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Responsabilità proprietario cane: Cassazione conferma

La Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di una donna, confermando la sua condanna per le lesioni causate dal morso del suo cane. La sentenza chiarisce la piena responsabilità del proprietario del cane che non adotta le dovute cautele e definisce i precisi limiti procedurali del ricorso per cassazione per i reati di competenza del Giudice di Pace.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Proprietario Cane: la Cassazione Delinea i Limiti del Ricorso

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha affrontato un caso di lesioni colpose causate dal morso di un cane, cogliendo l’occasione per ribadire principi fondamentali sulla responsabilità del proprietario del cane e per chiarire importanti limiti procedurali. La decisione sottolinea come la custodia di un animale imponga precisi doveri di diligenza e come le vie di ricorso in giustizia seguano regole stringenti, soprattutto per i reati di competenza del Giudice di Pace.

I Fatti di Causa

L’episodio si è verificato su una strada pubblica dell’Isola del Giglio. Un uomo, in compagnia della sua partner, è stato affrontato da un gruppo di cani di razza Bracco. Uno degli animali lo ha morso al polpaccio, provocandogli una ferita lacero-contusa. Poco dopo, la proprietaria dei cani è sopraggiunta, riconoscendo la propria appartenenza degli animali e avviando un tentativo di risoluzione bonaria con la vittima.

Sia il Giudice di Pace in primo grado che il Tribunale in appello hanno ritenuto la donna colpevole del reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.). La sua colpa è stata individuata nell’aver lasciato il cane, di cui conosceva le caratteristiche comportamentali essendo anche allevatrice, libero e senza museruola. La condotta negligente è stata ulteriormente avvalorata da testimonianze di altre persone del luogo, che avevano riferito di episodi simili, a dimostrazione che non si trattava di un caso isolato.

L’Iter Processuale e i Motivi del Ricorso

L’imputata ha proposto ricorso per cassazione basandosi su tre motivi principali:
1. Vizio procedurale: La presunta violazione di legge per il rigetto di un’istanza di rinvio dell’udienza d’appello, motivata da un concomitante impegno professionale del difensore.
2. Vizio di motivazione: L’omessa valutazione sull’attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa e della sua compagna.
3. Contraddittorietà della motivazione: Un’asserita contraddizione riguardo alla prova della proprietà del cane che ha materialmente sferrato il morso.

La difesa sosteneva che l’imputata non avesse mai ammesso la proprietà del cane specifico e che le accuse si basassero unicamente sulle dichiarazioni della parte offesa.

Le motivazioni della Cassazione sulla responsabilità del proprietario del cane

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile, fornendo chiarimenti decisivi su ciascun punto.

In primo luogo, riguardo al presunto impedimento del difensore, i giudici hanno stabilito che l’istanza di rinvio era stata correttamente respinta. Il difensore, infatti, non aveva fornito elementi essenziali per la valutazione della richiesta, come la data precisa dell’udienza concomitante o le ragioni che gli impedivano di nominare un sostituto. La richiesta generica non è sufficiente a giustificare un rinvio.

Il punto cruciale della sentenza, tuttavia, riguarda gli altri due motivi di ricorso, entrambi relativi a vizi di motivazione. La Corte ha richiamato l’articolo 606, comma 2-bis, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che per i reati di competenza del Giudice di Pace, il ricorso per cassazione può essere proposto solo per motivi specifici, tra cui non rientrano la mancanza, la contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione (previsti dalla lettera e) del comma 1).

Di conseguenza, le doglianze della ricorrente, che miravano a una rivalutazione nel merito delle prove e dell’attendibilità dei testimoni, non potevano essere esaminate in sede di legittimità. La Corte ha quindi confermato implicitamente la valutazione dei giudici di merito, che avevano ritenuto provata la responsabilità del proprietario del cane sulla base della sua stessa presentazione alla vittima, del contesto e delle testimonianze raccolte.

Le conclusioni

La sentenza è duplice nel suo insegnamento. Da un lato, riafferma il principio consolidato secondo cui il proprietario di un animale ha l’obbligo di custodirlo e controllarlo con la massima diligenza per evitare danni a terzi. Lasciare un cane libero e senza museruola, specialmente se se ne conoscono le potenziali reazioni, costituisce una condotta colposa che fonda la responsabilità penale per le lesioni che ne derivano.

Dall’altro lato, la decisione offre un importante monito processuale: le strategie difensive devono tenere conto dei limiti specifici dei mezzi di impugnazione. Per i reati minori, come quelli di competenza del Giudice di Pace, il ricorso in Cassazione è uno strumento limitato alla sola verifica della corretta applicazione della legge, non a un terzo riesame dei fatti.

Quando risponde il proprietario per il morso del proprio cane?
Secondo la sentenza, il proprietario risponde penalmente quando, per colpa, non adotta le necessarie precauzioni per evitare danni a terzi. Nel caso specifico, la responsabilità è derivata dall’aver lasciato il cane libero e senza museruola, pur conoscendone le caratteristiche comportamentali.

È sempre possibile contestare in Cassazione la ricostruzione dei fatti?
No. La sentenza chiarisce che per i reati di competenza del Giudice di Pace, il ricorso per cassazione non può essere basato su presunti vizi di motivazione (come la contraddittorietà o la mancanza di motivazione sui fatti), ma solo su specifiche violazioni di legge, come previsto dall’art. 606, comma 2-bis, c.p.p.

Un impegno professionale del difensore giustifica sempre il rinvio di un’udienza?
No. Il difensore che chiede un rinvio per legittimo impedimento deve dimostrare l’effettività dell’impegno concomitante, specificandone i dettagli (data, orario) e l’impossibilità di farsi sostituire. Una richiesta generica, priva di tali elementi, può essere legittimamente rigettata dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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