Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 45848 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 45848 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nato a Paternò il 23/02/1967
avverso l’ordinanza del 24/04/2024 del Tribunale di Catania lette le conclusioni del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME; generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale di Catania, Sezione Misure di Prevenzione, ha rigettato l’istanza di restituzione per equivalente proposta ex art. 46 d.lgs. n. 159/2011 e la successiva opposizione proposta con incidente di esecuzione a seguito della revocazione della confisca di prevenzione, applicata dal Tribunale di Catania con decreto del 1° febbraio 2006, divenuto definitivo il 29/11/2007, disposta ex art. 28 d.lgs. 159/11 dalla Corte di appello di Catania in data 18 febbraio 2013.
Premette che: nel febbraio 2006 il COGNOME aveva subito la confisca dell’intero patrimonio e, in particolare, di quattro società: la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE e dei relati compendi aziendali in base agli elementi raccolti nel proc. pen. n. 14763/00, definito in data 29 luglio 2011 con sentenza di assoluzione dal reato di concorso in associazione mafiosa; anche altri procedimenti venivano nel frattempo definiti con sentenze che escludevano la contiguità del COGNOME all’associazione mafiosa, sicché, venuti meno gli elementi sui quali era stata fondata la pericolosità generica e qualificata del COGNOME e la confisca di prevenzione, nel 2013 la Corte di appello aveva disposto la revocazione della confisca e la restituzione dei beni al ricorrente, rinviando al Tribunale per la restituzione per equivalente dei beni illegittimamente confiscati; l’istanza proposta il 27 giugno 2023 era stata respinta dal Tribunale con ordinanza del 17 ottobre 2023 per decorso del termine decennale di prescrizione ex art. 2964 cod. civ. del diritto alla restituzione per equivalente; anche l’opposizione proposta era stata rigettata con l’ordinanza impugnata, integrativa del precedente provvedimento.
Il ricorso si articola in quattro motivi.
1.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione degli artt. 28, 46 d.lgs. n. 159/11 nonché artt. 24,42,103, 111 Cost., 6 Cedu e 47 Carta dei diritti fondamentali dell’UE e 6 TUE per avere il Tribunale violato il perimetro del giudizio di restituzione, giungendo a sindacare nel merito il giudicato di revocazione, affermando l’insussistenza della illegittimità genetica della confisca, trattandosi di revocazione per causa sopravvenuta, e non escludendo che le società del RAGIONE_SOCIALE operassero in regime di illegalità.
La motivazione merita censura perché contrasta con il principio consolidato affermato dalle Sezioni Unite nella sentenza Adduino, che assegna alla revocazione effetto retroattivo per eliminare una confisca illegittima ab origine, cui consegue la riparazione dell’errore giudiziario e la restituzione dei beni, come previsto dall’art. 46 d.lgs. n.159/11. Il provvedimento del 9 maggio 2024 ha violato detti principi, sostenendo la validità genetica della confisca e formulando considerazioni di merito estranee all’ambito della richiesta di restituzione, sindacando il merito del provvedimento di revocazione.
1.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 46 d.lgs. n. 159/11 per avere il Tribunale ritenuto che la norma prevede la restituzione per equivalente solo per i beni destinati, assegnati o vincolati per ragioni di interesse pubblico nonché per aver confuso il diritto alla restituzione con il risarcimento del danno.
L’interpretazione del Tribunale è errata ed in contrasto con i principi costituzionali e convenzionali perché individua il presupposto del diritto alla restituzione per equivalente solo nell’arricchimento o vantaggio derivato allo
Stato o ad altro ente territoriale per effetto della confisca di un bene, escludendo altrimenti il diritto del cittadino, che ha subito la confisca illegittima dei beni, al restituzione per equivalente. La restituzione in forma specifica o per equivalente è destinata ad assicurare effettività al rimedio della revocazione, che non può dipendere da un fatto accidentale quale l’arricchimento, del tutto estraneo alla ratio riparatoria dell’istituto. Il Tribunale è incorso in un ulteriore errore, quanto al momento del sequestro e della confisca le società e le aziende del COGNOME erano floride ed avevano un valore economico consistente, che deve essere oggetto di restituzione. Censurabile è anche il riferimento del Tribunale ai costi della legalizzazione delle aziende, che, invece, la revocazione ha accertato essere lecite e illegittimamente confiscate; errata è l’interpretazione dell’art. 46, comma 3, d.lgs. cit., avendo il Tribunale confuso il diritto alla restituzione in integrum con il diritto al risarcimento dei danni, mai richiesto dal ricorrente, che aveva diritto alla restituzione delle aziende che gli erano state ingiustamente sottratte o, in caso di impossibilità, alla restituzione del valore equivalente. Ulteriore errore riguarda la mancata individuazione del soggetto obbligato alla restituzione, chiaramente individuabile nell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati.
1.3. Con il terzo motivo si denuncia la violazione degli artt. 28,46, comma 3, d.lgs. 159/11 e degli artt. 948, 2496 e 2934 cod. civ. per avere il Tribunale erroneamente ritenuto prescritto il diritto alla restituzione del bene in violazione degli artt. 948 e 2934 cod. civ. che statuiscono l’imprescrittibilità del diritto del proprietario del bene a chiederne la restituzione anche per equivalente. In ogni caso, in sede di opposizione era stato dimostrato che il termine era stato interrotto il 19 ottobre 2015 con l’istanza di mediazione diretta all’Agenzia Nazionale non conclusasi per decisione di quest’ultima.
1.4. Con il quarto motivo si denuncia l’errata applicazione degli artt. 28,46, 45 e 47 d.lgs. n. 159/11 per avere il Tribunale erroneamente affermato incidentalmente che la competenza a decidere sulla restituzione spetti alla Corte d’appello in base ad una isolata pronuncia di legittimità, ma in contrasto con il testo dell’art. 46, comma 3, d.lgs. cit., che prevede la competenza funzionale del Tribunale, tenuto ad affrontare e risolvere solo questioni relative alla fase esecutiva della confisca revocata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Premesso che la revocazione è applicabile soltanto alle confische la cui proposta sia stata presentata dopo l’entrata in vigore del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione / ssia dopo il 13 ottobre 2011, mentre per i provvedimenti di confisca anteriormente adottati continua ad applicarsi il
previgente art. 7 legge cit., secondo cui la competenza per la revoca deve attribuirsi all’organo giudicante che ha provveduto alla loro deliberazione (Sez. 1 , n. 9281 del 12/01/2024, Rv. 286149; Sez. 6, n. 17854 del 27/05/2020, COGNOME, Rv. 279283; Sez. 1, n. 2945 del 17/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258599), nel caso di specie, trattandosi di confisca disposta nel 2006, definitiva nel 2007, doveva disporsi la revoca e ciò spiega alcune considerazioni del Tribunale anche in ordine all’individuazione del soggetto obbligato alla restituzione. Ciò posto, il ricorso è infondato per le ragioni di seguito illustrate.
Pur dovendosi convenire con il ricorrente sulla inammissibilità delle valutazioni espresse nell’ordinanza impugnata circa la illegittima e non limpida attività delle aziende confiscate, anche a fronte della riconosciuta illegittimità originaria della confisca per insussistenza dei presupposti, l’oggetto del ricorso va circoscritto alla domanda del ricorrente, che chiede, dieci anni dopo la revocazione disposta nel febbraio 2013, la restituzione per equivalente ovvero somme corrispondenti al valore delle quote societarie confiscategli definitivamente nel 2007, ritenendo di aver diritto alla restituzione integrale del valore dei beni illegittimamente confiscatigli.
È pacifico che alla revocazione del provvedimento di confisca per riconosciuta invalidità genetica consegue la rimozione della confisca per rendere effettivo il diritto, costituzionalmente garantito, alla riparazione dell’error giudiziario, non ostandovi l’irreversibilità dell’ablazione determinatasi, come già statuito dalle Sezioni Unite nella sentenza del 19/12/2006, dep. 2007, COGNOME, Rv. 234955, che non riteneva esclusa la possibilità di restituzione del bene confiscato all’avente diritto o forme, comunque, riparatorie della perdita patrimoniale ingiustificatamente subita dal destinatario.
Tuttavia, nel caso di specie, oggetto della confisca erano state le quote sociali, ritenute riconducibili al RAGIONE_SOCIALE, di quattro società, che, a seguito della revocazione, disposta dalla Corte di appello il 18 febbraio 2013, erano state restituite all’avente diritto ex art. 46 d.lgs 159/11, benché solo cartolarmente i, p perché non più attive. In particolare, le srl RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE non li RAGIONE_SOCIALE i erano più attive, mentre la RAGIONE_SOCIALE era stata dichiarata fallita nel 2012, il in costanza di amministrazione giudiziaria, e anche la MDM e stata dichiarata fallita, sebbene nel 2018 ovvero dopo la revocazione e la restituzione.
Risulta, quindi, certo che la restituzione è avvenuta, ma il ricorrente chiede la restituzione del valore dei beni all’epoca della confisca, facendo leva sulla sentenza emessa da questa Corte nella stessa procedura per la restituzione della lì GLYPH Il somma di 75 mila euro, versata dal liquidatore della RAGIONE_SOCIALE per presentare istanza di ammissione al concordato preventivo, poi non andata a buon fine.
In GLYPH quella GLYPH sentenza GLYPH si GLYPH affermava GLYPH che GLYPH “il GLYPH provvedimento di revocazione della confisca di prevenzione, disposto ai sensi dell’art. 28 d.lgs. n. 159 del 2011, fa sorgere, in capo al soggetto già destinatario del provvedimento ablatorio, un corrispondente diritto alla restituzione di quanto confiscato, che non è condizionato ad alcuna valutazione di opportunità e, salve le ipotesi di restituzione per equivalente previste dall’art. 46 d.lgs. n. 159 del 2011, determina l’obbligo alla restituzione da parte dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, ai sensi dell’art. 44 del medesimo decreto legislativo, Sez. 5, n. 32692 del 15/03/2018, COGNOME, Rv. 273889).
Il caso in esame non rientra in tali ipotesi, tassativamente previste, sicché non è illogica la considerazione del Tribunale circa la natura risarcitoria della domanda di restituzione per equivalente, avente ad oggetto l’importo corrispondente al valore delle quote societarie al momento del sequestro, trattandosi di richiesta da presentare eventualmente in altra sede per errori o colpe nella gestione delle società.
Ne discende che è indubbio il diritto alla restituzione dei beni originariamente confiscati a seguito di revocazione della confisca, trattandosi di un interesse privato, che ha copertura costituzionale nell’art. 42 Cost. e sovranazionale nell’art. 1, Prot. 1, Cedu, ma, poiché occorre tener conto delle vicende che i beni hanno subito nel corso dell’amministrazione giudiziaria (vendita o esito della gestione, specie se, come nella fattispecie, si tratti di realtà societarie, dinamiche e complesse) o della destinazione nel frattempo data ai singoli beni, la restituzione per equivalente è prevista solo nei casi indicati dall’art. 46 cit. ovvero per i beni assegnati per finalità istituzionali o sociali, p fini di giustizia o di ordine pubblico o di protezione civile di cui alle lettere a), e c) dell’articolo 48, comma 3, decreto cit., e la cui restituzione possa pregiudicare l’interesse pubblico. In tal caso, al netto delle migliorie e per non pregiudicare la destinazione pubblica già data ai beni, la norma prevede il diritto dell’interessato IENE( alla restituzione di una somma equivalente al valore del bene confiscato come risultante dal rendiconto di gestione, rivalutato sulla base del tasso di inflazione annua e, in caso di beni immobili, si tiene conto dell’eventuale rivalutazione delle rendite catastali. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Peraltro, la richiesta formulata di restituzione di somme corrispondenti al valore delle quote, stimato da consulenti di parte con riferimento al florido stato delle società all’atto dell’ablazione, è, comunque, infondata, occorrendo, invece, avere riguardo al valore finale dei beni al termine della gestione, come prevede testualmente la norma.
E’ utile considerare che, come affermato da questa Corte, occorre porre l’accento sulle modalità con cui l’art. 46, comma 1, d.lgs. 159 del 2011 determina l’importo che l’interessato ha diritto a ricevere in caso di vendita del bene, stabilendo che “l’interessato ha diritto alla restituzione di una somma equivalente al valore del bene confiscato come risultante dal rendiconto di gestione, al netto delle migliorie, rivalutato sulla base del tasso di inflazione annua”, sicché il valore di riferimento non è quello determinato al momento dell’esecuzione del sequestro- come preteso dal ricorrente-, ma quello determinato al termine della gestione dei beni da parte dell’amministratore giudiziario, in base all’art. 43 d.lgs. 159 del 2011, norma che evidenzia la rilevanza, ai fini della restituzione, della gestione dei beni nel corso del sequestro (Sez. 1, n. 3635 del 20/01/2022, COGNOME allegrezza, n.m.).
Per le ragioni esposte il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P. Q. M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, 24 ottobre 2024
Il consigliere e ensore
Il Presidente