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Responsabilità enti 231: nomina difensore e sequestro

La Cassazione analizza la responsabilità enti 231, annullando un’ordinanza di inammissibilità. Se l’ente non è ufficialmente informato del procedimento a suo carico, il suo legale rappresentante, anche se indagato per il reato presupposto, può validamente nominare un difensore per impugnare un sequestro preventivo. L’ente agisce come ‘terzo’ con pieni diritti di difesa.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Enti 231: I Diritti di Difesa dell’Ente in Caso di Sequestro

Una recente sentenza della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale in materia di responsabilità enti 231: quali sono i diritti di difesa di una società colpita da un sequestro preventivo quando non è stata formalmente informata di essere sotto indagine? La pronuncia chiarisce il delicato equilibrio tra le esigenze cautelari e il diritto di difesa, soprattutto quando il legale rappresentante della società è egli stesso indagato per il reato presupposto.

Il caso esaminato offre spunti fondamentali sulla legittimità della nomina del difensore e sull’ampiezza dei poteri di impugnazione dell’ente, delineando un principio di garanzia fondamentale: senza una comunicazione ufficiale, l’ente non può subire le limitazioni previste per la parte formalmente indagata.

Il Caso: Sequestro Preventivo e Impugnazione

La vicenda riguarda un’indagine per traffico illecito di rifiuti. Un imprenditore, legale rappresentante di una società operante nel settore del trattamento di materiali (Società A), veniva indagato per aver gestito ingenti quantitativi di carta e cartone senza le dovute autorizzazioni. A seguito delle indagini, il G.I.P. disponeva il sequestro preventivo dell’intero patrimonio aziendale della Società A.

Il sequestro colpiva anche le quote sociali di un’altra azienda (Società B), proprietaria di una parte del capitale della Società A e anch’essa legalmente rappresentata dallo stesso imprenditore.

L’imprenditore, in qualità di legale rappresentante di entrambe le società, proponeva istanza di riesame per ottenere l’annullamento del sequestro. Tuttavia, il Tribunale del Riesame dichiarava le richieste inammissibili.

La Decisione del Tribunale del Riesame

Il Tribunale basava la sua decisione su due argomenti principali:

1. Per la Società A: L’istanza era inammissibile perché il difensore era stato nominato dal legale rappresentante, che era anche indagato per il reato presupposto. Secondo il Tribunale, ciò creava una situazione di conflitto di interessi vietata dall’art. 39 del D.Lgs. 231/2001, che impone all’ente di essere rappresentato da un soggetto non coinvolto nell’illecito.
2. Per la Società B: L’istanza veniva rigettata perché, in quanto ‘terzo’ proprietario dei beni sequestrati, la società avrebbe potuto contestare solo la titolarità delle quote e non la sussistenza dei presupposti del sequestro, come il fumus commissi delicti.

Insoddisfatte, le società ricorrevano in Cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione: la Tutela dell’Ente ‘Inconsapevole’

La Corte di Cassazione ha accolto entrambi i ricorsi, annullando la decisione del Tribunale e rinviando per un nuovo esame. La motivazione della Corte si articola su due pilastri fondamentali che rafforzano le garanzie difensive degli enti coinvolti in procedimenti penali.

La Nomina del Difensore da Parte del Rappresentante Legale Indagato

Il punto centrale della decisione riguarda la responsabilità enti 231 e il divieto di rappresentanza. La Cassazione chiarisce che il divieto per il legale rappresentante indagato di nominare un difensore per l’ente scatta solo quando l’ente stesso è stato formalmente messo a conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico (ad esempio, tramite un’informazione di garanzia).

Nel caso di specie, né dal provvedimento di sequestro né da altri atti risultava che la Società A avesse ricevuto alcuna comunicazione ufficiale. Di conseguenza, al momento dell’impugnazione, la società doveva essere considerata come un ‘terzo’ rispetto al procedimento penale, e non come una parte formalmente indagata. In questa veste, essa ha il diritto di agire tramite il suo legale rappresentante secondo le regole ordinarie, anche se questi è indagato. Imporre le severe restrizioni del D.Lgs. 231 a un ente ‘inconsapevole’ costituirebbe, secondo la Corte, un’irragionevole compressione del diritto di difesa.

I Diritti del Terzo Proprietario dei Beni Sequestrati

Anche riguardo alla posizione della Società B, la Cassazione ha censurato la decisione del Tribunale. Richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato, la Corte ha affermato che il terzo proprietario di un bene sequestrato non è limitato a dimostrare la propria titolarità, ma ha pieno diritto di contestare la legittimità stessa del sequestro. Ciò significa che può e deve poter argomentare sull’insussistenza del fumus commissi delicti, del periculum in mora e sulla proporzionalità della misura.

Privare il terzo di questa facoltà svuoterebbe di significato il suo diritto di impugnazione, specialmente quando la sua proprietà non è in discussione. La Corte ha inoltre giudicato illogica e apparente la motivazione del Tribunale che riteneva l’imprenditore il ‘gestore di fatto’ dei beni.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza stabilisce due principi di fondamentale importanza pratica:

1. Garanzia di conoscenza: Un ente non può essere privato dei suoi diritti processuali ordinari, inclusa la facoltà del legale rappresentante di nominare un difensore, fino a quando non riceve una comunicazione ufficiale della pendenza di un procedimento per responsabilità amministrativa a suo carico. La mera esistenza di un’indagine non è sufficiente a innescare le limitazioni previste dal D.Lgs. 231/2001.
2. Piena difesa per il terzo: Il terzo i cui beni sono coinvolti in un sequestro preventivo ha diritto a una difesa a tutto tondo. Può contestare nel merito i presupposti della misura cautelare, senza essere confinato alla sola prova della sua titolarità.

In conclusione, la Corte di Cassazione rafforza le tutele per le persone giuridiche, assicurando che il diritto di difesa non venga sacrificato sull’altare di un’applicazione formalistica delle norme sulla responsabilità enti 231, ma sia sempre subordinato alla piena e formale conoscenza del procedimento da parte dell’ente stesso.

Può il legale rappresentante di una società, indagato per il reato presupposto, nominare un difensore per la società stessa al fine di impugnare un sequestro?
Sì, può farlo a condizione che la società non abbia ricevuto alcuna comunicazione ufficiale di essere sottoposta a un procedimento per responsabilità amministrativa ai sensi del D.Lgs. 231/2001. In assenza di tale comunicazione, l’ente è considerato ‘terzo’ e si applicano le regole ordinarie.

Quali diritti ha una società i cui beni sono sequestrati, ma che non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale di essere indagata ai sensi del D.Lgs. 231/2001?
La società agisce come un ‘terzo’ e ha il diritto di impugnare il provvedimento di sequestro attraverso il proprio legale rappresentante. Può contestare tutti i presupposti della misura cautelare, inclusi il fumus commissi delicti e il periculum in mora, godendo di pieni diritti di difesa.

Un terzo, proprietario di beni sequestrati nell’ambito di un procedimento penale a carico di altri, può contestare solo la sua titolarità o anche la fondatezza del sequestro stesso (il cosiddetto fumus commissi delicti)?
Secondo la sentenza, il terzo ha il diritto di contestare tutti i presupposti del sequestro, inclusa la sussistenza del fumus commissi delicti, del periculum in mora, della pertinenza e della proporzionalità della misura. Limitare la sua difesa alla sola prova della titolarità svuoterebbe di significato il suo diritto di impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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