Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 26639 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 26639 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 19/10/2023 della Corte di appello di Roma visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Roma riformava parzialmente la sentenza del Tribunale di Frosinone del 21 maggio 2021, che aveva condannato l’imputato NOME COGNOME per il delitto contestato al capo D) e dichiarato non doversi procedere nei confronti di questi e di NOME COGNOME per intervenuta prescrizione per gli altri capi di imputazione (tra i quali il capo C) e che aveva dichiarato la società RAGIONE_SOCIALE responsabile, ex art. 25 d.lgs. n. 231 del 2001, dell’illecito amministrativo conseguente ai reati corruttivi di cui al capo C), condannandola alla sanzione pecuniaria di 77.400 euro.
In particolare, la Corte di appello dichiarava non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per il reato sub D) perché estinto per morte dell’imputato e rideterminava la sanzione pecuniaria inflitta alla società RAGIONE_SOCIALE in 51.600,00 euro.
Quanto all’imputazione di cui al capo C), era stato contestato al COGNOME e al COGNOME il reato di cui agli artt. 81, 110, 117, 318, 319, 319-bis, 321 cod. pen. per aver il COGNOME, quale comandante della Polizia municipale di Frosinone, accettato la promessa e ricevuto dal COGNOME, titolare della RAGIONE_SOCIALE, compensi corruttivi per il compimento di atti contrari ai doveri di ufficio nell’affidamento alla suddett società di un appalto, all’esito di gara, e di una successiva fornitura a trattativ privata.
Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la società RAGIONE_SOCIALE, denunciando, a mezzo di difensore, i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio di motivazione.
2.1.1. La difesa con l’appello aveva segnalato che la società si fosse dotata il 9 giugno 2016 del modello organizzativo previsto dalla normativa e che contrariamente a quanto affermato dal Tribunale che non era stato rinvenuto alcun documento all’interno del complessivo fascicolo dibattimentale – di aver provveduto a tale allegazione (in tal senso la lista testi e la documentazione depositata il 25 giugno 2016, con le quali si era chiesto al Tribunale di valutarne l’idoneità, efficacia ed effettività), assicurando nuovamente il deposito degli atti i parola in fase di appello.
In tale prospettiva, la risposta della Corte di appello anche in ordine alla idoneità del modello è inconferente con l’atto di appello.
In ogni caso anche la tardiva adozione del modello organizzativo andava considerata ai fini della dosimetria della sanzione.
2.1.2. Inoltre, la responsabilità della società in primo grado è stata ritenuta in via automatica in relazione ai reati per i quali è stata pronunciata l’estinzion per prescrizione. Su tale punto, oggetto di appello, la Corte di appello si è limitata a richiamare la sentenza di primo grado per relationem, finendo per fornire una motivazione apparente.
2.1.3. Anche sulla sanzione la motivazione è apparente, in quanto non si confronta con il motivo di appello che aveva ad oggetto l’inesistenza del danno arrecato al Comune di Frosinone.
Disposta la trattazione scritta del procedimento, in mancanza di richiesta nei termini ivi previsti di discussione orale, il AVV_NOTAIO generale ha depositato conclusioni scritte, come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è fondato per le ragioni di seguito illustrate.
La prima questione, relativa al deposito in atti del modello organizzativo, è priva di fondamento.
La ricorrente, al fine di contestare l’affermazione della Corte di appello (pag. 4 della sentenza impugnata) sulla mancanza “agli atti” del modello organizzativo adottato dalla società, ha allegato la “lista testi e deposito di documenti” depositata dalla difesa presso la cancelleria del Tribunale di Frosinone il 25 giugno 2016 in vista dell’udienza del 5 luglio 2016.
Con tale atto la difesa aveva chiesto l’autorizzazione alla citazione di vari testi in ordine a specifiche circostanze, tra le quali (punto G) anche quella della effettività dello svolgimento di procedure di prevenzione e controllo di cui al modello di organizzazione adottato dalla FGS, del quale allegava anche una copia depositata con la lista.
Ebbene, erroneamente la difesa ritiene che attraverso tale deposito la documentazione sia entrata a far parte del fascicolo del dibattimento.
La finalità della lista ex art. 468 cod. proc. pen. è infatti limitata ad ottenere l’autorizzazione del Tribunale per la citazione di testi, periti e consulenti tecnici per l’acquisizione delle sole prove di altri procedimenti (comma 4-bis).
Pertanto, era onere della difesa introdurre la richiesta per l’acquisizione della documentazione relativa al modello organizzativo nei modi previsti dall’art. 493 cod. proc. pen., ovvero dopo l’esposizione introduttiva o anche successivamente, nel contraddittorio delle parti.
In assenza di una siffatta richiesta (che non risulta dai verbali del dibattimento) e del relativo provvedimento del giudice, correttamente sia il primo giudice che la Corte di appello hanno ritenuto che il modello organizzativo non sia stato acquisito agli atti.
Anche in appello, la ricorrente per dimostrare l’avvenuto deposito si è comunque limitata ad allegare la lista testi di cui si è premesso.
In ordine alla seconda questione, va evidenziato che con l’appello la difesa aveva dedotto da un lato che nell’accertamento del reato di corruzione ascritto al COGNOME la sentenza appellata non aveva tenuto conto di alcune circostanz ;
dall’altro che nessun vantaggio ex art. 5 d.lgs. n. 231 del 2001 era stato conseguito dall’ente dalla condotta del COGNOME, non potendosi ritenere automatica la responsabilità dell’ente.
La Corte di appello per rispondere a tali questioni ha richiamato la sentenza di primo grado per la parte in cui era stato accertato il fatto-reato ascritto a COGNOME, evidenziando in particolare come la società RAGIONE_SOCIALE ne avesse tratto vantaggio.
E’ appena il caso di rilevare che già in primo grado il Tribunale aveva accertato a pag. 31 che la gara per l’installazione di un impianto di videosorveglianza nel Comune di Frosinone, in relazione alla quale era stata commessa dal COGNOME la corruzione del pubblico ufficiale COGNOME, era stata concepita per agevolare con requisiti stringenti la FGS, quale vincitrice in partenza, che aveva potuto poi recuperare il ribasso d’asta per la fornitura a trattativa privata di ulteri telecamere.
E’ stato già affermato in tema di responsabilità degli enti che il criterio di imputazione oggettiva del vantaggio di cui all’art. 5 d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, è integrato anche da un esiguo, ma oggettivamente apprezzabile, risparmio di spesa e può altresì consistere nella velocizzazione dell’attività d’impresa, tale da incidere sui tempi di lavorazione (Fattispecie relativa a responsabilità dell’ente da reato di gestione non autorizzata di rifiuti). (Sez. 3, n. 26805 del 16/03/2023, Rv. 284782).
Quanto agli altri presupposti della responsabilità dell’ente (richiamati dalla requisitoria del P.G., quale la dimostrazione della “colpa” di organizzazione), va osservato che tali profili non sono stati oggetto di specifiche deduzioni di appello e pertanto non sono censurabili in questa sede.
Quanto infine alla sanzione, la Corte di appello ha escluso che vi fossero gli estremi per la riduzione della sanzione pecuniaria ai sensi dell’art. 12 cit., invocata dalla difesa, in quanto il danno cagionato al Comune non era di particolare tenuità, la società non aveva risarcito integralmente il danno né si era adoperata in tal senso e non era stato adottato un idoneo modello organizzativo.
Va rammentato che tale norma prevede varie ipotesi di riduzione, oltre a quella già esaminata al paragrafo 2:
l’autore del reato ha commesso il fatto nel prevalente interesse proprio o di terzi e l’ente non ne ha ricavato vantaggio o ne ha ricavato un vantaggio minimo;
il danno patrimoniale cagionato è di particolare tenuità;
l’ente ha risarcito integralmente il danno e ha eliminato le conseguenze dannose o pericolose del reato ovvero si è comunque efficacemente adoperato in tal senso.
Con l’appello, la difesa aveva dedotto di non aver ricevuto dal Comune alcuna somma e che non vi era stato “alcun” danno patrimoniale cagionato al Comune (che aveva interrotto i pagamenti e non restituito i beni ricevuti dalla società).
La risposta della Corte di appello a tali censure non può definirsi “apparente”, posto che la sentenza impugnata si è confrontata con le argomentazioni difensive che venivano in rilevanza ai fini dell’art. 12 cit.
Quanto al danno patrimoniale patito dal Comune, già in primo grado era stato rilevato a pag. 27 della sentenza che anche il collaudo dell’impianto, grazie alla corruzione di cui al capo C), era stato elaborato “a tavolino” prima ancora che iniziassero i lavori e l’acquisto di tutte le telecamere; e a pag. 29 che le installazion effettuate avevano creato notevoli problemi al Comune.
Pertanto, al di là del pagamento o meno del compenso, il Comune ha ricevuto danni patrimoniali derivanti dall’accordo corruttivo in questione.
Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato.
Al rigetto segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 30 5/2024.