LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità prestanome: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna per bancarotta fraudolenta a carico di un’amministratrice che si dichiarava mero prestanome. La sentenza stabilisce che la partecipazione diretta e personale a operazioni distrattive, come prelievi e negoziazione di assegni, fonda la responsabilità penale del prestanome, a prescindere dal ruolo di un amministratore di fatto. L’onere di provare la destinazione lecita dei fondi sottratti ricade sull’amministratore.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Prestanome: la Cassazione Conferma la Condanna per Bancarotta

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 14903 del 2024, riafferma un principio cruciale in materia di reati fallimentari, toccando il delicato tema della responsabilità penale del prestanome. Anche quando la gestione effettiva della società è in mano a un altro soggetto (il cosiddetto dominus), l’amministratore di diritto non può sottrarsi alle proprie responsabilità se partecipa attivamente ad atti pregiudizievoli per i creditori. L’analisi di questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i limiti della difesa basata sul ruolo di mera “testa di legno”.

I Fatti del Caso: L’Amministratrice “di Paglia”

Il caso riguarda l’amministratrice unica di una S.r.l., dichiarata fallita, condannata in primo e secondo grado per i reati di bancarotta fraudolenta documentale e bancarotta per distrazione. L’accusa si fondava sulla sottrazione di circa 24.000 euro dalle casse sociali attraverso prelievi in contanti e la negoziazione di numerosi assegni.

La linea difensiva dell’imputata si è sempre basata sulla sua totale estraneità alla gestione operativa della società. Sosteneva di essere stata una semplice prestanome, mentre i veri gestori e beneficiari delle operazioni erano altri soggetti, i quali avevano peraltro già definito la loro posizione con un patteggiamento. A supporto della sua tesi, l’imputata evidenziava anche una precedente assoluzione in un altro procedimento per appropriazione indebita, dove era stata riconosciuta la sua inconsapevolezza nella gestione aziendale.

L’Analisi della Cassazione sulla Responsabilità Penale del Prestanome

Nonostante le argomentazioni difensive, la Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, confermando la condanna. La decisione si articola su alcuni punti chiave che definiscono in modo netto la responsabilità penale del prestanome.

La Partecipazione Attiva Annulla la Difesa del Prestanome

Il fulcro della decisione risiede nella distinzione tra un ruolo puramente formale e un coinvolgimento concreto negli atti illeciti. I giudici hanno sottolineato che, sebbene il ruolo di dominus di un altro soggetto fosse pacifico, l’imputata non era rimasta passiva. Al contrario:
– Era l’unica persona abilitata a operare sull’unico conto corrente della società.
– Si era recata personalmente in banca in più occasioni per negoziare 32 assegni e prelevare somme in contanti.
– Aveva effettuato un giroconto a proprio favore.

Queste azioni, secondo la Corte, costituiscono una partecipazione diretta e consapevole ai fatti distrattivi. Non si tratta di una mera omissione nel controllo, ma di un contributo attivo che fonda la colpevolezza, a prescindere da chi fosse l’ideatore o il beneficiario finale delle operazioni.

L’Onere della Prova sulla Destinazione dei Fondi

Un altro principio ribadito dalla Cassazione riguarda l’onere della prova. Una volta accertata l’esistenza di beni nel patrimonio sociale e la loro successiva fuoriuscita senza una giustificazione plausibile, scatta una presunzione di distrazione. Spetta all’amministratore, in virtù della sua “posizione di garanzia” verso i creditori, dimostrare la destinazione lecita di tali somme, ovvero che siano state impiegate per finalità sociali. In assenza di tale prova, la cui fornitura è un obbligo per chi gestisce l’impresa, l’accusa di bancarotta per distrazione si consolida.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha ritenuto le motivazioni della Corte d’Appello logiche e congrue. La difesa del “prestanome” non può essere accolta quando l’amministratore di diritto compie personalmente e ripetutamente le operazioni che svuotano le casse sociali. Il lungo periodo in cui ha ricoperto la carica amministrativa, unito al suo coinvolgimento diretto, escludeva la possibilità di ritenere credibile la sua totale inconsapevolezza, anche riguardo alla tenuta delle scritture contabili (bancarotta documentale). La Corte ha inoltre giudicato inammissibile il motivo relativo al diniego del beneficio della non menzione, poiché basato su un certificato penale datato e smentito da un documento più recente presente agli atti, che attestava una condanna irrevocabile a carico dell’imputata.

Le Conclusioni

La sentenza n. 14903/2024 è un monito severo per chi accetta di ricoprire cariche amministrative come “testa di legno”. La responsabilità penale non deriva solo dal ruolo formale, ma dalle azioni concrete. La partecipazione diretta ad operazioni finanziarie, anche se istigate da terzi, espone l’amministratore a gravi conseguenze penali. La pronuncia chiarisce che il sistema giuridico non offre scudi a chi, pur non essendo il dominus, si presta a compiere materialmente gli atti che danneggiano l’impresa e i suoi creditori.

Essere un “prestanome” esclude automaticamente la responsabilità per bancarotta?
No. Secondo la sentenza, se il prestanome partecipa attivamente e personalmente agli atti distrattivi (come prelevare contanti o negoziare assegni), la sua responsabilità penale è pienamente configurabile, anche se la gestione complessiva è in mano a un altro soggetto (il dominus).

Chi deve dimostrare dove sono finiti i soldi distratti da una società fallita?
L’onere di dimostrare la destinazione dei beni o delle somme sottratte al patrimonio sociale ricade sull’amministratore. In virtù della sua posizione di garanzia, se non fornisce una spiegazione plausibile e documentata che attesti l’uso di tali risorse per finalità aziendali, si presume che siano state distratte.

Un errore nella trascrizione della pena nella sentenza scritta la rende nulla?
No. Se il dispositivo con l’indicazione della pena è stato regolarmente letto in udienza, la sua successiva omissione o errata trascrizione nel documento scritto della sentenza costituisce un mero errore materiale, che non causa la nullità del provvedimento e può essere corretto con l’apposita procedura.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati