Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47667 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47667 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, n. Cosenza 14/12/1979
avverso l’ordinanza n. 188/24 del Tribunale di Catanzaro del 04/07/2024
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; sentito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’appello proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 04/02/2024, con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva rigettato l’istanza di retrodatazione dei termini dell’ordinanza di custodia cautelare precedentemente emessa in data 02/05/2023, con la quale erano stati ravvisati a suo carico gravi indizi di colpevolezza dei delitti di cui ai capi 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 (capi 1 e 4 dell’imputazione provvisoria) entrambi aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen. (impiego del metodo e agevolazione mafiosa).
In particolare la difesa aveva allegato l’esistenza di un rapporto di connessione qualificata, in particolare di natura teleologica, tra i fatti di cui alla pred ordinanza e quelli oggetto di altra emessa a carico dell’indagato nell’ambito del procedimento penale cd. Kossa per il delitto di truffa in danno di enti previdenziali pubblici, anch’essa aggravata ai sensi dell’art. 416-bis.1 cod. pen., ma, come anzidetto, il G.i.p. aveva disatteso la prospettazione, rigettando l’istanza.
Il Tribunale ha a sua volta dichiarato inammissibile l’appello, ritenendo le doglianze difensive non sostenute da adeguate allegazioni atte a consentire di apprezzare il presupposto della anteriore desumibilità dagli atti.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, attraverso il suo difensore, l’indagato che, con un unico motivo di censura, deduce parziale mancanza di motivazione derivante dall’omessa valutazione dei provvedimenti giudiziari ritualmente allegati e depositati in data 02/02/2024 a sostegno dello appello nonché violazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. a dispetto della pacifica connessione esistente tra i fatti di cui al presente procedimento penale (cd. Gentlemen 2) e quelli di cui al procedimento cd. Kossa, derivante dalla sussistenza di un’unicità teleologica, essendo state tutte le condotte ritenute estrinsecazione della propria appartenenza ad un medesimo (presunto) sodalizio criminale di stampo mafioso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve essere rigettato.
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2. L’esame del fascicolo processuale, imposto dalla natura in procedendo della questione, consente di stabilire che a carico di NOME COGNOME sono state nel tempo emesse due distinte ordinanze per fatti diversi, in procedimenti diversi ancorché instaurati davanti alla stessa autorità giudiziaria, rappresentata dalla Direzione Distrettuale Antimafia – Procura della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro.
Si tratta in particolare:
a) di una prima ordinanza emessa nell’ambito del cd. proc. Kossa in ordine al delitto di cui agli artt. 110, 640, secondo comma, n. 1, cod. pen. e 416-bis.1 cod. pen. in relazione alla truffa perpetrata in danno dell’RAGIONE_SOCIALE – Agenzia per il Lavoro e dell’INPS circa la spettanza di retribuzioni e prestazioni previdenziali, per fatti commessi dal 2017 al 2019, delitto aggravato dalla agevolazione mafiosa, poiché le condotte ritenute funzionali al perseguimento degli interessi economici del sodalizio criminale dei COGNOME, che dalla commissione delle truffe in materia agricola perpetrate traeva ingenti guadagni;
b) di una seconda ordinanza, formulata nell’ambito del presente procedimento, concernente l’accusa di aver fatto parte di una associazione dedita al traffico illecito di sostanze stupefacenti, in cui il ricorrente figura tra i promotori organizzatori unitamente ad COGNOME e COGNOME Pasquale, delitto aggravato dall’impiego del metodo mafioso e dal fine di agevolare le omonime cosche ed in particolare per conseguire i vantaggi illeciti e assicurare a detti sodalizi i proventi dell’attività illecita accrescendone la forza economica, il prestigio criminale, il controllo del territorio e quindi la capacità operativa, p fatti commessi dal 2019 con condotta perdurante.
Secondo la difesa sussisterebbe, dunque, una connessione qualificata ed in particolare di natura teleologica tra i reati oggetto dei distinti provvedimenti, fondata essenzialmente sulla comune contestazione (provvisoria) dell’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
Tanto premesso, secondo quando stabilito da una delle fondamentali pronunce di questa Corte di cassazione intervenute in argomento, in tema di contestazione a catena, quando nei confronti di un imputato sono emesse in procedimenti diversi più ordinanze cautelari per fatti diversi in relazione ai quali esiste una connessione qualificata, la retrodatazione prevista dall’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen. opera per i fatti desumibili dagli atti prima del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la prima ordinanza (Sez. U, n. 14535 del 19/12/2006, dep. 2007, Librato, Rv. 235909).
Nel caso, invece, in cui le ordinanze cautelari adottate in procedimenti diversi
riguardino, invece, fatti tra i quali non sussiste la suddetta connessione e gli elementi giustificativi della seconda erano già desumibili dagli atti al momento della emissione della prima, i termini della seconda ordinanza decorrono dal giorno in cui è stata eseguita o notificata la prima, solo se i due procedimenti sono in corso davanti alla stessa autorità giudiziaria e la loro separazione può essere frutto di una scelta del pubblico ministero (Sez. U, n. 14535/2006, cit.).
Alla luce di tale precisa prospettiva ermeneutica, il Tribunale di Catanzaro ha, tuttavia, ritenuto di non poter apprezzare il presupposto della anteriore desumibilità sulla scorta degli atti offerti in valutazione dalla difesa dell’indagat appellante.
Ma ( a ben vedere, tale apprezzamento – la cui omissione la difesa comunque contesta – appariva superfluo.
L’art. 297, comma 3, cod. proc. pen. contempla, infatti, tra i casi di connessione qualificata danti luogo, al verificarsi delle ulteriori condizioni iv previste, a retrodatazione:
le ipotesi di cui all’art. 12, comma 1, lett. b, cod. proc. pen. e cioè se una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione od omissione ovvero con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso;
l’ipotesi di cui all’art. 12, comma 1, lett. c, cod. proc. pen. limitatamente ai casi di reati commessi per eseguire gli altri, corrispondente ad uno di quelli contemplati dall’aggravante teleologica di cui all’art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen. dell’aver commesso il reato per eseguirne un altro.
Sebbene, dunque, il Tribunale abbia ritenuto sussistenti le condizioni di legge per valutare in astratto la possibilità di procedere a retrodatazione, escludendone la concreta praticabilità solo per difetto di allegazioni difensive, in realtà esse non ricorrevano nella fattispecie, non potendo ravvisarsi tra i fatti di reato oggetto delle distinte ordinanze alcuna connessione qualificata rilevante.
A sostegno della tesi della sussistenza della connessione qualificata si legge a pag. 7 del ricorso: “In tal senso depongono anche i rilievi inerenti alla contestualità spaziale-temporale: nel primo procedimento la truffa aggravata dal 416-bis.1 cod. pen. veniva contestata dal 2017 al 2019 mentre i reati di cui alla seconda ordinanza ricadono nell’arco temporale dal 2019 con condotta perdurante (il reato associativo di cui al capo 1), ottobre 2020 – gennaio 2021 il capo 4)”.
Non è questo, tuttavia, il tipo di connessione che la legge ritiene debba sussistere tra i diversi reati e i distinti procedimenti al fine di consentire o megli imporre l’operatività della retrodatazione.
Sebbene, infatti, i fatti di reato di cui alla presente ordinanza (proc. Gentlemen
2) appaiano temporalmente antecedenti, quanto alla loro commissione, rispetto all’emissione “del rinvio a giudizio nel procedimento in cui è stata emessa la” prima ordinanza per il reato di truffa aggravata nel pregresso procedimento (cd. Kossa), non è dato, tuttavia, fondatamente sostenere che tra gli stessi sussista connessione derivante da identità di disegno criminale – che, come anzidetto, secondo la difesa risulterebbe esplicitato dalla contestazione in entrambi i procedimenti dell’aggravante dell’art. 416-bis.1 cod. pen. -/ difettando con evidenza la prova dell’identità della determinazione volitiva all’origine della rispettiva consumazione, che non può essere confusa ipso facto con la finalità agevolativa di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen.
Se, infatti, la contestazione dell’aggravante speciale di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. per uno dei reati considerati può comportare la ricorrenza anche della aggravante teleologica, a prescindere dalla formale contestazione dell’art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen. (Sez. 1, n. 48560 del 04/07/2023, COGNOME, Rv. 285461), ciò va stabilito in concreto, senza possibilità di confusione concettuale tra le due previsioni.
Va, infine, esclusa la ricorrenza di ogni altro tipo di situazione processuale delineata dall’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., dal momento che i fatti di cui alla presente (seconda) ordinanza non sono anteriori bensì successivi, quanto a consumazione, rispetto a quelli della prima.
Non può, pertanto, trovare applicazione nella fattispecie altro rilevante principio stabilito dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità a Sezioni Unite, secondo cui nel caso di emissione nei confronti di un imputato di più ordinanze che dispongono la medesima misura cautelare per fatti diversi, commessi anteriormente all’emissione della prima ordinanza, legati da concorso formale, da continuazione o da connessione teleologica, la retrodatazione della decorrenza dei termini delle misure disposte con le ordinanze successive, prevista dall’art. 297, comma terzo, cod. proc. pen., opera indipendentemente dalla possibilità, al momento dell’emissione della prima ordinanza, di desumere dagli atti l’esistenza dei fatti oggetto delle ordinanze successive, e, a maggior ragione, indipendentemente dalla possibilità di desumere dagli atti l’esistenza degli elementi idonei a giustificare le relative misure (Sez. U, n. 21957 del 22/03/20 , P.M. in proc. COGNOME ed altri, Rv. 231057).
Al rigetto dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 21 novembre 2024