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Restituzione atti al PM: legittima se il fatto è diverso

La Corte di Cassazione ha confermato la legittimità della decisione di un giudice di disporre la restituzione atti al PM quando i fatti emersi in udienza preliminare configurano un reato diverso da quello contestato, anche se l’imputato ha scelto il rito abbreviato. La Corte ha chiarito che è impossibile assolvere l’imputato dal reato originario e contemporaneamente restituire gli atti, poiché i due provvedimenti sono logicamente incompatibili.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Restituzione Atti al PM: Legittima per Diversità del Fatto anche in Rito Abbreviato

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 13572 del 2024, affronta una questione processuale di grande rilevanza: i poteri del giudice dell’udienza preliminare di fronte a una possibile diversa qualificazione giuridica del fatto. Il caso esaminato chiarisce che la restituzione atti al PM, prevista dall’articolo 521, comma 2, del codice di procedura penale, è una scelta corretta e non abnorme, anche quando il processo si svolge con rito abbreviato. La decisione sottolinea un principio fondamentale: è impossibile assolvere l’imputato dal reato originario e, contemporaneamente, inviare gli atti alla Procura per una nuova contestazione.

Il Contesto Processuale: Dall’Accusa Iniziale alla Decisione del GUP

Il caso ha origine da una richiesta di rinvio a giudizio per diversi reati, tra cui quello di associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.). L’imputato, scegliendo di definire la sua posizione con il rito abbreviato, si sottoponeva al giudizio basato sugli atti raccolti durante le indagini.

Durante l’udienza preliminare, il Giudice (GUP), analizzando il materiale probatorio, ha escluso la partecipazione dell’imputato all’associazione criminale. Tuttavia, ha ritenuto che i fatti potessero configurare un diverso e autonomo reato, quello di autoriciclaggio (art. 648-ter c.p.). Di fronte a questa “diversità del fatto”, il GUP ha applicato l’art. 521, comma 2, c.p.p., disponendo lo stralcio della posizione e la restituzione degli atti al Pubblico Ministero per le sue determinazioni.

Il Ricorso in Cassazione e la corretta restituzione atti al PM

L’imputato ha presentato ricorso per cassazione, sostenendo che l’ordinanza del GUP fosse “abnorme”. Secondo la difesa, una volta esclusa la sussistenza del reato di associazione mafiosa, il giudice avrebbe dovuto pronunciare una sentenza di assoluzione per quel capo d’imputazione. L’argomento si fondava sull’autonomia tra le due fattispecie di reato: l’associazione e l’autoriciclaggio.

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso manifestamente infondato. I giudici supremi hanno chiarito che il GUP ha correttamente esercitato un potere espressamente previsto dall’ordinamento. L’applicazione dell’art. 521, comma 2, c.p.p. non costituisce un atto abnorme, in quanto non devia dalle strutture fondamentali del sistema processuale.

L’Incompatibilità tra Assoluzione e Restituzione degli Atti

Il punto cruciale della decisione risiede nell’assoluta incompatibilità logica e giuridica tra una sentenza di assoluzione e un’ordinanza di restituzione degli atti. I due provvedimenti hanno finalità opposte:
* L’assoluzione pone fine al procedimento penale per quel fatto, con efficacia di giudicato.
* La restituzione degli atti è finalizzata a consentire l’inizio di una (nuova) azione penale per il fatto diversamente qualificato.

Emetterli contemporaneamente creerebbe una contraddizione insanabile: si chiuderebbe un processo per poi ordinarne, di fatto, la riapertura su una base diversa, vanificando la preclusione del giudicato.

La Portata del Principio anche nel Rito Abbreviato

La Cassazione ha inoltre ribadito un consolidato orientamento giurisprudenziale: la scelta del rito abbreviato non limita il potere del giudice di valutare la corretta qualificazione del fatto. La decisione dell’imputato di essere giudicato “allo stato degli atti” non comporta una “cristallizzazione” dell’imputazione. Il giudice conserva pienamente il potere-dovere di verificare la corrispondenza tra il fatto storico e la norma incriminatrice contestata e, in caso di divergenza, di attivare i meccanismi correttivi previsti dalla legge, come appunto la restituzione atti al PM.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si basano sulla necessità di preservare la coerenza e la logica interna del sistema processuale penale. Il potere conferito al giudice dall’art. 521, comma 2, c.p.p. è uno strumento essenziale per garantire che l’accusa sia sempre aderente ai fatti storici emersi nel corso del giudizio. Consentire al giudice di assolvere e, al contempo, restituire gli atti per una nuova imputazione, significherebbe creare un’anomalia procedurale che porterebbe a una paralisi processuale e violerebbe il principio del ne bis in idem. La funzione della norma è proprio quella di evitare un’assoluzione meramente formale quando emerge che l’imputato potrebbe essere responsabile per un reato diverso, garantendo così l’effettività dell’azione penale.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un principio cardine del nostro ordinamento processuale: di fronte a un fatto che si rivela diverso da quello contestato, il giudice non deve assolvere, ma restituire gli atti al Pubblico Ministero. Questa procedura è pienamente legittima e non abnorme, anche nel contesto del rito abbreviato. La decisione della Corte di Cassazione previene la creazione di paradossi giuridici e assicura che il processo penale possa proseguire correttamente verso l’accertamento della verità sostanziale, nel rispetto delle garanzie di tutte le parti.

Un giudice può, nello stesso provvedimento, assolvere un imputato da un reato e restituire gli atti al Pubblico Ministero per un reato diverso basato sugli stessi fatti?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che i due provvedimenti sono logicamente e giuridicamente incompatibili. L’assoluzione porrebbe fine al procedimento, mentre la restituzione degli atti ne presuppone l’inizio per una nuova imputazione, creando una contraddizione insanabile.

La scelta del rito abbreviato impedisce al giudice di riqualificare il fatto e disporre la restituzione atti al PM?
No. La sentenza chiarisce che la scelta dell’imputato di essere giudicato con il rito abbreviato non “cristallizza” il fatto reato nei limiti dell’imputazione originale. Pertanto, il giudice mantiene il potere di accertare una diversità del fatto e restituire gli atti al Pubblico Ministero ai sensi dell’art. 521, comma 2, c.p.p.

Quando un’ordinanza del giudice è considerata “abnorme”?
Secondo la Corte, un’ordinanza è abnorme quando si pone al di fuori del sistema processuale, deviando dalle sue strutture fondamentali. L’applicazione dell’art. 521, comma 2, c.p.p., che prevede espressamente la restituzione degli atti per diversità del fatto, non è un atto abnorme ma l’esercizio di un potere previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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