Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 42604 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 42604 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 14/10/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA, COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 09/01/2024 della Corte di appello di Milano; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udito l’AVV_NOTAIO NOME COGNOME, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia di NOME COGNOME, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 luglio 2022, il Tribunale di Milano condannava NOME COGNOME NOME alla pena di anni uno di reclusione, in quanto ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 ascritto al capo 29 dell rubrica; condannava, inoltre, NOME COGNOME alla pena di anni due e mesi due di reclusione per i reati di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74/2000 (capi 21, 22 e 22 bis de rubrica) e di cui all’art. 8 d.lgs. n. 74/2000 (capo 24 della rubrica), applicando l pene accessorie di legge.
Con sentenza del 9 gennaio 2024, la Corte di appello di Milano confermava la sentenza di primo grado relativamente alle posizioni dei due ricorrenti.
Avverso la sentenza della Corte di appello di Milano, NOME COGNOME COGNOME, tramite il difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando tre motivi.
2.1 Con il primo motivo, la difesa di NOME COGNOME NOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione in merito al concorso dell’imputato nell’operazione volta a creare il meccanismo fraudolento.
In sintesi, la difesa deduce a) che il ricorrente non ha mai dichiarato di aver predisposto il bilancio 2015, ma semplicemente di aver sottoscritto il relativo verbale di approvazione; b) che il ricorrente non aveva accesso alla documentazione contabile della RAGIONE_SOCIALE, detenuta da NOME COGNOME nella abitazione di INDIRIZZO, INDIRIZZO, sia in formato cartaceo, sia in formato digitale, e non aveva quindi modo né di conoscere il contenuto dei documenti contabili emessi, ricevuti e registrati dalla RAGIONE_SOCIALE, né tanto meno la possibilità e la capacità di elaborare fatture o rediger un bilancio; c) che il ricorrente veniva tenuto all’oscuro delle attiv effettivamente svolte dalla RAGIONE_SOCIALE, tanto che era totalmente succube di COGNOME e COGNOME, come comprovato dalla intercettazione ambientale in data 16/03/2018, contenuta a pagina 281 dell’informativa conclusiva della Guardia di Finanza, nel corso della quale COGNOME riferiva al suo interlocutore (tale Ciutti) che il ricorrente era tenuto all’oscuro dell’attivi concreto svolta dalla RAGIONE_SOCIALE, in ragione dei suoi problemi cognitiv e psichiatrici, poiché se gli sorgeva il dubbio che vi fosse qualcosa di strano andava a chiedere informazioni ad un suo amico carabiniere.
Conclude, quindi, sul punto la difesa che la semplice firma del verbale di approvazione del bilancio 2015 non era certamente sufficiente a costituire la prova che l’imputato fosse a conoscenza del contenuto del bilancio approvato e
che parte delle poste contabili passive ivi riportate erano relative a fatture pe operazioni inesistenti.
2.2 Con il secondo motivo, la difesa di NOME COGNOME NOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., contraddittorietà o manifest illogicità della motivazione in merito al contenuto e alla rilevanza delle dichiarazioni di COGNOME NOME.
Deduce la difesa che la sentenza impugnata è carente di motivazione e contraddittoria nella parte in cui, per affermare la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato in capo al ricorrente, ha utilizzato una dichiarazione resa da COGNOME nell’interrogatorio del 04/02/2020, laddove quest’ultimo ha riferito che il ricorrente fosse a conoscenza dell’accordo di rendere i soldi transitati alla RAGIONE_SOCIALE stabilito dallo stesso COGNOME, COGNOME e COGNOME. Osserva, in proposito, la difesa che, essendo COGNOME entrato in RAGIONE_SOCIALE dopo l’uscita del ricorrente, l’accordo doveva essere necessariamente intercorso successivamente al 20 dicembre 2016 e, quindi, si collocava in epoca successiva ai fatti di cui all’imputazione; in alternativa, COGNOME avrebbe mentito sull conoscenza dell’accordo da parte del ricorrente.
2.3 Con il terzo motivo, la difesa di NOME COGNOME NOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche, di cui si deve tener conto nell’applicazione della legge penale, in merito alla ricorrenza dell’elemento soggettivo del reato.
Deduce il ricorrente che l’affermazione di responsabilità era stata pronunciata sulla base di un dolo generico, nonostante la fattispecie contestata richiedesse il dolo specifico di porre in essere un’evasione fiscale attraverso la presentazione di una dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti. E l’accettazione della carica di amministratore in ambito societario non può, essa sola, costituire fonte di responsabilità, occorrendo la consapevolezza in capo all’amministratore di diritto che l’amministratore di fatto ponga in essere le condotte descritte dalla norma incriminatrice. Differentemente, la difesa sostiene che l’unico ruolo svolto dal ricorrente nel periodo in cui era stato in RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE fosse stato quello di fattorino, ossia di mero esecutore materiale delle commissioni affidategli dal COGNOME, senza avere cognizione di quale fosse l’attività concretamente posa in essere dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, né che nelle relative scritture contabili potessero essere registrate passività fittizie da utilizzare ai fini della presentazione di u dichiarazione fraudolenta, in quanto allo stesso era preclusa ogni possibilità di accesso alla documentazione contabile e amministrativa della RAGIONE_SOCIALE. A questo riguardo, la difesa richiama un episodio nel quale COGNOME riferisce di aver
inviato al ricorrente – che chiedeva la consegna della documentazione contabile in modo da esibirla in sede di convocazione alla Guardia di Finanza – la foto di un mazzo di carte da gioco.
Avverso la predetta sentenza, ha proposto ricorso per cassazione anche NOME COGNOME, per mezzo del difensore di fiducia, affidandosi a tre motivi.
3.1 Con il primo motivo, la difesa di NOME COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., erroneità, mancanza, illogicità contraddittorietà della motivazione e violazione di legge con riferimento alla condanna per il reato di cui al capo 21).
In sintesi, la difesa deduce che il ricorrente aveva assunto il ruolo di amministratore il 04/01/2016, mentre le operazioni asseritamente inesistenti riguardavano l’anno 2015. Conseguentemente, non vi era prova che il ricorrente, nel presentare la dichiarazione della RAGIONE_SOCIALE il 29/12/2016 avesse la consapevolezza che talune delle operazioni pagate e fatturate dalla RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2015 fossero da attribuire ad operazioni oggettivamente inesistenti. Richiama al riguardo le dichiarazioni spontanee rese il 14/06/2021.
3.2 Con il secondo motivo, la difesa di NOME COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., erroneità, mancanza, illogicità contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in ordine alla condanna per i reati di cui ai capi 21), 22), 22-bis), 24).
Deduce il ricorrente che l’elemento a sostegno del ruolo di RAGIONE_SOCIALE filtro della RAGIONE_SOCIALE, vale a dire le conversazioni captate in ambientale il 21/03/2018 e il 15/05/2018 dove COGNOME, nella prima, fa riferimento alla necessità di coinvolgere altre RAGIONE_SOCIALE e, tra queste, fa riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, mentre, nella seconda, mette in relazione la RAGIONE_SOCIALE con le RAGIONE_SOCIALE del gruppo RAGIONE_SOCIALE, non è riferibile al ricorrente. Rileva, infatti, la dife che le conversazioni non coinvolgono il ricorrente e che, in ogni caso, potranno valere per il periodo successivo al maggio 2018, poiché per il periodo antecedente 2015-2017, contestato in imputazione, la RAGIONE_SOCIALE non era stata coinvolta.
Deduce ancora il ricorrente che le dichiarazioni degli altri imputati, COGNOME e COGNOME, secondo cui la RAGIONE_SOCIALE vendeva traffico telefonico alla RAGIONE_SOCIALE e poi non versava l’IVA non comporta anche che RAGIONE_SOCIALE utilizzasse fatture per operazioni soggettivamente inesistenti.
Deduce inoltre la difesa che il ricorrente, nelle sue dichiarazioni spontanee rese ai difensori, aveva ben spiegato l’evoluzione dei fatti ed aveva consegnato una pen drive contenente files dimostrativi dell’effettività del rapporto commerciale, contenendo tutto il traffico telefonico registrato negli anni 2015,
2016 e 2017, quindi anche quello oggetto di imputazione, tenendo conto che l’oggetto sociale della RAGIONE_SOCIALE, costituita il 10/10/2014, era quello del fornitura e gestione di call center e gestione di traffico telefonico. Non sarebbe dimostrato, quindi, che RAGIONE_SOCIALE avrebbe assunto il ruolo di RAGIONE_SOCIALE filtro o buffer a partire dal 2015, e ciò in quanto avrebbe intrattenuto rapporti commerciali effettivi con RAGIONE_SOCIALE e con RAGIONE_SOCIALE, ritenute invece nelle sentenze di merito RAGIONE_SOCIALE.
3.3 Con il terzo motivo, la difesa di NOME COGNOME lamenta, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., mancanza, contraddittorietà e/o manifesta illogicità della motivazione in tema di mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62-bis cod. pen., nonché violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in tema di confisca.
Il ricorrente deduce che il corretto comportamento processuale e lo stato di incensuratezza dell’imputato costituiscono elementi di rilievo ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, mentre la pena irrogata è palesemente sproporzionata, non discostandosi rispetto a quella che il giudice di primo grado ha irrogato ai soggetti promotori e partecipi del sodalizio associativo.
Quanto alla confisca, il ricorrente lamenta che il giudice di primo grado ha disposto in violazione di legge la confisca diretta, e non per equivalente come erroneamente supposto dalla Corte di appello, di quattro beni immobili che non possono essere in alcun modo considerati prezzo e/o profitto del reato.
4. E’ pervenuta memoria a firma degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, difensori di fiducia di NOME COGNOME, con la quale si sostiene, diversamente da quanto osservato dalla Procura Generale, che il ricorso contenga la specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli elementi di fatt che fondano il dissenso. Si ribadisce poi, in merito al reato contestato al capo 21, che non era stata adeguatamente motivata la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato, dal momento che il ricorrente era subentrato nell’amministrazione della RAGIONE_SOCIALE nel gennaio 2016, proseguendo nell’attività d’azienda e utilizzando fornitori e clienti già presenti nel 2015. Si ribadisce ancora, che non era stata valutata dai giudici di merito la prova documentale del traffico telefonico effettivamente svolto da RAGIONE_SOCIALE. Si insiste infine sul motivo di ricorso relativo alla mancata applicazione delle circostanze attenuanti generiche e sull’errata confisca diretta disposta sui beni immobili del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi del ricorso presentato da NOME COGNOME COGNOME, da trattarsi congiuntamente perché connessi, incentrandosi sulla estraneità del ricorrente al meccanismo fraudolento, sono manifestamente infondati.
Occorre premettere che, nel caso in esame, ci si trova al cospetto della conferma nei medesimi termini della sentenza di condanna pronunciata in primo grado, cioè ad una c.d. “doppia conforme”. Tale costruzione postula che il vizio di motivazione deducibile e censurabile in sede di legittimità sia soltanto quello che, a presidio del devolutum, discende dalla pretermissione dell’esame di temi probatori decisivi, ritualmente indicati come motivi di appello e trascurati in quella sede (Sez. 5, n. 1927 del 20/12/2017, dep. 2018, COGNOME e altri, Rv. 272324; Sez. 2, n. 10758 del 29/01/2015, COGNOME, Rv. 263129; Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 257967); o anche manifestamente travisati in entrambi i gradi di giudizio (Sez. 2, n. 5336 del 09/01/2018, Rv. 272018).
Al di fuori di tale perimetro, resta precluso il rilievo del vizio di motivazio secondo la nuova espressione dell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen. nel caso di adeguata e logica valutazione conforme nei gradi di merito del medesimo compendio probatorio. Deve altresì ribadirsi che nei casi di doppia conforme, le motivazioni delle sentenze di merito convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2 n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218; Sez. 3, n. 13926 del 01/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimità, nei limiti della loro rilevanza (Sez. 1, n. 33298 d 22/04/2024, Fall).
1.1 Tanto premesso, il primo motivo di ricorso con il quale si contesta il concorso dell’imputato nell’operazione volta a creare il meccanismo fraudolento è del tutto generico, non confrontandosi con gli elementi valorizzati dai giudici di merito: sul punto, la Corte territoriale, dopo aver osservato che la dichiarazione dei redditi relativa all’anno di imposta 2015 e presentata il 28/12/2016 non poteva essere stata digitalmente firmata dal ricorrente perché, alla data di presentazione della dichiarazione, non era più il rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, ha ritenuto, non illogicamente, che costui rispondesse comunque del reato contestatogli, avendo svolto funzioni di amministratore di diritto dalla data di costituzione della RAGIONE_SOCIALE, 14/05/2015, sino a 20/12/2016, dietro lauto compenso di euro 2.000,00 mensili, oltre benefit e premio sugli affidamenti bancari, pur consapevole non solo che non avrebbe esercitato alcun potere gestorio, ma che avrebbe assunto la rappresentanza
legale di una compagine societaria che non esercitava alcuna attività d’impresa, non avendo né dipendenti, né automezzi. Il ricorrente era stato impiegato costantemente non solo per firmare assegni bancari su disposizione di COGNOME e di COGNOME e per portare documenti societari in busta chiusa al COGNOME, ma anche, insieme a NOME COGNOME, succedutogli nella carica di amministratore della RAGIONE_SOCIALE a far data dal 20/12/2016, per eseguire dei prelievi di denaro contante presso Istituti di credito, dopo la ricezione di bonifici in entrata sui conti corre della RAGIONE_SOCIALE, per cifre nell’ordine di 5.000,00/10.000,00 euro, e poi consegnare le somme ai fornitori di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, secondo quanto riferito da NOME COGNOME che, quale autista, accompagnava il ricorrente e COGNOME per svolgere i predetti incombenti.
Del tutto coerentemente con i principi esposti, i giudici di merito hanno ritenuto, con valutazione non sindacabile in sede di legittimità perché · logicamente ed adeguatamente argomentata, che il ricorrente fosse a conoscenza del meccanismo illecito circa l’accordo “di rendere i soldi transitati alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“, avendo quest’ultima RAGIONE_SOCIALE l’unica funzione di emettere false fatture dietro pagamento di un compenso, come riferito da COGNOME NOME, amministratore di fatto della predetta RAGIONE_SOCIALE e come emergente dall’attività concretamente svolta dal ricorrente di prelievo di somme di denaro da Istituti di credito, con consegna delle stesse “in buste con mazzette da 50 euro” nelle mani di soggetti incaricati della ricezione, operazione posta in essere in media tre volte a settimana. Ed hanno anche logicamente affermato che il ricorrente fosse responsabile del meccanismo, avendo contribuito a predisporre e far approvare il bilancio contemplante l’utilizzo delle fatture relative a operazioni inesistenti ed avendo anche incaricato la commercialista alla presentazione telematica delle dichiarazioni contestate in imputazione.
1.2 Né coglie nel segno l’osservazione, contenuta nel secondo motivo di ricorso, secondo cui la circostanza che l’accordo di rendere i soldi transitati alla RAGIONE_SOCIALE fosse stato stabilito, oltre che da COGNOME e COGNOME, anche da COGNOME, significava che l’epoca dell’accordo fosse successiva alla nomina di COGNOME stesso come amministratore della RAGIONE_SOCIALE, dal momento che la presenza e il contributo di COGNOME era anteriore alla sua nomina come emerge dalle dichiarazioni rese da NOME COGNOME NOME COGNOME riportate alla pagina 171 della sentenza di primo grado. NOME COGNOME, impiegato presso la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con mansioni di autista, accompagnava il ricorrente e NOME COGNOME presso i fornitori di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, per la consegna a questi ultimi del denaro contenuto in buste da euro 50,00, precedentemente prelevato da Istituti di credito; inoltre, COGNOME aveva deleghe sui conti correnti anche nel periodo in cui il ricorrente era amministratore formale della RAGIONE_SOCIALE.
1.3 In relazione al terzo motivo di ricorso, con il quale si contesta la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato contestato, le conformi conclusioni cui pervengono i giudici di merito, sulla base degli elementi probatori sovra esposti, conclusioni che si saldano per costituire un unico complesso argomentativo, non prestano il fianco alle critiche mosse dalla difesa del ricorrente, poiché coerenti con gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità.
E’ stato, infatti affermato, in tema di reati tributari, che l’amministratore una RAGIONE_SOCIALE risponde del reato omissivo contestatogli quale diretto destinatario degli obblighi di legge, anche se questi sia mero prestanome di altri soggetti che abbiano agito quali amministratori di fatto, atteso che la semplice accettazione della carica attribuisce allo stesso doveri di vigilanza e controllo, il cui mancato rispetto comporta responsabilità penale a titolo di dolo generico, per la consapevolezza che dalla condotta omissiva possano scaturire gli eventi tipici del reato, ovvero a titolo di dolo eventuale per la semplice accettazione del rischio che questi si verifichino (Sez. 3, n. 46834 del 21/09/2023, COGNOME; Sez. F, n. 42897 del 09/08/2018, C. Rv. 273939-02).
La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, chiarito che è configurabile i concorso nel reato di cui all’art. 2 del d.lgs. n. 74 del 2000 di colui che – p essendo estraneo e non rivestendo cariche nella RAGIONE_SOCIALE a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta – abbia, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all’amministratore della RAGIONE_SOCIALE, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia. Quindi è configurabile in capo ad un extraneus (quale era, infatti, il ricorrente, non più amministratore della RAGIONE_SOCIALE, al momento della presentazione della dichiarazione) il concorso nel reato proprio di cui all’art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, non apparendo ostarvi, in via di principio, la natura di reato istantaneo (Sez. 3, n. 32237 del 15/06/2021, COGNOME; Sez. 3, n. 14815 del 30/11/2016, COGNOME, Rv. 269650 – 01; Sez. 3, n. 23229 del 27/04/2012, COGNOME, Rv. 252999; in senso conforme Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013, Agrama, Rv. 256579).
Quanto ai dedotti problemi cognitivi del ricorrente, tale circostanza non può ritenersi comunque idonea a escludere il dolo, avendo il ricorrente offerto chiara dimostrazione di essere consapevole del meccanismo fraudolento finalizzato all’evasione fiscale, provvedendo personalmente a prelevare il denaro transitante sui conti correnti della RAGIONE_SOCIALE da lui legalmente rappresentata per consegnarlo a COGNOME, ideatore e organizzatore del meccanismo illecito.
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Il primo motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME è manifestamente infondato.
I giudici di merito hanno infatti affermato, con motivazione congrua e lineare, innanzitutto che soggetto responsabile è colui che sottoscrive la dichiarazione anche se lo stesso non ha partecipato alla fase antecedente di acquisizione e registrazione delle fatture relative ad operazioni inesistenti. Ed in proposito sia la dottrina che la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che il delitto in argomento è un reato “proprio”: perché possa dirsi configurato è richiesto che il suo autore si trovi in una particolare posizione soggettiva, giuridica o di fatto, recte sia titolare dell’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi o ai fini IVA (Sez. 3, n. 1998 del 15/11/2019, dep. 2020, Mopiseev, Rv. 278378).
In secondo luogo, l’obiezione difensiva secondo cui il ricorrente aveva assunto il ruolo di amministratore il 04/01/2016, mentre le operazioni asseritamente inesistenti risalivano all’anno 2015, è stata correttamente ritenuta infondata dai giudici di merito, in ragione dell’epoca di presentazione della dichiarazione relativa all’anno 2015, avvenuta il 29/12/2016, allorchè il ricorrente, per tutto l’anno, aveva ricevuto fatture false emesse dalla “cartiera” RAGIONE_SOCIALE, ed era, quindi, pienamente consapevole della fittizietà delle fatture emesse nel 2016 (poi utilizzate per la dichiarazione del 2017) per essere inserito attivamente nel meccanismo delle frodi carosello di COGNOME NOME, sicchè è assolutamente logica la conclusione della Corte di merito, secondo la quale il ricorrente non poteva che essere pienamente consapevole anche della fittizietà delle fatture emesse nel 2015 ed utilizzate in dichiarazione.
In definitiva, in base agli elementi esposti, con motivazione del tutto immune dai denunciati vizi, è stata individuata la sussistenza dell’elemento psicologico normativamente richiesto in capo al ricorrente. Ed in sede di legittimità deve escludersi che il controllo della Corte di cassazione possa investire anche la maggiore o minore persuasività della motivazione, dovendosi invece accertare la presenza materiale, la non contraddittorietà e logicità della motivazione.
Anche il secondo motivo del ricorso presentato da NOME COGNOME è manifestamente infondato.
3.1 II ricorrente, nel richiamare le conversazioni intercettate nei giorni 21/03/2018 e 15/05/2018, laddove COGNOME fa riferimento alla necessità di coinvolgere altre RAGIONE_SOCIALE e, tra queste, la RAGIONE_SOCIALE, mettendola in relazione con le RAGIONE_SOCIALE del gruppo RAGIONE_SOCIALE, e affermare che un coinvolgimento della RAGIONE_SOCIALE poteva dunque essere sostenuto solo in epoca successiva alle
predette captazioni, non si confronta con le ulteriori emergenze captative, in particolare con l’intercettazione della comunicazione intercorsa tra COGNOME e COGNOME in data 23/06/2018, riportata alla pagina 148 della sentenza di primo grado, laddove il primo afferma che “la RAGIONE_SOCIALE non è un’azienda che durerà tantissimo perché è un’azienda del circuito che lavora già da 4 o 5 anni”, facendo anche riferimento alla consuetudine praticata dal legale rappresentante di quest’ultima RAGIONE_SOCIALE di trattenere i soldi sul conto corrente per alcuni giorni prima di fare i pagamenti cui era tenuto.
3.2 La doglianza concernente la insufficiente valenza delle dichiarazioni rese dagli originari coimputati COGNOME e COGNOME è del tutto generica: le sentenze di merito hanno accertato che le RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, emittenti le fatture utilizzate nelle dichiarazioni fiscali presentate per gli anni imposta 2015, 2016 e 2017, erano delle mere “RAGIONE_SOCIALE“, perché prive di qualsiasi struttura in grado di gestire il considerevole volume di affari e senza alcuna traccia di una effettiva operatività commerciale con fornitori e clienti, neppure con RAGIONE_SOCIALE (non essendo stato registrato alcun contatto tra il ricorrente o altra utenza telefonica della RAGIONE_SOCIALE e le due RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE); del resto, i legali rappresentanti della RAGIONE_SOCIALE, succedutisi nel tempo, nulla avevano saputo riferire dell’attività societaria, né avevano prodotto alcun tipo di documentazione amministrativo-contabile. In sostanza, il meccanismo illecito prevedeva che RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE vendessero traffico telefonico alla RAGIONE_SOCIALE, senza poi versare VIVA, nell’ambito di una filiera fittizia di traffico telefonico finalizzata a proporre sul mercato pre concorrenziali.
3.3 E’ manifestamente infondata la doglianza relativa al mancato esame della pen drive contenente i files excel prodotti dal ricorrente dimostrativi dell’effettività del rapporto commerciale, perché genericamente proposta a fronte delle affermazioni contenute nelle sentenze di merito, secondo le quali la predetta produzione non consentiva una verifica della genuinità e veridicità dei files, dal momento che il compendio intercettivo restituiva una realtà nella quale vi era una gestione accentrata delle operazioni tra tutte le RAGIONE_SOCIALE coinvolte nel meccanismo fraudolento, finalizzata a riconciliare il traffico telefonico con le fatture emesse, mentre era anche emersa la circolarità dei soggetti coinvolti, segnalando come il ricorrente fosse titolare di altra RAGIONE_SOCIALE italiana, la RAGIONE_SOCIALE, che nel 2013 aveva ricevuto bonifici bancari da RAGIONE_SOCIALE inserita nella frode carosello, la RAGIONE_SOCIALE, appartenente ai fratelli albanesi NOME, a loro volta fondatori della RAGIONE_SOCIALE
In definitiva, in quanto sorretto da argomentazioni razionali e coerenti con le fonti dimostrative acquisite, il giudizio delle due conformi sentenze di merito
sulla configurabilità dei reati ascritti al ricorrente resiste alle censure difensi con le quali si sollecita una lettura alternativa del materiale probatorio, operazione non consentita in questa sede, dovendosi richiamare la costante affermazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice d legittimità la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito.
Non sono infatti deducibili innanzi a questa Corte censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua contraddittorietà e dalla sua illogicità ove non manifesta su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo, sicché sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valen probatoria del singolo elemento (cfr. in termini Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747).
4. Il terzo motivo del ricorso di NOME COGNOME è manifestamente infondato.
4.1 La Corte di legittimità è ferma nel ritenere (v. ex multis Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME) che il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non costituisca un diritto dell’imputato, conseguente all’assenza di elementi negativi, ma richieda elementi di segno positivo (Sez. 4, n. 32872 del 08/06/2022, COGNOME, Rv. 283489; Sez. 3, n. 24128 del 18/3/2021, COGNOME, Rv. 281590); inoltre, stante la ratio della disposizione di cui all’art. 62-bis cod. pen., al giudice di merito non è richiesto di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, essendo sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, COGNOME, Rv. 279549; Sez. 2 n. 3896 del 20/1/2016, Rv. 265826; Sez. 4 n. 23679 del 23/4/2013, Rv. 256201), rientrando la stessa concessione di esse nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio dev essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua
valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (Sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737), non essendo neppure necessario esaminare tutti i parametri di cui all’art. 133 cod. pen., ma sufficiente specificare a quale si sia inteso far riferimento (Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 271269; Sez. 1 n. 33506 del 7/7/2010, Rv. 247959; ancora Sez. 6, n. 42688 del 24/09/2008, COGNOME, Rv 242419, la cui massima è stata così redatta: «la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai fini dell’art. 62-bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto e può essere esclusa dal giudice con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, non sindacabile in sede di legittimità, purché non contraddittoria e congruamente motivata, neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato»).
Scendendo in concreto, i giudici di seconda cura non hanno ritenuto l’imputato meritevole del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in ragione della gravità della condotta posta in essere dall’imputato, protrattasi per diversi anni, con una evasione fiscale oltremodo elevata.
Tale motivazione, congrua e logica, non è in contrasto con gli insegnamenti di legittimità affermati in proposito, avendo i giudici chiarito quali elementi d segno negativo abbiano valorizzato nella decisione ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche, non potendo invece ritenersi elementi di positiva valutazione né la condizione di incensuratezza, stante la previsione di cui all’art. 62-bis, comma 3, cod. pen., né il corretto comportamento processuale genericamente dedotto.
In presenza di un apparato argomentativo non irrazionale, non vi è dunque spazio per l’accoglimento delle obiezioni difensive, che sollecitano differenti apprezzamenti di merito che non possono trovare ingresso in sede di legittimità. Di qui l’infondatezza delle doglianze difensive sollevate sul punto.
4.2 Quanto alla confisca, la doglianza della erronea confisca diretta dei quattro immobili del ricorrente è manifestamente infondata, avendo la Corte di merito chiarito che i predetti immobili furono sottoposti dal giudice per le indagini preliminari a sequestro preventivo, finalizzato alla confisca per equivalente, non a confisca diretta.
Nella sentenza di primo grado, emessa all’esito di giudizio abbreviato, coerentemente il giudice dispone la confisca delle somme e degli immobili in sequestro, nonché la confisca di ulteriori somme nella disponibilità della RAGIONE_SOCIALE e del ricorrente sino alla concorrenza delle imposte evase, e, in caso di mancato raggiungimento dell’importo fino alla concorrenza del quale deve operare la confisca, la confisca per equivalente di ulteriori beni immobili e di crediti nell disponibilità del ricorrente.
E che nel caso in esame si versi, con riferimento ai quattro immobili, in ipotesi di confisca per equivalente appare fuori di dubbio, considerando a) che il sequestro disposto ed eseguito era stato finalizzato alla confisca per equivalente e non era caduto sul profitto diretto del reato, b) che le somme di denaro sottoposte a sequestro non erano capienti rispetto al debito tributario maturato dalla RAGIONE_SOCIALE e dal ricorrente quale legale rappresentante della stessa, c) che la confisca dei quattro immobili del ricorrente seguiva la confisca delle somme di denaro sequestrate alla RAGIONE_SOCIALE e al ricorrente, postulando l’impossibilità, quantunque transitoria, di ricorrere al sequestro diretto di ulteriori somme di denaro, d) che il ricorrente non aveva adempiuto all’onere di allegazione e prova circa l’indicazione di ulteriori somme o beni su cui fosse possibile disporre la confisca diretta nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, e) che la sentenza disponeva, altresì, la confisca diretta di ulteriori somme nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e del ricorrente o, in subordine, la confisca per equivalente di beni nei confronti del solo ricorrente sino alla concorrenza del debito tributario come quantificato in sentenza, f) che, infine, si dava atto nella parte motiva che il valore delle somme e dei beni in sequestro su cui era caduta la confisca doveva essere scomputato dall’importo del profitto complessivo.
In conclusione, stante la manifesta infondatezza delle doglianze formulate, i ricorsi proposti devono essere dichiarati inammissibili, con conseguente onere per i ricorrenti, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, inoltre, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che i ricorsi siano stati presentati senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che i ricorrenti versino la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende, esercitando la facoltà introdotta dall’art. 1, comma 64, I. n. 103 del 2017, di aumentare oltre il massimo la sanzione prevista dall’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità dei ricorsi, considerate le ragioni dell’inammissibilità stessa come sopra indicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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Così deciso il 14/10/2024