LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità solidale per reati diversi: la Cassazione

Un pubblico ufficiale, condannato per corruzione, ricorre in Cassazione contestando la condanna alla responsabilità solidale per il risarcimento del danno insieme ad altri imputati per reati diversi. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile a causa di un precedente concordato in appello, ma coglie l’occasione per chiarire un importante principio: la responsabilità solidale non sorge solo in caso di concorso nello stesso reato, ma anche quando più condotte illecite, seppur distinte, contribuiscono a cagionare un unico evento dannoso, come un danno all’immagine della Pubblica Amministrazione.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Solidale: Quando più Reati Causano un Unico Danno

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36358/2025, affronta un tema cruciale che interseca diritto penale e civile: la responsabilità solidale nel risarcimento del danno. La pronuncia chiarisce che tale obbligo può sorgere anche quando più soggetti, condannati per reati diversi, contribuiscono con le loro condotte a creare un unico pregiudizio. Questo principio amplia la tutela della parte danneggiata, in questo caso la Pubblica Amministrazione.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un agente di polizia in servizio presso un ufficio immigrazione, condannato per corruzione propria. L’agente aveva ricevuto somme di denaro da intermediari per favorire il rilascio di permessi di soggiorno a cittadini extracomunitari. In appello, l’imputato aveva raggiunto un accordo sulla pena (il cosiddetto “concordato in appello” o “patteggiamento in appello”), ottenendo una rideterminazione della condanna. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva confermato le statuizioni civili della sentenza di primo grado, inclusa la condanna in solido con altri imputati al risarcimento del danno in favore del Ministero dell’Interno, costituitosi parte civile.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali:

1. Errata applicazione della responsabilità solidale per il danno (art. 187 c.p.): Secondo la difesa, la solidarietà nel risarcimento del danno si applica solo quando più persone concorrono nello “stesso reato”, non quando, come nel caso di specie, vengono condannate per reati distinti all’interno dello stesso processo. Le condotte degli altri imputati, a suo dire, non avevano connessione con la sua.
2. Violazione delle norme sulle spese processuali (art. 535 c.p.p.): Il ricorrente sosteneva che anche la condanna in solido al pagamento delle spese processuali fosse illegittima, poiché la normativa attuale prevede che ogni condannato risponda solo per la propria quota.
3. Vizio di motivazione sulla quantificazione della confisca: Infine, lamentava un errore di calcolo nella determinazione della somma dovuta a titolo di riparazione pecuniaria, che fungeva da base per la confisca.

L’Analisi della Corte sulla responsabilità solidale

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La ragione principale risiede nell’effetto preclusivo del “concordato in appello”: accettando un accordo sulla pena, l’imputato rinuncia implicitamente a contestare gli altri aspetti della decisione, limitando drasticamente la possibilità di un successivo ricorso.

Tuttavia, i giudici hanno colto l’occasione per affrontare nel merito le questioni sollevate, ritenendole manifestamente infondate e offrendo importanti chiarimenti.

Sul primo punto, la Corte ha spiegato che la responsabilità solidale per il risarcimento del danno non deriva solo dall’art. 187 del codice penale (concorso nello stesso reato), ma anche e soprattutto dall’art. 2055 del codice civile. Questa norma stabilisce che se un “fatto dannoso” è imputabile a più persone, tutte sono obbligate in solido. Il presupposto unificante non è l’unicità del reato, ma l’unicità dell’evento dannoso. Anche azioni diverse, illecite e indipendenti, possono convergere e contribuire a causare un unico danno (nel caso specifico, il danno morale e d’immagine alla Pubblica Amministrazione), facendo sorgere l’obbligazione solidale.

Sul secondo motivo, la Corte ha evidenziato la confusione del ricorrente tra due tipi di spese: le spese processuali (anticipate dallo Stato), per le quali la solidarietà è stata effettivamente abolita e vige il principio pro quota, e le spese di rifusione alla parte civile, per le quali la condanna in solido rimane pienamente legittima.

Infine, la questione dell’errore di calcolo è stata liquidata come una censura di merito, non ammissibile in sede di legittimità, e comunque resa generica dal fatto che i giudici di appello avevano accertato un numero di pratiche illecite superiore a quello indicato dal ricorrente.

Le Motivazioni

La motivazione della Corte si fonda su un principio cardine: la distinzione tra la fonte della responsabilità penale e quella della responsabilità civile da reato. Mentre la prima è strettamente personale, la seconda mira a garantire il pieno ristoro del danno subito dalla vittima. L’articolo 2055 del codice civile è uno strumento posto a presidio di questa finalità. Esso non richiede che i coobbligati abbiano agito di concerto o in concorso tra loro; è sufficiente che le loro singole condotte abbiano costituito un anello nella catena causale che ha portato al medesimo pregiudizio. L’unicità del danno all’immagine e al prestigio della Pubblica Amministrazione, causato da una serie di episodi di corruzione, legittima quindi la richiesta solidale a tutti coloro che hanno contribuito a determinarlo, a prescindere dalla specificità dei singoli capi di imputazione.

Le Conclusioni

La sentenza offre due importanti lezioni pratiche. In primo luogo, ribadisce la portata estesa della responsabilità solidale in ambito civile derivante da fatti penalmente rilevanti: chi commette un illecito può essere chiamato a rispondere per l’intero danno, anche se causato insieme ad altri soggetti che hanno agito autonomamente, qualora le condotte abbiano prodotto un risultato dannoso unitario. In secondo luogo, conferma il valore quasi tombale del concordato in appello, che limita fortemente le successive vie di impugnazione e richiede un’attenta valutazione da parte della difesa prima di essere intrapreso.

Più persone condannate per reati diversi nello stesso processo devono risarcire il danno in solido?
Sì, è possibile. La responsabilità solidale sorge non solo quando si concorre nello stesso reato, ma anche quando più condotte illecite distinte contribuiscono a causare un unico evento dannoso (ad esempio, un danno all’immagine di un ente), in applicazione dell’art. 2055 del codice civile.

La condanna al pagamento delle spese processuali è sempre in solido tra i condannati?
No. La legge (art. 535 c.p.p.) prevede che ciascun condannato paghi la propria quota delle spese del procedimento penale. L’obbligo solidale, invece, continua ad applicarsi per la rifusione delle spese legali sostenute dalla parte civile.

Dopo un “concordato in appello” (patteggiamento in appello) si può ricorrere in Cassazione per qualsiasi motivo?
No. L’accordo sulla pena in appello comporta una rinuncia a far valere la maggior parte dei motivi di impugnazione. Il ricorso in Cassazione è quindi fortemente limitato e, di regola, inammissibile per questioni che non erano state escluse dall’accordo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati