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Responsabilità sindaco inquinamento: la Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un sindaco per la violazione dell’art. 674 del codice penale, a causa del malfunzionamento del depuratore comunale che sversava reflui non trattati in mare. La sentenza ribadisce la responsabilità del sindaco inquinamento, sottolineando i suoi doveri di vigilanza e controllo anche quando la gestione tecnica è delegata. Il reato è stato qualificato come ‘di pericolo’, non essendo necessario un danno effettivo alle persone, ma bastando la potenziale offensività dell’atto.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Sindaco Inquinamento: la Cassazione Conferma la Condanna

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1451 del 2024, ha affrontato un caso di grande rilevanza pratica, delineando i contorni della responsabilità del sindaco per l’inquinamento derivante dal malfunzionamento di impianti comunali. La pronuncia chiarisce che il primo cittadino non può esimersi dai propri doveri di controllo e vigilanza, anche quando la gestione tecnica di un servizio, come quello di depurazione, è affidata a terzi. Analizziamo nel dettaglio la vicenda e i principi giuridici affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti: L’Inquinamento Marino dal Depuratore Comunale

La vicenda giudiziaria ha origine dalla condanna di un sindaco di un comune siciliano per la violazione dell’articolo 674 del codice penale (“Getto pericoloso di cose”). Nello specifico, al sindaco veniva imputato di non aver impedito che i reflui provenienti dall’impianto di depurazione comunale finissero in mare senza un adeguato trattamento, causando così l’imbrattamento delle acque marine. La condanna, inizialmente pronunciata dal Tribunale, era stata confermata anche dalla Corte di Appello. Il problema dell’inquinamento, come emerso dalle indagini e dalle analisi tecniche (ARPA), perdurava da anni, anche dopo l’elezione del sindaco in questione, con superamenti costanti dei limiti per parametri come COD e BOD.

I Motivi del Ricorso: La Difesa del Sindaco

L’imputato, tramite il suo difensore, ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su diverse argomentazioni. In sintesi, la difesa sosteneva che:
1. Non era stata dimostrata un’offesa diretta a persone, ma solo a cose (le acque marine), elemento che, secondo la tesi difensiva, escluderebbe la configurabilità del reato contestato.
2. Non si era tenuto conto della condotta attiva del sindaco, che si sarebbe adoperato per la manutenzione dell’impianto dopo la sua elezione.
3. Il sindaco non era a conoscenza dell’irregolarità, poiché la gestione era affidata a un soggetto terzo.
4. L’accertamento del malfunzionamento era avvenuto prima della sua elezione a sindaco.

La Responsabilità del Sindaco per l’Inquinamento: La Decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la condanna e fornendo importanti chiarimenti sulla responsabilità del sindaco inquinamento.

Il Reato di Pericolo e la Molestia alla Collettività

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il reato previsto dall’art. 674 c.p. è un reato di pericolo. Questo significa che per la sua sussistenza non è necessario un danno effettivo alle persone, ma è sufficiente l’astratta attitudine delle cose gettate o versate a cagionare effetti dannosi. Lo sversamento in mare di reflui non depurati, potenzialmente tossici e maleodoranti, in un luogo pubblico come il mare territoriale (definito res communis omnium, ovvero bene comune a tutti), integra di per sé una molestia e un pericolo per la salute di un numero indeterminato di persone. Anche la semplice “mutevole colorazione del mare”, si legge in sentenza, può arrecare preoccupazione e allarme nella comunità circa eventuali danni alla salute, configurando la molestia richiesta dalla norma.

I Doveri di Vigilanza del Primo Cittadino

Il punto cruciale della decisione riguarda il ruolo e i doveri del sindaco. Sebbene il D.Lgs. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali) attribuisca la gestione amministrativa e tecnica ai dirigenti, la Cassazione ha precisato che sul sindaco permane un dovere di controllo e vigilanza. Questo dovere si intensifica di fronte a situazioni note, gravi e reiterate nel tempo, come quella del depuratore malfunzionante. Il sindaco, quale figura apicale del comune, ha l’obbligo di attivarsi per risolvere problemi che mettono a rischio la salute pubblica e l’integrità dell’ambiente. Nel caso di specie, la risalenza del problema, la sua gravità e il carteggio intercorso tra il Comune e la Regione dimostravano che il sindaco era a conoscenza della situazione critica, ma non aveva posto in essere interventi risolutivi.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su una consolidata giurisprudenza che qualifica il reato di cui all’art. 674 c.p. come reato di pericolo. Per la sua integrazione, è sufficiente la potenziale offensività della condotta, senza la necessità di un danno concreto alle persone. La Corte ha sottolineato che l’immissione in mare di sostanze inquinanti crea un concreto pericolo per la salute di un numero indeterminato di individui, trattandosi il mare di un bene comune. Inoltre, la posizione del sindaco non è meramente formale. Nonostante la delega delle funzioni gestionali ai dirigenti, egli conserva un potere-dovere di indirizzo e controllo, specialmente di fronte a situazioni critiche e persistenti che minacciano la salute pubblica e l’ambiente. La Corte ha ritenuto il ricorso generico e non in grado di scalfire la logicità della doppia sentenza conforme di merito, che aveva adeguatamente provato la prosecuzione dell’inquinamento anche durante il mandato del ricorrente e la sua consapevolezza del problema.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta un importante monito per gli amministratori locali. La responsabilità del sindaco per l’inquinamento non viene meno con la semplice delega delle funzioni gestionali. Di fronte a problemi ambientali noti e prolungati, il sindaco ha un obbligo giuridico di intervenire attivamente. La passività o l’omesso controllo possono integrare una responsabilità penale. Questa pronuncia rafforza il principio secondo cui la tutela della salute pubblica e dell’ambiente è una priorità che richiede un impegno diretto e costante da parte delle massime cariche istituzionali a livello locale.

Un sindaco è responsabile per l’inquinamento causato da un depuratore comunale anche se la gestione tecnica è affidata ad altri?
Sì. Secondo la sentenza, sul sindaco permane un obbligo generale di vigilanza e controllo, specialmente a fronte di situazioni particolarmente gravi e reiterate nel tempo che pongono in pericolo la salute delle persone o l’integrità dell’ambiente. Non può esimersi dalla responsabilità semplicemente perché la gestione operativa è delegata.

Per configurare il reato di getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.) è necessario un danno effettivo alle persone?
No. La Corte ha ribadito che si tratta di un ‘reato di pericolo’. Ciò significa che è sufficiente l’astratta attitudine della condotta a cagionare effetti dannosi (come molestia o danno alle persone), senza che sia necessario dimostrare un nocumento effettivo. Lo sversamento di reflui inquinanti in un luogo pubblico è considerato di per sé potenzialmente offensivo.

Cosa significa ‘doppia conforme’ e quali conseguenze ha sul ricorso in Cassazione?
‘Doppia conforme’ si verifica quando la sentenza della Corte d’Appello conferma in pieno la decisione del Tribunale di primo grado. In questo caso, le motivazioni delle due sentenze si integrano formando un unico corpo argomentativo. Per il ricorrente, ciò comporta l’obbligo di confrontarsi in modo puntuale e critico con entrambe le decisioni, rendendo più difficile un accoglimento del ricorso in Cassazione, che non può limitarsi a una generica contestazione dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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