato con rinvio l’ordinanza per la totale omissione di pronuncia su una specifica richiesta difensiva. Questo caso sottolinea un principio fondamentale: ogni istanza relativa alla libertà personale deve ricevere una risposta esplicita e motivata.

I Fatti del Caso

Un individuo era stato sottoposto alla misura degli arresti domiciliari con controllo elettronico per la presunta partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata alle rapine e per una rapina specifica. La misura era stata emessa dopo che un precedente provvedimento cautelare era stato annullato dal Tribunale del Riesame. La difesa ha quindi proposto ricorso in Cassazione lamentando due vizi principali:

1. La violazione del cosiddetto ‘giudicato cautelare’, sostenendo che la seconda ordinanza non si basasse su elementi realmente ‘nuovi’ rispetto a quelli già valutati.
2. L’omessa pronuncia sulla richiesta di retrodatazione custodia cautelare per il reato di rapina. Secondo la difesa, i termini di custodia per tale reato, se correttamente retrodatati, sarebbero già scaduti prima dell’emissione della nuova ordinanza.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha analizzato distintamente i due motivi di ricorso, giungendo a una decisione divisa.

Ha dichiarato inammissibile il primo motivo, relativo alla presunta assenza di nuovi elementi. I giudici hanno ritenuto che il Tribunale del Riesame avesse fornito una motivazione logica e accurata, evidenziando come le risultanze delle perquisizioni e una più corretta valutazione degli orari degli spostamenti degli indagati costituissero effettivamente elementi nuovi, idonei a superare la preclusione del giudicato cautelare.

Tuttavia, la Corte ha accolto il secondo motivo. Ha riscontrato che il Tribunale del Riesame aveva completamente ignorato la richiesta di retrodatazione custodia cautelare per il reato di rapina, concentrandosi unicamente sulla richiesta relativa al delitto associativo. Questa omissione ha determinato un vizio insanabile dell’ordinanza.

Di conseguenza, la Corte ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al punto dell’omessa pronuncia e ha rinviato il caso al Tribunale di Napoli per un nuovo giudizio sulla specifica istanza di retrodatazione.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si basa su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: il dovere del giudice di rispondere a tutte le istanze difensive che incidono sulla libertà personale. La Cassazione ha rilevato una ‘totale assenza di motivazione’ sulla richiesta di retrodatazione per il capo relativo alla rapina. Il Tribunale del Riesame, esaminando solo la richiesta per il delitto associativo, ha di fatto omesso di valutare un punto cruciale che, se accolto, avrebbe potuto portare alla scadenza dei termini di custodia per quel reato specifico. Questo silenzio del giudice integra una violazione di legge che impone l’annullamento della decisione. Per quanto riguarda il primo motivo, invece, la Corte ha ribadito che il suo ruolo non è quello di riesaminare nel merito la capacità probatoria degli indizi, ma di verificare la logicità e la coerenza della motivazione del giudice di merito. In questo caso, la motivazione del Tribunale del Riesame sulla sussistenza di ‘elementi nuovi’ è stata giudicata congrua e priva di vizi logici, e quindi non censurabile in sede di legittimità.

Le Conclusioni

La sentenza in esame riafferma con forza due concetti fondamentali. In primo luogo, il ‘giudicato cautelare’ può essere superato solo in presenza di elementi probatori genuinamente nuovi, la cui valutazione spetta al giudice di merito con motivazione logica e accurata. In secondo luogo, e con maggiore impatto pratico, il giudice ha l’obbligo ineludibile di pronunciarsi su ogni singola richiesta difensiva che riguardi lo stato di libertà dell’imputato. L’omissione di pronuncia, anche solo parziale, costituisce un vizio di motivazione che porta all’annullamento del provvedimento. Questa decisione serve da monito sull’importanza del contraddittorio e sul diritto dell’imputato a ricevere una risposta giudiziaria completa ed esaustiva.

È possibile emettere una nuova misura cautelare dopo che la precedente è stata annullata?
Sì, è possibile a condizione che vengano presentati ‘elementi nuovi’ che non erano stati precedentemente valutati. In questo caso, l’esito di perquisizioni e una nuova analisi degli orari sono stati considerati elementi nuovi idonei a giustificare un nuovo provvedimento.

Cosa succede se un giudice non si pronuncia su una specifica richiesta della difesa in materia di custodia cautelare?
Questa omissione costituisce una ‘totale assenza di motivazione’ su quel punto. Come deciso dalla Corte di Cassazione nel caso di specie, tale vizio porta all’annullamento dell’ordinanza, limitatamente alla parte non decisa, con rinvio a un nuovo giudice per la valutazione dell’istanza omessa.

Perché la Cassazione ha annullato l’ordinanza solo in parte?
Perché il ricorso si basava su due motivi distinti. La Corte ha ritenuto infondato il primo motivo (sulla mancanza di nuovi elementi), ma ha accolto il secondo (sull’omessa pronuncia). Di conseguenza, l’annullamento ha riguardato solo la parte viziata del provvedimento, cioè il mancato esame della richiesta di retrodatazione della custodia cautelare per il reato di rapina.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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