Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 1028 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 1028 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 19/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Pomigliano d’Arco il 09-02-1976, avverso la sentenza del 12-10-2023 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale d NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento con rinvio della senten impugnata; udito l’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia dell’imputato, che insistito nell’accoglimento del ricorso.
Deposi f.ta in Cancelleria
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 5 febbraio 2020, il G.U.P. del Tribunale di Firenz nell’ambito di un articolato procedimento penale in materia di reati falliment tributari, assolveva NOME COGNOME per non aver commesso il fatto, d contestati reati di bancarotta semplice e fraudolenta (capi A, B, C e D), di om dichiarazione ex art. 5 del d. Igs. n. 74 del 2000 (capi F, Q ed R), di occulta e distruzione delle scritture contabili (capi O e T), di appropriazione indebit I ed L), di indebita compensazione (capi E, G, H, M, N e U) e di infed dichiarazione di cui all’art. 4 del d. Igs. n. 74 del 2000 (capi S e vi e v2).
Con sentenza del 12 ottobre 2023, la Corte di appello di Firenze, in rifor della pronuncia di primo grado, appellata dal P.M. e dalle parti civili, condan NOME COGNOME con i doppi benefici di legge, alla pena di anni 1 e mesi reclusione, in quanto ritenuto colpevole di alcuni episodi del reato di cui al del d. Igs. n. 74 del 2000 a lui ascritti ai capi S e V (v1 e v2), fatti com Firenze tra il 28 dicembre 2014 e il 28 dicembre 2015 e a lui addebitati q professionista consulente delle strategie aziendali del coimputato NOME COGNOME I giudici di appello confermavano invece l’assoluzione dell’imputato rispetto ai fallimentari e a quelli ex art. 5 e 10 del d. Igs. n. 74 del 2000, mentre dichi estinti per prescrizione i contestati episodi del reato di indebita compensazi
Veniva inoltre disposta la confisca dei beni nella disponibilità di Sodano, p valore corrispondente all’importo di euro 1.209.392,50.
Avverso la sentenza della Corte di appello toscana, COGNOME tramite difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando cinque mot
Con il primo, è stata dedotta la violazione degli art. 533, comma 1 e 6 comma 3 bis cod. proc. pen., rilevandosi che i giudici di secondo grado hann limitato la rinnovazione dibattimentale al solo esame di NOME COGNOME (te assistito) e NOME COGNOME (imputato in procedimento connesso), mentre sarebb stato necessario disporre anche l’esame sia dell’imputato, che nel corso indagini preliminari aveva reso ben tre contributi dichiarativi, fornendo versione liberatoria attendibile e coerente con le altre acquisizioni probato dei testi di P.G. COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME COGNOME e COGNOME i quali, mediante il richiamo agli atti a loro firma e della perquisizione svolta il 9 novembre 2016, avrebbero potuto approfondir adeguatamente il tema della compatibilità tra il contenuto delle dichiarazioni f incriminate e la tesi dell’inconsapevolezza in capo all’imputato della loro fal
Con il secondo motivo, la difesa censura il giudizio di responsabi dell’imputato rispetto al capo S, evidenziando al riguardo che dalle dichiara della COGNOME, amministratrice delegata della Titano, si evince il ruolo di Sod di mero intermediario fiscale, ossia di un soggetto che non aveva trattato
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contabili, ma che si era limitato semplicemente a trasmettere le dichiaraz contestate, avendo le COGNOME, nell’occuparsi della contabilità della coopera seguito pedissequamente le indicazioni non di Sodano, ma solo di Cal, per c doveva escludersi in capo al ricorrente il dolo richiesto dalla norma incriminat
Con il terzo motivo, riferito alla formulazione del giudizio di colpevol rispetto ai capi v1 e v2, la difesa osserva che anche rispetto alla Ro.Pa, è e in base alle stesse dichiarazioni di NOME COGNOME che COGNOME non ha conco nelle commissione delle ipotizzate infedeltà fiscali, tanto più ove si conside la società disponeva di un altro fiscalista che si era occupato di inolt dichiarazioni fiscali, altro tema questo, al pari di altri, opportunamente valo dal Tribunale, ma ignorato dalla Corte territoriale, ravvisandosi in tal se violazione dell’obbligo di motivazione rafforzata da parte dei giudici di appell
Il quarto motivo è dedicato al trattamento sanzionatorio, dolendosi la dif in particolare del diniego delle attenuanti generiche, che erano concedibi ragione della condizione di incensurato dell’imputato, della risalenza nel tempo fatti e del ruolo di mera testa di legno espressamente riconosciuto al ricorr
Con il quinto motivo, è stata infine eccepita, rispetto alla statuizione confisca, l’inosservanza degli art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 20 322 ter cod. pen., rilevandosi in proposito che Sodano, estraneo alle cooperati Ro.pa e Titano, non ebbe modo di conseguire alcun vantaggio diretto, peralt neanche ipotizzato dai giudici di appello, dalle dichiarazioni fraudolenti in e
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Iniziando dal primo motivo, concernente la mancata rinnovazione della istruttoria dibattimentale, se ne deve rimarcare l’infondatezza.
Ed invero, premesso che in primo grado si è proceduto con rito abbreviato no condizionato, occorre precisare che il giudice di appello, prima di perveni ribaltamento della pronuncia assolutoria resa dal G.U.P., ha ritenuto necess procedere all’audizione degli originari coimputati NOME COGNOME e NOME COGNOME, escussi il 12 ottobre 2023. Ora, la difesa lamenta che la rinnovaz dell’istruttoria non sia stata estesa anche all’esame dell’imputato e dei f dei processi verbali di constatazione del 9 novembre 2016, del 28 febbraio 201: del 27 giugno 2017, ma, al di là del fatto che tali sollecitazioni non risu siano state formalmente veicolate alla Corte territoriale, deve in ogni osservarsi, in generale, che l’obbligo di rinnovazione delle prove non conc tutte le prove che il primo giudice ha assunto o avrebbe dovuto assumere, e, particolare, che, nel caso di specie, la rinnovazione non era affatto dovuta.
Deve infatti ricordarsi che l’art. 603, comma 3 bis cod. proc. pen., come novellato dall’art. 34, co. 1, lett. i) n. 1 del d. Igs. 10 ottobre 2022 n. 150, dispon caso di appello del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento p motivi attinenti alla valutazione della prova dichiarativa, il giudice, f disposizioni di cui ai commi da 1 a 3, dispone la rinnovazione dell’istru dibattimentale nei soli casi di prove dichiarative assunte in udienza nel cor giudizio dibattimentale di primo grado o all’esito di integrazione proba disposta nel giudizio abbreviato a norma degli articoli 438, comma 5, e 4 comma 5″. Tale norma, entrata in vigore durante lo svolgimento del giudizio appello, conclusosi il 12 ottobre 2023, è senz’altro applicabile al caso di avendo questa Corte precisato (cfr. Sez. 5, n. 17965 del 14/02/2024, Rv. 28649 che, in tema di impugnazioni, la regola processuale sulla rinnovazi dell’istruttoria dibattimentale di cui all’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., come modificato dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1), d.lgs. n. 150 del 2 vigore dal 30 dicembre 2022, trova immediata applicazione nel giudizio di appel conseguente allo svolgimento di giudizio abbreviato, in assenza di disposizi transitorie e in base al principio “tempus regit actum”, principio che deve essere riferito non al momento della presentazione della impugnazione, ma al tempo i cui l’atto del procedimento, ricompreso nel giudizio di impugnazione, viene essere compiuto. Ciò posto, è stato chiarito (cfr. Sez. 2, n. 10401 del 13/02/ Rv. 286100), che il giudice di appello che riforma una decisione di proscioglimen assunta in esito a giudizio abbreviato, in base al novellato art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen. e in forza dei dettami della recente giurisprudenza della Corte E non è tenuto alla rinnovazione della prova dichiarativa, neanche con rigua all’audizione dell’imputato, limitata, secondo l’enunciato della Corte EDU Maes c. Italia, al caso, non ravvisabile nel caso di specie, in cui la stessa sia nel corso del giudizio di primo grado, con conseguente esclusione di quello in siano state valutate dichiarazioni rese dal predetto nel corso delle in preliminari. Del resto, anche prima della novella del 2022, era stato comun affermato (cfr. ex multis Sez. 5, n. 33272 del 28/03/2017, Rv. 270471), che non occorre procedere alla rinnovazione della prova testimoniale decisiva per la rifo in appello dell’assoluzione, nel caso in cui l’attendibilità della deposiz valutata in maniera del tutto identica dal giudice di appello, il quale si procedere a un diverso apprezzamento del complessivo compendio probatorio, ovvero a una diversa interpretazione della fattispecie incriminatrice. Può du prescindersi dall’obbligo di procedere alla rinnovazione istruttoria, quando, nel caso di specie, il giudice di appello fondi il proprio convincimento su una di valutazione in punto di diritto sul valore della prova, o in punto di fatto sulla della prova nel contesto del compendio probatorio (cfr. in termini Sez. 3, n. 4 del 24/09/2015, Rv. 265124). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
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Alla luce di tali condivise premesse ermeneutiche, non vi è dunque spazio p l’accoglimento delle censure difensive.
Passando al secondo e al terzo motivo, suscettibili di trattazione uni perché tra loro sostanzialmente sovrapponibili, occorre evidenziare c l’affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine ai reati di capi S, v1 e v2 non presenta vizi di legittimità rilevabili in questa sede.
Sul punto deve premettersi che le predette imputazioni hanno ad oggetto t distinti episodi del reato di cui all’art. 4 del d. Igs. n. 74 del 2000, la cui sul piano oggettivo non è stata messa in discussione né dal giudice di primo gr né dalla stessa difesa, concernendo i dubbi del G.U.P. e le censure difensive la prova del concorso nei reati di COGNOME, cui è stato ascritto il ruolo di concor per avere agito quale consulente delle strategie aziendali del coimputato COGNOME COGNOME amministratore di fatto delle società Titano (capo S) e RAGIONE_SOCIALE (capi vi e
Orbene, sul punto, mentre il G.U.P. ha ritenuto non dimostrato che tipo di att consultiva Sodano svolgesse al di fuori della mera trasmissione telematica d dichiarazioni fiscali, non essendo decisivo il dato delle competenze tecniche ricorrente (cfr. pag. 2 e 3 della pronuncia di primo grado), la Corte di appell superare le lacune probatorie ravvisate dal primo giudice, ha invece rite sussistente il concorso nei singoli reati dell’imputato, correlando tra maniera non illogica, una pluralità di elementi probatori non secondari.
In particolare, quanto alla vicenda di cui al capo S, è stato sottolineato (p della sentenza impugnata) che Sodano ha trasmesso la dichiarazione fisca relativa all’anno di imposta 2013, con la quale la società RAGIONE_SOCIALE dichiarav reddito di euro 43.282, a fronte di elementi attivi effettivi pari 1.894.833,13, per cui la dichiarazione indicava un’imposta inferiore a qu dovuta di euro 396.518,50, importo desunto dalla differenza tra l’imposta riport nelle fatture emesse per euro 406.040,50 e quella dichiarata di euro 9.522.
Durante le indagini sono state infatti rinvenute fatture attive, il cui imponi pari a euro 1.894.833,13, importo risultante dalla comunicazione annuale dei d iva per il 2013 inviata dal medesimo imputato, che dunque era ben a conoscenza della difformità del contenuto delle dichiarazioni da lui stesso trasmesse, aggiungendosi che Sodano aveva curato anche la trasmissione dello spesometro 2014, da cui parimenti risultava l’importo degli elementi attivi riconducibi cooperativa, fermo restando che presso lo studio del ricorrente sono stati rinv vari documenti contabili e amministrativi relativi alla Titano, tra cui il bilanci I giudici di appello hanno poi ricordato che Sodano, sempre rispetto al 2013 presentato il modello F24, avente ad oggetto indebite compensazioni di somme dovute per quell’anno con asseriti crediti iva non risultanti dalla dichiar fiscale, ma desumibili dal bilancio, dallo spesometro e dalla comunicazione annua iva, vicenda in ordine alla quale è stata dichiarata la prescrizione (capo h1)
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Quanto ai reati di cui ai capi v1 e v2, è stato evidenziato (pag. 7-8 della pro della Corte territoriale) che COGNOME, stavolta quale consulente fiscale cooperativa RAGIONE_SOCIALE, ha trasmesso le dichiarazioni relative agli anni 2012 e 2 rispetto alle quali sono state parimenti riscontrate incongruenze, evincibili d comunicazioni trasmesse dallo stesso imputato, nel senso che, in ordine al 20 la dichiarazione iva esponeva un imponibile di euro 1.501.652,10, sul quale veni calcolata in euro 260.098 l’imposta evasa, mentre, in relazione al 2013, l’im evasa veniva determinata in euro 553.776, avuto riguardo agli elementi attivi dichiarati, per l’ammontare di euro 6.076.213, importo questo desunto d contenuto della dichiarazione iva riferita alla medesima annualità.
Sia per il 2012 che per il 2013, è stato altresì ricordato che Sodano ha comp i modelli F24, aventi ad oggetto indebite compensazioni di somme dovute con asseriti crediti iva risultati inesistenti, vicende queste rispetto alle quali la prescrizione dei relativi reati (capo u1 per il 2012 e capo u2 per il 2013)
Alla luce di tali elementi, di indubbia pregnanza, i giudici di appello sono per alla conclusione che COGNOME ha concorso nella commissione dei singoli reati di all’art. 4 del d. Igs. n. 74 del 2000, essendosi egli avvalso delle sue comp di commercialista al fine di prospettare falsamente all’amministrazione finanzi una situazione difforme da quella reale, in ben più che verosimile complicità gli amministratori delle società che hanno tratto beneficio dalle inf dichiarazioni, avendo peraltro l’imputato percepito un compenso non esiguo p gli incarichi professionali assunti, il che trovava evidentemente giustificazio compimento di attività ulteriori rispetto al mero inoltro delle dichiarazioni non rispondeitt al vero era ampiamente nota al ricorrente, il quale disponev tutti gli elementi conoscitivi della reale situazione patrimoniale delle due so
L’affermazione della sentenza impugnata circa il coinvolgimento nei reati Sodano risulta in tal senso coerente con il condiviso principio elaborato da q Corte (Sez. 3, n. 37642 del 06/06/2024, Rv. 286978-04), secondo cui, in tema reati tributari, il consulente fiscale del contribuente risponde a titolo di nel delitto di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi commesso dal c nel caso in cui la frazione di condotta da lui realizzata, che può consist fornire consigli sui mezzi giuridici idonei a perseguire il risultato o nel c attività dirette a garantire l’impunità o a favorire o rafforzare l’altrui criminoso, sia stata posta in essere nella piena consapevolezza, ragionevolme ritenuta sussistente nel caso di specie, di contribuire materialmente al comple perfezionamento del reato e al perseguimento del fine specifico di evasione.
2.1. In definitiva, in quanto sorretta da considerazioni razionali e coeren le fonti dimostrative acquisite, la disamina del materiale probatorio compiuta Corte di appello e la qualificazione giuridica della condotta commessa dall’imput resistono alle censure difensive, con le quali si sollecita sostanzialmen
lettura alternativa del materiale probatorio, operazione non consentita in questa sede, dovendosi richiamare la costante affermazione della giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. 6, n. 5465 del 04/11/2020, dep. 2021, Rv. 280601 e Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Rv. 265482), secondo cui, in tema di giudizio di cassazione, a fronte di un apparato argomentativo privo di profili di irrazionalità, sono precluse al giudice di legittimità la rilettura degli elementi di fatto post fondamento della decisione impugnata e l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, indicati dal ricorrente come maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità esplicativa rispetto a quelli adottati dal giudice del merito. È stato altresì precisato (Sez. 3, n. 5602 del 21/01/2021, Rv. 281647 – 04 e Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Rv. 270519), che il principio dell’ “oltre ragionevole dubbio”, introdotto nell’art. 533 cod. proc. pen. dalla legge n. 46 del 2006, non ha mutato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza, che non può essere utilizzato per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative del medesimo fatto, eventualmente emerse in sede di merito e segnalate dalla difesa, una volta che tale duplicità, come avvenuto nel caso di specie, sia stata oggetto di attenta disamina da parte del giudice dell’appello, giacché la Corte è chiamata a un controllo sulla persistenza o meno di una motivazione effettiva per mezzo di una valutazione unitaria e globale dei singoli atti e dei motivi di ricorso su di es imperniati, non potendo la sua valutazione sconfinare nel merito. Ne consegue che le doglianze in punto di responsabilità non possono essere accolte.
3. Immune da censure risulta anche il trattamento sanzionatorio, contestato con il quarto motivo. Ed invero la Corte territoriale ha irrogato all’imputato la pena finale di anni 1 e mesi 8 di reclusione, partendo dalla pena base per il più grave reato ex art. 4 del d. Igs. n. 74 del 2000 di cui al capo v2, che è stata fissata nell misura di anni 1 di reclusione, ovvero in misura corrispondente addirittura alla metà del minimo edittale all’epoca vigente, posto che il fatto risale al 28 dicembre 2015, quando già era entrato in vigore il d. Igs. n. 158 del 24 settembre 2015, che aveva elevato la pena minima del reato contestato da un anno a due anni di reclusione. Su tale pena sono stati operati aumenti contenuti per la continuazione (pari rispettivamente mesi 5 e mesi 3), per cui deve escludersi che la determinazione della pena sia stata ispirata da eccessivo rigore, restando solo da precisare, da un lato, che le attenuanti generiche non furono chieste nel giudizio di appello e, dall’altro, che la Corte territoriale ha comunque tenuto conto della risalenza nel tempo dei fatti e della condizione di incensurato dell’imputato, riconoscendo a quest’ultimo i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna nel suo certificato del casellario giudiziale. Di qui l’infondatezza della censura difensiva.
Anche il quinto motivo non è meritevole di accoglimento.
La statuizione sulla confisca deve infatti ritenersi legittima, avendo la Corte di appello correttamente applicato l’art. 1, comma 143, della legge n. 244 del 2007, vigente all’epoca in cui ha avuto inizio la vicenda illecita, secondo cui nei casi di cui agli articoli 2, 3,4, 5, 8, 10-bis, 10-ter, 10-quater e 11 del decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’articolo 322-ter del codice penale”, norma che appunto, in caso di condanna o patteggiamento per determinati reati, dispone l’obbligatorietà della confisca, anche per equivalente, dei beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato (una previsione autonoma per i reati tributari è stata poi specificamente introdotta, ad opera del d. Igs. n. 158 del 2015, con l’art. 12 bis del d. Igs. n. 74 del 2000, il cui comma 1 dispone che nel caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell’articolo 444 del codice di procedura penale per uno dei delitti previsti dal presente decreto, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo o profitto).
Quanto all’oggetto della confisca, lo stesso è stato individuato correttamente nel valore (euro 1.209.392,50) corrispondente all’imposta evasa in relazione ai reati per cui è intervenuta condanna, ciò in coerenza con l’affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 1657 del 27/09/2018, dep. 2019, Rv. 275474 e Sez. 3, n. 19994 del 21/09/2016, dep. 2017, Rv. 269763), secondo cui, in tema di reati tributari, il profitto è costituito dal risparmio economico derivante dalla sottrazione degli importi evasi alla loro destinazione fiscale, essendo indifferente se l’imposta evasa, in concreto, sia stata non pagata o portata a credito dal contribuente.
Alcuna criticità appare dunque ravvisabile circa la doverosità e l’entità della misura ablatoria, restando non decisiva in questa sede, alla luce del carattere obbligatorio della confisca de qua, l’ulteriore questione relativa all’effettivo conseguimento o meno da parte dell’imputato del profitto dei reati di cui è stato ritenuto autore.
Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso presentato nell’interesse di Sodano deve essere pertanto rigettato, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così deciso il 19/09/2024