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Restituzione profitto reato: patteggiamento annullato

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di patteggiamento per il reato di peculato a carico degli amministratori di un’associazione. La decisione si fonda sulla violazione dell’art. 444, comma 1-ter, c.p.p., che impone come condizione di ammissibilità per il rito la preventiva e integrale restituzione del profitto del reato. La Corte ha chiarito che la confisca, anche se disposta dal giudice, non può sostituire la necessaria restituzione profitto reato, in quanto i due istituti hanno finalità e natura giuridica diverse.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione Profitto Reato: la Cassazione Annulla Patteggiamento

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha riaffermato un principio cruciale in materia di reati contro la Pubblica Amministrazione: la restituzione profitto reato è una condizione imprescindibile per poter accedere al patteggiamento. La pronuncia chiarisce che la confisca disposta dal giudice non può in alcun modo sostituire questo adempimento preventivo, annullando di fatto un accordo di pena per peculato che non rispettava tale requisito.

I Fatti: L’accusa di peculato e l’accordo in primo grado

Il caso ha origine dalla condotta di due amministratori, presidente e componente del consiglio direttivo di un’associazione di volontariato, accusati di peculato ai sensi dell’art. 314 c.p. Nello specifico, si erano appropriati di una somma complessiva di oltre 62.000 euro, ottenuta attraverso la locazione di immobili di loro proprietà all’associazione a prezzi maggiorati e tramite rimborsi spesa non dovuti. In sede di udienza preliminare, gli imputati avevano concordato con il Pubblico Ministero una pena di due anni di reclusione, chiedendo l’applicazione del rito del patteggiamento. Il Giudice dell’udienza preliminare (GUP) aveva accolto l’accordo, disponendo inoltre la confisca di una somma ridotta a circa 24.000 euro, ottenuta detraendo dall’importo totale del profitto illecito delle somme che, a suo dire, non erano pertinenti al reato.

Il Ricorso in Cassazione: la mancata restituzione profitto reato

Il Procuratore Generale presso la Corte di Appello ha impugnato la sentenza del GUP, denunciando la violazione di legge. Il motivo del ricorso era chiaro e diretto: per i reati contro la Pubblica Amministrazione, tra cui il peculato, l’art. 444, comma 1-ter, del codice di procedura penale stabilisce una condizione di ammissibilità per il patteggiamento. Tale condizione è la previa e integrale restituzione del prezzo o del profitto del reato. Nel caso di specie, non solo la restituzione non era avvenuta, ma il giudice di primo grado aveva illegittimamente ridotto l’importo del profitto da confiscare, confondendo la misura della confisca con l’adempimento della condizione processuale.

Le Motivazioni della Suprema Corte: la restituzione è condizione imprescindibile

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo pienamente fondato. I giudici hanno chiarito la netta distinzione tra la restituzione del profitto e la confisca. La restituzione è una condizione processuale che deve precedere l’accordo e la sua valutazione da parte del giudice. Il suo scopo è impedire che chi ha commesso un reato contro la P.A. possa beneficiare di un rito premiale come il patteggiamento, conservando il vantaggio economico illecitamente ottenuto. La restituzione va a favore del soggetto danneggiato dal reato (in questo caso, l’associazione).

La confisca, al contrario, è una misura ablativa che segue la condanna (o la sentenza di patteggiamento ad essa equiparata) e trasferisce coattivamente i beni nel patrimonio dello Stato. Ha una finalità sanzionatoria e preventiva, non riparatoria. Pertanto, la confisca non può mai sanare il mancato adempimento della condizione di ammissibilità. La Corte ha inoltre specificato che l’importo da restituire deve essere quello contestato nell’imputazione, senza che il giudice del patteggiamento possa effettuare accertamenti di merito per ridurlo o compensarlo con altri crediti, come erroneamente fatto dal GUP. L’eventuale impossibilità di restituire il denaro all’ente, ad esempio perché estinto, non fa venir meno la condizione, che può essere adempiuta depositando la somma presso la cancelleria del giudice.

Le Conclusioni: l’impatto della sentenza sui reati contro la P.A.

Questa sentenza rafforza un importante baluardo di legalità nel contrasto ai reati contro la Pubblica Amministrazione. Stabilisce in modo inequivocabile che i benefici del patteggiamento sono preclusi a chi non dimostra di aver integralmente rinunciato al profitto illecito prima ancora di negoziare la pena. La decisione sottolinea la diversità di funzione tra la restituzione, che mira a ripristinare la situazione patrimoniale lesa dal reato, e la confisca, che sanziona l’autore del reato a beneficio dello Stato. Per gli operatori del diritto e per gli imputati, il messaggio è chiaro: per i reati specificati dalla norma, la via del patteggiamento passa obbligatoriamente dalla completa restituzione di quanto illecitamente percepito.

Perché è stata annullata la sentenza di patteggiamento in questo caso?
La sentenza è stata annullata perché non è stata rispettata la condizione di ammissibilità prevista dall’art. 444, comma 1-ter, c.p.p., che per reati come il peculato richiede la preventiva e integrale restituzione del profitto del reato prima di poter accedere al patteggiamento.

La confisca del profitto del reato può sostituire la sua restituzione per accedere al patteggiamento?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che la confisca e la restituzione sono due istituti diversi con finalità distinte. La restituzione è una condizione processuale che deve precedere l’accordo, mentre la confisca è una misura sanzionatoria successiva alla condanna. L’una non può sostituire l’altra.

Come si determina l’importo da restituire per soddisfare la condizione di ammissibilità?
L’importo del profitto da restituire deve essere quello che risulta dalla formulazione dell’imputazione contestata dal Pubblico Ministero. Il giudice del patteggiamento non può ridurlo o compensarlo con altri crediti, poiché ciò implicherebbe un accertamento di merito incompatibile con la natura del rito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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