Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7454 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 7454  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 14/08/2023 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale cautelare di Palerm respinto l’appello cautelare, ex art. 310 cod.proc.pen., avverso l’ordinan Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Palermo con la quale era rigettata l’istanza di retrodatazione dei termini della custodia cautelare ex cod.proc.pen., nei confronti di COGNOME NOME, in ordine al reato previsto da 74, commi 1, 2 e 3 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, fatti commessi in Palermo
giugno 2019 e l’ottobre 2020, come da imputazione provvisoria di cui al capo 1) dell’ordinanza in data 7/11/2022.
1.1. Il tribunale cautelare, premessa l’anteriorità dei reati per cui è stat applicata la misura cautelare della custodia in carcere con ordinanza del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Palermo, in data 7/11/2022, rispetto alla data di applicazione della prima misura cautelare per il delitto di cui all’art. 73 comma 1 e 80 comma 2 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, in data 10/03/2020, trattandosi di reati, quello associativo e di trasporto e detenzione di sostanze stupefacenti, commessi anteriormente all’arresto del 09/03/2020, e la connessione qualificata tra il reato per il quale è intervenuto l’arresto in flagranza di reato, il 09/03/2020, e quel associativo e i reati fine di trasporto e detenzione di sostanza stupefacenti, oggetto della successiva ordinanza del 07/11/2022, difettava, invece, il requisito della desumibilità degli atti del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 in epo anteriore all’emissione della prima ordinanza a carico del RAGIONE_SOCIALE e ciò in quanto il P.M. era stato in possesso di tutti gli elementi integranti il quadro indiziario grave d delitto associativo solo al momento del deposito dell’informativa di reato del 17/09/2021 e della successiva elaborazione del suo contenuto, in quanto le stesse intercettazioni e i servizi di osservazione, evidenziati dalla difesa, comprovavano certamente il coinvolgimento del COGNOME negli specifici episodi di acquisito e cessione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, ma non evidenziavano un quadro graèle dell’esistenza di una struttura associativa di cui il ricorrente era partecipe.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di COGNOME NOME deducendo, con un unico motivo, la violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 297, comma 3, cod. proc. pen.
Assume il ricorrente che il Tribunale avrebbe respinto la richiesta di dichiarazione di inefficacia della misura cautelare applicata, per effetto dell retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, con motivazione illogica laddove avrebbe valorizzato la data dell’informativa della P.G. non considerando che l’informativa di PG del 17 febbraio 2021 altro non sarebbe che il riassunto di quanto emerso nelle varie fasi di attivazione dell’attività intercettazione che venivano compendiate di volta in volta nelle varie annotazioni di PG con le quali si chiedeva la proroga dell’attività captativa e in cui emergeva l’operatività di un sodalizio criminoso, e di quelle di pedinamento e di osservazione degli agenti di PG. In tale contesto, dall’analisi del materiale indiziario, si sareb visto chiaramente che l’arresto in flagranza del COGNOME era stato disposto secondo la prospettazione accusatoria al fine di conseguire il corpo del reato, sostanza
stupefacente, nell’ambito del più ampio modulo investigativo posto a sostegno della seconda ordinanza di custodia cautelare, del 7 novembre 2022. Gli elementi probatori posti a sostegno di quest’ultima ordinanza sarebbero già stati pienamente desumibili dal PM poiché di comune accordo con gli agenti ed ufficiali di Pg stavano monitorando acquisendo dati investigativi che hanno condotto all’arresto in flagranza e di conseguenza all’emissione della prima ordinanza applicativa di misura cautelare dell’Il marzo 2020 che ha dato prova provata dell’esistenza dell’associazione dedita dal narcotraffico.
Consegue la violazione di legge e la motivazione appare manifestamente carente e apparente laddove il tribunale del riesame avrebbe escluso la anteriore desumibilità degli atti poiché con il deposito dell’informativa il PM aveva la mera conoscibilità di tali elementi essendo necessario recepire l’esito di tale indagine e d conseguenza necessario al PM l’ulteriore congruo periodo di tempo per la lettura ponderata del materiale acquisito. Ed ancora manifestamente illogica sarebbe l’ordinanza impugnata laddove avrebbe escluso la gravità degli elementi indiziari per contestare il reato di cui all’articolo 74 cit. che era certamente conoscibile stante coinvolgimento degli imputati a tutti gli specifici episodi di cessione di acquisto sostanze stupefacente in concorso con altri. Il giudice della cautela avrebbe omesso di analizzare gli allegati prodotti dalla difesa da cui si evinceva precisamente che i vari episodi riguardanti i viaggi in territorio campano e i contatti coindaga nell’ambito della presunta associazione dedita al narcotraffico, delineata nella seconda ordinanza applicativa di misura cautelare del 7 novembre 2022, erano già compendiati nelle varie informative di PG con le quali sì chiedeva l’emissione dei decreti di intercettazione telefoniche delle proroghe. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Oltretutto in un contesto nel quale i singoli reati scopo oggetto di incolpazione n. 1,2, 5, 6, 7, 8 e 9 e 16, 17 e 19 si riferivano a fatti di reato commes antecedentemente al 9 marzo 2020 e, pertanto, in un periodo antecedente la richiesta di applicazione della misura cautelare personale culminata con la emissione della prima ordinanza dell’Il marzo 2020, a seguito dell’arresto in flagranza di reato. Infine va evidenziato ulteriormente l’errore di interpretazione della legge processuale in materia di contestazione a catena in quanto non avrebbe rilevato il giudice cautelare come entrambe le ordinanze applicative di misura cautelare personale, emesse nei confronti del ricorrente, fossero adottati nell’ambito del medesimo filone investigativo e nel medesimo procedimento penale genetico e solo in una fase successiva stralciate a causa dell’arresto in flagranza COGNOME e della prosecuzione delle indagini preliminari per gli ulteriori capi di imputazione oggetto della seconda
ordinanza di custodia cautelare confluite in un altro procedimento penale. Per tali motivi chiede l’annullamento dell’ordinanza.
La difesa ha depositato memoria scritta con cui ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
Il AVV_NOTAIOuratore AVV_NOTAIO ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.  Il ricorso non è fondato.
Va innanzitutto rammentato che le Sezioni Unite COGNOME hanno affermato il principio secondo il quale, ai fini della retrodatazione dei termini di decorrenza dell custodia cautelare ai sensi dell’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., il presupposto dell’anteriorità dei fatti oggetto della seconda ordinanza coercitiva, rispett all’emissione della prima, non ricorre allorché il provvedimento successivo riguardi un reato di associazione (nella specie di tipo mafioso, ma il principio vale anche per l’associazione dedita al narcotraffico) e la condotta di partecipazione alla stessa si sia protratta dopo l’emissione della prima ordinanza (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, COGNOME, Rv. 235910; Sez. 6, n. 52015 del 17/10/2018, COGNOME, Rv. 274511 01; Sez. 6, n. 15821 del 03/04/2014, COGNOME, Rv. 259771 – 01; Sez. 6, n. 31441 del 24/04/2012, Canzioneri, Rv. 253237 – 01).
Ciò che è decisivo verificare, è il tempus commissi delicti indicato nell’imputazione di cui al capo 1) – art. 74, commi 1, 2 e 3 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, fatti commessi in Palermo fra il giugno 2019 e l’ottobre 2020, rispetto al fatto di cui all’art. 73 comma 1 e 80 comma 2 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, commesso il 9 marzo 2020, per il quale era stata applicata la misura cautelare con la prima ordinanza.
Ciò posto, l’applicazione della disciplina di cui all’art. 297, comma 3, cod.proc.pen. è, di conseguenza, preclusa, dal difetto del presupposto dell’anteriorità del fatto oggetto del secondo provvedimento custodiate rispetto all’emissione della prima ordinanza restrittiva secondo quando statuito da Cass. Sez. Un., 19/02/2006, COGNOME, successivamente confermato nel tempo.
 La preclusione all’operatività della retrodatazione, nei termini dianzi chiariti rende inconferente ogni riferimento al requisito che i fatti fossero o meno desumibili dagli atti al momento dell’emissione della prima ordinanza che, in ogni caso, l’ordinanza impugnata ha congruamente argomentato facendo buon governo del
principio, reiteratamente espresso, secondo cui, in tema di retrodatazione della decorrenza dei termini di custodia cautelare, la nozione di anteriore “desumibilità” dagli atti inerenti alla prima ordinanza cautelare, delle fonti indiziarie poste fondamento dell’ordinanza cautelare successiva, consiste non nella mera conoscibilità storica di determinate evenienze fattuali, ma nella condizione di conoscenza derivata da un determinato compendio documentale o dichiarativo che consenta al pubblico ministero di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità degli indizi, suscettibile di dare luogo, in presenza di concrete esigenze cautelari, alla richiesta e alla adozione di una nuova misura cautelare (Sez. 3, n. 48034 del 25/10/2019, Rv. 277351 – 02). Il concetto di «anteriore desumibilità» è sinonimo di «specifica significanza processuale», intesa come acquisizione di esiti investigativi tale da consentire la formulazione di una gravità indiziaria idonea a ottenere l’applicazione di una misura cautelare. La desumibilità, per essere rilevante ai fini del meccanismo dì cui all’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., deve essere individuata nella condizione di conoscenza, da un determinato compendio documentale o dichiarativo, degli elementi relativi ad un determinato fatto-reato che abbiano in sé una specifica rilevanza tale da consentirgli di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarie, suscettibili di dare luogo – in presenza di concrete esigenze cautelari – alla richiesta ed all’adozione di una misura cautelare (Sez. 6, n. 54452 del 06/11/2018, COGNOME, Rv. 274752 – 01; Sez. 2, n. 13834 del 16/12/2016, COGNOME, Rv. 269680 – 01; Sez. 3, n. 46158 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 265437 – 01; Sez. 4, n. 15451 del 14/03/2012, COGNOME, Rv. 253509; Sez. 6, n. 11807 del 11/02/2013, COGNOME, Rv. 255722; Sez. 6, n. 48565 del 06/10/2016, COGNOME, Rv. 268391 – 01). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
L’ordinanza impugnata ha negato l’anteriore desumibilità sul rilievo che le intercettazioni captate e i servizi di ocp non davano conto della gravità indiziaria del reato associativo e che gli elementi per l’applicazione della misura cautelare erano desumibili solo all’esito del deposito dell’informativa tenuto conto del congruo tempo per la sua disamina. Certamente dagli elementi in possesso del giudice era comprovato, secondo l’ordinanza impugnata, il coinvolgimento dell’imputato a specifici episodi di cessione e acquisto di sostanze stupefacenti in concorso con altri, ma ancora “nulla dicono, tanto meno in un’ottica di gravità indiziaria, sull’esistenza di una struttura associativa e sulla partecipazione consapevole del RAGIONE_SOCIALE a tale associazione” (cfr. ord. imp., p. 5). Anche sotto questo profilo, l’ordinanza impugnata risulta congruamente argomentata ed è conforme a diritto.
3. Il ricorso va dunque rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per la comunicazione ex art. 94, comma 1 ter disp. att. c.p.p. Così deciso il 25/01/2024