LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità titolare POS: Cassazione chiarisce

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una titolare di un bar, condannata per il reato di cui all’art. 493-ter c.p. L’ordinanza conferma che la responsabilità titolare POS sussiste quando si mette a disposizione l’apparecchiatura per la commissione di illeciti e si agisce per monetizzarne i profitti, anche senza essere fisicamente presenti. La Corte ha respinto i motivi del ricorso come tentativi di rivalutare i fatti, attività preclusa nel giudizio di legittimità.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Titolare POS: Quando il Proprietario Risponde dei Reati?

La diffusione dei pagamenti elettronici ha semplificato la vita di esercenti e clienti, ma ha anche aperto nuovi scenari di rischio. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale: la responsabilità titolare POS per i reati commessi tramite l’apparecchio. La Corte ha stabilito che la mera titolarità e la messa a disposizione del dispositivo per fini illeciti possono fondare una condanna, anche in assenza della presenza fisica del proprietario al momento del fatto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda la titolare di un bar, condannata nei primi due gradi di giudizio per il delitto di indebito utilizzo e falsificazione di strumenti di pagamento diversi dai contanti, previsto dall’articolo 493-ter del codice penale. La sua condanna si basava sul fatto che era la proprietaria del bar e dell’apparecchiatura POS utilizzata per realizzare le condotte illecite. L’imputata ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che la sua responsabilità fosse stata affermata sulla sola base della titolarità dell’esercizio commerciale, senza prove della sua effettiva partecipazione.

I Motivi del Ricorso e la Responsabilità Titolare POS

La difesa ha articolato il ricorso su tre principali motivi:
1. Violazione di legge e vizio di motivazione: Si contestava la condanna basata sulla mera titolarità del bar e del POS, ritenendola una valutazione di fatto inammissibile in sede di legittimità.
2. Mancata riqualificazione del reato: Si chiedeva di inquadrare il fatto nella fattispecie meno grave di frode informatica (art. 640-ter c.p.), ma anche questo motivo è stato interpretato come un tentativo di riesaminare i fatti.
3. Diniego delle attenuanti generiche e misura della pena: Si lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e il calcolo della pena per la continuazione, ritenuto eccessivo.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le doglianze. I giudici hanno chiarito che il ruolo della Cassazione non è quello di una terza istanza di merito, ma di un organo di legittimità. Pertanto, le censure che mirano a una diversa ricostruzione dei fatti sono inammissibili.

Nel merito, la Corte ha sottolineato un principio fondamentale per la responsabilità titolare POS: non è necessaria la presenza fisica dell’imputata all’interno del locale per affermarne la colpevolezza. È sufficiente aver messo a disposizione il POS e aver agito nell’immediatezza per monetizzare i profitti illeciti. Questo comportamento, secondo i giudici, dimostra un contributo causale concreto alla realizzazione del reato.

Per quanto riguarda il terzo motivo, la Corte ha ribadito che le attenuanti generiche non sono un diritto dell’imputato e la loro negazione è legittima in assenza di elementi positivi da valutare. Allo stesso modo, la determinazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, purché esercitato in modo logico e nel rispetto dei principi di legge (artt. 132 e 133 c.p.).

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. La responsabilità titolare POS non si esaurisce nella vigilanza passiva, ma implica un dovere di impedire che gli strumenti della propria attività commerciale vengano usati per scopi illeciti. La decisione chiarisce che la fornitura consapevole dei mezzi per commettere un reato e il successivo incasso dei proventi costituiscono elementi sufficienti a integrare la responsabilità penale. Questo principio rappresenta un monito per tutti gli esercenti, chiamati a una maggiore attenzione nella gestione dei propri strumenti di pagamento elettronico per non incorrere in gravi conseguenze legali.

Il titolare di un’attività commerciale è responsabile per i reati commessi con il suo POS anche se non è presente?
Sì, secondo questa ordinanza, la responsabilità penale sussiste se il titolare ha messo a disposizione l’apparecchiatura POS per la realizzazione di condotte illecite e ha agito per monetizzare i profitti, poiché ciò costituisce un contributo consapevole al reato, a prescindere dalla sua presenza fisica.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di riesaminare le prove di un processo?
No, il ruolo della Corte di Cassazione è limitato al cosiddetto ‘sindacato di legittimità’. Ciò significa che può solo verificare la corretta applicazione delle norme di legge e la logicità della motivazione della sentenza impugnata, ma non può effettuare una nuova valutazione dei fatti o delle prove.

Il giudice è obbligato a concedere le circostanze attenuanti generiche?
No, la concessione delle circostanze attenuanti generiche non è un diritto dell’imputato ma una facoltà discrezionale del giudice. Come ribadito dalla Corte, il loro mancato riconoscimento è giustificato quando non emergono elementi o circostanze di segno positivo che possano motivare una riduzione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati