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Responsabilità comitato sorveglianza: la Cassazione

A seguito di un grave caso di peculato da parte di un commissario liquidatore, la Cassazione ha analizzato la responsabilità comitato sorveglianza. La Corte ha assolto i membri del comitato, negando l’esistenza di una ‘posizione di garanzia’ che li obbligasse a impedire il reato. La loro responsabilità non può derivare da una semplice omissione di controllo, ma richiede una prova di concorso attivo nel reato. Per gli autori materiali del peculato, la condanna è stata parzialmente annullata per prescrizione.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità Comitato Sorveglianza: La Cassazione Esclude l’Obbligo di Impedire il Peculato

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale nelle procedure concorsuali: la responsabilità comitato sorveglianza per i reati commessi dal commissario liquidatore. Con una decisione netta, la Suprema Corte ha annullato la condanna dei membri di tale organo, stabilendo che su di essi non grava una ‘posizione di garanzia’ tale da obbligarli a impedire attivamente le condotte illecite altrui. Analizziamo i dettagli di questa importante pronuncia.

I Fatti di Causa: Un’Ingente Appropriazione Indebita

Il caso trae origine da una complessa vicenda di peculato continuato. Il commissario liquidatore di una Gestione Speciale in liquidazione coatta amministrativa si era appropriato, tra il 2007 e il 2014, di circa 25 milioni di euro. Le somme erano state sottratte dai fondi della gestione e trasferite su conti personali o su conti di società riconducibili a un imprenditore complice, attraverso un sistema fraudolento basato su documentazione falsificata.

Oltre al commissario, che aveva confessato, e all’imprenditore, erano stati condannati in appello anche il presidente e i membri del comitato di sorveglianza. La loro colpevolezza era stata affermata ai sensi dell’art. 40, comma 2, del codice penale, per non aver impedito, con la loro omissione di controllo, la commissione del reato.

La questione della responsabilità comitato sorveglianza

Il nodo centrale del ricorso in Cassazione per i membri del comitato riguardava la natura stessa del loro incarico. La Corte d’appello li aveva ritenuti titolari di una ‘posizione di garanzia’, equiparandoli di fatto ai sindaci di una società. Secondo questa tesi, il comitato avrebbe avuto l’obbligo giuridico non solo di vigilare, ma di impedire attivamente la commissione di reati da parte del commissario liquidatore. L’omissione di tale dovere li avrebbe resi corresponsabili del peculato.

I ricorrenti hanno contestato questa ricostruzione, sostenendo che la normativa sulla liquidazione coatta amministrativa non configura una simile posizione di garanzia e che, in ogni caso, la loro condotta non poteva essere considerata dolosa, data la scaltrezza con cui il commissario aveva mascherato le sue azioni.

Le Motivazioni della Cassazione: Nessuna Posizione di Garanzia

La Corte di Cassazione ha accolto i ricorsi dei membri del comitato di sorveglianza, annullando la loro condanna ‘perché il fatto non sussiste’. La decisione si fonda su un’attenta analisi delle norme che regolano la liquidazione coatta amministrativa (R.d. n. 267/1942, la cosiddetta Legge Fallimentare).

La Distinzione con il Collegio Sindacale

I giudici hanno chiarito che, a differenza di quanto avviene per i sindaci di società (art. 2407 c.c.), la legge non attribuisce al comitato di sorveglianza una vera e propria posizione di garanzia. Le norme (in particolare l’art. 41 della Legge Fallimentare, applicabile alla procedura) assegnano al comitato funzioni di vigilanza, consultive e autorizzatorie, ma non un obbligo giuridico di impedire l’evento-reato. Una scelta legislativa precisa, che esclude una responsabilità penale per omesso impedimento (c.d. reato omissivo improprio).

L’Analisi del Nesso Causale e del Dolo

La Suprema Corte ha inoltre rilevato una carenza di motivazione nelle sentenze di merito riguardo al nesso di causalità e all’elemento soggettivo del dolo. Non era stato dimostrato, con un giudizio controfattuale, che un controllo più attento avrebbe certamente impedito il reato, considerando l’articolato sistema fraudolento messo in atto dal liquidatore. Mancava inoltre la prova di un dolo, anche solo nella forma del dolo eventuale, ovvero la consapevole accettazione del rischio che il reato venisse commesso.

Le Conclusioni: i Limiti della Responsabilità per Omesso Controllo

La sentenza stabilisce un principio fondamentale: la responsabilità comitato sorveglianza non può essere automaticamente dedotta dall’omissione dei controlli. Affinché i suoi membri possano essere chiamati a rispondere penalmente per i reati commessi dal commissario liquidatore, non è sufficiente provare una vigilanza carente. È necessario, invece, dimostrare un loro contributo attivo e consapevole alla realizzazione del reato, secondo le regole generali del concorso di persone (art. 110 c.p.). Per quanto riguarda il commissario liquidatore e l’imprenditore, la Corte ha dichiarato la prescrizione per i fatti più datati e ha rinviato alla Corte d’Appello per la rideterminazione della pena per i reati non prescritti, confermando l’accertamento della loro responsabilità.

Il comitato di sorveglianza in una liquidazione coatta ha un obbligo giuridico di impedire i reati del commissario liquidatore?
No. Secondo la Corte di Cassazione, le norme che disciplinano la liquidazione coatta amministrativa non configurano in capo al comitato di sorveglianza una ‘posizione di garanzia’ che imponga un obbligo giuridico di impedire la commissione di reati da parte del liquidatore.

In quali casi i membri del comitato di sorveglianza possono essere ritenuti penalmente responsabili per i reati altrui?
La loro responsabilità non può derivare da un semplice omesso controllo (responsabilità omissiva impropria ex art. 40, co. 2, c.p.). Può essere affermata solo se si prova un loro contributo causale attivo e consapevole alla commissione del reato, secondo le regole del concorso di persone (art. 110 c.p.).

Come viene gestita la prescrizione per un reato che si protrae nel tempo, come il peculato continuato?
La prescrizione viene calcolata per ogni singolo episodio del reato continuato. La Corte ha stabilito un termine massimo di prescrizione e, calcolandolo a ritroso dalla data della sentenza di secondo grado, ha dichiarato estinti per prescrizione tutti i fatti commessi prima di una certa data (in questo caso, il 28 novembre 2011), mantenendo la responsabilità per quelli successivi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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