Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 14709 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 14709 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME NOME nato a CASTELNUOVO DI FARFA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA COGNOME NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio relativamente alla posizione di COGNOME NOME e il rigetto del ricorso relativamente alle posizioni di COGNOME NOME e COGNOME NOME;
uditi i difensori presenti:
avvocato NOME COGNOME e COGNOME NOME del foro di ROMA in difesa delle parti civili che hanno confermato l’intervenuta revoc:a della costituzione; avvocato NOME COGNOME, del foro di RIETI, in difesa dell’imputato COGNOME NOME e avvocato NOME COGNOME, del foro di ROMA, in difesa di COGNOME NOME, che hanno chiesto l’accoglimento dei rispettivi ricorsi.
RITENUTO INI FATTO
Con sentenza del 19 maggio 2023, la Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE ha confermato la sentenza emessa il 18 marzo 2022 dal Tribunale della stessa città. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati ritenuti responsabili del reato di cui all’art. 589, commi 1 e 2, cod. pen. in danno di NOME COGNOME e ciascuno di loro è stato condannato, previa concessione delle at:tenuanti generiche equivalenti alla aggravante, alla pena – condizionalmente sospesa – di anni uno di reclusione. Tutti gli imputati, inoltre, sono stati condannati in solido risarcimento dei danni e al pagamento di una provvisionale in favore delle parti civili costituite: NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Si deve subito riferire che, con atto del 5 febbraio 2024, le parti civili hanno revocato la costituzione, rinunciando espressamente «all’azione civile instaurata e ad ogni azione risarcitoria – anche futura – nei confronti degli imputati».
L’evento letale oggetto del procedimento si verificò intorno alle ore 2:00 del mattino del 26 gennaio 2012 nella INDIRIZZO, che collega RAGIONE_SOCIALE a Ostia. Nel punto ove si verificò l’incidente, la strada è rettilinea e vi sono due carreggiate (una laterale e una centrale) per ogni senso di marcia. NOME COGNOME si trovava alla guida del motoveicolo TARGA_VEICOLO targato TARGA_VEICOLO, era diretto verso Ostia e stava percorrendo la carreggiata più centrale delle due riservate a questa direzione. Questa carreggiata è suddivisa in tre corsie, ciascuna della larghezza di circa due metri e mezzo, ed è separata dalla più centrale delle due carreggiate destinate alla direzione di marcia opposta (Ostia-RAGIONE_SOCIALE) da uno spartitraffico in new jersey. Non è controverso che COGNOME abbia perso il controllo del proprio veicolo e la fiancata sinistra della moto abbia urtato contro lo spartitraffico in new jersey. Neppure è controverso che egli abbia sbattuto il capo contro una colonna toponomastica in travertino posta 6,95 metri più avanti rispetto al primo punto d’urto, abbia perso il casco (il cui cinturino si ruppe) e si deceduto a causa delle gravissime lesioni riportate.
Come risulta dalle sentenze di primo e secondo grado, i rilievi eseguiti dalla Polizia municipale documentano: che il motociclo condotto da COGNOME urtò con la fiancata sinistra sullo spartitraffico in new jersey; che 6,95 metri più avant rispetto al punto in cui la moto aveva urtato contro il new jersey vi era una colonna toponomastica di travertino; che su questa colonna, all’altezza di 1,68 metri da terra, furono rilevate tracce di sangue e di materiale organico; che queste tracce proseguivano sul manto stradale, con andamento obliquo da sinistra verso destra, per 35,60 metri fino al punto in cui, sulla corsia più a destra della carreggiata, giaceva il corpo del conducente. Il laccio del casco fu rinvenuto a circa 11 metri
dalla colonna e il casco a circa 5 metri dalla stessa. Furono rilevate, inoltre, tracce di scarrocciannento del motociclo sull’asfalto che partivano dalla sinistra della carreggiata, dopo il punto d’urto tra la moto e il new jersey, e proseguivano con andamento obliquo per 55,20 metri fino al ciglio destro della carreggiata e riprendevano poi, con andamento verso sinistra, per circa 21 metri. Al termine di queste tracce, sulla corsia più a destra della carreggiata, fu rinvenuto il motociclo, adagiato sul fianco sinistro, in posizione parallela all’asse stradale, con la ruota anteriore rivolta in direzione opposta a quella di marcia.
Secondo la ricostruzione fornita dai giudici di merito, l’incidente fu determinato da una buca presente sulla corsia più a sinistra della carreggiata percorsa da COGNOME. Si tratta di un avvallamento di forma ellittica della misura di metri 0,50×0,30, profondo circa cm. 4, posto 7,90 metri più indietro rispetto alla prima traccia di abrasione della moto contro lo spartitraffico in new jersey. Il margine sinistro di questa buca dista m. 1,9 da quello spartitraffico.
Le sentenze di primo e secondo grado hanno ritenuto che, al momento del sinistro, COGNOME stesse percorrendo la corsia più a sinistra della semicarreggiata e abbia perso il controllo del motociclo perché passò sulla buca. Hanno sostenuto, inoltre, che, per le caratteristiche che presentava, la buca non poteva essere recente, ma risaliva ad almeno dieci giorni prima.
Muovendo da queste premesse, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME sono stati ritenuti responsabili della morte di COGNOME. COGNOME, quale Presidente del RAGIONE_SOCIALE, società aggiudicataria del contratto di appalto per «sorveglianza, pronto intervento e manutenzione ordinaria delle strade della grande viabilità» (e, tra queste, di INDIRIZZO); COGNOME, quale «Responsabile della Sorveglianza» per il RAGIONE_SOCIALE; COGNOME, quale direttore dei lavori per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE – RAGIONE_SOCIALE sviluppo infrastutture e manutenzione urbana.
Dalla sentenza di primo grado risulta: che il contratto di appalto avente ad oggetto «sorveglianza, pronto intervento e manutenzione ordinaria delle strade della grande viabilità» tra l’ente RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE fu stipulato il 22 dicembre 2011; che, il 31 gennaio 2011, nelle more della stipula, fu redatto un «verbale di consegna e urgenza» sottoscritto da NOME quale «Responsabile della sorveglianza e direttore di cantiere»; che in calce a questo verbale v’era il timbro di COGNOME; che, al momento della consegna, il RAGIONE_SOCIALE formulò alcune riserve e il 25 febbraio 2011 NOME COGNOME rispose nella qualità di «Direttore dei lavori per RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE». L’incidente stradale oggetto del giudizio si verificò il 26 gennaio 2012: circa un anno dopo la sottoscrizione del «verbale di consegna e urgenza» e circa un mese dopo la stipula del contratto di appalto.
I giudici di merito riferiscono che il contratto di appalto prevedeva, all’art. 45 lo svolgimento di attività di «Sorveglianza» consistenti: in una «vigilanza continuativa» sullo stato delle strade con immediata segnalazione alle squadre di pronto intervento della impresa appaltatrice di situazioni di «pericolo in atto»; in attività di «rilevamento periodico» volte a individuare e localizzare la presenza sul manto stradale di difetti «tali da costituire possibili stati di peric:olo incipiente» attività di «rendicontazione», consistenti nel riferire all’ente pubblico appaltante i contenuto delle segnalazioni ricevute e degli interventi effettuati; in attività d «restituzione» consistenti, tra l’altro, nel trasferire «entro i primi cinque minuti, qualsiasi ora del giorno e della notte, alla squadra del Pronto Intervento dell’impresa appaltatrice» ogni segnalazione di stati di pericolo in atto «per l’espletamento delle successive immediate attività di pronto intervento, entro venti minuti nei casi più urgenti ed entro un’ora per gli altri casi». La sentenza di primo grado sottolinea, inoltre, che, grazie alla attività di «rendicontazione» come sopra descritta, il Direttore dei lavori nominato dall’RAGIONE_SOCIALE pubblico appaltante doveva essere messo a conoscenza in tempo reale delle segnalazioni pervenute, delle situazioni di pericolo riscontrate e degli interventi attuati per porvi riparo.
Secondo i giudici di merito, la buca esisteva da almeno dieci giorni e non fu coperta tempestivamente a causa del comportamento colpogo degli imputati:
quanto a NOME, perché egli si era limitato a nominare un Responsabile della sorveglianza in persona di NOME COGNOME e non aveva mai verificato che questi svolgesse in concreto i propri compiti né che gli obblighi assunti in base al contratto di appalto fossero puntualmente adempiuti;
quanto a NOME, perché egli aveva assunto solo formalmente l’incarico di Responsabile della sorveglianza; incarico che, in concreto, non aveva mai svolto, delegandolo di fatto (senza essere autorizzato in tal senso) a NOME COGNOME (deceduto nel 2015);
quanto a COGNOME, perché non aveva verificato il corretto adempimento degli obblighi contrattualmente assunti da parte di NOME e, più in generale, da parte del RAGIONE_SOCIALE che si era aggiudicato l’appalto.
Per mezzo dei rispettivi difensori, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso contro la sentenza della Corte di appello. I ricorsi sono articolati in più motivi che vengono di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari alla decisione come previsto dall’art. 173, comma 1, d.lgs. 28 luglio 1989 n. 271.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si articola in quattro motivi.
4.1. Col primo motivo la difesa deduce vizi di motivazione con riferimento al nesso causale tra l’esistenza della buca e l’evento. Un nesso che i giudici di merito avrebbero ritenuto esistente con argomentazione apodittica, senza spiegare sulla base di quali elementi sarebbe possibile affermare con ragionevole sicurezza che la moto passò sulla buca presente nel manto stradale e questo determinò l’evento.
Secondo la difesa, la sentenza impugnata e quella di primo grado non hanno confutato con chiarezza le argomentazioni sviluppate dai consulenti della difesa i quali, calcolando l’angolo di impatto tra la moto e il new jersey, sono giunti alla conclusione che la buca non si trovava sulla traiettoria della moto e, dunque, non fu la sua esistenza a causare l’incidente. Il difensore di NOME COGNOME si duole, in particolare, che i giudici di merito abbiano ignorato le osservazioni sviluppate dal consulente di parte (AVV_NOTAIO) che non sono state neppure menzionate dalla sentenza di primo grado e sono state ignorate anche dalla sentenza impugnata ancorché ad esse fosse stato fatto riferimento nell’atto di appello. Secondo il ricorrente, i giudici di merito avrebbero acriticamente aderito alla ricostruzione dei fatti fornita dal consulente tecnico del Pubblico ministero i quale ha sostenuto che la moto passò sulla buca, ma, nel farlo, si è espresso in termini di mera verosimiglianza. A fronte di ciò, la Corte di appello non ha fornito motivazione adeguata delle ragioni per cui tale ipotesi ricostruttiva è stata valutata più plausibile e più convincente di quelle sostenute dai consulenti degli imputati.
Secondo il ricorrente, a ciò deve aggiungersi che la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito è incompatibile con le dichiarazioni rese da NOME COGNOME, unico testimone oculare dell’incidente. Questi percorreva INDIRIZZO proveniente da Fiumicino e diretto all’EUR e, nel verbale di sommarie informazioni testimoniali del 27 gennaio 2012 (dichiarato utilizzabile ai fini della decisione sull’accordo delle parti), ha riferito testualmente: «ho potuto vedere nella corsia centrale e sulla mia sinistra la moto che si trovava più avanti rispetto alla mia posizione e transitava piuttosto accostata al margine destro della sua carreggiata». Ha sostenuto, dunque, che La moto condotta da COGNOME viaggiava nella corsia di destra e non in quella di sinistra, adiacente al new jersey, nella quale è stata individuata la buca.
La difesa osserva, infine, che la velocità mantenuta dalla vittima era di molto superiore al limite consentito e pertanto sarebbe stato doveroso spiegare perché tale eccessiva velocità non avrebbe potuto essere causa esclusiva dell’evento.
4.2. Col secondo motivo, la difesa deduce vizi della motivazione con riferimento all’epoca di formazione della buca e alla conseguente possibilità per NOME di prevenire ed evitare l’evento. Sostiene che la sentenza impugnata ha acriticamente aderito alle considerazioni sviluppate dai consulenti dell’accusa senza spiegare perché le stesse sarebbero più persuasive rispetto a quelle
illustrate dal consulente della difesa, secondo il quale i contorni netti della buca e la mancanza intorno ad essa di residui di asfalto fanno pensare ad una anomalia formatasi da poco.
4.3. Col terzo motivo, la difesa deduce violazione degli arti. 606, comma 1, lett. d) e 603, comma 3, cod. proc. pen. per essere stata respinta la richiesta di rinnovazione dell’istruzione dibattimentale volta a verificare se il motociclo condotto da COGNOME fosse o meno dotato di sistema “ABS”. Secondo la sentenza di primo grado, la circostanza che la buca abbia avuto rilevanza causale nel verificarsi dell’incidente, dovrebbe essere desunta anche dal fatto che, in un tratto stradale rettilineo come quello che fu teatro del sinistro, una improvvisa perdita di controllo del mezzo non avrebbe altra ragionevole spiegazione. A questo proposito la difesa osserva che l’assenza di segni di frenata potrebbe essere significativa di un calo di attenzione o di un colpo di sonno, ma nel corso del giudizio non si è accertato se un’eventuale frenata avrebbe lasciato segni non essendo noto se la Honda condotta da COGNOME fosse dotata di un sistema ABS (grazie al quale la frenata non lascia tracce sull’asfalto) o non lo fosse (nel qual caso, le tracce di una eventuale frenata sarebbero state rilevate).
4.4. Col quarto motivo, il ricorrente deduce violazione di legge in relazione al riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art. 589, comma 2, cod. pen. Sostiene che l’aggravante in esame è applicabile solo agli utenti della strada e solo in presenza di violazioni di regole cautelari riguardanti specificamente la disciplina della circolazione stradale.
La difesa osserva, inoltre, che a NOME è stato contestato di non aver adempiuto ai propri obblighi contrattuali. Sottolinea che «la regola cautelare alla stregua della quale deve essere valutato il comportamento colposo del garante, non può rinvenirsi in norme che attribuiscono compiti senza individuare le modalità di assolvimento degli stessi» e sostiene che proprio questo sarebbe avvenuto nel caso di specie.
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME consta di quattro motivi.
5.1. Col primo motivo il ricorrente deduce manifesta illogicità della motivazione quanto alla ritenuta sussistenza del nesso causale tra l’omissione ipotizzata e l’evento.
La difesa sottolinea che la sentenza impugnata fa acritico riferimento alla ricostruzione dei fatti compiuta dal Consulente tecnico del pubblico ministero senza spiegare perché tale ricostruzione – operata, peraltro, in termini di mera verosimiglianza – sarebbe più plausibile e più convincente di quelle proposte dai consulenti tecnici delle difese. Richiama, in particolare, le considerazioni del proprio consulente, AVV_NOTAIO NOME COGNOME, secondo il quale, se l’impatto della moto
contro
il new jersey fosse stato causato dalla presenza della buca, si sarebbe verificato con un basso angolo di incidenza e, pertanto, non sarebbe stato sufficiente a determinare l’urto contro la colonna toponomastica che era collocata sullo spartitraffico centrale alla distanza di ulteriori 6,95 metri dal punto del prim impatto.
Il ricorrente osserva che, secondo la Corte territoriale, la ricostruzione dei fatti fornita dai consulenti tecnici della difesa non sarebbe compatibile con le tracce rilevate sul luogo del sinistro e sostiene che le ragioni di tale affermazione non sono state spiegate con argomentazione completa e coerente.
La difesa di NOME COGNOME rileva, inoltre, che, secondo i giudici di appello, i ruolo causale svolto dalla presenza della buca sul manto stradale troverebbe conferma nelle dichiarazioni di NOME COGNOME, unico testimone oculare dell’incidente e, tuttavia, nel verbale delle sommarie informazioni testimoniali utilizzato ai fini della decisione, questi ha riferito che la moto condotta d COGNOME «transitava piuttosto accostata al margine destro della sua carreggiata»: ha escluso, dunque, che il motociclo viaggiasse sulla corsia di marcia posta a sinistra della carreggiata dove è stata riscontrata la presenza della buca. La difesa osserva che, per ritenere tali dichiarazioni compatibili con l’ipotesi accusatoria, la sentenza impugnata e quella di primo grado hanno dovuto sostenere che il riferimento operato dal teste alla corsia percorsa dal motociclista fosse «inesatto» e la corsia «di sinistra» sia stata «indicata come di destra» (pag. 10 della sentenza impugnata). Tale asserita inesattezza è stata spiegata facendo riferimento alla «prospettiva» dalla quale COGNOME guardò la scena e all’angolo «visuale di osservazione in cui lo stesso si trovava» con una motivazione che la difesa valuta manifestamente illogica. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In sintesi, la difesa di NOME COGNOME sostiene che i giudici d i merito avrebbero dato per scontato che COGNOME viaggiava sulla corsia di sinistra (ciò che era invece oggetto di prova) e avrebbero poi valutato la compatibilità tra questa ipotesi e le tracce rilevate sul luogo del sinistro senza spiegare per quali ragioni una diversa ricostruzione, pur suffragata dalle dichiarazioni rese dall’unico testimone, sarebbe inverosimile. Si duole, inoltre, che alla velocità mantenuta dalla moto sia stato attribuito un mero ruolo concausale senza tenere conto che, proprio a causa della velocità eccessiva, COGNOME potrebbe aver perso il controllo del mezzo. Osserva che la presenza di una piccola anomalia sul manto stradale non avrebbe potuto avere conseguenze letali se fosse stato rispettato il limite di velocità di 50 km/h e sostiene che la motivazione sul punto sarebbe carente.
5.2. Col secondo motivo, la difesa deduce vizi della motivazione con la quale i giudici di merito hanno ritenuto che la formazione della buca fosse risalente nel tempo. Secondo il ricorrente, la Corte territoriale non avrebbe compiuto un
adeguato esame critico delle osservazioni Formulate dall’AVV_NOTAIO COGNOME, volte a dimostrare la recente formazione dell’avvallamento.
Nello sviluppare questo motivo, la difesa osserva che, ai sensi dell’art. 45 del contratto di appalto, l’obbligo, gravante sul Responsabile della sorveglianza, di rendere conto all’ente appaltante dell’attività svolta doveva avere attuazione con cadenza mensile e sostiene che tale circostanza, ignorata dalla Corte di appello, avrebbe dovuto essere valutata ai fini della prevedibilità ed evitabilità dell’evento avendo evidente incidenza sulla posizione di NOME e sulla sua possibilità di intervenire per appianare la buca.
5.3. Col terzo motivo, la difesa di NOME COGNOME si duole che, pur in presenza di difformi opinioni espresse dai consulenti tecnici di parte, la Corte di appello non abbia accolto la richiesta di disporre una perizia sulla dinamica del sinistro limitandosi ad affermare, laconicamente, che una rinnovazione istruttoria non era necessaria.
5.4. Col quarto motivo, NOME deduce violazione di legge in relazione al riconoscimento dell’aggravante prevista dall’art. 589, comma 2, cod. pen. La difesa sostiene che questa aggravante è applicabile solo agli utenti della strada impegnati nella circolazione alla guida di veicoli e sottolinea che, nel caso di specie, all’imputato non è stata attribuita la violazione di una norma in materia di disciplina della circolazione stradale essendogli stato contestato di non aver assolto ai propri doveri di «Responsabile della sorveglianza».
Il ricorso proposto nell’interesse di NOME COGNOME si articola in cinque motivi
6.1. Col primo motivo, il ricorrente deduce violazione di legge per la ritenuta sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589,, comma 2, cod. pen. Sostiene che tale aggravante non ricorre in casi di inosservanza di regole di generica prudenza o di norme che pongono una posizione di garanzia, essendo necessaria ad integrarla la violazione di norme che specificamente disciplinano lo svolgimento della circolazione stradale.
6.2. Col secondo motivo, la difesa deduce vizi di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza in capo a COGNOME di una posizione d garanzia. Osserva che il contratto di appalto stipulato tra l’ente RAGIONE_SOCIALE e il RAGIONE_SOCIALE trasferiva all’appaltatore sia l’esecuzione dei lavori di manutenzione ordinaria e di pronto intervento, sia i compiti in materia di organizzazione e coordinamento del servizio di sorveglianza.
Il ricorrente sottolinea che, ai sensi dell’art. 11 del contratto di appalto, er compito dell’appaltatore provvedere alla nomina del Responsabile della sorveglianza e questi doveva, a sua volta, individuare le persone che lo avrebbero coadiuvato nell’attività.
La difesa osserva:
che la nomina del Responsabile della sorveglianza e degli operai addetti alla stessa, come quella degli operai addetti al pronto intervento, fu regolarmente comunicata a COGNOME il quale, dunque, non poteva prevedere né evitare la mancata rilevazione di una situazione di pericolo;
che tra i poteri di COGNOME non c’era quello di sostituire il Responsabile dell sorveglianza, trattandosi di un compito riservato alla competenza dell’appaltatore o del Responsabile del procedimento.
A sostegno di tali argomentazioni la difesa sottolinea: che NOME COGNOME risulta aver accettato l’incarico di «Responsabile della sorveglianza»; che NOME COGNOME accettò l’incarico di «capocantiere»; che, la sera dei fatti, NOME COGNOME, operaio del RAGIONE_SOCIALE, fu contattato per rimuovere la situazione di pericolo riscontrata e intervenne prontamente, come contrattualmente previsto.
6.3. Col terzo motivo, il difensore lamenta vizi di motivazione quanto alla ritenuta prevedibilità ed evitabilità dell’evento da parte di COGNOME. Sottolinea a ta fine: che le attività di sorveglianza della rete stradale erano affidate al RAGIONE_SOCIALE; che la sollecitazione del pronto intervento era affidata al Responsabile della sorveglianza; che nel tratto stradale ove si verificò il sinistro non erano state segnalate anomalie; che la sentenza impugnata non ha specificamente indicato quale addebito di colpa potrebbe essere formulato a carico di COGNOME anche solo per generica negligenza, imprudenza o imperizia.
6.4. Col quarto motivo, la difesa deduce vizi di motivazione per essere stati sottovalutati alcuni dati emersi dalla deposizione di NOME COGNOME (agente di Polizia locale intervenuto nell’immediatezza dei fatti). Secondo il ricorrenteda Corte di appello ha ingiustificatamente ignorato tali dichiarazioni dalle quali risulta: che sugli pneumatici e sui cerchi delle ruote del motociclo condotto da COGNOME non vi erano segni di impatto con una buca; che COGNOME decise di segnalare la presenza della buca solo perché quella anomalia era «presente nei pressi del luogo del sinistro»; che si trattava, comunque, di una buca di piccole dimensioni.
La difesa si duole, inoltre, che non sia stata attribuita rilevanza causale nel verificarsi dell’evento al dato che nel sangue della vittima era presente alcol in concentrazione pari a 0,21 g/I: una situazione che, pur non rilevante ai fini della violazione dell’art. 186 d.lgs. 30 aprile 1992 n. 285, può essere stata causa del sinistro insieme all’eccessiva velocità mantenuta dal conducente del motociclo.
6.5. Col quinto motivo, la difesa si duole che, pur in presenza di difformi opinioni espresse dai consulenti tecnici di parte, la Corte di appello non abbia accolto la richiesta di disporre una perizia sulla dinamica dell’incidente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. In via preliminare si deve riferire che, il 27 febbraio 2024, è pervenuta alla cancelleria di questa Corte dall’indirizzo di posta certificata dell AVV_NOTAIO difensore di fiducia di NOME COGNOME, una mail che così recita testualmente: «in allegato, rinuncia ricorso per Cassazione ud. 28.02.2024 Registro generale 41703/2022 presentato dall’istante difensore già munito di procura speciale depositata in allegato al ricorso al quale si intende espressamente rinunciare». Il documento allegato a questa maii è una istanza di trattazione orale indirizzata alla Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE e relativa all’udienza tenutasi di fronte a quella Corte il 24 marzo 2023. Vi è in atti una «nomina a difensore di fiducia e contestuale procura speciale» con la quale COGNOME ha conferito all’AVV_NOTAIO «ogni più ampia facoltà difensiva» compresa quella di proporre «ricorso per Cassazione». Nell’atto si precisa: «la presente procura speciale deve considerarsi estesa anche all’eventuale giudizio di impugnazione, ricorso per Cassazione, giudizio di revisione ed eventuali istanze presso il Tribunale di sorveglianza». In nessuna parte del documento è conferita al difensore procura speciale per rinunciare all’impugnazione.
Tanto premesso, si deve osservare che’ come più volte sottolineato dalla giurisprudenza di questa Corte, l’atto di rinuncia al ricorso per cassazione non sottoscritto dall’indagato, ma dal solo difensore sprovvisto di procura speciale, è inefficace perché «la rinuncia, non costituendo esercizio del diritto di difesa, richiede la manifestazione inequivoca della volontà dell’interessato, espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale» (Sez. 2, n. 49480 del 31/10/2023, COGNOME, Rv. 285663; Sez. 2′ n. 5978 del 05/12/2014, COGNOME, Rv. 262276; Sez. U, n. 12603 del 24/11/2015, COGNOME, Rv. 266244). Nel caso di specie, pertanto, la rinuncia è irrituale e non può essere presa in considerazione.
2. Procedendo nell’esame dei motivi di ricorso, ragioni di logica espositiva impongono di esaminare per primo il motivo, comune a tutti i ricorrenti, col quale si sostiene che l’aggravante della violazione di norme in materia di circolazione stradale sarebbe stata erroneamente applicata. Se il motivo fosse fondato, infatti, il reato per cui si procede sarebbe estinto per prescrizione e tale causa estintiva sarebbe intervenuta quando ancora non era stata pronunciata neppure la sentenza di primo grado. Esulano dall’ambito della presente trattazione, perché non dedotte, le questioni afferenti alla contestazione della aggravante che, come le sentenze di primo e secondo grado concordemente riferiscono, è avvenuta all’udienza dibattimentale del 16 ottobre 2019.
I giudici di merito hanno ritenuto integrata l’aggravante osservando che gli imputati avevano, a vario titolo, il compito di curare la manutenzione della strada e, quindi, di assicurarsi che sulla stessa fosse possibile circolare in condizioni di sicurezza. Hanno ritenuto pertanto (pag. 33 della sentenza di primo grado; pag. 6 della sentenza di appello) che nel caso di specie fossero stati violati gli artt. 14 e 21 del codice della strada.
L’art. 21 cod. strada, individua gli obblighi gravanti su chi è autorizzato ad eseguire opere o depositi e aprire cantieri stradali, anche temporanei, sulle strade e loro pertinenze, ma l’incidente oggetto del presente giudizio non si è verificato in corrispondenza di un cantiere stradale né a causa della presenza sulla sede stradale di opere o depositi sicché il riferimento non è pertinente.
L’art. 14 stabilisce: al comma 1, lett. a), che «gli enti proprietari delle strade allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione», debbano provvedere «alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi». Precisa inoltre: al comma 1, lett. b), che tra i compiti del soggetto obbligato alla manutenzione vi è il «controllo tecnico dell’efficienza delle strade e relative pertinenze» e, al comma 1 lett. c), che, al fine di assicurare la sicurezza della circolazione, spetta agli en proprietari «l’apposizione e manutenzione della segnaletica prescritta». Come emerge dalle sentenze di primo e secondo grado, nel caso in esame, l’adempimento degli obblighi di manutenzione gravanti sull’ente proprietario (funzionali a garantire la sicurezza della circolazione e, quindi, la sicurezza delle persone e dei veicoli che si fossero trovati a transitare lungo la strada) era stato affidato al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE
I ricorrenti osservano che l’art. 14 si limita ad attribuire dei compiti senza indicare in che modo debbano essere adempiuti e, pertanto, non contiene l’indicazione di regole cautelari in materia di circolazione stradale la cui violazione possa assumere rilevanza ai sensi dell’art. 589, comma 2, cod. pen. Ricordano che, secondo la migliore giurisprudenza di legittimità, «la regola cautelare alla stregua della quale deve essere valutato il comportamento del garante, non può rinvenirsi in norme che attribuiscono compiti senza individuare le modalità di assolvimento degli stessi, dovendosi invece aver riguardo esclusivamente a norme che indicano con precisione le modalità e i mezzi necessari per evitare il verificarsi dell’evento» (Sez. 4, n. 41350 del 05/06/2018, COGNOME, non rnassimata; Sez. 4, n. 12478 del 19/11/2015, dep. 2016, Barberi, Rv. 267813).
L’orientamento giurisprudenziale richiamato dai ricorrenti deve essere condiviso e tuttavia ciò non comporta che, nel caso in esame, la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen. possa essere esclusa.
A questo proposito si deve osservare che il contenuto dell’obbligo di manutenzione previsto dal citato art. 14 è specificato dalle disposizioni legislative che individuano le modalità con le quali deve essere garantita la sicurezza delle infrastrutture stradali e devono essere svolte le connesse attività di vigilanza. All’epoca dei fatti, la normativa di riferimento era costituita dal d.lgs. 15 marzo 2011, n. 35 (Attuazione della direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali), poi modificato dal d.lgs. 15 novembre 2021, n. 213 (Attuazione della direttiva (UE) 2019/1936 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, che modifica la direttiva 2008/96/CE sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali). Si tratta di norme che disciplinano il modo in cui la sicurezza della rete stradale deve essere controllata e gestita indicando la cadenza e le modalità di realizzazione delle ispezioni di sicurezza: individuano, dunque, in che modo devono essere assolti gli obblighi di manutenzione, gestione e gli obblighi di «controllo tecnico» sull’efficienza delle strade previsti dall’art. cod. strada. A queste norme l’RAGIONE_SOCIALE ha dato attuazione stipulando un contratto di appalto col RAGIONE_SOCIALE Secondo la prospettazione accusatoria, gli imputati si resero inadempienti agli obblighi contrattualmente assunti e ciò comporta la violazione delle norme sulla gestione della sicurezza delle infrastrutture stradali: norme che impongono la vigilanza continuativa e il rilevamento periodico delle anomalie presenti sulla rete stradale e hanno dunque contenuto cautelare.
Per quanto esposto, il fatto ascritto agli imputati è aggravato ai sensi dell’art. 589, comma 2, cod. pen. (nel testo vigente all’epoca dei fatti). Ed invero, come questa Corte di legittimità ha già avuto modo di affermare, l’aggravante in esame «è ravvisabile non solo quando la violazione della normativa di riferimento sia commessa da utenti della strada alla guida di veicoli, ma anche nel caso di violazione di qualsiasi norma che preveda a carico di un soggetto, pur non impegnato in concreto nella fase della circolazione, un obbligo di garanzia finalizzato alla tutela della sicurezza degli utenti della strada» (Sez. 4, n. 23152 del 03/05/2012, COGNOME, Rv. 252971; Sez. 4, n. 44811 del 03/10/2014, COGNOME, Rv. 260643; Sez. 4, n. 45576 del 28/10/2021, COGNOME, Rv. 282546).
Col primo motivo dei rispettivi ricorsi, NOME COGNOME e NOME COGNOME lamentano vizi della motivazione con la quale è stata ritenuta la sussistenza del nesso causale tra le ipotizzate omissioni e l’evento.
Secondo i ricorrenti, la ricostruzione operata dai giudici di merito presenta plurimi profili di contraddittorietà e manifesta illogicità e la motivazione sviluppata è carente perché non dà conto delle ragioni per le quali la tesi sostenuta dai consulenti tecnici della accusa (secondo la quale COGNOME perse il controllo della
moto passando sulla buca) è stata preferita a quella dei consulenti tecnici della difesa secondo i quali l’angolo di impatto tra la moto e il new jersey sarebbe tale da escludere che, prima dell’urto, il veicolo possa essere passato su quella buca.
4. Un primo profilo di contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione della sentenza impugnata è stato individuato nell’aver ritenuto significative a sostegno dell’ipotesi accusatoria le dichiarazioni rese dall’unico testimone oculare dell’incidente ancorché da tali dichiarazioni emerga che COGNOME transitava sulla corsia più a destra della propria carreggiata e non su quella a sinistra, posta a ridosso del new jersey, dove è stata rilevata la presenza della buca.
Secondo la sentenza impugnata, la descrizione dell’incidente fornita dal teste (il quale ha riferito che la moto scartò improvvisamente e cadde a terra piegandosi su un lato «strisciando con la ruota anteriore leggermente alzata da terra») rende evidente che COGNOME passò sulla buca. Solo in questo modo, infatti, si può spiegare il fatto che il veicolo abbia «prima scartato e poi “scarrocciato” sull’asfalto» in assenza di ostacoli di sorta, «in un tratto rettilineo e privo traffico» (pag. 10 della motivazione). La difesa obietta che, oltre a fornire tale descrizione, il teste NOME COGNOME ha anche dichiarato che la moto procedeva «al margine destro della sua carreggiata» e sostiene che la motivazione della sentenza impugnata sarebbe manifestamente illogica nella parte in cui, valutate credibili – ed anzi dotate di «elevata forza probante» – le dichiarazioni del teste, afferma che il riferimento alla corsia di destra deve ritenersi «inesatto» e tale inesattezza è spiegabile se si tiene conto «dell’angolo visuale di osservazione» in cui si trovava il testimone, che viaggiava in direzione di marcia opposta rispetto a quella del motociclista.
4.1. Per meglio comprendere i motivi di ricorso occorre precisare che, come risulta dalla sentenza di primo grado (pag. 5), pur essendo l’unico testimone oculare dell’incidente, NOME COGNOME non è stato sentito in dibattimento perché il suo nome non era stato inserito nelle liste testimoniali e il Tribunale ha respinto la richiesta avanzata dalla difesa di parte civile di procedere all’esame ex art. 507 cod. proc. pen. Sull’accordo delle parti, tuttavia, è stato acquisito agli atti – ed stato dichiarato utilizzabile ai fini della decisione – il verbale delle sommarie informazioni che il teste aveva reso alla Polizia giudiziaria in data 27 gennaio 2012.
Come risulta dal verbale allegato all’atto di ricorso, il contenuto delle dichiarazioni rese dal teste è il seguente: «Ho potuto vedere nella corsia centrale e sulla mia sinistra la moto che si trovava più avanti rispetto alla mia posizione e transitava piuttosto accostato al margine destro della sua carreggiata»; «non c’erano altri veicoli e le condizioni atmosferiche consentivano una buona visibilità»; «la strada in quel tratto ha anche una visuale ampia»; «ho potuto
notare che la moto scartava improvvisamente e cadeva a terra piegandosi su un lato e strisciando con la ruota anteriore leggermente alzata da terra»; «ho visto il ragazzo che cadeva a terra e strusciava sull’asfalto nella parte centrale ed invece la moto prima urtava il guardrail posto sulla sinistra e poi, sempre strusciando, andava verso il margine destro»; «mi sono fermato accostando il mio veicolo sulla destra della mia carreggiata per soccorrere il ragazzo che si trovava supino in posizione trasversale rispetto all’asse della strada e con la testa verso il guardrail centrale»; «la moto si trovava tanto avanti rispetto al corpo del ragazzo, ma non so assolutamente quantificare la distanza».
I giudici di merito sono concordi nel ritenere che l’indicazione fornita dal testimone, secondo la quale COGNOME viaggiava nella corsia più a destra, sarebbe frutto di un errore. La sentenza impugnata sostiene che l’errore sarebbe «facilmente spiegabile» tenendo conto della prospettiva dalla quale il teste osservò la scena. Argomentazioni analoghe sono sviluppate nella sentenza di primo grado che così testualmente recita (pag. 26): «dal punto di vista del tassista, il new jersey urtato dal COGNOME era posto a sinistra e, delle tre corsie della carreggiata centrale che il motociclista aveva impegnato, quella che stava percorrendo era quella più a destra, ossia quella più vicina non solo al new jersey, ma anche alla corsia laterale percorsa dal tassista».
Così argomentando, il Tribunale e la Corte di appello hanno trascurato che, nella deposizione del teste, il riferimento alla destra e alla sinistra non è mai ambiguo, ma sempre collegato con precisione al soggetto della cui destra e della cui sinistra si tratta. COGNOME ha riferito, infatti, di aver visto la moto alla pr sinistra e ha chiarito che il veicolo transitava «accostato al margine destro della sua carreggiata». Ha spiegato, inoltre, che la moto urtò contro il guardrail «posto sulla sinistra» e poi, scarrocciando sul manto stradale, si diresse verso «il margine destro» della carreggiata. A fronte di indicazioni così chiare e precise, non si comprende perché, proprio nell’indicare la corsia sulla quale la moto transitava, il teste avrebbe dovuto commettere un errore, utilizzando, in quest’unica occasione, gli indicatori destra/sinistra in una prospettiva diversa da quella utilizzata per tutt il corso della deposizione.
Le considerazioni svolte portano a ritenere che la motivazione con la quale i giudici di merito hanno ritenuto inattendibili solo per questa parte le dichiarazioni rese dal teste, presenti profili di manifesta illogicità. Il dato non è privo di ril atteso che quelle dichiarazioni sono state valutate molto significative nella parte in cui riferiscono di uno scarto improvviso del mezzo e della sua successiva caduta: eventi che, secondo la Corte di appello (pag. 1.0), «in assenza di ostacoli di sorta alla marcia, in tratto rettilineo e privo di traffico» sarebbero necessaria conseguenza del transito del veicolo sulla buca.
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Come noto, quando ha necessità di avvalersi dei saperi di scienze diverse da quella giuridica, il giudice di merito non è tenuto a disporre una perizia, ma, in virtù del principio del libero convincimento, «può scegliere tra le diverse tesi prospettate dai consulenti delle parti, quella che ritiene condivisibile, purché dia conto con motivazione accurata ed approfondita, delle ragioni della scelta, nonché del contenuto della tesi disattesa e delle deduzioni contrarie delle parti» (Sez. 4, n. 34747 del 17/05/2012, COGNOME, Rv. 253512; Sez. 4, n. 8527 del 13/02/2015, COGNOME, Rv. 263435; Sez. 3, n. 13997 del 25/10/2017, dep. 2018, P., Rv. 273159).
La sentenza impugnata non contiene una analisi dettagliata delle diverse ricostruzioni dell’incidente fornite dai consulenti tecnici di parte e rinvia su questo punto alle considerazioni svolte dalla sentenza di primo grado. Neppure questa sentenza, però, esamina le argomentazioni (trascritte, in parte, nei motivi di ricorso) con le quali i consulenti tecnici degli imputati NOME e NOME hanno sostenuto che la traiettoria tenuta dalla moto era incompatibile col passaggio sulla buca.
Secondo il giudice di primo grado, la ricostruzione fornita dai consulenti tecnici della difesa è complessivamente inattendibile perché fondata su calcoli trigonometrici. Il Tribunale sostiene che questo tipo di calcoli presuppone un «andamento tendenzialmente lineare della traiettoria», mentre dalle dichiarazioni di COGNOME emerge che il motociclo condotto da COGNOME non tenne una traiettoria lineare (pag. 31 della sentenza di primo grado). La sentenza impugnata ha condiviso tale argomentazione e, per questo, non ha ritenuto di dover procedere ad una più puntuale valutazione delle argomentazioni sviluppate dai consulenti tecnici di parte. Ha affermato, infatti (pag.10), che il motociclo non seguì «una linea tracciabile con unica angolazione» ed ha escluso «l’attendibilità di ogni possibile ricostruzione della traiettoria in base a calcali trigonometrici
Pur movendo da queste premesse, i giudici di primo e secondo grado hanno ritenuto condivisibili le valutazioni compiute dal consulente tecnico del Pubblico ministero (AVV_NOTAIO COGNOME) secondo il quale il motociclo impattò per la prima volta contro il new jersey con un angolo di 84 gradi. Come emerge chiaramente dalla sentenza del Tribunale (pag.16), dopo aver individuato in 84 gradi l’angolo col quale il motociclo urtò con il new jersey, COGNOME ha tracciato una linea retta con angolo di 84 gradi partendo dal punto del primo impatto e ha verificato che quella linea intersecava la buca, traendone la conclusione che, «quasi sicuramente, il motociclista era passato sull’anomalia planare presente sull’asfalto» e, «molto probabilmente», quella anomalia «aveva anche causato la perdita di controllo del mezzo».
I giudici di merito, dunque, hanno ritenuto attendibile una ricostruzione dell’incidente eseguita attribuendo al percorso della moto un andamento lineare e una angolazione precisa ma, al tempo stesso, hanno sostenuto che la traiettoria percorsa dal motociclo non fu lineare e, per questo, hanno valutato inattendibile ogni ricostruzione alternativa basata su «calcoli trigonometrici». Ne consegue che la scelta operata tra le diverse ricostruzioni dell’incidente risulta fondata su argomentazioni che presentano rilevanti profili di contraddittorietà.
5.1. La motivazione della sentenza impugnata presenta profili di contraddittorietà anche quanto afferma (pag.10) che la ricostruzione dei fatti fornita dai consulenti della accusa sarebbe confermata dalla rilevata esistenza di «tracce di scarrocciamento sull’asfalto con andamento obliquo e, successivamente, sul guardrail, prima che il motociclista, disarcionato, andasse ad impattare sulla colonna di marmo travertino al centro dello spartitraffico». A pag. 5 della motivazione, infatti, la Corte di appello riferisce che il motociclo condotto da COGNOME urtò con la fiancata sinistra sullo spartitraffico in new jersey; che 6,95 metri dopo il conducente urtò col capo contro una colonna toponomastica di travertino e a quel punto, disarcionato il conducente, la moto scarrocciò sull’asfalto per oltre 50 metri, con andamento obliquo, da sinistra verso destra. Avendo così ricostruito i fatti, la sentenza impugnata cade in contraddizione quando afferma che il ruolo svolto dalla buca nel verificarsi del sinistro è desumibile dalla presenza di segni di scarrocciamento sull’asfalto e «successivamente sul guardrail». Ed invero: se le tracce di scarrocciamento del rnotociclo si fossero prodotte prima sull’asfalto e «successivamente» sul new jersey, vorrebbe dire che, quando impattò sullo spartitraffico centrale, il veicolo era già a terra e non si spiegherebbe allora perché sulla colonna toponomastica in travertino siano state rivenute tracce di sangue poste a 1,68 metri di altezza. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
I rilievi eseguiti dalla Polizia municipale documentano tracce di scarrocciamento del motociclo sull’asfalto che partono dalla sinistra della carreggiata, dopo il punto d’urto tra la moto e il new jersey, proseguono con andamento obliquo per 55,20 metri fino al ciglio destro della carreggiata stessa e riprendono poi, con andamento verso sinistra, per circa 21 metri. Di ciò la sentenza impugnata dà atto e, tuttavia, considera «elevata» la «forza probante» delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME (peraltro mai esaminato in giudizio) secondo il quale la moto scartò improvvisamente e cadde a terra «piegandosi su un lato e strisciando con la ruota anteriore leggermente alzai:a da terra»: una ricostruzione che postula uno scarto improvviso e una immediata caduta al suolo; dunque una situazione diversa rispetto a quella che emerge dai rilievi, che collocano le tracce di scarrocciamento dopo il punto d’urto tra la moto e il new
jersey e documentano l’urto del corpo del motociclista su una colonna in travertino posta 6,95 metri più avanti rispetto a quel primo punto d’urto.
6. In sintesi – e conclusivamente – la sentenza impugnata e quella di primo grado, pur lette congiuntamente, non consentono di comprendere appieno per quali ragioni la ricostruzione dell’incidente fornita dai consulenti dell’accusa sia stata valutata più persuasiva rispetto a quella fornita dai consulenti della difesa. A sostegno della ricostruzione prescelta, i giudici di merito hanno sviluppato argomentazioni spesso poco approfondite, non certo accurate e non sempre coerenti, come dimostra il fatto che le dichiarazioni dell’unico testimone sono state valorizzate o svilite a seconda che fossero compatibili con la ricostruzione prescelta senza valutarne l’intrinseca coerenza e senza chiedersi se, quanto dichiarato, fosse compatibile con i dati obiettivi rilevati sul luogo del sinistro.
È significativa in tal senso anche la motivazione con la quale i giudici di merito hanno escluso che, quando perse il controllo della moto, COGNOME potesse trovarsi sulla corsia posta alla destra della carreggiata. Per giustificare tale affermazione la Corte di appello si è limitata a sostenere (pag. 9) che «il compendio probatorio disponibile non lascia spazio a dubbi in ordine alla dinamica e alla causa del sinistro come ricostruita, con motivazione diffusa e del tutto condivisibile dalla sentenza gravata». Il Tribunale ha affermato (pag. 16) che «la combinata analisi delle tracce sul new jersey, dei danni riportati dal motoveicolo (esclusivamente sul fianco sinistro) e le dichiarazioni del consulente della parte civile» sono incompatibili con una diversa ricostruzione, ma non ha spiegato per quale ragione la presenza di danni sul solo fianco sinistro del veicolo dovrebbe fornire indicazioni circa la posizione che quel veicolo aveva mantenuto prima che il conducente ne perdesse il controllo e neppure ha chiarito perché le argomentazioni sviluppate dal consulente della parte civile siano state valutate più persuasive di quelle formulate dai consulenti della difesa ritenute non convincenti solo perché basate su calcoli trigonometrici.
7. Alla luce delle considerazioni svolte, il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME e il primo motivo del ricorso proposto da NOME COGNOME meritano accoglimento. Si tratta di motivi a carattere oggettivo perché relativi alla completezza e alla coerenza della motivazione con la quale è stata ricostruita la dinamica dell’incidente e attribuito un ruolo causale alla presenza sul manto stradale della buca che – in ipotesi accusatoria – gli imputati avrebbero dovuto individuare, segnalare e rimuovere.
Ai sensi dell’art. 627, comma 5, cod. proc. pen., l’annullamento si estende anche a NOME COGNOME che non ha proposto uno specifico motivo in tal senso. Si
deve ritenere, infatti, che l’accoglimento di un motivo di ricorso non esclusivamente personale giovi anche al coimputato che ha proposto ricorso per motivi diversi da quelli accolti e che, anche in questo caso, la disciplina prevista dall’art. 627, comma quinto, cod. proc. pen. debba trovare applicazione (Sez. 6, Ordinanza n. 46202 del 02/10/2013, Serio, Rv. 258155; Sez. 6, Ordinanza n. 46203 del 02/10/2013; COGNOME, non massimata).
Ne consegue l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra 4ezione della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE.
Tutti i motivi non esaminati sono assorbiti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra ezione della Corte di appello di RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso il 28 febbraio 2024
Il Consiglipre kstensore
Il Presidente