Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31208 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31208 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nata a Palermo il 04/11/1983
avverso la sentenza del 31/10/2024 della Corte d’appello di Palermo
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME
posto che il primo motivo di ricorso, con il quale si contesta violazione di legge e vizio di motivazione per avere la Corte territoriale confermato la penale responsabilità dell’odierna ricorrente per il delitto di cui all’art. 493-ter cod. pen in base alla mera titolarità del bar RAGIONE_SOCIALE e dell’apparecchiatura POS utilizzata per la realizzazione delle condotte contestate, risulta finalizzato a ottenere, mediante doglianze in punto di fatto già motivatamente respinte in appello (si veda, in merito, la pag. 10 dell’impugnata sentenza in cui la Corte d’appello afferma come, ai fini del giudizio di colpevolezza, non rilevi l’effettiva presenza dell’imputata all’interno del bar, avendo ella messo a disposizione il POS e agito nell’immediatezza per monetizzare l’incasso dei profitti), una rivalutazione delle risultanze probatorie estranea al sindacato di legittimità, essendo il controllo di legittimità finalizzato, per espressa volontà del legislatore, a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo, senza possibilità di verifica della rispondenza
della motivazione alle acquisizioni processuali (Sez. U, n. 47289 del 24/09/2 COGNOME, Rv. 226074);
osservato che anche il secondo motivo di doglianza, con cui si lamenta la mancata riqualificazione del fatto nell’ipotesi di cui all’art. 640-ter cod. é formulato in termini consentiti, poiché la difesa, reiterando profili di cen prospettati in appello, finisce per contestare una decìsione errata in risulterebbe fondata su una valutazione asseritamente sbagliata dei processuali e su una scorretta ricostruzione storica dei fatti, laddove sussiste la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la p valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gra merito;
che, il giudice di merito, con motivazione esente da vizi logici, ha esplic le ragioni del suo convincimento (si veda, in particolare, la pag. 11) fa applicazione di corretti argomenti fattuali e giuridici ai fini della dichiar responsabilità e della sussistenza del reato di cui all’art. 493-ter cod. pen considerato che il terzo motivo di ricorso, con cui la difesa lamenta il dini delle circostanze attenuanti generiche e la misura della pena per la continuaz risulta manifestamente infondato, oltre che privo di specificità, es riproduttivo di profili di censura già svolti in appello e adeguatamente di dalla Corte territoriale;
che, infatti, il giudice d’appello, a pag. 12 dell’impugnata sentenza, appli correttamente il consolidato indirizzo dì questa Corte, ha giustificato il m riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche sulla base dell’assen elementi o circostanze di segno positivo (Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, COGNOME, Rv. 270986 Sez. 3, n. 44071 del 25/09/2014, COGNOME, Rv. 260610);
che, inoltre, si deve osservare come l’odierna ricorrente abbia rivendicato inesistente diritto all’applicazione dei minimi edittali per la co continuazione, mentre secondo l’indirizzo consolidato nella giurisprudenza legittimità, la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazion aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti e attenuan titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base, rientra ne discrezionale del giudice di merito, che lo esercita in aderenza ai principi en negli artt. 132 e 133 cod. pen.;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 15 luglio 2025.