Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 44292 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 44292 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 06/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a MONTALCINO il 22/11/1947
avverso l’ordinanza del 10/07/2024 del TRIBUNALE di SIENA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
Con ordinanza del 10 luglio 2024 il Tribunale di Siena, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha accolto l’opposizione presentata ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen. da NOME COGNOME condannato per il reato di cui all’art. 727 cod. pen. con sentenza del Tribunale di Siena, contro l’ordinanza emessa de plano I’ll aprile 2024 dallo stesso giudice dell’esecuzione con cui questi aveva respinto l’istanza del condannato di ottenere la restituzione dei cani che gli erano stati sequestrati il 26 maggio 2020 ed accolto l’istanza del pubblico ministero di disporne la confisca, ed ha dichiarato inammissibili sia l’istanza originaria del condannato che quella del pubblico ministero.
In particolare, il giudice dell’esecuzione ha rilevato che effettivamente, come dedotto nell’opposizione dal condannato, non è possibile disporre la confisca
4-
facoltativa in sede di esecuzione, pur tuttavia da ciò non consegue l’accoglimento dell’istanza originaria del condannato, perché i cani sono stati venduti durante il procedimento penale e non era stata presentata a suo tempo istanza di riesame contro il decreto di vendita per cui ormai si è consolidato il diritto degli attuali proprietari degli animali.
Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso il condannato, per il tramite del difensore, con i seguenti motivi.
Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione perché il giudice ha disposto in questo modo una confisca surrettizia con motivazione manifestamente illogica perché basata su una presunta acquiescenza ad un precedente provvedimento emesso durante il processo ma la acquiescenza ad un sequestro non può precludere l’impugnazione della confisca.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione perché il Tribunale non si è reso conto che, in realtà, COGNOME non aveva prestato acquiescenza ai provvedimenti di vendita, ma aveva proposto impugnazione contro di essi giungendo fino al grado di legittimità con ricorso che fu dichiarato inammissibile per motivi procedurali dalla Suprema Corte di Cassazione.
Con il terzo motivo deduce violazione di legge in quanto, se viene meno la confisca, il condannato ha diritto ad ottenere la restituzione dei cani, e non può incidere sull’esercizio del diritto la circostanza che i cani siano stati venduti nelle more, perché tale evento al più può condizionare l’oggetto della restituzione, che potrebbe identificarsi nella eadem res, qualora i cani fossero ancora nella disponibilità dell’acquirente, che non può considerarsi in buona fede in quanto era consapevole della situazione, ovvero nel tantundem in caso contrario.
Con requisitoria scritta il Procuratore Generale, NOME COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è in parte fondato, in parte inammissibile, come si specifica meglio di seguito in motivazione.
Il primo ed il secondo motivo, che devono essere affrontati congiuntamente, sono inammissibili.
Con il provvedimento con cui ha deciso l’opposizione ex art. 667, comma 4, cod. proc. pen., il giudice dell’esecuzione ha riconosciuto l’errore in cui era incorso
nel provvedimento de plano dell’Il aprile 2024 con cui aveva disposto la confisca, che però non ha formalmente revocato.
Il ricorso deduce che, per effetto della mancata revoca, si sarebbe in presenza di una confisca surrettizia.
L’argomento è inammissibile per difetto di interesse.
Infatti, pur se il giudice dell’esecuzione non ha revocato la confisca nel provvedimento che ha deciso l’opposizione di cui all’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., la circostanza che il dispositivo di tale provvedimento sia di rigetto di entrambe le istanze (quella del pubblico ministero di disporre la confisca; quella del condannato di restituzione dei beni) comporta il venir meno della confisca disposta con il provvedimento de plano dell’il aprile 2024, confisca che era effettivamente illegittima, perché, in presenza di un bene assoggettabile in astratto a confisca facoltativa, è precluso in radice il potere del giudice dell’esecuzione di disporne la confisca, atteso che la giurisprudenza di questa Corte ritiene che la confisca possa essere disposta in sede esecutiva, nell’esercizio del potere previsto dall’art. 676 cod. proc. pen., soltanto quando obbligatoria (Sez. 1, Sentenza n. 27172 del 16/04/2013, COGNOME, Rv. 256614, secondo cui la confisca facoltativa può essere disposta solo dal giudice che pronuncia la condanna e non, quindi, in fase esecutiva; Sez. 1, Sentenza n. 17546 del 20/04/2012, COGNOME, Rv. 252888, secondo cui il giudice dell’esecuzione può disporre la confisca solo qualora essa sia obbligatoria per legge).
Né era necessario che il giudice dell’esecuzione specificasse espressamente nella ordinanza emessa all’esito dell’udienza camerale che era revocato il provvedimento de plano dell’Il aprile 2024, perché, come ha chiarito la giurisprudenza di questa Corte, il rapporto tra il provvedimento emesso de plano dal giudice dell’esecuzione nelle materie in cui ciò è consentito ed il provvedimento emesso all’esito dell’opposizione di cui all’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., non è assimilabile a quello che vi è tra il provvedimento impugnato e quello che decide l’impugnazione, perché l’ordinanza de plano è per sua natura provvisoria, ed efficace soltanto fino all’intervento della decisione emessa all’esito dell’eventuale udienza camerale, che dovrà decidere l’istanza originaria, e non l’appello contro il provvedimento assunto de plano, atteso che l’opposizione non ha natura impugnatoria “per la caratterizzazione unitaria del procedimento di esecuzione penale” (Sez. 1, n. 6290 del 05/11/2021, dep. 2022, Nocerino, rv. 282657, in motivazione).
Come è stato precisato nella pronuncia COGNOME, infatti, “il giudizio cui l’opposizione dà luogo riguarda la stessa materia già esaminata col provvedimento opposto, che viene riesaminata con il contributo dialettico delle parti e si svolge nello stesso unico grado di merito con la finalità di consolidare la decisione iniziale
c/
mediante provvedimento suscettibile di impugnazione e di acquisire irretrattabilità se non impugnato”.
Ne consegue che, dovendo ritenersi esser stata eliminata dal mondo giuridico la statuizione di confisca, il ricorso sul punto deve essere giudicato inammissibile per carenza di interesse.
2. Il terzo motivo, invece, è fondato.
In esso si deduce che la circostanza che il bene di cui è stata chiesta la restituzione sia stato venduto non impedisce di ottenerne il dissequestro, che – in ipotesi di impossibilità sopravvenuta di restituzione – si risolverà nel diritto ad ottenere il tantundem.
L’argomento è fondato, sia pure nei limiti di quanto si precisa di seguito.
La giurisprudenza di legittimità ha più volte ricordato che con la vendita in corso di processo il diritto del proprietario del bene sequestrato si trasferisce dalla cosa al danaro ricavato dalla sua vendita, che non è necessariamente l’equivalente economico perché il prezzo di vendita può anche non rispecchiare il valore economico del bene (Sez. 3, Sentenza n. 36773 del 18/05/2021, Autumn, Rv. 282230; v. anche Sez. 2, Sentenza n. 32247 del 07/10/2020, COGNOME, Rv. 280174).
Il giudice dell’esecuzione ha respinto l’istanza di restituzione limitandosi a prendere atto che i cani non sono più restituibili all’interessato perché venduti, ma non si è posto il problema del diritto del proprietario del bene sequestrato, venduto, ma non confiscato all’esito del processo, di ottenere il prezzo ricavato dalla vendita.
E’ vero che l’istanza di incidente di esecuzione conteneva in modo esplicito soltanto la richiesta di restituzione dei cani, ed è solo il ricorso per cassazione che mette in evidenza, in alternativa alla restituzione, la possibilità di attribuzione del tantundem, ma deve ritenersi che nell’istanza originaria volta ad ottenere la restituzione in forma specifica di quanto sequestrato, e non confiscato, fosse riconnpresa anche la richiesta di ottenere in alternativa la possibilità di attribuzione del ricavato della vendita, che è un minus rispetto a quanto richiesto nell’incidente di esecuzione.
Prima di respingere l’istanza di restituzione il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto verificare, pertanto, se la vendita è stata fruttifera; in caso positivo, avrebbe dovuto riconoscere che il diritto del proprietario si è trasferito sulla somma ricavata, e, prima di rigettare l’istanza, avrebbe dovuto verificare se la procedura si è conclusa con devoluzione della somma ricavata alla cassa delle ammende per eventuale inerzia del proprietario, ai sensi delle norme degli artt. 151 e seguenti d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115.
GLYPH
Ne consegue che l’ordinanza impugnata non resiste alle censure che le sono state rivolte e deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio su tale punto.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente al rigetto dell’istanza di restituzione con rinvio per nuovo giudizio sul punto al Tribunale di Siena. Dichiara il ricorso inammissibile nel resto.
Così deciso il 6 novembre 2024
Il consigliere estensore
Il pr sidente