Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 15810 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 15810 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME COGNOME NOME nato a CATANIA il 29/05/1932
avverso la sentenza del 19/01/2024 della Corte d’appello di Catania
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata;
lette le conclusioni del difensore della parte civile avv. NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di Catania ha confermato la condanna di COGNOME COGNOME NOME per il reato di cui all’art. 57 c.p. in relazione al contenuto d titolo e del sottotitolo di un articolo pubblicato sul quotidiano di cui egli era diret responsabile, ritenuto lesivo dell’onore e della reputazione di COGNOME Alberto.
Avverso la sentenza ricorre il COGNOME COGNOME articolando due motivi.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, si deduce violazione di legge e vizio di motivazione. In particolare, il ricorrente, lamenta che la motivazione della sentenza impugnata risulterebbe illogica nella misura in cui, accertata la fondatezza del contenuto dell’articolo e la sussistenza del conflitto di interesse in capo al COGNOME – commissario straordinario dell’Autorità Portuale di Augusta-, assolveva il giornalista autore del medesimo per non aver commesso il fatto e contestualmente, ritenendo diffamatorio il titolo e il sottotitolo non redatti dal giornalista, ma da un redattore rimasto ignoto, affermava la responsabilità dell’imputato, nella sua qualità di direttore responsabile, ex art. 57 c.p. I ricorrente evidenzia non solo come il titolo e il sottotitolo rispecchierebbero fedelmente il contenuto dell’articolo, ma anche che il criterio di valutazione utilizzato dai giudici d merito ai fini dell’affermazione del carattere diffamatoria del titolo e del sottotitolo, cui questi sarebbero idonei a fuorviare il lettore meno attento, deve oramai ritenersi superato dalla più recente giurisprudenza di legittimità, secondo la quale bisognerebbe avere riguardo alla percezione del lettore medio, che esamina anche il testo dell’articolo e di tutti gli elementi che concorrono a delineare il contesto della pubblicazione.
2.2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art.163 c.p.p. Il ricorrente lamenta che la Corte territoriale avrebb negato l’accoglimento della richiesta di revoca di sospensione condizionale della pena fondando la decisione sull’orientamento giurisprudenziale secondo cui detta richiesta deve essere specificatamente motivati in relazione agli interessi giuridicamente apprezzabili a tutela dei quali è proposta impugnazione, la quale non può risolversi nella prospettazione di motivi di mera opportunità, quali quello di riservare il beneficio per eventuali condanne a pene più gravi. Il ricorrente evidenzia un alternativo orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’interesse ad impugnare è ravvisabile anche nel pregiudizio verificatosi nella sfera giuridica dell’interessato, pregiudizio che può consistere anche nella limitazione della possibilità futura di fruire del beneficio dell sospensione condizionale della pena.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. 1. Il ricorso è fondato.
Preliminarmente va rilevato che è decorso il termine di prescrizione successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata.
Ciononostante, i motivi di ricorso devono essere esaminati non solo nell’ottica dell’evidenza della prova di innocenza. Essendo stato, infatti, l’imputato condannato anche agli effetti civili deve trovare applicazione il consolidato principio per cui all’esi del giudizio, il proscioglimento nel merito, in caso di contraddittorietà o insufficienza dell prova, non prevale rispetto alla dichiarazione immediata di una causa di non punibilità,
salvo che, sopravvenuta una causa estintiva del reato, il giudice sia chiamato a valutare, per la presenza della parte civile, il compendio probatorio ai fini delle statuizioni civ (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, COGNOME, Rv. 244273).
3. Ciò premesso, il primo motivo di ricorso è fondato.
Non può essere condiviso il percorso argomentativo compiuto dalla Corte d’appello, la quale, servendosi del criterio del lettore “frettoloso”, è giunta ad affermare la responsabilità penale dell’imputato ex. art 57 c.p. per omesso controllo, in qualità di direttore responsabile, in relazione al ritenuto carattere diffamatorio del titolo e de sottotitolo.
Il giudizio compiuto dalla Corte è infatti parametrato all’ipotesi del lettore che prescindendo dal contenuto dell’articolo, potrebbe porre la propria attenzione esclusivamente sul titolo e sul sottotitolo. Di contro, in linea con un oramai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, ciò che effettivamente rileva è la percezione che il lettore, ancorché non particolarmente attento, possa avere del contenuto complessivo della pubblicazione. La lesività non deve valutarsi, dunque, con esclusivo riferimento a singoli elementi della pubblicazione, quali il titolo o le immagini, ma è da ravvisarsi nel contenuto che si evince complessivamente da tutti gli elementi della pubblicazione (ex multis Sez. 5, n. 10967 del 14/11/2019, dep. 2020, Mauro, Rv. 278790).
Alla luce di tale principio, il fatto contestato non costituisce reato, atteso che nel redazione del titolo e del sottotitolo non sono ravvisabili elementi esorbitanti il legittim esercizio del diritto di cronaca e di quello di critica, rappresentano con assoluta continenza delle espressioni verbali quanto argomentato all’interno dell’articolo, nella misura in cui si limitano a sottolineare il nucleo centrale del contenuto dello stesso, utilizzando espressioni quali “NOME, tutti i favori di COGNOME agli amici” e “Le delibere del commissario dell’Autorità Portuale per favorire le società con le quali aveva lavorato. Su alcune, contestate dalla commissione interna, i magistrati di Siracusa hanno acceso i riflettori”. Il significato letterale, dunque, non è tale da fuorviare l’attenzione del lettore medio rispetto al contenuto dell’articolo, il quale, come accertato dalla stessa sentenza impugnata, ha fondatamente esposto la situazione di conflitto d’interessi in cui si era trovata la persona offesa esposta nell’articolo e che è stata al più enfatizzata nella loro inevitabile sintesi dal titolo e dal sottotitolo. E già la Corte territoriale ha sostanzialmente e condivisibilmente riconosciuto che il suddetto articolo non eccedesse i limiti della menzionata esimente, riconoscendo la verità dei fatti narrati.
In accoglimento del primo motivo, dunque, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perché il fatto non costituisce reato, rimanendo conseguentemente assorbito il secondo motivo di ricorso.
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P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non costituisce reato.
Così deciso il 15/1/,25