Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25149 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25149 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a SALERNO il 06/08/1990
avverso la sentenza del 03/12/2024 della CORTE APPELLO di SALERNO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME
MIGNOLO
che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Salerno, con la pronuncia indicata in epigrafe, ha confermato la condanna di NOME COGNOME per le lesioni personali stradali provocate, alla guida di una vettura, al motociclista NOME COGNOME, ex art. 590bis, commi primo e settimo, cod. pen. (cui è seguita in primo grado la condanna generica al risarcimento dei danni cagionati alla persona offesa).
Avverso la sentenza, nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso fondato su un motivo deducente violazione di legge e vizio cumulativo di motivazione, di seguito enunciato nei termini strettamente necessari alla motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
Il ricorrente evidenzia il contesto processuale caratterizzato dalla pluralità di consulenze ma non da perizia, ancorché sollecitata in sede d’appello, e l’incertezza circa il preciso punto d’urto, che sarebbe stata evidenziata anche dai giudici di merito in quanto caratterizzante le varie consulenze. Il punto d’urto sarebbe stato collocato, dall’informativa allegata alla consulenza del tecnico nominato dal Pubblico Ministero nel presente procedimento, in prossimità della linea di mezzeria ma all’interno della corsia del senso di marcia dell’imputato, ovvero, in sede di accertamenti urgenti, all’interno della corsia del senso di marcia del motociclista.
Premesso quanto innanzi, sostanzialmente, ancorché evocando un travisamento non di mezzi di prova ma del fatto e di norme del codice della strada, si deduce l’errore nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale nell’aver accertato la responsabilità per colpa dell’imputato/ derivante, oltre che dal ritenuto superamento del limite di velocità, dall’aver marciato in prossimità della linea di mezzeria ma all’interno della corsia del proprio senso di marcia. Si tratterebbe di violazione, quella dell’art. 143 d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (c.d. «cod. strada»), che la Corte territoriale avrebbe ritenuto ben più rilevante nella specie rispetto al superamento dei limiti di velocità ma senza valorizzare la natura elastica della citata disposizione del codice dalla strada. I giudici di merito avrebbero attribuito rilevanza causale alla condotta dell’imputato, oltre che a quella concorrente della persona offesa, anche in termini di c.d. «causalità della colpa», in forza del mero riferimento all’aver circolato, al pari del motociclista, i prossimità della linea di mezzeria. Ne sarebbe conseguito l’accertamento della responsabilità colposa all’esito di una valutazione ex post per aver argomentato i giudici di merito dal mero avvenuto impatto tra le due vetture, in assenza peraltro della specifica individuazione del comportamento alternativo lecito.
–/ 3. La Procura generale e la difesa pii’ parte civili hanno concluso per iscritto chiedendo, rispettivamente, il rigetto e l’inammissibilità del ricorso oltre che, la seconda, la rifusine delle spese processuali.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in ragione del mancato confronto con la ratio decidendi sottesa alla sentenza impugnata, al netto dell’inammissibile riferimento a travisamento non di mezzi di prova bensì del fatto e di norme giuridiche (per l’inammissibilità del motivo di ricorso che non si confronta con la motivazione della sentenza impugnata, venendo meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso, ex plurimis: Sez. 4, n. 30040 del 23/05/2024, COGNOME, tra le recenti; Sez. 4, n. 19364 del 14/03/2024, COGNOME Rv. 286468 – 01; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo).
2. Come sintetizzato in sede di ricostruzione del fatto processuale, la Corte d’appello di Salerno ha confermato la condanna di NOME COGNOME per le lesioni personali stradali provocate, alla guida di una vettura, al motociclista NOME COGNOME ex art. 590-bis, commi primo e settimo, cod. pen. Trattasi di fatti ritenuti cagionati per colpa caratterizzata dalla violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, segnatamente per non aver mantenuto, a una velocita superiore al limite fissato in 50 k/m, la destra della corsia del proprio senso di marcia, in violazione dell’art. 143 cod. st ., così viaggiando in prossimità della linea di mezzeria e ivi impattando con la parte anteriore laterale sinistra della vettura la parte anteriore del motociclo.
Orbene, diversamente da quanto dedotto dal ricorrente, i giudici di merito, in considerazione delle prospettazioni difensive, sono lungi dall’aver confermato la responsabilità dell’imputato all’esito di un ragionamento ex post e senza considerare il punto d’urto, le specifiche circostanze caratterizzanti il contesto dell’avvenuto sinistro (da valutarsi in ragione della natura elastica della norma assunta come violata) e senza individuazione della condotta alternativa lecita. Dall’apparato motivazionale emerge difatti che la ragione fondante la decisione fa perno sulla violazione dell’art. 143 cod. strada, anche se si specifica che essa è avvenuta peraltro a velocità superiore a quella consentita, avendo circolato l’indagato in prossimità della linea di mezzeria, ove si è verificato l’urto tr veicolo e ciclomotore. In ragione delle dimensioni della carreggiata e della concreta possibilità da parte del prevenuto di viaggiare in prossimità del margine destro della strada, in quanto privo di vegetazione tale da ostacolarne la percorrenza, la Corte ha individuato in concreto la regola cautelare preesistente alla condotta che l’indagato avrebbe dovuto rispettare con riferimento alle circostanze del caso. I giudici di merito hanno peraltro non solo ritenuto violata la citata norma del codice della strada, non avendo l’imputato concretamente viaggiato in prossimità del margine destro della carreggiata, ma anche accertato che l’impatto con il ciclomotore antagonista, quale conseguenza della detta violazione, non si sarebbe verificato qualora il prevenuto avesse adottato la
descritta condotta alternativa lecita consistente nella marcia in prossimità del margine destro (per l’approccio del giudice di merito all’accertamento della
responsabilità colposa per violazione di norme del codice dalla strada c.d.
«elastiche» e per la necessità di evitare un accertamento fondato su una valutazione c.d.
«ex post», si veda,
ex plurimis,
Sez. 4, n. 34383 del
13/06/2024, Barossi).
3. In conclusione, all’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in
favore della Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. e valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità
emergenti dal ricorso nei termini innanzi evidenziati (Corte cost. 13 giugno 2000, n. 186).
3.1. Consegue altresì la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese sostenute nel presente grado di legittimità dalla parte civile, NOME COGNOME che
si liquidano in complessivi euro tremila, oltre accessori come per legge.
3.2. Deve nella specie escludersi la solidarietà della responsabile civile, costituita nei gradi di merito ma non nel presente giudizio di legittimità, rispetto alla rifusione delle dette spese in favore della parte civile. Ciò in applicazione del principio, di cui a Sez. 1, n. 31855 del 05/05/2021, COGNOME, Rv. 281938 – 01, che si intende ribadire, per cui l’acquiescenza alla sentenza da parte del responsabile civile, che non abbia esercitato la propria facoltà d’impugnazione e che non sia intervenuto nel giudizio d’impugnazione proposto (infruttuosamente) dal solo imputato, esclude Ot il configurarsi di una situazione di soccombenza implicante condanna alle spese in favore della parte civile, rimanendo queste a carico del solo imputato. Quanto alla rifusione delle spese di lite opera difatti il richiamato generale principio della soccombenza, nei termini, in questa sede condivisi, specificati dal citato approdo ermeneutico, fermo restando il diverso principio dell’immanenza della costituzione di parte civile nel processo penale, operante quanto alle statuizioni relative alle restituzioni e al risarcimento di cui all’art. cod. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese di giudizio sostenute nel presente grado di legittimità dalla parte civile COGNOME NOME, che si liquida in euro tremila, oltre accessori come per legge.
Così deciso il 20 maggio 2025
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