Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2767 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2767 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN SEVERO il 17/03/1973
avverso la sentenza del 07/11/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia, con la quale COGNOME NOME era stato condannato per omicidio colposo ai danni di NOME COGNOME, aggravato dalla violazione delle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (artt. 127, comma 1, 136, comma 1 e 138, comma 2, d. Igs. n. 81/2008), per avere, nella qualità di rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME, esercente attività eilizia, nonché datore di lavoro della vittima, cagionato la morte del COGNOME, pe avere omesso di assicurarsi che il ponteggio a sbalzo approntato per la lavorazione alla quale era intenta la vittima rispondesse a idonei calcoli atti a garantirne la stabilità avere, altresì, omesso di verificare che le tavole del piano di calpestio fossero agganciat alla muratura; per avere, infine, omesso di redigere il piano di montaggio, uso e smontaggio prescritto per i lavori in quota. Ne derivava il cedimento del giunto dell pedana dell’impalcato ove si trovava il COGNOME che precipitava conseguentemente al suolo, riportando le lesioni meglio descritte in rubrica, dalle quali derivava la morte de stesso (in San Severo 11 agosto 2011).
2. La Corte d’appello, preliminarmente, ha richiamato il compendio probatorio alla stregua del quale il Tribunale aveva ritenuto accertata la responsabilità dell’imputato affermando che il COGNOME, pur se ancora non regolarizzato, aveva svolto attività lavorativa alle dipendenze della ditta dell’imputato, essendo rimasta indimostrata la tes alternativa dell’arbitraria iniziativa della vittima di recarsi a lavorare sul cantiere avvisare il titolare. Ha, poi, ritenuto apodittica l’affermazione difensiva secondo la quale n vi sarebbe stata prova della negligenza ascritta all’imputato, essendo rimasta senza appiglio fattuale la tesi secondo cui l’allentamento del bullone che aveva determinato l’instabilità dell’impalcatura era stata conseguenza di una deliberata manomissione a opera di ignoti, sul punto rilevando che, in ogni caso, si era contestato al datore di lavoro di aver posizionato tra la tavola e la struttura principale un tubo diagonale che aveva la funzione di sorreggerla proprio nel caso – improbabile, ma comunque ipotizzabile – di un accidentale allentamento del bullone.
Nella specie, inoltre, non era emersa alcuna prassi incauta da parte del lavoratore, il quale si era limitato a eseguire le mansioni affidategli, laddove, sotto il profilo d causaltà, era stato accertato che l’adozione delle cautele omesse avrebbe scongiurato l’evento, impedendo il cedimento della tavola, ancorata al cavalletto solo con un morsetto.
Infine, quanto al trattamento sanzionatorio, quel giudice ha ritenuto l’imputato non meritevole di un più favorevole giudizio di comparazione tra gli elementi circostanziali, co la riduzione massima per le riconosciute generiche, in assenza di elementi positivi valutabili e ritenuta la congruità e adeguatezza della pena rispetto al disvalore della condotta.
La difesa dell’imputato ha proposto ricorso, formulando tre motivi.
Con il primo, ha dedotto vizio della motivazione che ha ritenuto intrinsecamente contraddittoria, avendo la Corte territoriale perpetuato un vizio della sentenza appellata con la quale, sebbene il Tribunale avesse ritenuto ascrivibile all’imputato la violazion contestata, tuttavia, si era riconosciuto che l’allentamento del bullone era sta conseguenza di una fatalità.
Con il secondo, ha dedotto violazione di legge, rilevando che, pur a ritenersi accertato che la causa del cedimento fosse stato l’allentamento del citato bullone, allo stesso modo non potrebbe dirsi dimostrato che tale cedimento fosse stato conseguenza delle inosservanze contestate al COGNOME, ciò che neppure la consulenza a firma dell’ing. COGNOME aveva dimostrato.
Con il terzo, infine, ha dedotto vizio della motivazione quanto al diniego di un pi favorevole giudizio di comparazione, ritenendo non assolto il relativo onere motivazionale, a fronte di specifica richiesta dell’appellante, avendo i giudici territoriali operato un semp rinvio ai criteri legali, con un ragionamento del quale il deducente ha denunciato l’intrinsec contraddizione, per avere la Corte valorizzato i medesimi elementi sia per il riconoscimento delle generiche, che per negare la riduzione massima consentita.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso é inammissibile per manifesta infondatezza di tutti i motivi.
Il tenore delle censure impone una premessa, a fronte di una conforme valutazione dei giudici dei due gradi di merito.
I motivi di ricorso, infatti, non possono risolversi nella pedissequa reiterazione quanto già dedotto in appello e puntualmente disatteso in quella sede, dovendosi in tal caso considerare non specifici, ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tipica funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso (Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710 – 01). E, in ogni caso, deve sempre sussistere una correlazione tra le ragioni poste a fondamento dalla decisione impugnata e quelle argomentate nell’impugnazione, questa non potendo ignorare le affermazioni del provvedimento censurato (Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME, Rv. 286468 – 01).
Nella specie, l’impalcatura difensiva si regge sostanzialmente sull’assunto che, essendo stato l’allentamento del bullone conseguenza di una fatalità, l’evento non potrebbe considerarsi causalmente collegato alle violazioni contestate all’imputato. Così argomentando, tuttavia, la difesa ha del tutto omesso di considerare che gli addebiti colposi ascritti al COGNOME n.q. non ineriscono all’allentamento del bullone, quanto piuttosto
alla precarietà dell’impalcatura, sulla quale non era stato predisposto proprio l’accorgimento che avrebbe dovuto, per l’appunto, ovviare alla – pur rara, ma comunque verificabile evenienza della mancata tenuta del bullone. Né può convenirsi sulla asserita contraddittorietà del ragionamento giustificativo che, pure, ha valorizzato la fatali dell’allentamento del bullone al fine di mitigare la pena e adeguarla al disvalore del fatto trattasi, invero, di conclusione del tutto logica, atteso che all’imputato era stato contest di non avere predisposto un ponteggio dotato dei requisiti di sicurezza, il che non esclude che l’evento generatore del rischio che l’osservanza delle regole cautelari era intesa a Scongiurare potesse dipendere anche dal caso e rappresentasse evenienza assai rara.
Quanto al giudizio di bilanciamento, poi, la difesa prospetta una contraddittorietà della motivazione per avere i giudici di merito riconosciuto le generiche, negandone, alla stregua degli stessi elementi, la massima estensione. Tuttavia, parte ricorrente dimentica’ che le aggravanti continuano a costituire necessario parametro del suddetto bilanciamento, siccome elementi di qualificazione della gravità della condotta, cosicché deve escludersi il denunciato vizio di contraddittorietà (Sez. 2, n. 37061 del 22/10/2020, Nunziato, Rv. 280359 – 01). In ogni caso, le statuizioni relative al giudizio di comparazione tra opposte circostanze, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfuggono al sindacato di legittimità qualora non siano frutto dì mero arbitrio o di ragionamento illogico e siano sorrette da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che per giustificare la soluzione dell’equivalenza si sia limitata a ritenerla la più idonea a realiz l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931 – 01; Sez. 2, n. 31543 del 08/06/2017, COGNOME, Rv. 270450 – 01). Giudizio di congruità che non può ritenersi in neSsun modo arbitrario, nella specie, tenuto conto della pena effettivamente individuata, oltretutto non avendo il ricorrente allegato elementi pretermessi dai giudici del merito, cosicché la censura è, sotto tale aspetto, anche generica.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 18 dicembre 2024
La Consigliera est.
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Il Pres ente
NOME aria COGNOME