Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 9244 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 9244 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da
NOMECOGNOME nato a Cosenza il 26/02/1964
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante
avverso l’ordinanza del 16/08/2024 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito il difensore di NOME COGNOME, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto
l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 16 agosto 2024, depositata il 13 settembre 2024, il Tribunale di Reggio Calabria, pronunciando in materia di misure cautelari 4 reali, ha dichiarato inammissibili le richieste di riesame proposte da NOME
COGNOME in qualità di indagato e di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, e rigettato la richiesta di riesame di “RAGIONE_SOCIALE“, in persona de legale rappresentante NOME COGNOME avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria, nella parte disposta a fini impeditivi in relazione all’intero patrimonio aziendale della “RAGIONE_SOCIALE“, nonché alle quote sociali della stessa, per il 32,8 % di proprietà di ” RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
A carico di NOME COGNOME è ipotizzato il reato di attività organizzate per traffico illecito di rifiuti ex art. 452-quaterdecies cod. pen., in concorso con una pluralità di persone, commesso mediante un articolato sistema criminoso, coordinato dai fratelli NOME e NOME COGNOME, operante nel settore della raccolta, gestione, lavorazione e rivendita non autorizzata di carta e cartone. In particolare, NOME COGNOME, quale legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, con condotta perdurante dal 2013, avrebbe continuativamente ricevuto, sulla piattaforma gestita da tale società, rifiuti in carta e cartone dal imprese facenti capo ai fratelli COGNOME sebbene in assenza formulario, documento necessario per l’accompagnamento dei rifiuti, trattandoli come merce, per il cui accompagnamento è sufficiente un semplice documento di trasporto (DDT).
Hanno presentato ricorso per cassazione avverso l’ordinanza indicata in epigrafe NOME COGNOME in qualità di indagato e legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME, nonché “RAGIONE_SOCIALE“, in persona del legale rappresentante NOME COGNOME con atto sottoscritto dall’Avv. NOME COGNOME.
Il ricorso presentato da NOME COGNOME in qualità di indagato e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE è strutturato sulla base di un motivo articolato in due parti.
3.1. Con il motivo, si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 322, 568, comma 4, e 591 cod. proc. pen., e 39 d.lgs. n. 231 del 2001, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riguardo alla dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di riesame sia in riferimento ad NOME COGNOME quale persona fisica, sia in riferimento ad NOME COGNOME quale legale rappresentante di “RAGIONE_SOCIALE.
Si premette che il decreto di sequestro preventivo è stato notificato ad NOME COGNOME, che NOME COGNOME era destinatario anche di ordinanza relativa a rigetto di richiesta di applicazione di misura cautelare personale, che il medesimo NOME COGNOME è amministratore e legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE, e che l’istanza di riesame deduceva: 1) l’assenza di un’autonoma
valutazione del G.i.p. in ordine ai fatti oggetto della richiesta cautelare; 2 l’assenza di proporzionalità, adeguatezza ed attualità della misura applicata; 3) l’insussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora; 4) l’assenza dell’ingiusto profitto o di altro vantaggio, economico o di altra natura; 5) l manifesta insussistenza dell’elemento soggettivo del reato per cui si procede.
3.2. Con specifico riferimento alla posizione di NOME COGNOME quale legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE, si deduce l’illegittimità dell’applicazione della disposizione di cui all’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001.
Si precisa, preliminarmente, che l’istanza di riesame nell’interesse della “RAGIONE_SOCIALE” è stata dichiarata inammissibile per difetto di una valida costituzione di tale ente a norma del d.lgs. n. 231 del 2001, in quanto il difensore dell’ente è stato nominato da NOME COGNOME sebbene questi fosse indagato del reato presupposto dell’illecito amministrativo ascritto alla precisata persona giuridica, e, quindi, in violazione del divieto di cui all’art. 39, comma 1, d.lgs. n. 231 del 2001.
Si osserva, poi, che, secondo la disciplina generale, in forza del combinato disposto degli artt. 322 e 568, comma 4, cod. proc. pen., la legittimazione ad impugnare un provvedimento in materia di misure cautelari reali spetta esclusivamente al legale rappresentante della società e che questo regime trova una deroga, ad opera dell’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001, solo in caso di un illecito amministrativo dipendente da reato e di conoscenza, da parte dell’ente, della pendenza di un procedimento a suo carico per tale fatto.
Si rappresenta, quindi, che, nella specie, la “RAGIONE_SOCIALE” non ha ricevuto la notifica di alcun atto da cui desumere la pendenza di un procedimento a suo carico, e che gli atti notificati ad NOME COGNOME si riferiscon allo stesso in proprio, quale indagato, e non quale legale rappresentante dell’ente.
Si aggiunge che la giurisprudenza esclude la rilevanza della «potenziale conoscibilità» della pendenza di un procedimento ex digs. n. 231 del 2001 a carico dell’ente, quando non vi è alcuna comunicazione ufficiale (si cita Sez. 6, n. 34476 del 23/05/2024).
3.3. Con specifico riferimento alla posizione di NOME COGNOME quale persona fisica, si deduce l’erroneità dei presupposti fattuali indicati a base dell dichiarazione di inammissibilità.
Si segnala, precisamente, che NOME COGNOME non ha presentato istanza di riesame quale socio, bensì perché indicato come «gestore di fatto» della “RAGIONE_SOCIALE“, e che tale qualifica «presuppone un rapporto con i beni oggetto di sequestro e dunque un interesse alla impugnazione». Si evidenzia, conseguenzialmente, che per dichiarare l’inammissibilità dell’istanza di riesame di NOME COGNOME quale gestore di fatto della “RAGIONE_SOCIALE“
sarebbe stato necessario affermare che il medesimo non era tale, e, quindi, trattare il merito della vicenda.
4. Il ricorso presentato da NOME COGNOME in qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE è strutturato sulla base di un motivo, con il quale si denuncia violazione di legge, in riferimento agli artt. 125, 321, 322, 324 cod. proc. pen., 432-quaterdecies cod. pen. e 111 Cost., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., con riguardo al rigetto dell’istanza di riesame.
Si premette che il decreto di sequestro preventivo, avente ad oggetto il 32,8 °A) delle quote della società “RAGIONE_SOCIALE” di proprietà della “RAGIONE_SOCIALE” è stato notificato ad NOME COGNOME quale amministratore e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, e che l’istanza di riesame deduceva: 1) l’assenza di proporzionalità, adeguatezza ed attualità della misura applicata; 2) l’insussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora; 3) l’assenza dell’ingiusto profitto o di altro vantaggio, economico o di altra natura; 4) l manifesta insussistenza dell’elemento soggettivo del reato per cui si procede.
Si deduce che illegittimamente l’ordinanza ritiene che: a) la “RAGIONE_SOCIALE“, siccome terzo, non può contestare l’esistenza dei presupposti della misura cautelare, ma può solo dedurre la propria effettiva titolarità o disponibilità del bene sequestrato (le azioni della “RAGIONE_SOCIALE“) e l’inesistenza di relazioni di collegamento concorsuale con l’indagato; b) la società “RAGIONE_SOCIALE” era di fatto rimessa alla gestione assorbente di NOME COGNOME.
Si osserva, in primo luogo, che l’autonomia decisionale dei soci della “RAGIONE_SOCIALE non è stata mai contestata, nemmeno nell’ordinanza cautelare, e che, per questa ragione il tema non è stato approfondito in sede di riesame dalla difesa.
Si rileva, in secondo luogo, che, secondo la più recente giurisprudenza, il terzo interessato può svolgere le proprie difese anche con riferimento a tutti i presupposti del sequestro, ossia al fumus commissi delicti, al periculum in mora, e all’attualità, alla pertinenza e alla proporzionalità della misura (si citano Sez. 3 n. 10242 del 2024, Sez. 3, n. 32272 del 2024 e Sez. 6, n. 15673 del 2024). Si segnala che, nell’istanza di riesame, si erano evidenziate: a) l’assenza di attualità delle esigenze cautelari; b) l’insussistenza del fumus commissi delicti, per l’assenza dell’obbligo di richiedere una dichiarazione al fornitore sull’origine del materiale, per l’erroneità della valutazione in ordine alla natura di rifiuto del materia ceduta, e per l’assenza di elementi indicativi della consapevolezza dell’attività illecita; c) la sproporzione tra fatto di reato e oggetto del sequestro 4 /
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati, nei limiti, per le ragioni e con le conseguenze di seguito precisati.
Fondate sono le censure enunciate nel ricorso di NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“, le quali contestano la dichiarazione di inammissibilità dell’istanza di riesame presentata dal medesimo NOME COGNOME in tale qualità.
2.1. La questione da esaminare è se sia ammissibile l’istanza di riesame presentata dal legale rappresentante di un ente avverso un provvedimento di sequestro relativo ai beni di questo secondo soggetto, quando la persona fisica sia indagata per il reato presupposto dell’illecito amministrativo da reato per il quale si è proceduto ad annotazione nei confronti del soggetto immateriale a norma dell’art. 55 d.lgs. n. 231 del 2001, e, però, al momento della presentazione dell’impugnazione, gli stessi non abbiano alcuna conoscenza della pendenza del procedimento ex d.lgs. n. 231 del 2001.
Invero, nella specie, è incontestato che il provvedimento di sequestro l’ordinanza emessa dal G.i.p. del Tribunale di Reggio Calabria in data 1 luglio 2024, la quale, contestualmente, ha rigettato le richieste di misure cautelari personali e disposto l’applicazione di misure di sequestro preventivo ex art. 321, commi 1 e 2, cod. proc. pen., nonché di sequestro preventivo a fini di confisca per equivalente – non indica tra gli indagati, o comunque tra i soggetti sottoposti a procedimento, la “Calabria RAGIONE_SOCIALE.
E anche il verbale di esecuzione del provvedimento di sequestro sui beni della “RAGIONE_SOCIALE non fornisce alcuna indicazione in ordine alla pendenza, a carico della stessa o di altri, di procedimento per illeciti amministrativi da reato ex d.lgs. n. 231 del 2001.
Né risulta che alla “RAGIONE_SOCIALE” sia stata comunicata, al momento dell’esecuzione del sequestro impugnato, prima di tale momento, o fino alla presentazione dell’istanza di riesame, alcuna informazione di garanzia a norma dell’art. 57 d.lgs. n. 231 del 2001.
2.2. È doveroso premettere che, come affermato dalle Sezioni Unite, è inammissibile, per difetto di legittimazione rilevabile di ufficio ai sensi dell’art. 5 comma 1, lett. a), cod. proc. pen., la richiesta di riesame di decreto di sequestro preventivo presentata dal difensore dell’ente nominato dal rappresentante che sia imputato o indagato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo (Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, COGNOME, Rv. 264311 – 01; nel medesimo senso,
successivamente, tra le tante, Sez. 3, n. 35387 del 13/05/2022, Capano, Rv. 283551 -01, e Sez. 2, n. 51654 del 13/10/2017, Siclari, Rv. 271360 – 01).
Questo perché, in tema di responsabilità da reato degli enti, il rappresentante legale indagato o imputato del reato presupposto non può provvedere, a causa di tale condizione di incompatibilità, alla nomina del difensore dell’ente, per il generale e assoluto divieto di rappresentanza posto dall’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001 (Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, Gabrielloni, Rv. 264310 – 01).
2.3. Tuttavia, il principio appena indicato, ad avviso del Collegio, non trova applicazione quando l’ente ed il suo legale rappresentante non abbiano notizia della pendenza di un procedimento a carico del soggetto giuridico per l’illecito amministrativo dipendente da reato per il quale sia indagato o imputato il suo legale rappresentante.
Invero, sembra ragionevole ritenere che l’ente al quale nell’ambito di un procedimento penale sia stato sequestrato un bene, se non abbia alcuna notizia della pendenza di un procedimento a suo carico ex d.lgs. n. 231 del 2001, legittimamente assuma di essere nella posizione del “terzo” di cui agli artt. 322 e 322-bis cod. proc. pen.
Per un verso, infatti, è indiscusso sia che un ente possa essere attinto da un provvedimento di sequestro emesso nell’ambito di un procedimento penale senza essere sottoposto a procedimento per illecito amministrativo dipendente da reato, sia che, in tal caso, lo stesso ente sia legittimato ad agire in persona del suo legale rappresentante quale soggetto («persona») avente diritto alla restituzione dei beni sequestrati, quindi quale “terzo”, secondo la disciplina generale di cui agli artt. 322 e 322-bis cod. proc. pen. (cfr., per tutte, Sez. 2, n. 18419 del 22/03/2024, COGNOME, Rv. 286321 – 01).
Sotto altro profilo, poi, non può ritenersi configurabile un onere dell’ente di informarsi di propria iniziativa dell’esistenza di pendenze a suo carico ex d.lgs. n. 231 del 2001, prima di attivare rimedi giurisdizionali nell’ambito di un procedimento penale, quando è disposto ed eseguito un sequestro che attinge beni nella sua disponibilità. Non solo è ammissibile, e di certo non irragionevole supporre, che i beni di un ente siano stati sottoposti a sequestro preventivo nell’ambito di un procedimento penale in difetto di annotazioni, e di ipotesi investigative, per illecito amministrativo dipendente da reato. Ma, per di più, l’autorità giudiziaria procedente ha l’obbligo di dare comunicazione all’ente della pendenza del procedimento ex d.lgs. n. 231 del 2001 quando lo stesso è destinatario di un provvedimento di sequestro, come si desume, in particolare, dal rinvio effettuato alle disposizioni del codice di procedura penale in quanto compatibili (art. 34 d.lgs. cit., da leggere in combinato disposto con l’art. 293 cod. proc. pen.), oltre che, più in generale, dalle disposizioni che prevedono, a tutela e
in favore dell’ente, la nomina del difensore di ufficio (art. 40 d.lgs. cit.) e l’i dell’informazione di garanzia (art. 57 d.lgs. cit.).
Ciò posto, va poi rilevato che l’ente, quando agisce quale soggetto avente diritto alla restituzione di beni sequestrati in un procedimento penale senza assumere la posizione di parte, non può dirsi che «partecipa al procedimento penale», condizione questa per l’operatività del divieto per il legale rappresentante imputato del reato presupposto di nominare il difensore di fiducia, oltre che per la configurabilità degli oneri di costituzione di cui all’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001.
E appare plausibile concludere che anche l’ente il quale confidi legittimamente di agire quale “terzo” avente diritto alla restituzione di beni sequestrati in u procedimento penale non possa subire l’applicazione del divieto e degli oneri di cui all’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001.
Invero, se in questa ipotesi si ritenessero applicabili il divieto e gli oneri di c all’art. 39 d.lgs. cit., l’ente, il quale ha agito a tutela dei propri diritti risp le regole formali da esso ragionevolmente ritenute applicabili, vedrebbe vanificate e rese inefficaci tutte le sue iniziative a causa della successiva emersione di una circostanza, la pendenza del procedimento a suo carico per un illecito amministrativo dipendente da reato, che, nel momento in cui reagisce al provvedimento di sequestro, gli è ignota non per propria negligenza, ma per la mancata comunicazione dell’autorità giudiziaria procedente, pur tenuta ad inviargli l’informazione di garanzia. In altri termini, se nell’ipotesi indicata si ritenesse applicabili il divieto e gli oneri di cui all’art. 39 d.lgs. cit., l’ente incorrerebb sanzione della inammissibilità per cause da esso incolpevolmente non previste, con conseguente irragionevole sacrificio del suo diritto di difesa.
In linea con queste conclusioni, può aggiungersi, risulta essere anche la decisione citata nel ricorso, la quale ha annullato con rinvio un’ordinanza dichiarativa di inammissibilità di istanza di riesame presentata dal difensore di un ente nominato dal legale rappresentante indagato per il reato presupposto dell’illecito ex d.lgs. n. 231 del 2001, osservando che il Tribunale «avrebbe dovuto accertare, al fine di verificare l’ammissibilità della richiesta di riesame, c sia stato effettivamente comunicato all’ente e se l’ente, in concreto, al momento della proposizione della richiesta di riesame, fosse consapevole di essere indagato e dunque, fosse consapevole della incompatibilità assoluta del suo legale rappresentante, indagato a sua volta, in quanto autore dell’reato presupposto» (Sez. 6, n. 34476 del 23/05/2024, RAGIONE_SOCIALE).
2.4. Piuttosto, l’ente che abbia proposto richiesta di riesame avverso un provvedimento di sequestro nella qualità di “terzo”, nel momento in cui ha notizia di essere sottoposto a procedimento per illecito amministrativo dipendente da reato, anche per effetto di notifica effettuata al legale rappresentante indagato del
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reato presupposto (cfr. art. 43, comma 2, d.lgs. n. 231 del 2001), viene gravato, a pena di inefficacia della nomina del difensore, dell’onere di costituirsi in giudizi e, quindi, per ottemperare validamente a tale onere, della necessità di sostituire il legale rappresentante indagato per il reato presupposto.
In proposito, è utile considerare quanto precisato dalle Sezioni Unite in ordine all’ammissibilità della richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo nei procedimenti relativi alla responsabilità da reato degli enti in assenza di un atto formale di costituzione ex art. 39, comma 2, d.lgs. cit.
Precisamente, secondo le Sezioni Unite, è ammissibile la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo presentata, ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., dal difensore di fiducia nominato dal rappresentante dell’ente secondo il disposto dell’art. 96 cod. proc. pen. ed in assenza di un previo atto formale di costituzione a norma dell’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001, se, precedentemente o contestualmente all’esecuzione del sequestro, non sia stata comunicata l’informazione di garanzia prevista dall’art. 57 del d.lgs. medesimo (Sez. U, n. 33041 del 28/05/2015, COGNOME, Rv. 264309 – 01).
E, però, sempre ad avviso delle Sezioni Unite, «la legittimazione di quello stesso difensore è destinata ad essere validata dalla successiva costituzione dell’ente che confermi, nella relativa dichiarazione, la nomina stessa, nuovamente legittimandola anche mediante il conferimento di una procura ad hoc», sicché «il mancato esercizio di tale onere deve essere ritenuto come una precisa opzione processuale che vale a incidere negativamente, travolgendola ex lege, anche sulla legittimazione del difensore di fiducia, i cui poteri restano incapaci di produrre effetti procedimentali, con il conseguente subentro di quelli del – a questo punto indispensabile – difensore di ufficio» (così ancora Sez. U, COGNOME, cit., i motivazione, § 4.3).
In linea con le indicazioni delle Sezioni Unite appena riportate, anche la richiesta di riesame presentata dal difensore dell’ente nominato dal legale rappresentante indagato del reato presupposto quando ancora non vi è alcuna conoscenza della pendenza di procedimento ex art. 231 del 2001, sebbene ammissibile per quanto indicato in precedenza nel § 3.3, deve essere in ogni caso seguita dalla successiva costituzione dell’ente, allorché questo ha notizia di tale procedimento, pena la perdita di efficacia della nomina, con conseguente subentro di un difensore di ufficio.
Ed è in occasione della costituzione dell’ente, perché questa sia validamente effettuata, che occorrerà sia indicare un diverso rappresentante legale, il quale non risulti indagato o imputato del reato da cui dipende l’illecito amministrativo, e che potrebbe essere anche nominato con lo specifico compito di partecipare al procedimento penale per il soggetto immateriale (cfr., per questa indicazione, Sez.
3, n. 35387 del 13/05/2022, Capano, Rv. 283551 – 01), sia depositare una procura speciale al difensore conferita dal rappresentante legale non incompatibile. Invero, a norma dell’art. 39, comma 2, d.lgs. n. 231 del 2001, la costituzione dell’ente avviene depositando nella cancelleria dell’autorità giudiziaria procedente «a pena di inammissibilità», dichiarazione contenente anche le generalità del legale rappresentante dell’ente, nonché l’indicazione della procura al difensore.
2.5. Una volta precisato che è ammissibile l’istanza di riesame del difensore di un ente nominato da un legale rappresentante indagato del reato presupposto dell’illecito ex d.lgs. n. 231 del 2001, se, al momento della presentazione dell’impugnazione, l’ente non abbia notizia della pendenza a suo carico di un procedimento per responsabilità amministrativa dipendente da reato, l’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza di riesame presentata da NOME COGNOME nella qualità dì legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, deve essere annullata, perché si proceda a nuovo giudizio.
Invero, si è detto in precedenza, al § 2.1, che né il provvedimento di sequestro impugnato con l’istanza di riesame, né il relativo verbale di esecuzione indicano tra gli indagati, o comunque tra i soggetti sottoposti a procedimento, la “RAGIONE_SOCIALE“, e che non risulta neppure che a detta società sia stata comunicata, al momento dell’esecuzione del sequestro impugnato, prima di tale momento, o fino alla presentazione dell’istanza di riesame, alcuna informazione di garanzia a norma dell’art. 57 d.lgs. n. 231 del 2001.
Il rilievo della illegittimità della dichiarazione di inammissibilità dell’istanz riesame rende necessario l’esame, da parte del Tribunale competente a norma dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen., delle questioni attinenti alla legittimità de sequestro poste nella medesima istanza, sintetizzate anche nel ricorso, e non valutate proprio a causa della dichiarazione di inammissibilità.
Il Giudice del rinvio, prima di fissare l’udienza per la trattazione della richiest di riesame, nominerà un difensore di ufficio alla “RAGIONE_SOCIALE” se questa non si sia correttamente costituita in giudizio a norma dell’art. 39 d.lgs. n. 231 del 2001, e, poi, ai fini della decisione, esaminerà anche i profili attinent al fumus commissi delicti, al periculum in mora e al rispetto dei principi di adeguatezza, proporzionalità e gradualità del sequestro.
Invero, come già affermato in giurisprudenza, in tema di impugnazioni cautelari reali, il terzo che assume di avere diritto alla restituzione del bene sottoposto a sequestro preventivo innpeditivo è legittimato a dedurre, in sede di riesame, anche l’insussistenza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, / i i.. 7 posto che, se gli si consentisse di far valere unicamente l’effettiva titolarità
disponibilità del bene e questa fosse incontroversa o, comunque, irrilevante ai fini del mantenimento del vincolo, si priverebbe di utilità il gravame di merito cautelare, escludendo quella verifica sulla legittimità del sequestro che l’indagato non ha interesse a richiedere, in quanto privo del titolo alla restituzione del bene (così Sez. 3, n. 10242 del 15/02/2024, Comune di Vitulano, Rv. 286039 – 01).
2.6. L’accoglimento del ricorso di NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE” determina l’assorbimento delle censure enunciate nel medesimo NOME COGNOME, in proprio, quale gestore di fatto della “RAGIONE_SOCIALE“.
In proposito, è sufficiente rilevare che l’esame di tali doglianze non produrrebbe alcun diverso o ulteriore risultato rispetto a quello determinato dall’accoglimento delle deduzioni formulate da NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante della “RAGIONE_SOCIALE“RAGIONE_SOCIALE
Fondate sono anche le censure esposte nel ricorso di NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante di “RAGIONE_SOCIALE“, le quali contestano il rigetto dell’istanza di riesame, deducendo che illegittimamente il Tribunale ha ritenuto le azioni di “RAGIONE_SOCIALE” intestate a “RAGIONE_SOCIALE” nella effettiv disponibilità non di questa società, ma personalmente di NOME COGNOME.
In effetti, il rilievo secondo cui le azioni di “RAGIONE_SOCIALE intestate a “RAGIONE_SOCIALE” non erano nella effettiva titolarità di questa seconda società si basa su una motivazione apparente.
In sintesi, il Tribunale pone a base della propria conclusione i seguenti elementi: a) NOME COGNOME esercitava una gestione incondizionata sulla “RAGIONE_SOCIALE“; b) non sono state fornite allegazioni in ordine all’effettività del contenuto del diritto di proprietà di “RAGIONE_SOCIALE” sulle azion “RAGIONE_SOCIALE” ad essa intestate; c) vi è il collegamento tra le azioni appena indicate e il fatto illecito oggetto di accertamento.
Tuttavia, in primo luogo, i poteri gestori di NOME COGNOME relativamente a “RAGIONE_SOCIALE sono fisiologicamente connessi alla carica sociale ricoperta dal medesimo in seno a tale società; né sono allegate condotte dimostrative di esercizio di poteri esorbitanti rispetto a quelli connessi alla carica in dispregio dei diritti degli azionisti.
In secondo luogo, la valorizzazione dei poteri gestori esercitati da NOME COGNOME con riguardo a “RAGIONE_SOCIALE” per ritenere che le azioni di questa intestate a “RAGIONE_SOCIALE” siano nella disponibilità del medesimo dà luogo ad una palese contraddizione interna alla medesima ordinanza impugnata. Questa, infatti, ha escluso la legittimazione di NOME COGNOME ad impugnare il provvedimento di sequestro in proprio, quale gestore della “RAGIONE_SOCIALE
(
RAGIONE_SOCIALE“, proprio rappresentando che il medesimo non è «titolare di posizione giuridica autonomamente protetta, coincidente, quindi con un dirit soggettivo assoluto od anche con un mero rapporto di fatto tutelato dal dirit Ora, diventa incongruo ipotizzare che NOME COGNOME sia gestore di fat effettivo titolare della “RAGIONE_SOCIALE” per i poteri esercitati quale amminis della “RAGIONE_SOCIALE” e, però, poi, non sia da considerare g di fatto ed effettivo titolare di quest’ultima.
In terzo luogo, l’esistenza del fatto illecito oggetto di accertamento, nella sua specifica proiezione necessaria per affermare la correlazione tra lo s e le azioni di “RAGIONE_SOCIALE” intestate a “RAGIONE_SOCIALE meramente asserito dal Tribunale; in particolare, l’ordinanza impugnata n spiega perché deve ritenersi sussistente il fumus commissi delicti in ordine al reato di cui all’art. 452-quaterdecies cod. pen. nei confronti di NOME COGNOME, quanto meno con riguardo al profilo dell’elemento psicologico.
Di conseguenza, l’ordinanza impugnata, anche nella parte in cui ha rigetta l’istanza di riesame presentata da NOME COGNOME quale legale rappresenta RAGIONE_SOCIALE, deve essere annullata per nuovo esame da parte del Tribuna competente a norma dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen.
Il Giudice del rinvio procederà a nuovo esame della questione relati all’individuazione della effettiva titolarità delle azioni di “RAGIONE_SOCIALE” intestate a “RAGIONE_SOCIALE“, evitando di incorrere nei vizi motivaz rilevati, e, poi, eventualmente, approfondirà i temi posti nell’istanza di rie NOME COGNOME nella qualità di legale rappresentante di “RAGIONE_SOCIALE“.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale d Reggio Calabria competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen. Così deciso il 23/01/2025.