Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 5189 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 5189 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
dalla parte civile COGNOME NOME nato a MILANO il 18/12/1971 dalla parte civile NOME COGNOME nato a PRATOLA SERRA il 18/03/1940 dalla parte civile COGNOME NOME COGNOME nato a MILANO il 07/04/1968 dalla parte civile COGNOME NOME nato a MILANO il 18/12/1971 nel procedimento a carico di:
COGNOME nato a CISLIANO il 14/02/1959
inoltre:
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 15/02/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo
Il Procuratore Generale conclude per l’inammissibilita’ del ricorso.
udito il difensore
Per le parti civili COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME è presente l’avvocato COGNOME
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza in data 15.2.2024 i la Corte d’appello di Milano ha confermato la sentenza con cui il locale Tribunale in data 27.1.2021 aveva assolto COGNOME NOME dal reato di cui all’art. 590 bis cod.pen. a lui ascritto perché il fatto non sussiste.
L’addebito colposo mosso all’imputato è quello di avere, mentre percorreva a bordo dell’autocarro Scania tg. CODICE_FISCALE la strada statale INDIRIZZO (INDIRIZZO del Comune di Magenta), per colpa consistita nella violazione delle norme sulla disciplina della circolazione stradale, e segnatamente per l’inosservanza dell’obbligo di comportarsi in modo da non costituire pericolo o intralcio per la circolazione stradale di cui all’art. 140 C.d.S., urtando con la parte anteriore destra del mezzo una bicicletta che stava percorrendo il medesimo tratto dì strada, cagionato a COGNOME NOME GiovanniCOGNOME che si trovava alla guida di un velocipede, lesioni personali diagnosticate come “frattura pluriframmentaria e comminuta dell’ala iliaca destra, frattura di avambraccio, ampia lesione da agguantamento dell’arto inferiore destro” dai sanitari dell’Ospedale Niguarda di Milano per le quali alla data del 28.4.2017 non era stata ancora sciolta la prognosi e dunque da considerarsi lesioni gravissime, con l’aggravante di aver circolato alla guida del mezzo con patente scaduta.
2. Il fatto è stato così ricostruito nelle sentenze di merito:
in data 15.4.2017, alle ore 8 e 55 circa, in territorio di Magenta lungo la Strada Statale 526 nel tratto denominato INDIRIZZO, all’altezza del INDIRIZZO all’uscita della rotatoria con il INDIRIZZO ed altre radiali, NOME COGNOME il quale viaggiava a bordo di una bicicletta da corsa insieme ad un amico con cui aveva organizzato una uscita, giungeva all’altezza della rotonda fermandosi allo stop mentre vi erano altri veicoli, tra cui un’autocisterna per il trasporto da latt marca TARGA_VEICOLO targata TARGA_VEICOLO di proprietà e condotta da NOME COGNOME.
Come ricostruito in particolare dalla testimonianza dell’altro ciclista NOME COGNOME, mentre quest’ultimo rimaneva dietro, il COGNOME si poneva alla destra del veicolo il quale ripartiva e svoltava verso destra e la relativa motrice spostandosi verso destra, nonostante il COGNOME avesse provato ad urlare per avvertire il camionista, prima lo toccava poi lo faceva cadere e lo uncinava quindi arrotandolo.
A seguito del sinistro il COGNOME riportava lesioni gravissime descritte come “frattura pluriframmentaria e comminuta dell’ala iliaca di destra, frattura di avambraccio, ampia lesione da agguantamento dell’arto inferiore destro”.
L’alcoltest effettuato su NOME COGNOME dava esito negativo; egli tuttavia risultava in possesso di patente di guida scaduta.
Oltre all’audizione dei testi presenti, il processo di primo grado veniva istruito mediante le consulenze tecniche in ordine alla dinamica del sinistro e sulle lesioni patite dal COGNOME.
Sulla scorta del compendio probatorio acquisito, il giudice di primo grado riteneva che l’epilogo del sinistro che aveva visto il COGNOME arrotato dal secondo e terzo asse degli pneumatici dell’autocisterna condotta dal COGNOME, non pareva potersi collegare con la necessaria certezza ad una manovra scorretta di quest’ultimo in violazione delle norme che regolano la circolazione stradale, rilevando che è stato accertato che il COGNOME poco prima di essere schiacciato dal mezzo si trovava lungo il fianco destro dell’autocisterna e che si era affiancato a destra dopo l’uscita dalla rotonda e l’impatto si era verificato oltre la rotatoria, lungo INDIRIZZO, corrispondente alla prima radiale a destra rispetto al punto di ingresso dei veicoli coinvolti. Pertanto, una volta entrato nella curva della carreggiata, si trovava a destra del Tir, inserendosi tra il pochissimo spazio che si era creato tra il Tir ed il guard rail.
In ordine al tema valorizzato dalla consulenza di parte civile / secondo cui il corredo di specchi retrovisori in dotazione all’autocisterna consentiva!» una piena visibilità laterale anche sul lato destro del veicolo, il giudice di primo grado ha ritenuto che tale aspetto non trovi corrispondenza nelle disposizioni attinenti ai modi di utilizzo degli specchi retrovisori ed alle circostanze in cui il conducente deve farne uso. In particolare, premesso che gli specchi retrovisori svolgono la funzione di consentire al conducente la preventiva verifica della situazione retrostante e laterale prima di modificare la direzione del veicolo, vuoi per effettuare un sorpasso vuoi per effettuare una manovra di parcheggio o di sosta, argomentava il giudice di primo grado che nella specie è da escludersi che la tipologia del tratto stradale ove si è verificato il sinistro consentisse il sorpasso destra; trattandosi di strada extraurbana ad unica corsia di marcia. Ed inoltre le caratteristiche del tratto stradale non consentivano neanche la circolazione per file parallele, ammessa soltanto lungo carreggiate ad almeno due corsie di marcia.
Ha concluso quindi che, tenuto contro dei criteri come delineati, non può affermarsi che NOME COGNOME abbia effettuato una manovra di spostamento dalla propria linea di percorrenza tale da imporgli di verificare nello specchio retrovisore la presenza di un altro mezzo alla propria destra.
In particolare in posizione di riposo l’autocisterna si trovava ad una distanza dal guard rail compresa tra m. 1,50 e m. 1,85 mentre il primo punto di interesse per la determinazione dell’area di impatto con la bicicletta di NOME COGNOME è stato individuato a m. 1,05 dal guard rail stesso, reputandosi quindi che la traiettoria dell’autocisterna fosse piuttosto caratterizzata da una tendenza all’allontanamento dal margine piuttosto che il contrario.
Neppure si è potuto affermare che l’autocisterna avesse un’andatura troppo veloce rispetto alla situazione, essendo stata accertata una velocità tra i 20 ed i 25 Km/h, quindi tale da consentire un pieno controllo del mezzo.
Interposto gravame dalla parte civile, la sentenza d’appello, all’esito del giudizio in cui è stata disposta la rinnovazione istruttoria attraverso l’esame dei consulenti delle parti, ha ritenuto che non vi siano elementi per poter affermare che il conducente del veicolo a motore abbia commesso una violazione in materia di circolazione su strada tale da aver determinato l’arrotamento del Cipolla il quale ha invece creato le condizioni dell’evento.
Avverso detta sentenza le parti civili, a mezzo del loro difensore, hanno proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
Con il primo deducono la violazione e la falsa applicazione ex art. 606, comma 1, lett. a) ed e) cod.proc.pen., ovvero la violazione del dovere di completezza della motivazione, la violazione di legge ed il vizio di motivazione per avere il giudice di appello prospettato in maniera parziale ed incompleta il giudizio sviluppato dal primo giudice omettendo elementi essenziali dallo stesso sviluppati.
4 4ASi assume che nella sentenza di secondo grado 5§}mt omessi elementi essenziali; in particolare non sono neanche riportate le dichiarazioni rese dai testimoni, fatta eccezione per quella di COGNOME nonostante i testimoni oculari escussi diano atto di aver visto il camion colpire la bicicletta.
Se la Corte d’appello avesse riassunto nella sua interezza la sentenza di primo grado, non avrebbe potuto concludere che non vi sono elementi a supporto dell’esistenza del punto di impatto e avrebbe quindi potuto pronunciare una sentenza riconoscitiva dell’illecito aquiliano e quindi della sussistenza della responsabilità civile in capo al COGNOME.
Con il secondo motivo deducono la violazione e falsa applicazione ex art. 606, comma 1, lett. a) ed e) cod.proc.pen., la motivazione carente e contraddittoria in ordine a questione dirimente (impatto tra autobotte e bicicletta), violazione del principio del “più probabile che non” o della probabilità prevalente, assenza di
motivazione in merito alle prove testimoniali non valutate, mancata valutazione di prove pertinenti e rilevanti (art. 187 cod.proc.pen.) oltre che specifiche.
Si rileva che la Corte di merito, incorrendo in una grave contraddizione motivazionale, ha ritenuto che non è possibile affermare con ragionevole certezza che vi sia stato un contatto tra i due mezzi tale da provocare la caduta e lo schiacciamento del ciclista e ciò sulla base delle conclusioni dei consulenti e della posizione di quiete dei mezzi, senza tenere conto, tuttavia, di quanto riferito con precisione da due testimoni che individuavano il punto di impatto tra l’autocisterna e la bicicletta (ovvero il COGNOME e lo stesso COGNOME nelle dichiarazioni spontanee in appello).
Con il terzo motivo deducono la violazione e falsa applicazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. a) ed e) cod.proc.pen., con riferimento alle norme del Codice della strada, l’omessa ed errata valutazione dell’art. 145, l’assenza assoluta di motivazione sul come si configura la rotatoria nell’ordinamento giuridico equiparata ad intersezione stradale e la manovra in uscita.
Si assume che la Corte d’appello non applica correttamente le regole del codice della strada che si devono osservare all’uscita da una rotatoria di cui all’art. 145 C.d.S., in tal caso occorre l’indicatore destro per uscire dalla rotatoria con la conseguenza che non viene censurata la condotta del camionista né sotto il profilo della colpa specifica ma neppure sotto il profilo della colpa generica.
Con il quarto motivo deducono la violazione e la falsa applicazione di legge ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. a) ed e) cod.proc.pen., l’assenza e la carenza assoluta di motivazione in ordine alla mancata applicazione del principio che il conducente è responsabile anche in caso di comportamento imprudente altrui facendo richiamo alla giurisprudenza in particolare Sez. 4, n. 121 del 2020.
Il responsabile civile RAGIONE_SOCIALE ha depositato note di replica
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso é fondato nei termini di cui in motivazione.
1.1. Va premesso che dopo una sentenza assolutoria dell’imputato COGNOME NOME dal reato di cui all’art. 590 bis cod.pen. da parte del giudice di primo grado perché il fatto non sussiste, confermata dalla Corte d’appello di Milano a seguito di appello interposto dalla sola parte civile, il presente giudizio verte unicamente sulla sussistenza della responsabilità civile del medesimo in relazione al sinistro per cui é processo ed al correlato diritto al risarcimento del danno in capo alla persona offesa ed ai familiari.
Va del pari evidenziato che la Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado che aveva assolto l’imputato dal reato a lui ascritto, configurandosi quindi, nel caso che occupa, una c.d. “doppia conforme” di assoluzione.
Ne deriva che le motivazioni della pronuncia di primo grado e di quella di appello, convergono in un apparato motivazionale integrato e danno luogo ad un unico complessivo corpo decisionale (Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, Rv. 277218), che in tali termini deve essere assunto anche nella denuncia dei vizi di legittimità, nei limiti della loro rilevanza.
1.2. Ciò posto, il primo ed il secondo motivo del ricorso, da scrutinarsi congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione, sono fondati.
Giova ribadire che anche a seguito della modifica dell’art. 606 c.p.p., lett. e), con la L. n. 46 del 2006, la possibilità di desumere la mancanza, contraddittorietà o la manifesta illogicità della motivazione anche da “altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame”, non attribuisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare criticamente le risultanze istruttorie, ma sol quello di valutare la correttezza dell’iter argomentativo seguito dal giudice di merito e di procedere all’annullamento quando la prova non considerata o travisata incida, scardinandola, sulla motivazione censurata (Sez. 6, n. 752 del 18.12.2006; Sez. 2, n. 23419 del 2007, COGNOME; Sez. 6 n. 25255 del 14.2.2012)
Del pari va ricordato che nell’ipotesi in cui il giudice venga chiamato ad accertare la responsabilità civile in capo a un soggetto già sottoposto per il medesimo fatto a procedimento penale conclusosi con una statuizione diversa dalla condanna, l’accertamento sull’illecito civile è assolutamente autonomo e non risente dell’esito del diverso accertamento già compiuto (e ormai definito) sull’illecito penale.
L’autonomia dell’accertamento dell’illecito civile rispetto a quello penale è imposta, in primo luogo, dalla necessità di rispettare il diritto alla presunzione di innocenza in tutti i casi in cui l’accertamento della responsabilità penale ha avuto esito negativo e il processo penale sia esitato in una decisione diversa dalla sentenza di condanna, sia essa di assoluzione che di non doversi procedere.
L’esigenza di accertamento dell’illecito civile quale illecito distinto da quell penale trova fondamento, in secondo luogo, nei caratteri di ontologica autonomia e nei presupposti di specificità che esso presenta, quale illecito avente struttura oggettiva e soggettiva distinta rispetto all’illecito penale.
Il giudice pertanto dovrà accertare se la condotta contestata sia stata idonea a provocare un “danno ingiusto” secondo l’art. 2043 cod. civ. e cioè se, nei suoi effetti sfavorevoli al danneggiato, essa si sia tradotta nella lesione di una situazione giuridica soggettiva civilmente sanzionabile con il risarcimento del danno.
Quanto al “nesso causale”, il giudice non deve accertare la causalità penalistica che lega la condotta (azione od omissione) all’evento (e che non è richiesta nei reati di pura condotta), ma deve distinguere la causalità materiale (la relazione di causalità tra il fatto e l’evento dannoso, da accertarsi secondo il criterio dell “probabilità prevalente”) dalla causalità giuridica (la relazione di causalità tra l’evento dannoso e le conseguenze patrimoniali o non patrimoniali risarcibili).
Con riguardo all’aspetto “soggettivo” dell’illecito, il giudice non deve accertare l’elemento volitivo richiesto ai fini dell’integrazione del reato ma qualsivoglia degli elementi (dolo o colpa) dell’azione od omissione che qualificano sul piano psicologico la condotta illecita, salvo i casi di responsabilità cd. oggettiva.
1.3. Così tracciate le linee del giudizio rimesso al giudice d’appello, nella specie la sentenza impugnata, dopo aver ricostruito i dati salienti del tragico sinistro stradale che ha visto coinvolti COGNOME NOME alla guida di dell’autocisterna per il trasporto di latte marca COGNOME e COGNOME NOME NOME alla guida della propria bicicletta, ha confermato la sentenza del primo giudice ritenendo che difetti nel caso in esame la ragionevole certezza che vi sia stato un contatto tra l’autocisterna e la bicicletta e così, per converso, avvalorando l’opposta tesi secondo cui il ciclista sarebbe in qualche modo caduto e finito sotto le ruote del camion senza alcuna preventiva collisione con il predetto mezzo.
Nel pervenire a tale conclusione la sentenza ha recepito le conclusioni dei consulenti COGNOME e COGNOME che avevano posto in discussione l’esistenza di tale contatto dichiarando invece che l’unica certezza era che il COGNOME fosse stato arrotato dal secondo asse della autocisterna e non dal primo perché su di esso non era stata rilevata alcuna traccia ematica, mentre, se si fosse verificato l’impatto del ciclista con lo spigolo anteriore destro del mezzo (come sostenuto dal consulente COGNOME) ragionevolmente si sarebbero evidenziate tracce biologiche già sul primo asse.
A supportare tale tesi si indicava la posizione dei mezzi come accertata dalla polizia locale all’atto dell’intervento che aveva evidenziato come in posizione di riposo l’autocisterna si trovava ad una distanza dal guard rail compresa tra m 1,50 e m 1,85 (dall’asse posteriore alla motrice) mentre il primo punto di
interesse per la determinazione dell’area di impatto con la bicicletta veniva individuato a m. 1,05 dal guard rail stesso con la conseguenza che la traiettoria dell’autocisterna sembrava piuttosto caratterizzata da una tendenza all’allontanamento dal margine destro (dove era posizionato il ciclista) piuttosto che il contrario.
Ebbene tale ricostruzione del sinistro, che quindi avvalora la tesi del mancato contatto dei veicoli, omette il confronto con le risultanze delle prove testimoniali assunte nel giudizio di primo grado, potenzialmente idonee a sovvertire la struttura argomentativa della sentenza impugnata sul punto specifico, e segnatamente di quella del ciclista che accompagnava il COGNOME, ovvero NOME COGNOME (giudicato peraltro dalla Corte territoriale quale teste attendibile) il quale aveva riferito che, pur scegliendo/ per ragioni di prudenza ed a differenza dell’amico / di non affiancarsi al mezzo pesante, trovandosi ad una distanza di 50-60 metri dall’autocisterna, aveva visto chiaramente il mezzo pesante urtare il COGNOME con la parte angolare destra della motrice / facendolo cadere a terra e poi arrotandolo. Dichiarazioni queste che si saldano con la testimonianza resa dall’altro teste COGNOME COGNOME e con le spontanee dichiarazioni rese dal COGNOME nel giudizio di appello le quali poi trovavano ulteriore riscontro di natura tecnica in quanto rilevato dal consulente COGNOME che ha confermato la sussistenza dell’impatto tra il camion e la bicicletta quale conseguenza diretta della caduta e dello schiacciamento del ciclista.
Oltre a non valutare globalmente il compendio istruttorio acquisito nel giudizio di primo grado, la sentenza impugnata si rivela altresì contraddittoria in alcuni passaggi ed in particolare laddove non prende in considerazione il profilo della avvistabilità del ciclista nonché l’obbligo di ordinaria diligenza incombente sul conducente dell’autocisterna, un mezzo della lunghezza di circa 9 metri, di prestare attenzione alla presenza di ciclisti che percorrevano quell’arteria stradale, senza potersi ritenere a tal fine sufficiente limitarsi a guardare a sinistra i mezzi a cui dare la precedenza nell’uscire dalla rotatoria.
Ed ancora, in altro passaggio si parla di strada che non consentiva il sorpasso a destra mentre é incontestato che il COGNOME, ben lungi dal voler affettuare una manovra di sorpasso si era semplicemente posizionato sul lato destro della carreggiata a fianco dell’autocisterna in attesa a su volta di imboccare la rotatoria.
Ne deriva pertanto che il giudizio formulato dalla Corte territoriale in ordine alla insussistenza del nesso di causalità tra la condotta di guida del COGNOME e l’evento appare inficiato da una evidente contraddittorietà nella valutazione del
compendio probatorio acquisito, tale da disarticolare il complessivo iter motivatorio.
Il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono inammissibili in quanto hanno ad oggetto questioni che non sono state devolute con i motivi di appello.
Ed invero, in tema di ricorso per cassazione è preclusa la deduzione di questioni nuove, non proposte con l’atto di appello, in ragione della natura devolutiva del giudizio di legittimità e della necessità di un previo esame del merito della questione, indispensabile per la corretta individuazione del fatto cui si riferisce la norma giuridica di cui si discute l’applicazione.
In conclusione la sentenza impugnata va annullata con rinvio per nuovo giudizio ex art. 622 cod.proc.pen. al giudice civile competente in grado di appello.
P.Q.M.
nnulla la sentenza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, al giudice civile competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 13.12.2024