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Responsabilità amministratore: quando non è truffa

La Corte di Cassazione conferma l’assoluzione di un amministratore formale dall’accusa di truffa. La sentenza chiarisce che la sola carica non comporta una responsabilità amministratore penale automatica per gli illeciti commessi da altri, come l’amministratore di fatto. È necessaria la prova di un contributo materiale o morale al reato.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Responsabilità amministratore: la carica formale non basta per la condanna per truffa

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di diritto penale societario: la responsabilità amministratore non è automatica. Rivestire la carica di amministratore formale di una società non significa essere penalmente responsabili per tutti gli illeciti commessi al suo interno. Vediamo insieme i dettagli di un caso che distingue nettamente tra ruolo formale e coinvolgimento effettivo nel reato di truffa.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria nasce dal ricorso di due parti civili, acquirenti di quote di una S.r.l., contro la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’Appello nei confronti dell’amministratore formale della società. L’accusa era di truffa, basata sull’ipotesi che il bilancio societario fosse stato alterato – in particolare attraverso la “gonfiatura” delle giacenze di magazzino – per indurre gli acquirenti a comprare le quote a un prezzo non congruo.

Il procedimento originario vedeva coinvolti due soggetti: l’amministratore formale (il figlio) e l’amministratore di fatto (il padre), quest’ultimo deceduto nel corso del giudizio. La Corte d’Appello aveva assolto il figlio con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, ritenendo che non vi fossero prove di un suo coinvolgimento doloso nella presunta truffa. Secondo i giudici di secondo grado, gli acquirenti erano a conoscenza della situazione deficitaria della società e l’alterazione contabile non era stata la causa determinante del loro investimento. Inoltre, la responsabilità della manipolazione contabile era stata attribuita a un professionista esterno.

La Decisione della Corte di Cassazione e la responsabilità amministratore

La Suprema Corte ha rigettato i ricorsi delle parti civili, confermando l’assoluzione dell’amministratore formale. Il punto centrale della decisione riguarda i confini della responsabilità amministratore in ambito penale.

I giudici hanno chiarito che, per affermare la responsabilità penale per il reato di truffa, non è sufficiente la mera posizione di garanzia legata alla carica. In altre parole, il fatto di essere l’amministratore sulla carta non rende automaticamente complici di condotte fraudolente poste in essere da altri, come il commercialista o l’amministratore di fatto.

Le Motivazioni della Corte

La Corte ha sottolineato che il diritto penale è governato dal principio di personalità della responsabilità. Per condannare l’amministratore formale, è necessario dimostrare la sua compartecipazione materiale o morale alla falsa rappresentazione della realtà. Questo significa provare che egli abbia contribuito attivamente all’inganno o che, pur essendone a conoscenza, abbia agito con dolo per rafforzare l’intento criminoso altrui.

Nel caso specifico, la gestione della società era di fatto delegata al padre, mentre l’alterazione contabile era stata materialmente eseguita dal commercialista. La Corte ha stabilito che un illecito come la truffa, che si consuma in un’unità di tempo e di luogo, può sfuggire alla cognizione dell’amministratore formale che non partecipa alla gestione quotidiana.

Se l’inosservanza di obblighi di vigilanza sulla contabilità può generare una responsabilità (anche morale o civile), non si traduce automaticamente in una responsabilità penale per il reato di truffa, che richiede un dolo specifico. La Corte ha quindi concluso che non è corretto affermare che la posizione ricoperta rendesse l’imputato automaticamente responsabile degli illeciti commessi da altri.

Conclusioni

Questa sentenza offre un importante spunto di riflessione sulla distinzione tra responsabilità civile e penale per chi ricopre cariche societarie. La responsabilità amministratore non è un’equazione automatica. Per una condanna penale, specialmente per reati complessi come la truffa, l’accusa deve provare un contributo personale, concreto e volontario dell’amministratore alla commissione del reato. La sola carica formale e la violazione dei doveri di vigilanza, pur potendo avere altre conseguenze legali, non sono sufficienti a fondare una condanna per un reato doloso commesso da terzi.

L’amministratore formale di una società è sempre responsabile penalmente per i reati di truffa commessi al suo interno?
No. Secondo la sentenza, la responsabilità penale non è automatica e non deriva dalla sola carica. L’amministratore formale non risponde penalmente per gli illeciti commessi da altri, come l’amministratore di fatto o il commercialista, a meno che non sia provato un suo contributo personale e consapevole al reato.

Quale elemento è necessario per affermare la responsabilità penale dell’amministratore per una truffa societaria?
È necessaria la prova di una compartecipazione materiale o morale alla falsa rappresentazione della realtà. Bisogna dimostrare che l’amministratore abbia contribuito attivamente alla perpetrazione dell’illecito, ad esempio partecipando alla creazione di documenti falsi o supportando consapevolmente l’azione fraudolenta di altri.

La posizione di garanzia dell’amministratore di diritto lo rende automaticamente complice di un falso documentale commesso da altri?
No. La sentenza chiarisce che la posizione di garanzia, che impone doveri di vigilanza, può far sorgere una responsabilità morale o civile per l’omesso controllo (ad esempio, sulla tenuta della contabilità), ma non si traduce in un’automatica responsabilità penale per il falso documentale o la truffa, che richiedono un coinvolgimento diretto e doloso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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