Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 28017 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 28017 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOMENOME COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
SALERNO NOME nato a OLBIA il 27/01/1983
avverso la sentenza del 22/06/2022 della CORTE APPELLO di CAGLIARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
E’ presente l’avvocato COGNOME del foro di CAGLIARI, in difesa di SALERNO NOMECOGNOME il quale contesta le richiesta formulata dal PG, espone le ragioni poste alla base del ricorso e ne chiede l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 630 del 22 giugno 2022 la Corte di appello di Cagliari aveva confermato la pronuncia con cui in primo grado NOME NOME – per quanto di specifico interesse in questa sede – era stato condannato, unitamen ad altri coimputati, in ordine ai reati di cui agli artt. 73 e 74, commi 1, 2 D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, per avere partecipato a un’articolata associazio finalizzata al narcotraffico, nonché per taluni episodi di detenzione illegal sostanza stupefacente.
Nella circostanza, era stato anche affermato, a proposito dell’istanza d Salerno di applicazione dell’indulto, che «la richiesta è, come sopra detto, accoglibile nei termini di seguito esposti. Premesso che osta all’applicazi dell’indulto il disposto dell’art. 1 legge n. 241/2006 secondo cui “l’indulto n applica per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di stupefacenti e psicotrope di cui all’art. 74 del citato testo unico, in tutte l previste dai commi 1, 4 e 5 del medesimo articolo 74″».
1.1. Avverso tale pronuncia era stato proposto ricorso per cassazione da parte dell’imputato, lamentando, con due distinti motivi: mancanza di motivazione in ordine alla sua partecipazione al sodalizio criminoso ex art. D.P.R. n. 309 del 1990, non essendo evincibile nessun pactum sceleris a lui riferibile; violazione di legge in riferimento all’art. 597 cod. proc. pen riguardo alla quantificazione del trattamento sanzionatorio inflittogli.
Con sentenza n. 42491 del 28 settembre 2023 La Terza Sezione di questa Corte aveva dichiarato l’inammissibilità del ricorso, ritenendo la genericità manifesta infondatezza dei motivi dedotti.
Parallelamente al giudizio di cognizione, la vicenda processuale ha avuto anche una significativa evoluzione in sede esecutiva, in particolar modo dopo che la Corte di appello di Cagliari, in funzione di giudice dell’esecuzione, av concesso l’indulto ad altri coimputati, sul presupposto che nella fattispecie ricorresse nessuna delle ipotesi previste dai commi 1, 4 o 5 dell’art. 74 D.P.R 309 del 1990, e cioè nessuna delle condizioni ostative previste dall’art. 1, com 2, lett. b) I. 31 luglio 2006, n. 241.
2.1. Ed infatti, con ordinanza del 9 ottobre 2023 la Corte di appello Cagliari aveva dichiarato condonata, nella misura di anni tre, la pena inflitt Salerno, ritenendosi legittimata, in funzione di giudice dell’esecuzione, accertare l’illegalità della pena, in quanto provocata da un manifesto errore giudice della cognizione. Era stato ritenuto, in particolare, che, dalla disa degli atti processuali e delle relative sentenze, fosse emerso che i destinatar
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provvedimenti applicativi dell’indulto fossero meri partecipi dell’associazione, al pari del Salerno, e che il sodalizio non fosse armato né avesse operato alcuna sofisticazione della droga manipolata, da tanto desunnendosi che l’inciso della pronuncia di condanna in cui era stato affermato esservi una ragione ostativa all’applicazione dell’indulto costituisse un mero refuso informatico. Nell’imputazione, in particolare, vi era solo l’indicazione in rubrica del comma 4 dell’art. 74 D.P.R. n. 309 del 1990 e nessun accertamento circa il carattere armato del sodalizio era stato effettuato nel corso del giudizio, tanto che nessun riferimento a tale aggravante era stato compiuto in sede di determinazione della pena, né nel dispositivo della sentenza. Costituendo, pertanto, la mancata applicazione dell’indulto al Salerno un errore di diritto e una grave ingiustizia sostanziale, era stata ritenuta la pena illegale, in quanto irrogata ed eseguibile pur essendo estinta.
2.2. Con sentenza n. 39267 del 20 settembre 2024, La Prima Sezione di questa Corte, accogliendo il ricorso proposto dalla Procura generale presso la Corte di appello di Cagliari, ha annullato senza rinvio l’ordinanza di concessione dell’indulto emessa in sede esecutiva, sul presupposto che il giudice dell’esecuzione fosse incorso in errore nell’aver ritenuto che la circostanza aggravante di cui all’art. 74, comma 4, D.P.R. n. 309 del 1990 (ostativa al riconoscimento dell’indulto) non fosse stata riconosciuta in sede di cognizione, risultando la stessa, invece, formalmente indicata nel capo di imputazione e non essendo mai stata esclusa nel dispositivo dei vari provvedimenti di merito pronunciati.
2.3. Con successiva ordinanza del 13 dicembre 2024, quindi, la Corte di appello di Cagliari, in accoglimento della conforme istanza presentata dalla difesa del Salerno, ha disposto la rimessione in termini dell’imputato al fine di proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della stessa Corte territoriale n. 630 del 22 giugno 2022.
Nella circostanza, sindacando la decisione resa dal giudice di legittimità, è stato espressamente evidenziato come: il Salerno non fosse stato condannato per la partecipazione a un sodalizio armato; l’indulto non fosse stato richiesto con i motivi di impugnazione; in nessuna sentenza di merito fosse stata fatta menzione dell’aggravante dell’associazione armata, né in sede di motivazione dell’accertamento dei fatti né ai fini della determinazione del trattamento sanzionatorio, oltre che nel corpo del dispositivo; nessuno dei computati avesse proposto ricorso per cassazione sulla frase che faceva riferimento all’associazione armata o sul prefigurato diniego di indulto, ovvero sulla sussistenza dell’aggravante in questione; gli altri coimputati, in posizioni identiche a quella
dell’istante, avessero usufruito dell’indulto sul ritenuto presupposto che non fosse neppure contestata l’aggravante in parola.
Ritenendo di avere il potere-dovere di interpretare il giudicato e di renderne esplicito il contenuto e i limiti ricavando dalla sentenza irrevocabile tutti gli elementi necessari per finalità esecutive, in particolar modo ai fini dell’applicazione di cause estintive e per la revoca dei benefici condizionati, la Corte territoriale ha, quindi, ritenuto fondata la richiesta di rimessione in termini del Salerno, peraltro considerandola tempestiva in considerazione del fatto che solo a seguito della sentenza di questa Suprema Corte n. 13670 del 20 settembre 2024 fosse stato statuito che il passo motivazionale della sentenza di appello che negava l’indulto avesse valore decisorio – perciò potendosi collocare in tale data il momento della conoscenza dell’errore da parte dell’imputato -.
2.4. Avverso tale ordinanza di restituzione in termini era stato proposto ricorso per cassazione da parte del Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Cagliari, dichiarato inammissibile da questa Corte con la sentenza n. 15196 del 3 aprile 2025, sul presupposto che, ai sensi dell’art. 175, comma 5, cod. proc. pen. l’ordinanza restitutoria del termine può essere impugnata solo con la sentenza che decide sull’impugnazione.
Sulla scorta dell’ordinanza dí restituzione nel termine, COGNOME NOME ha proposto, a mezzo del suo difensore, ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 630 del 22 giugno 2022, deducendo due motivi di doglianza.
Con il primo ha eccepito erronea applicazione di legge in relazione alla prefigurata contestazione e successiva condanna per l’aggravante di cui all’art. 74, comma 4, D.P.R. n. 309 del 1990, oltre a inosservanza dell’art. 521 cod. proc. pen. per difetto di correlazione tra fatto contestato e sentenza.
Sarebbe viziata la sentenza impugnata per aver ritenuto in motivazione, trattando la posizione del Salerno, che dovesse essere respinta la sua istanza di concessione dell’indulto sul presupposto che vi sarebbe stata condanna nei suoi confronti anche per l’aggravante dell’associazione armata, di cui al comma 4 dell’art. 74 D.P.R. n. 309 del 1990. Essa, invece, sarebbe stata solo indicata nel capo di imputazione, riportandone il relativo articolo di legge, ma mai descritta in fatto, non essendovi riferimento alcuno alla disponibilità di armi da parte dell’associazione. Si tratterebbe, pertanto, di un’aggravante non contestata al prevenuto, rispetto alla quale non sarebbe stata mai pronunciata sentenza di condanna nei suoi confronti.
Ciò, d’altro canto, sarebbe del tutto coerente con quanto statuito dalla Corte di appello di Cagliari nei vari provvedimenti emessi in sede di esecuzione,
peraltro anche in favore dei coimputati cui era stato concesso il riconoscimento dell’indulto.
Con la seconda censura il Salerno ha dedotto errata applicazione dell’art. 1 I. n. 241 del 2006 in relazione al diniego dell’indulto, lamentando che, per le stesse ragioni evidenziate con la prima doglianza, risulterebbe erronea la decisione con cui gli è stato negato il riconoscimento del condono, in quanto fondata sul non corretto presupposto dell’intervenuta condanna anche per l’aggravante di cui all’art. 74, comma 4, D.P.R. n. 309 del 1990, invero mai neppure contestatagli.
Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte, con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
Il difensore ha depositato successiva memoria scritta, con cui ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il proposto ricorso è inammissibile.
E’ stato precisato, infatti, dalla giurisprudenza di legittimità, con principio cui questo Collegio intende dare seguito, che il giudice dell’impugnazione ha il potere di sindacare la correttezza del provvedimento di restituzione nel termine per impugnare, con la conseguenza che può dichiarare l’impugnazione tardiva (cfr. Sez. 4, n. 20420 del 27/04/2021, Khan, Rv. 28120701) ove risulti che la restituzione nel termine sia stata mal concessa.
La Suprema Corte, cioè, ha il potere di verificare, in sede di controllo ex art. 591 cod. proc. pen. sull’ammissibilità dell’impugnazione, la sussistenza di tutti i requisiti richiesti dall’indicata norma, verificando la tempestività dei motiv dedotti dall’originario ricorso, nonché vagliando la correttezza dell’ordinanza di restituzione nel termine per impugnare, eventualmente dichiarandone la relativa nullità.
Ciò trova indiretta conferma nel fatto che, ai sensi dell’art. 175, comma 5, cod. proc. pen., l’ordinanza con cui è disposta la restituzione nel termine può essere impugnata solo con la sentenza che decide sull’impugnazione.
Orbene, con riferimento al caso di specie, deve essere osservato, con valenza assorbente rispetto a entrambe le censure dedotte, come, in occasione della proposizione dell’originario ricorso avverso la sentenza della Corte di appello di Cagliari n. 630/2022, la difesa dell’imputato avesse del tutto omesso
di impugnare la parte motivazionale con cui la Corte di merito aveva dichiarato inaccoglibile l’invocata richiesta di applicazione dell’indulto, sul presupposto che
vi fosse la ricorrenza della causa ostativa prevista dell’art. 1 della legge 31 luglio
2006, n. 241, che esclude la concessione del beneficio laddove ricorra l’ipotesi criminosa di cui ai commi 1, 4 o 5 dell’art. 74 D.P.R. n. 309 del 1990.
In tale circostanza, senza la necessità di alcun successivo provvedimento di restituzione nel termine, il Salerno avrebbe ben potuto e dovuto sostenere che
nei suoi confronti non era stata mai pronunciata condanna anche per l’aggravante dell’associazione armata di cui al comma 4 dell’art. 74 D.P.R. n. 309
del 1990, perché, a suo dire, mai formalmente contestatagli (per essere stato solo indicato il relativo articolo nel capo di imputazione, senza alcun successivo
riferimento alla disponibilità di armi da parte dell’associazione) e di ciò
lamentarsi con tempestiva proposizione delle proprie doglianze.
L’omessa presentazione di tale motivo di censura nel primo atto impugnatorio posto a disposizione dell’imputato non consentiva alla Corte di
appello di Cagliari di concedere la restituzione nel termine per carenza dei necessari presupposti applicativi, non essendo stata mai preclusa al Salerno la possibilità di impugnare, con mezzo adeguato, il provvedimento denegatorio del riconoscimento del beneficio dell’indulto.
L’impugnazione in questa sede proposta è, pertanto, palesemente tardiva, con conseguente pronuncia dell’inammissibilità del ricorso e condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 16 maggio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente