Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 23218 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 23218 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 29/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto dalla parte civile NOME COGNOME nel procedimento a carico di
NOME, nata a Milano il DATA_NASCITA
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/10/2023 della Corte di appello di Milano;
letti gli atti del procedimento, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso nei confronti di COGNOME.NOME e per l’annullamento con rinvio della sentenza agli effetti civili per la posizione di COGNOME NOME; udito della parte civile ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso verso COGNOME, con vittoria di spese ed onorari di lite, come da nota specifica depositata.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha respinto il gravame propostole dalla parte civile NOME COGNOME avverso la sentenza del Tribunale di Lodi che aveva assolto NOME COGNOME ed NOME COGNOME, imputati del delitto di falsa testimonianza con riferimento alle deposizioni da loro rese nel processo nel quale NOME era imputato di ricettazione di una motocicletta.
La vicenda da cui hanno tratto origine questo e quel processo riguarda le sorti di tale veicolo, di proprietà della NOME e che, secondo NOME, gli sarebbe stato venduto dal COGNOME, allora compagno di costei, mentre, stando alla denuncia di quest’ultima ed alle testimonianze dalla stessa e dal COGNOME rese nel processo contro NOME, le sarebbe stato rubato.
La Corte d’appello, prendendo atto delle discrasie delle ricostruzioni dei fatti rispettivamente offerte da tutti i predetti soggetti, ha confermato il giudizio del Tribunale, secondo cui non era possibile stabilire chi, tra costoro, avesse riferito il falso, considerando altresì che NOME era stato sì assolto dall’addebito di ricettazione, ma soltanto per la contraddittorietà della prova a suo carico e non per essere stata accertata la sua non colpevolezza.
Impugna tale decisione agli effetti civili la parte civile NOME, con atto del proprio difensore e procuratore speciale, per tre ragioni.
2.1. La prima è la violazione dell’art. 238-bis, cod, proc. pen., con riferimento alla sentenza del Tribunale di Lodi dell’ottobre 2016, con la quale esso ricorrente è stato assolto dall’imputazione di ricettazione.
Per effetto di tale sentenza, deve ritenersi accertato il relativo fatto storico, ovvero che egli avesse acquistato la motocicletta, che questa gli fosse stata consegnata da COGNOME, insieme alle chiavi, ai documenti in copia ed all’antifurto meccanico, e che egli ne avesse da allora avuto ininterrottamente la disponibilità.
La Corte d’appello, dunque, non avrebbe potuto revocare in dubbio tali fatti, a nulla rilevando che l’assoluzione sia stata pronunciata a norma dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., identica essendo la valenza liberatoria di tale decisione rispetto a quelle rese ai sensi del primo comma della stessa disposizione.
2.2. Il secondo motivo di ricorso consiste nell’incompleta disamina dei motivi d’appello.
Senza confrontarsi con tutte le risultanze probatorie evidenziate con il gravame, i giudici di secondo grado si sono limitati a prendere atto delle perplessità rassegnate dal Tribunale di Lodi nella sentenza di assoluzione di esso ricorrente ed a farle proprie, replicandone gli errori (là dove si afferma,
contrariamente al vero, che egli non avesse consegnato alla polizia locale i documenti del veicolo nemmeno in copia) e non considerando che dette perplessità comunque non riguardavano il fatto rilevante ai fini della presente decisione: ovvero che la motocicletta fosse sempre rimasta nella sua disponibilità dal luglio del 2012.
2.3. La terza doglianza consiste nella illogicità della motivazione, che esclude la colpevolezza degli imputati pur avendone accertato l’insanabile contraddizione delle rispettive testimonianze e pur essendo stato accertato, nel diverso processo a carico di esso ricorrente, che egli avesse acquistato la motocicletta da COGNOME e che questa fosse sempre rimasta da allora nella sua disponibilità.
Nelle more della trattazione, la parte civile, per il tramite del proprio difensore e procuratore speciale, ha rinunciato al ricorso ed alla costituzione in giudizio nei confronti della sola COGNOMECOGNOME avendo raggiunto con la stessa un accordo tra nsattivo.
Ha depositato conclusioni scritte il difensore della COGNOME, chiedendo di dichiarare inammissibile il ricorso proposto nei suoi confronti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile nei confronti dell’imputata COGNOME, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., avendovi la parte civile rinunciato.
Trattandosi di rinuncia motivata dal venir meno dell’interesse all’impugnazione per causa sopravvenuta alla stessa e non ascrivibile a negligenza del ricorrente, quest’ultimo non va condannato alle spese di giudizio né al versamento della somma alla cassa delle ammende.
L’impugnazione è fondata, invece, nei confronti dell’imputato COGNOME.
La sentenza impugnata, con motivazione piuttosto sbrigativa, si limita a prendere atto delle incertezze nella complessiva ricostruzione dei fatti, emerse sia nel presente processo che in quello a carico del NOME, senza impegnarsi nella necessaria disamina della specifica contestazione di falsa testimonianza elevata al COGNOME e dell’oggetto di essa.
Il mendacio a lui addebitato riguarda il luogo, il tempo e le modalità dell’ultimo suo contatto con quella motocicletta, e dunque, indirettamente, l’avvenuta alienazione di essa e la ricezione di parte del relativo prezzo di vendita.
Su quelle circostanze antecedenti al passaggio del veicolo nella disponibilità di NOME, la inconciliabilità delle testimonianze di COGNOME e della COGNOME è indiscussa.
Preso atto di tanto, la sentenza però trascura completamente di offrire una spiegazione logica alternativa di diverse circostanze, pur emergenti dagli atti e specificamente dedotte con i motivi d’appello, che, invece, avrebbero meritato una puntuale e logica confutazione, affinché possa ritenersi razionalmente giustificato l’assunto della impossibilità di raggiungere la prova, anche solo indiretta, della non veridicità di quanto testimoniato da COGNOME. Ci si riferisce, ad esempio, al fatto che questi fosse l’utilizzatore sostanzialmente esclusivo di quella moto; che ne abbia trattato in prima persona ed in via esclusiva la vendita con NOME, consentendogli pure di provarla; che allo stesso ne abbia quanto meno esibito i documenti; che abbia pure accompagnato la COGNOME a sporgere la denuncia di furto (essendo perciò altamente improbabile che essi, nell’accingersi a tale incombente, non avessero cercato di ricostruire insieme gli accadimenti e che poi, invece, costei li abbia riferiti alla polizia giudiziaria in termini significativamente difformi); che NOME, dal suo canto, al momento della denuncia di furto e del conseguente sequestro del mezzo, fosse in possesso delle chiavi dello stesso, ciò che, nel racconto sia di COGNOME che della COGNOME, non trova una possibile spiegazione logica (nessuno dei due, infatti, ha riferito di una moto lasciata incustodita, anche soltanto temporaneamente, con le chiavi inserite nel quadro od altrimenti vicine alla stessa), talché l’ipotesi più plausibile finisce per essere quella che esse fossero state a lui consegnate dalla proprietaria o, più probabilmente, proprio dal COGNOME, che, per conto di costei, aveva condotto tutta la trattativa di vendita.
Al lume di tali circostanze, allora, quelle valorizzate in sentenza essenzialmente, cioè, la mancata trascrizione della vendita al p.r.a. e l’assenza di documentazione attestante il versamento per contanti di parte del corrispettivo non si rivelano decisive per escludere la possibilità di una dimostrazione del mendacio del COGNOME, non trattandosi di eventualità rarissime nella prassi commerciale.
E tanto meno concludenti esse si presentano là dove, come nel caso specifico, si discuta esclusivamente della responsabilità civile da reato, la cui dimostrazione va calibrata non già sullo standard penalistico del superamento del dubbio ragionevole, bensì su quello della maggiore probabilità logica (“più probabile che non”), tipico del giudizio civile (così, da ultimo, secondo quanto è possibile apprendere dalla relativa notizia di decisione, non essendo stata ancora depositata la motivazione, si sono pronunciate le Sezioni unite di questa Corte, con sentenza del 28 marzo scorso, ric, Calpitano).
Si presenta indispensabile, dunque, una motivazione supplementare e più puntuale.
A tal fine, la sentenza impugnata dev’essere annullata agli effetti civili, con rinvio al competente giudice civile di merito; il quale, all’esito della sua decisione, provvederà altresì al regolamento delle spese di lite tra le parti anche per il presente grado di giudizio, a norma dell’art. 592, comma 4, cod. proc. pen..
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso in relazione alla posizione di COGNOME NOME per rinuncia all’impugnazione.
Annulla la sentenza impugnata agii effetti civili in relazione alla posizione di COGNOME NOME, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2024.