Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 34774 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 34774 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/10/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a Milano il DATA_NASCITA; COGNOME NOME nato a Milano il DATA_NASCITA;
avverso la ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 25/10/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per la inammissibilità dei ricorsi;
lette le memorie degli AVV_NOTAIOti NOME e NOME COGNOME, i quali hanno insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como, in funzione di giudice dell’esecuzione, con ordinanza del 25 ottobre 2024, rigettava l’opposizione proposta da NOME COGNOME e NOME COGNOME in data 30 maggio 2024 avverso il provvedimento che aveva respinto la richiesta di restituzione agli stessi opponenti, quali terzi in buona fede ed estranei al reato, della somma di complessivi 485.000,00 euro (385.000,00 di NOME COGNOME ed euro 100.000,00 di NOME COGNOME).
In data 6 ottobre 2022 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como, con sentenza resa ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., aveva infatti applicato ad NOME COGNOME, imputato per i reati di truffa e abusivismo finanziario, la pena dallo stesso richiesta e, ai sensi degli artt. 240 e 648-quater, nonché 240-bis cod. pen., aveva disposto la confisca di tutte le somme giacenti su conti correnti, bancari e postali, a lui riferibili e di tutti i beni mobili, imm e quote sociali a lui intestate, cointestate o comunque riferibili ovvero nella sua disponibilità e delle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, fino alla concorrenza complessiva di euro 3.450.492,42.
NOME COGNOME e NOME COGNOME erano persone offese dei reati commessi da NOME COGNOME ed avevano versato, rispettivamente euro 100.000,00 il primo ed euro 385.000,00 il secondo, ad NOME COGNOME al fine di acquistare azioni della RAGIONE_SOCIALE. Tali somme, insieme a quelle delle altre persone offese, erano state fatte confluire dallo stesso COGNOME sul conto corrente tedesco della RAGIONE_SOCIALE Investments e poi erano state immediatamente utilizzate per acquistare i beni sottoposti a sequestro nel corso delle indagini e, successivamente, confiscate con la sentenza pronunciata ex art. 444 cod. proc. pen. all’esito delle indagini preliminari.
Le due persone offese, dopo avere evidenziato che i beni sottoposti a sequestro erano riconducibili al profitto dei reati contestati e che le norme in materia di confisca fanno comunque salvi i diritti delle persone offese dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno, avevano chiesto l’assegnazione delle somme ricavate dalla vendita, quanto meno in quota parte delle somme rispettivamente versate.
Il Giudice delle indagini preliminari, in funzione di giudice dell’esecuzione, aveva dichiarato inammissibili le domande e avverso tale decisione gli istanti avevano proposto ricorso per cassazione, che questa Corte aveva qualificato come opposizione.
In data 25 ottobre 2024 il giudice dell’esecuzione, ritenuto che le doglianze fossero sostanzialmente analoghe a quanto già esposto nell’istanza originaria, respingeva l’opposizione con l’ordinanza riportata in epigrafe.
In sintesi, l’opposizione non veniva accolta in ragione dell’assenza di elementi nuovi ed in quanto il concetto di restituzione si riferisce alla eadem res e non al tantundem; inoltre, secondo il giudice dell’esecuzione, nel caso di specie non vi era identità temporale tra i bonifici effettuati dalle persone offese e gli acquisti effettuati e che, pertanto, risultava impossibile individuare alcuna corrispondenza tra quanto corrisposto e quanto ricavato da ogni singola vendita.
7.1. Ciò anche considerato quanto ricavabile dalla notizia di decisione della sentenza resa dalle Sezioni Unite della Corte di cassazione nel proc. n. 31775 del 2024 laddove si evidenzia che «la confisca di somme di denaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, non potendosi fare discendere detta qualifica dalla mera natura del bene. La confisca è, invece, qualificabile per equivalente in tutti i casi in cui non sussiste il predetto nesso di derivazione causale».
7.2. Ragioni, queste, per cui il giudice dell’esecuzione riteneva di confermare la precedente decisione nel senso che la trasformazione in altri beni di somme di denaro oggetto del reato di truffa e di abusivismo finanziari costituisce un impedimento assoluto alla restituzione alla persona offesa del reato del tantundem che sia il ricavato di beni venduti a seguito di confisca per equivalente.
Avverso detta ordinanza NOME COGNOME e NOME COGNOME, per mezzo degli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, hanno proposto distinti ricorsi per cassazione affidati a due comuni motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insiste per il suo annullamento.
8.1. Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod. proc. pen., il vizio di motivazione; in particolare, sostengono che
è errata l’affermazione del giudice dell’esecuzione secondo cui gli argomenti contenuti nell’opposizione coinciderebbero con quanto sostenuto nella originaria istanza di restituzione. Nell’atto di opposizione, infatti, diversamente da quanto indicato, i ricorrenti avevano articolato delle censure specifiche, indicando gli elementi dai quali emergeva il diretto collegamento esistente tra le somme versate e i beni acquistati. Nel conto corrente dal quale erano state prelevate le somme per procedere all’acquisto di tutti i beni sequestrati, infatti, erano transitate solo ed esclusivamente le somme versate dalle persone offese e ciò, quindi, rendeva evidente che detti beni non erano altro che la mera trasformazione del profitto in altro, un surrogato del profitto stesso, cosicché la confisca non poteva essere qualificata come effettuata per equivalenza, trattandosi invece di una confisca diretta (per trasformazione). In tale prospettiva, pertanto, oggetto della richiesta dei ricorrenti non era il tantundem, ma lo stesso bene, vale a dire la eadem res, pure se “trasformata” in altro.
Sotto altro profilo rilevano che nel procedimento, peraltro concluso con sentenza emessa ex art. 444 cod. proc. pen. al quale le persone offese non avevano potuto partecipare, non risultava da alcuna parte che la confisca era stata disposta per equivalente; pertanto, trattandosi di confisca diretta, era sempre possibile la restituzione alla persona offesa di quanto alla stessa riferibile.
I ricorrenti, inoltre, evidenziano che il riferimento alla notizia di decisione di una ultima pronuncia delle Sezioni unite, effettuata peraltro senza avere contezza della motivazione, sarebbe inconferente in quanto non si riferirebbe a un caso analogo a quello oggetto dell’attuale ricorso.
8.2. Con il secondo motivo NOME COGNOME e NOME COGNOME deducono, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c) ed e), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 185, 240 cod. pen. e 104-bis, comma 1-sexies, disp. att. del codice di rito, nonché il vizio di motivazione. Nello specifico, sostengono che le norme in tema di confisca fanno salvi i diritti alle restituzioni e a risarcimento delle persone offese per cui, nel caso di specie, il giudice, omettendo di verificare che i beni confiscati erano direttamente riferibili alle somme versate dalle persone offese, non aveva adempiuto a quanto prescritto dall’art. 185 cod. pen., essendo pacifico che tali beni sono “utilità dirette”, causalmente ricollegabili al reato e al profitto immediato dello stesso e che, quindi, dopo la vendita dei
beni il ricavato dovrebbe essere restituito, quanto meno pro quota, alle persone offese che ne fanno richiesta. Diversamente operando, d’altro canto, si realizzerebbe un effetto del tutto distorto, in forza del quale le persone offese che hanno subito il danno non potrebbero ottenere la restituzione di quant indebitamente versato, ovvero il risarcimento, mentre lo Stato, che non ha subito alcun danno, tratterrebbe il profitto del reato sotto forma di confisca.
In data 19 dicembre 2024 sono pervenute in cancelleria le conclusioni scritte nelle quali il AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
Il giorno 7 febbraio 2025 è pervenuta in cancelleria una memoria con la quale gli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, ribadito che tutte le somme confluite sul conto corrente sono state utilizzate per acquistare i beni sottoposti a sequestro, che le indagini effettuate hanno consentito di accertare in modo incontrovertibile che i beni sequestrati sono i “surrogati” delle somme di denaro profitto del reato e che pertanto la confisca non è per equivalente, insistono per l’accoglimento del ricorso.
Il procedimento, originariamente trattato alla udienza del 14 febbraio 2025, è stato poi rinviato ad oggi in attesa del deposito delle motivazioni della sopra indicata sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte proprio in materia di confisca.
I difensori dei ricorrenti hanno depositato nuova ed articolata memoria con la quale hanno insistito per l’accoglimento delle impugnazioni.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi (i cui motivi possono essere trattati congiuntamente per la loro connessione) sono infondati e, pertanto, devono essere respinti con la conseguente conferma della ordinanza impugnata, sia pure con la parziale correzione della relativa motivazione a norma dell’art. 619 del codice di rito.
Invero, in sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, al giudice non è dato decidere sulla domanda della parte civile, con la conseguenza che egli
non può procedere a quantificazione del danno o ad assegnare provvisionali o, infinet2 ti che presuppongono una decisione del rapporto civile o, J comunque, ineriscono al titolo risarcitorio da conseguirsi in sede civile (Sez. 5, n. 7021 del 25/11/2009, dep. 2010, Puorro e altro, Rv. 246150 – 01). Inoltre, a seguito della sentenza n. 443 del 1990 della Corte costituzionale, nel caso di ammissione dell’imputato al rito di cui all’art. 444 cod. proc. pen., la parte civile ha diritto esclusivamente alla pronunzia relativa alle spese sostenute.
Con riferimento alla persona offesa dal reato, che neppure riveste la qualità di parte, questa Corte ha ripetutamente chiarito, da un lato, che essa non ha diritto alla citazione in previsione dell’udienza da celebrarsi ai sensi dell’art. 447 cod. proc. pen. e, dall’altro, che essa non è legittimata a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di patteggiamento, trattandosi di pronuncia che, ai sensi dell’art. 445, comma 1-bis, cod. proc. pen., non ha efficacia nei giudizi civili o amministrativi (Sez. 4, n. 1804 del 12/12/2018, dep. 2019, Bartolomeo, Rv. 275434 – 01; Sez. 1, n.39712 del 20/06/2024, non massimata).
La ordinanza impugnata, con la quale è stato affermato che gli odierni ricorrenti (persone offese dai reati di truffa e abusivismo finanziario in relazione ai quali è stata emessa sentenza di applicazione della pena dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Como il 6 ottobre 2022 nei confronti di NOME COGNOME) non vantano alcun diritto risarcitorio o restitutorio in relazione a detta pronuncia da poter azionare in sede penale, seppure nell’ambito dell’incidente di esecuzione, risulta quindi sostanzialmente corretta e rispettosa dei principi sopra richiamati.
3.1. Ciò per la evidente ragione che la sede penale, prescelta dal sopra citato imputato, nel caso di specie, è stata quella del rito alternativo del patteggiamento, precludente qualsivoglia forma di accertamento sull’azione civile; azione, che, pertanto, non potrà che essere esercitata nel suo ambito naturale.
3.2. Deve quindi ribadirsi che gli odierni ricorrenti non rivestono, con riferimento alla vicenda in esame, né la posizione di titolari di diritti reali garanzia (men che mai costituiti in epoca anteriore al sequestro), né la posizione di titolari di diritti di credito risultanti da atti aventi data certa anteri sequestro con la conseguente infondatezza della loro opposizione, con la quale
avevano chiesto al giudice dell’esecuzione di riconoscere le loro pretese di natura civilista sulla base delle sole indagini svolte dalla RAGIONE_SOCIALE, mentre sarebbe stata necessaria una pronuncia emessa in sede civile in loro favore che riconoscesse il diritto al risarcimento del danno o alla restituzione.
In aggiunta alle argomentazioni di cui sopra (aventi, comunque, carattere assorbente) va precisato, per completezza, che il rigetto della opposizione è stato correttamente motivato sulla base della circostanza che non era comunque possibile affermare che taluno dei beni confiscati fosse stato effettivamente e specificamente acquistato dall’imputato con il denaro dei COGNOME Malocchi. In sostanza, non vi era la prova (accertata definitivamente in sede giudiziale) di un collegamento univoco tra i beni appresi per effetto diretto ed immediato dell’illecito e quelli acquistati con i medesimi beni, se non le sopra indicate indagini svolte dalla polizia giudiziaria.
Al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali a norma dell’art. 616 del codice di rito.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Così deciso in Roma il 3 ottobre 2025.