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Responsabilità RUP: la Cassazione sul dolo eventuale

La Corte di Cassazione ha confermato una misura interdittiva a carico di un dirigente pubblico con funzioni di R.U.P. per reati di frode in pubbliche forniture e truffa aggravata. La sentenza sottolinea la responsabilità del R.U.P. che, pur informato di gravi irregolarità nell’uso dei materiali per la costruzione di un porto, ha omesso di intervenire. Tale condotta, secondo la Corte, integra i gravi indizi di colpevolezza e la configurabilità del dolo eventuale, rendendo legittima la misura cautelare.

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità RUP: Omissione di Controlli e Dolo Eventuale in Appalti Pubblici

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato i confini della responsabilità RUP (Responsabile Unico del Procedimento) negli appalti pubblici, in particolare quando emergono gravi irregolarità. Il caso analizzato riguarda un dirigente pubblico indagato per frode in pubbliche forniture e truffa aggravata nell’ambito della costruzione di un nuovo porto. La Corte ha stabilito che l’inerzia di fronte a precise segnalazioni di non conformità dei materiali integra i gravi indizi di colpevolezza, giustificando l’applicazione di misure interdittive.

I Fatti del Caso: Un Appalto Sotto la Lente

Il procedimento penale ha origine da un’indagine che ha rivelato l’utilizzo di materiale non idoneo per la costruzione di un’importante opera portuale. Il dirigente del settore tecnico del Comune, in qualità di R.U.P., è stato coinvolto in quanto ritenuto responsabile di non aver impedito la frode. Secondo l’accusa, i gravi indizi di colpevolezza si fondavano sul presupposto che il R.U.P. avesse l’obbligo giuridico di intervenire a seguito delle informative ricevute dal suo staff tecnico, che segnalavano criticità significative nelle forniture.

La Difesa del R.U.P.: Delega dei Controlli e Assenza di Dolo

La difesa ha sostenuto che il R.U.P. si era avvalso di una catena di controllo ben definita, che includeva il direttore dei lavori, ispettori di cantiere e altre figure professionali, tutte legalmente obbligate alla verifica delle forniture. Nessuna di queste figure aveva mai evidenziato criticità. Inoltre, una volta ricevuta l’informativa, il R.U.P. aveva convocato riunioni di coordinamento e promosso ulteriori verifiche, i cui risultati erano stati definiti ‘eccellenti’. La difesa ha quindi contestato la sussistenza del dolo, anche nella forma eventuale, sostenendo al più una ‘culpa in vigilando’ e l’assenza di un nesso causale diretto tra la sua condotta e l’evento dannoso.

La Valutazione dei Giudici e la Responsabilità RUP

Il Tribunale del Riesame, accogliendo l’appello del Pubblico Ministero, aveva ripristinato la misura interdittiva. La decisione si basava su diversi elementi: le ripetute segnalazioni di criticità da parte di un consulente tecnico, la mancata adozione di iniziative da parte del R.U.P. a fronte di saggi con esiti negativi e la successiva autorizzazione a un subappalto nonostante la conclamata difformità dei materiali impiegati. Questi elementi, nel loro complesso, sono stati ritenuti sufficienti a configurare i ‘gravi indizi di colpevolezza’ richiesti dalla legge per le misure cautelari.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, confermando la decisione del Tribunale del Riesame. Gli Ermellini hanno chiarito un punto fondamentale del processo penale cautelare: il ruolo della Cassazione non è quello di riesaminare nel merito gli indizi, ma di verificare la coerenza e la logicità della motivazione del provvedimento impugnato.

Nel caso specifico, la motivazione del Tribunale è stata giudicata congrua e priva di vizi logici. Il Tribunale aveva correttamente evidenziato come il R.U.P. avesse piena possibilità e capacità di intervenire, ma avesse scelto di non farlo, nonostante le numerose e circostanziate segnalazioni. Questa inerzia consapevole, secondo la Corte, è sufficiente a fondare un giudizio di alta probabilità di colpevolezza, integrando gli estremi del dolo eventuale: il dirigente, pur non desiderando l’evento, ha accettato il rischio che la fornitura fraudolenta si consumasse. La Corte ha inoltre ribadito l’inammissibilità della produzione di nuovi documenti in sede di legittimità, i quali possono, al più, essere utilizzati per una nuova istanza al giudice del merito.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche per i RUP

La sentenza rappresenta un importante monito per tutti i Responsabili Unici del Procedimento. La responsabilità RUP non può essere schermata semplicemente dalla presenza di altre figure tecniche delegate ai controlli operativi. Di fronte a segnalazioni specifiche, documentate e ripetute di gravi irregolarità, il R.U.P. ha il dovere giuridico di attivarsi in modo efficace per prevenire il danno. Un atteggiamento passivo o meramente formale può essere interpretato non come semplice negligenza, ma come un’accettazione del rischio del reato, con tutte le conseguenze penali e cautelari che ne derivano.

Un R.U.P. può essere ritenuto responsabile se altri tecnici sono formalmente incaricati dei controlli sui materiali?
Sì. Secondo la sentenza, il R.U.P. mantiene un dovere di supervisione e non può restare inerte di fronte a ripetute e specifiche segnalazioni di criticità. La mancata adozione di iniziative concrete per porre rimedio a irregolarità note può integrare gravi indizi di colpevolezza a suo carico, anche sotto il profilo del dolo eventuale.

Cosa si intende per “gravi indizi di colpevolezza” ai fini di una misura cautelare?
Si tratta di elementi probatori che, pur non essendo una prova definitiva, sono idonei a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato. Per l’applicazione di una misura cautelare, la legge non richiede gli stessi criteri di gravità, precisione e concordanza necessari per una condanna finale.

È possibile presentare in Cassazione documenti nuovi per dimostrare che il pericolo di reiterazione del reato è venuto meno?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che nel giudizio di legittimità non possono essere prodotti documenti formatisi dopo la decisione impugnata. Tali documenti, come un provvedimento di cambio incarico, non possono essere valutati per la prima volta in Cassazione ma possono, eventualmente, legittimare una nuova istanza al giudice del merito per la rivalutazione delle esigenze cautelari.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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