Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 16002 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 16002 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOMECOGNOME nata a Catanzaro il 15/6/1977 COGNOME NOME nata a Satriano (Cz) il 4/3/1965
avverso il decreto del 30/10/2024 del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare inammissibili i ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 30/10/2024, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro rigettava la richiesta – avanzata da NOME COGNOME e NOME COGNOME – volta alla restituzione di telefoni cellulari oggetto di sequestro probatorio eseguito il 7/3/2024.
Propongono distinto – ma identico – ricorso per cassazione le due indagate, deducendo l’abnormità del provvedimento. Il Pubblico Ministero avrebbe negato la
restituzione di beni già dissequestrati dallo stesso Ufficio 1’11/10/2024, così pronunciando un decreto estraneo all’ordinamento processuale ed in contrasto con la normativa e la giurisprudenza sovranazionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi risultano manifestamente infondati.
Occorre evidenziare, in primo luogo, che la medesima questione ha già formato oggetto di due ordinanze del Tribunale del riesame di Catanzaro, entrambe del 19/11/2024, allegate alle impugnazioni in esame. Con tali pronunce è stato dichiarato inammissibile il gravame presentato dalle indagate contro lo stesso decreto qui impugnato, sul presupposto che – in presenza di un provvedimento di rigetto su istanza di restituzione di beni sequestrati – lo strumento tipico di impugnazione è l’opposizione al giudice per le indagini preliminari, ai sensi dell’art. 263, comma 5, cod. proc. pen. Al riguardo, il Tribunale ha anche richiamato la costante giurisprudenza di legittimità, in forza della quale in tema di sequestro probatorio la restituzione delle cose sequestrate può essere richiesta, durante la fase delle indagini preliminari, al solo pubblico ministero procedente da parte dell’interessato, che potrà rivolgersi al giudice per le indagini preliminari solo in sede di opposizione avverso l’eventuale decreto reiettivo, sicché se l’interessato, nella medesima fase, adisce direttamente il giudice per le indagini preliminari il provvedimento che questi emette, previo parere del pubblico ministero, deve ritenersi affetto da nullità assoluta per incompetenza funzionale (per tutte, Sez. 2, n. 6976 del 6/10/2022, COGNOME, Rv. 284183).
Tanto richiamato, risulta allora evidente che nessuna abnormità può essere riscontrata nel citato decreto di rigetto emesso dal pubblico ministero di Catanzaro, né da un punto di vista strutturale (il provvedimento non è di certo avulso dall’ordinamento processuale), né sotto il profilo funzionale, non determinando alcuna stasi del processo né l’impossibilità di proseguirlo. Come correttamente affermato dal Tribunale del riesame di Catanzaro, infatti, l’ordinamento prevede uno specifico strumento di impugnazione del decreto medesimo, ossia l’opposizione al giudice (per le indagini preliminari, nel corso di queste), così che risulta manifestamente infondata la tesi difensiva secondo cui tale provvedimento si porrebbe “al di fuori dell’ordinamento processuale nazionale e in contrasto con la normativa e la giurisprudenza sovranazionale.”
I ricorsi, pertanto, debbono essere dichiarati inammissibili. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art.
cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente
fissata in euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de
ammende.
Così deciso in Roma, il 26 febbraio 2025
Il Presidente