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Responsabilità penale associativa: non è automatica

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 36143/2024, ha confermato l’assoluzione di alcuni imputati dal reato di spaccio continuato (art. 73 D.P.R. 309/90), pur in presenza di una condanna definitiva per associazione a delinquere finalizzata allo spaccio (art. 74 D.P.R. 309/90). La Corte ha stabilito che la responsabilità penale associativa non comporta un’automatica affermazione di colpevolezza per i singoli reati-fine, i quali devono essere provati con specifici elementi di prova che dimostrino il contributo individuale di ciascun associato. Il ricorso del Procuratore Generale, basato sull’assunto che la partecipazione al sodalizio implicasse la responsabilità per tutte le sue attività illecite, è stato dichiarato inammissibile per non aver affrontato le specifiche motivazioni della corte di merito, che aveva correttamente applicato il principio di diritto indicato da una precedente pronuncia della Cassazione.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Penale Associativa: Quando l’Appartenenza al Gruppo non Basta per la Condanna

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale del diritto penale: far parte di un’associazione a delinquere non significa essere automaticamente colpevoli per ogni singolo reato commesso dal gruppo. Questo caso evidenzia i confini della responsabilità penale associativa e l’onere della prova che grava sull’accusa, la quale deve dimostrare il contributo concreto di ogni individuo ai reati specifici.

I Fatti del Processo: Un Complesso Percorso Giudiziario

La vicenda processuale è particolarmente articolata e ha visto un lungo alternarsi di sentenze tra la Corte d’Appello e la Corte di Cassazione. Un gruppo di individui era stato accusato sia del reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (previsto dall’art. 74 del D.P.R. 309/90) sia di una serie indeterminata di episodi di spaccio in continuazione (art. 73 dello stesso decreto).

Inizialmente, il Giudice per l’udienza preliminare aveva condannato gli imputati per entrambi i reati. Tuttavia, il percorso giudiziario successivo è stato segnato da annullamenti e rinvii. Un punto cruciale è stata la decisione di una precedente sentenza della Cassazione (n. 49478/22), la quale aveva stabilito che la condanna per il reato associativo non poteva, da sola, giustificare la condanna per i singoli e non specificati episodi di spaccio. Era necessario, secondo i giudici, individuare prove concrete relative a specifici episodi di detenzione o cessione di droga, non potendo la colpevolezza discendere “direttamente dalla riscontrata adesione alla fattispecie associativa senza argomento aggiuntivo”.

La Corte d’Appello, in sede di rinvio, si è attenuta a questo principio e, riesaminando le prove, ha assolto tutti gli imputati dall’accusa di spaccio continuato (art. 73), poiché non sono emersi elementi sufficienti a provare ulteriori e distinte condotte illecite oltre a quelle già giudicate in altri procedimenti. Contro questa assoluzione, il Procuratore Generale ha proposto ricorso in Cassazione.

Il Principio Chiave sulla Responsabilità Penale Associativa

Il cuore della questione giuridica risiede nella distinzione tra il reato associativo e i cosiddetti “reati-fine”.

* Reato Associativo (Art. 74): Punisce il semplice fatto di far parte di un’organizzazione stabile, creata allo scopo di commettere più delitti. La colpevolezza si fonda sulla partecipazione al sodalizio.
* Reati-Fine (Art. 73): Sono i singoli delitti che l’associazione si prefigge di commettere, in questo caso, i singoli episodi di spaccio.

La tesi del Procuratore Generale ricorrente era che, una volta provata l’esistenza dell’organizzazione e la partecipazione degli imputati, questi dovessero rispondere di tutte le attività di spaccio funzionali al sodalizio, anche se non specificamente individuate. La Cassazione, tuttavia, ha rigettato questa impostazione, confermando che la responsabilità penale associativa non assorbe quella per i singoli reati.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso del Procuratore inammissibile, giudicandolo generico e non pertinente. I giudici hanno sottolineato che il ricorso non si confrontava con la motivazione della sentenza impugnata, ma si limitava a riproporre un’interpretazione già respinta in precedenza. La Corte d’Appello aveva compiuto esattamente l’operazione richiesta dalla Cassazione: aveva verificato se, al di là della prova dell’appartenenza al gruppo, esistessero prove concrete di specifici episodi di spaccio attribuibili ai singoli imputati. Avendo concluso per l’assenza di tali prove, la sua decisione di assoluzione era corretta e ben motivata.

La Cassazione ha affermato che sostenere una colpevolezza “automatica” per i reati-fine equivarrebbe a violare il principio di personalità della responsabilità penale, secondo cui si può essere puniti solo per un fatto proprio e colpevole. L’adesione a un’associazione criminale è un reato a sé stante, ma per condannare un membro anche per i singoli atti di spaccio, l’accusa deve provare il suo contributo causale a quegli specifici atti.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un importante baluardo a garanzia dei diritti della difesa. Stabilisce chiaramente che una condanna per associazione a delinquere non può diventare una “patente” per attribuire a un imputato, in modo indiscriminato, tutti i reati commessi dal gruppo. Ogni accusa deve essere circostanziata e provata in modo specifico. La responsabilità penale associativa non crea una presunzione di colpevolezza per i reati-fine; al contrario, impone all’accusa un onere probatorio rigoroso per dimostrare il coinvolgimento individuale in ogni singola condotta contestata. Questo principio è essenziale per assicurare che ogni imputato sia giudicato per ciò che ha effettivamente fatto e non per una generica appartenenza a un contesto criminale.

Essere membro di un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio comporta automaticamente la condanna per i singoli episodi di spaccio?
No. La sentenza chiarisce che l’affermazione di responsabilità per il reato associativo (art. 74 D.P.R. 309/90) non è di per sé sufficiente a ritenere un associato responsabile anche per le singole violazioni dell’art. 73 D.P.R. 309/90 (spaccio). È necessario individuare e provare il contributo specifico apportato da ciascun individuo alle singole attività di detenzione o cessione di stupefacenti.

Perché il ricorso del Procuratore Generale è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché non si è confrontato con le argomentazioni della sentenza impugnata. Invece di contestare la valutazione delle prove fatta dalla Corte d’Appello, si è limitato a riproporre l’assunto, già respinto dalla Cassazione in una precedente pronuncia, secondo cui la responsabilità per i singoli reati di spaccio discenderebbe direttamente dalla partecipazione all’associazione criminale.

Cosa deve fare il giudice di rinvio dopo un annullamento da parte della Corte di Cassazione?
Il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di valutare autonomamente le prove, è tenuto a giustificare la propria decisione seguendo lo schema e il principio di diritto enunciati nella sentenza di annullamento della Cassazione. In questo caso, la Corte d’Appello ha correttamente applicato il principio secondo cui la responsabilità per i reati-fine non può derivare automaticamente da quella per il reato associativo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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