Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 3424 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 3424 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato a Catania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza dell’11/08/2023 del Tribunale di Catania visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale cautelare di Catania, quale giudice del riesame, giudicando in sede di annullamento disposto con la sentenza n. 32389 del 2023, ha confermato l’ordinanza emessa il 19/1/2023 dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania che applicava nei confronti di NOME COGNOME la misura della custodia cautelare in carcere, in quanto gravemente indiziato in ordine ai reati previsti dagli artt. 73 e 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309 e 416 bis. cod.pen., contestati ai capi 1, 2, 4, 5, 11 e 12 dell’imputazione provvisoria.
Con la sentenza rescindente, la Corte di cassazione ha rilevato l’erronea applicazione dell’art. 297, comma 3, cod.proc.pen., operata dal Tribunale del riesame di Catania.
Nel rammentare che il meccanismo di retrodatazione previsto dalla suddetta disposizione si applica – per effetto delle modifiche introdotte dalla I. 8 agosto 1995, n.332 – anche in relazione a ordinanza successivamente emessa per fatti diversi purché ricorra la duplice condizione della sussistenza di una connessione qualificata ai sensi dell’art.12, lett. b) e c), cod.proc.pen. e si tratti di fatti com anteriormente rispetto alla data di emissione della prima ordinanza cautelare, purché si tratti di fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fa il quale sussiste il rapporto di connessione, con la sentenza di annullamento la Corte di cassazione ha rilevato la violazione della legge processuale di cui all’art. 297 comma 3 cod.proc.pen. là dove il tribunale cautelare aveva posto a base dell’esclusione del meccanismo di retrodatazione, la posteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza, con esclusione del parametro normativo dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza cautelare ove erano contestati i reati di cui agli artt. 73 e 74 del T.U. stup., commessi dall’agosto del 2018 all’agosto del 2020, rispetto a quello oggetto della prima ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal GIP pres5 il Tribunale di Reggio Calabria il 27/7/2021, nel procedimento avente n. 4702NUMERO_DOCUMENTO, nella quale al NOME era contestato il reato fine – riguardante la cessione di sostanza stupefacente di tipo cocaina avvenuta in favore dei NOME il 22/11/2018 in Catania (capo A15).
L’ordinanza era così annullata con rinvio al Tribunale del riesame di Catania, il quale doveva “esaminare, previa valutazione della sussistenza del rapporto di connessione tra i fatti oggetti dei distinti procedimenti, l’operatività del meccanismo di retrodatazione alla luce del criterio dell’anteriorità dei fatti oggetto del prese giudizio rispetto all’emissione della precedente ordinanza oltre a valutare la sussistenza del presupposto della eventuale e già intervenuta decorrenza del termine di durata della custodia cautelare”.
3. L’ordinanza impugnata, rilevato che i fatti oggetto della seconda misura erano anteriori alla data di emissione della prima ordinanza cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria, ha escluso la connessione qualificata, ex art. 12 comma 1 ) lett. b) i cod.proc.pen., in assenza di identità del disegno criminoso non comune a tutti i compartecipi sul rilievo che la fattispecie concorsuale contestata nel procedimento, nel quale era stata emessa la prima ordinanza dall’A.G. di Reggio Calabria, era attribuita a soggetti diversi rispetto a quelli del procedimento in oggetto. Per l’effetto confermava l’ordinanza di applicazione di misura cautelare emessa dal Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Catania.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato deducendo, con un unico articolato motivo, la violazione di cui all’art. 297 comma 3 cod.proc.pen. e il vizio di motivazione.
Argomenta il ricorrente che il tribunale sarebbe incorso nuovamente nella violazione dell’art. 297 comma 3 cod.proc.pen. là dove avrebbe escluso l’unicità del disegno criminoso comune a tutti i compartecipi, trattandosi di continuazione che non rileva processualmente poiché l’interesse di un imputato alla trattazione unitaria dei fatti in continuazione non può pregiudicare quello del coimputato a non essere sottratto al giudice naturale. Ciò posto, l’art. 297 / comma 3, cod.proc.pen. ha una specifica funzione di salvaguardia del cittadino a non subire ripetute misure cautelari anche per fatti connessi ex art. 81 cod.pen., con allungamento dei termini di custodia. ckA Come affermato dalle sentenze delle Sezioni UniteVe della Corte costituzionale, l’istituto della retrodatazione consiste nel meno riallineamento del termine di efficacia della misura da retrodatare alla data di esecuzione della prima ordinanza cautelare e non già in una vera e propria unificazione dei due successivi titoli cautelari o meglio dei due procedimenti penali. Le due ordinanze cautelari e i relativi procedimenti rimangono distinti e ciascuno segue la propria sorte senza che la proroga dei termini dell’una possa influire sull’altra. Quindi, impregiudicato il diritto del coimputato a n essere sottratto al suo giudice naturale, rimane ineludibile il diritto del ricorrente ottenere il riallineamento del termine di efficacia della seconda ordinanza rispetto la prima. Chiede l’annullamento dell’ordinanza.
Il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha depositato requisitoria scritta con cui ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza.
Ritiene il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO che, sebbene effettivamente corrispondente ad un passaggio della motivazione della pronuncia delle Sezioni Unite COGNOME, la motivazione non sia convincente.
Rileva in primo luogo che non di principio enunciato, quello posto a base dell’ordinanza impugnata con cui t”stata esclusa la connessione qualificata, ex art. 12 i comma 1 / lett. b) / cod.proc.pen., per assenza di identità del disegno criminoso di tutti i compartecipi, a fini di soluzione della questione che era devoluta (che atteneva al diverso tema del meccanismo di computo della custodia patita), argomenta poi che il principio evocato, strettamente correlato al diverso tema della capacità del vincolo della continuazione di determinare radicamenti di competenza per connessione, non sarebbe estensibile al meccanismo della retrodatazione.
Quando si ammette, argomenta il AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, l’applicabilità del meccanismo di cui all’art. 297 comma 3 cod.proc.pen., nei casi di connessione
qualificata, anche nel contesto di procedimenti diversi pendenti innanzi a diverse autorità giudiziarie, cosa sembrerebbe essere ammessa (Sez. U, n. 21957 del 2005, RAGIONE_SOCIALE, Sez. U, n. 14535 del 2007, COGNOME, Sez. 6, n. 43235 del 2013, Rv. 25745901) “evidentemente si presuppone che le diverse competenze siano ritualmente radicate e che possa rilevare ai fini del meccanismo di retrodatazione anche una connessione che, pur riconducibile alle categorie sostanziali della continuazione, del concorso formale e del nesso teleologico, non sia idonea a incidere sulla competenza per non sottrarre i coimputati al loro giudice naturale. La stessa sentenza Sez. U, n. 23166 del 2020, COGNOME, del resto, ammette la retrodatazione anche nei casi di procedimento pendenti avanti a diversi uffici giudiziari qualora, tra i fatti oggetto d due provvedimenti cautelari, sussista una delle ipotesi di connessione qualificata previste dall’art. 297, comma 3, cod.proc.pen., consistente nel concorso formale di reati, nel reato continuato o nella connessione teleologica, limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli RAGIONE_SOCIALE. Il Tribunale avrebbe reso una motivazione elusiva in relazione alla assenza del requisito della connessione qualificata per continuazione e avrebbe, inoltre, totalmente eluso l’approfondimento, pure raccomandato dalla sentenza di annullamento con rinvio, della desumibilità degli elementi posti a fondamento della seconda misura al momento dell’emissione della prima ordinanza o della richiesta di rinvio a giudizio afferente al primo procedimento: elemento che va apprezzato, tenendo conto che è presupposto che legittima il ricorso all’istituto della retrodatazione. Chiede l’annullamento dell’ordinanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Va ricordato che con l’art. 297 cod.proc.pen. il legis atore ha inteso dettare la disciplina della c.d. “contestazione a catena” con la quale si era stabilita una deroga al principio della autonoma decorrenza dei termini di durata massima della custodia in relazione a ciascun titolo cautelare.
Senza ripercorrere la storia dell’istituto della “contestazione a catena” delineato dall’art. 297 ( comma 3 cod.proc.pen., è sufficiente qui rammentare che l’articolo in / questione è stato oggetto di modifica dalla legge del 1995, che ha da un lato ha ristretto l’ambito applicativo della norma, con la previsione dell’operatività de meccanismo di retrodatazione esclusivamente con riferimento ai casi di connessione qualificata ai sensi dell’art. 12 cod. proc. pen., lett. b) (continuazione tra i reati) limitatamente all’ipotesi di reati connessi per eseguire gli RAGIONE_SOCIALE (connessione teleologica) e dall’altro ha introdotto una regola AVV_NOTAIO di retrodatazione “automatica” (“se nei confronti di un imputato sono emesse più ordinanze che
dispongono la medesima misura… i termini decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima ordinanza e sono commisurati all’imputazione più grave”), regola automatica che, tuttavia, è non applicabile laddove la seconda ordinanza cautelare viene emessa dopo il rinvio a giudizio per i fatti oggetto della prima ordinanza (“la disposizione non si applica relativamente alle ordinanze per fatti non desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio disposto per il fatto con il qua sussiste connessione ai sensi del presente comma”).
La disposizione ha poi subito un ampliamento per effetto della sentenza additiva n. 408 del 2005, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimit dell’art. 297 cod. proc. pen., comma 3, nella parte in cui “non si applica anche a fatti diversi non connessi, quando risulti che gli elementi per emettere la nuova ordinanza erano già desumibili dagli atti al momento dell’emissione della precedente ordinanza” (a cui ha fatto seguito la sentenza n. 233 del 2011 che non rileva nella fattispecie in esame).
Così ricostruita sinteticamente l’evoluzione della disposizione, possono enunciarsi le coordinate interpretative seguendo i percorsi argomentativi fissati dalle Sezioni Unite con due risalenti decisioni, rispettivamente del 2005 e del 2006 (Sez. U, n. 14535/07 del 19/12/2006, COGNOME, Rv. 235909-10-11; Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, P.M. in proc. RAGIONE_SOCIALE, Rv. 231057-8-9) e, da ultimo dalla pronuncia della Sezioni Unite COGNOME (Sez. U, n. 23166 del 28/05/2020, COGNOME, Rv. 279347 – 02), che, chiamate a risolvere un contrasto interpretativo sulle modalità di calcolo dei termini di custodia cautelare, hanno richiamato alcuni i principi che vengono in rilievo nella decisione del caso concreto.
L’art. 297, comma 3 cod.proc.pen., prima parte, prevede una ipotesi di applicazione automatica della retrodatazione nel caso in cui le due (o più) ordinanze applicative di misure cautelari personali abbiano ad oggetto fatti- reato legati tra lor da concorso formale, continuazione o da connessione teleologica (casi di connessione qualificata), e per le imputazioni oggetto del primo provvedimento coercitivo non sia ancora intervenuto il rinvio a giudizio, situazione nella quale trova applicazione la disposizione dettata appunto dal primo periodo dell’art. 297 comma 3, cod. proc. pen.
Segue poi altra r GLYPH iuris di retrodatazione, in applicazione dell’art. 297 z..k« comma 3 ) seconda parte, trè i fat’ti oggetto delle plurime ordinanze cautelari, anche per fatti non connessi dopo l’intervento della Corte costituzionale del 2005, in presenza di intervenuta emissione del decreto di rinvio a giudizio per i fatti oggetto del primo provvedimento coercitivo, ipotesi nella quale le due o più ordinanze sono state emesse in distinti procedimenti, e la retrodatazione della decorrenza dei termini ~C
di durata massima delle misure applicate con la successiva o le successive ordinanze opera solo se i fatti oggetto di tali provvedimenti erano desumibili dagli atti già prim del momento in cui è intervenuto il rinvio a giudizio per i fatti oggetto della prim ordinanza.
Infine, questione che viene in rilevo nel caso in scrutinio, vi è la situazion nella quale le due ordinanze risultano emesse per fatti diversi nell’ambito di procedimenti pendenti avanti ad Autorità giudiziarie diverse, da cui l’individuazione della regola da applicare.
Ora, come indicato dalla sentenza rescindente, il Tribunale cautelare era chiamato a verificare, data per accertata l’anteriorità del fatto oggetto della seconda ordinanza, la sussistenza di una connessione qualificata come indicato nella recente pronuncia delle Sezioni Unite COGNOME (a pag. 16), con la quale, nel delineare i presupposti applicativi del disposto di cui all’art. 297. comma 3 / cod.proc.pen. e l’operatività della retrodatazione, si è delineata la regola da applicare secondo cui «quando nei confronti di un imputato sono emesse in procedimenti diversi più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. opera per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cu stata emessa la prima ordinanza. Nel caso in cui le ordinanze cautelari adottate in procedimenti diversi riguardino invece fatti tra i quali non sussiste la suddetta connessione e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti
al momento della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero, sicché la regola della retrodatazione concerne normalmente misure adottate nello stesso procedimento e può applicarsi a misure disposte in un procedimento diverso solo nelle ipotesi testé indicate (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 235909; Sez. U, n. 21957 del 22/03/2005, COGNOME, Rv. 231058). Da ciò consegue che nel caso di specie, trattandosi di procedimenti pendenti dinanzi a uffici giudiziari diversi, retrodatazione della seconda ordinanza non potrebbe operare in mancanza dell’effettiva sussistenza dell’invocata connessione qualificata tra i fatti oggetto de due provvedimenti cautelari» (cfr. pag. 16).
Le citate Sezioni unite, poi, hanno, con riferimento all’individuazione dei casi di connessione qualificata, richiamato il principio già enunciato da Sez. U, n. 53390 del 26/10/2017, G., Rv. 271223, là dove – nell’affermare che, ai fini della configurabilità della connessione teleologica prevista dall’art. 12, lett. c), cod. pro pen. e della sua idoneità a determinare lo spostamento della competenza per territorio, non è richiesto che vi sia identità fra gli autori del reato- fine e quel reato-mezzo – ha marcato la differenza strutturale tra detta ipotesi e quella di cui ,sot:, all’art. 12, lett. b),(fibadendo éhe, in caso di connessione per continuazione, è invece necessaria l’identità soggettiva dei participi ai reati connessi.
5. Tornado al caso in esame, fermo il necessario presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto della ordinanza cautelare cronologicamente posteriore rispetto alla data di emissione della ordinanza cautelare cronologicamente anteriore (ex plurimis, Sez. 6, n. 31441 del 24/04/2012, Canzonieri, Rv. 253237), circostanza che aveva determinato l’annullamento della Corte di cassazione, il tribunale del riesame, chiamato a valutare la sussistenza del rapporto di connessione, ha escluso la ricorrenza di una ipotesi di connessione qualificata, escludendo la connessione per continuazione per assenza di identità soggettiva dei compartecipi, motivazione che è in linea con quanto richiesto dalla sentenza rescindente secondo i principi enunciati dalle citate Sezioni Unite. Si tratta di una motivazione coerente con le risultanze processuali e conforme al principio enunciato dalla Sezioni Unite.
Come osservato dal AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, non si tratta di principio enunciato, quello posto a base dell’ordinanza impugnata con cui hStstata esclusa la connessione qualificata, ex art. 12 comma 1 lett. b) cod.proc.pen., per assenza di identità del disegno criminoso di tutti i compartecipi, a fini di soluzione della question che era devoluta che atteneva al diverso tema delle modalità di calcolo dei termini di
custodia cautelare allorché, per effetto della cosiddetta “contestazione a catena”, si renda necessario operare la retrodatazione della loro decorrenza ai sensi dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
Le Sezioni Unite COGNOME erano, infatti, chiamate a risolvere in contrasto interpretativo sulle modalità di calcolo dei termini di custodia. Hanno, però hanno richiamato sia i principi enunciati dalle Sezioni Unite COGNOME che quelli enunciati d S.U. n.( n. 53390 del 26/10/2017 in relazione ai presupposti applicativi della connessione qualificata. Si tratta di principi che le Sezioni, 9nite COGNOME hann eLe, LAk richiamato che, seppur su questioni non connesse a quello,Vòggetto di contrasto interpretativo, non di meno sono pur sempre principi enunciati, nella materia che qui interessa della retrodatazione dei termini di custodia, dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite, che vincolano le íezioni semplici ai sensi dell’art. 618 comma 1 bis cod.proc.pen.
Ciò posto, l’osservazione del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO non coglie nel segno.
Giova sul punto richiamare le Sezioni Unite COGNOME che, in motivazione, avevano chiarito che «E’ chiaro che la retrodatazione non ha ragione di operare quando la seconda misura viene disposta in un procedimento pendente davanti a un diverso ufficio giudiziario. In questo caso infatti la diversità delle autorità giudiz procedenti indica una diversità di competenza, e fa ritenere che i procedimenti non avrebbero potuto essere riunite che quindi la sequenza dei provvedimenti cautelari non è il frutto di una scelta per ritardare la decorrenza della seconda misura. Se la competenza appartiene a giudici diversi, il primo non ha ragione di disporre una misura cautelare per fatti di competenza del secondo, anche perché, a norma dell’art. 291, comma 2, c.p.p., il giudice incompetente è tenuto a disporre la misura cautelare nel solo caso in cui “sussiste l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall’art. 274” c.p.p., e questa urgenza manca se il giudice riesce a soddisfare le esigenze cautelari disponendo la misura per i fatti di propria competenza». Anche le più risalente Sezioni Unite RAGIONE_SOCIALE che hanno affermato l’operatività del meccanismo di retrodatazione “in tutti i casi in cui, pur potendo i diversi provvedimenti coercitivi essere adottati in un unico contesto temporale, per qualsiasi causa l’autorità giudiziaria abbia invece prescelto momenti diversi per l’adozione delle singole ordinanze” e della successiva Sez. 2, n. 51838 del 16.10.2013, Dimino, Rv. 258104, ove in motivazione si è precisato che la diversità di competenza delle autorità giudiziarie fa ritenere che i procedimenti non avrebbero potuto essere riuniti e che quindi la sequenza di provvedimenti cautelari non può essere frutto di una scelta del pubblico ministero per ritardare la decorrenza della seconda misura.
Del resto, la ratio della disciplina della contestazione a catena volta a contrastare il fenomeno della diluizione dei termini di custodia cautelare per effetto di successivi provvedimenti custodiali adottati, non è invocabile, né può fare operare il meccanismo di retrodatazione, nei casi di procedimenti penali pendenti davanti ad autorità giudiziarie diverse in quanto la disposizione non impone al Pubblico Ministero di modulare l’annotazione di cui a1 , 335 cod. proc. pen. in rapporto agli atti di un altro Ufficio, rispetto ai quali può, al più, astrattamente sussistere un problema di collegamento regolato dagli artt. 17 e 371 cod.proc.pen. nella fase delle indagini o di competenza territoriale o funzionale successivamente nella fase del giudizio.
Infine, osserva il Collegio che, tenuto conto che le due ordinanze sono state emesse nell’ambito di procedimenti pendenti davanti a diverse autorità giudiziarie, in applicazione del dictum delle Sezioni , ‘COGNOME, non potrebbe comunque operare la retrodatazione in assenza di connessione qualificata, essendo stata esclusa ed essendo i procedimenti pendenti davanti ad autorità giudiziarie diverse.
Consegue che il ricorso va rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
La Corte dispone che copia del presente provvedimento sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario competente, a norma dell’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 03/11/2023